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CAPITOLO II – DELL’INTERPRETAZIONE CONFORME A COSTITUZIONE PER COME

I- Un primo inquadramento del problema: la concretezza del giudizio d

1. Astrattezza e concretezza del controllo di legittimità costituzionale

conforme a Costituzione come ulteriore requisito dell’ordinanza di rinvio – 1. Interpretazione conforme e interpretazione adeguatrice – 2. I rapporti col requisito della non manifesta infon- datezza – 3. Come attraverso l’interpretazione conforme si realizza una “utilizzazione diffusa” della Costituzione – 4. Come attraverso l’interpretazione conforme è possibile caducare o ad- dirittura espungere una norma dall’ordinamento – III- Giudice a quo e interpretazione con- forme: alcuni casi giurisprudenziali – 1. Una veloce ricognizione dell’esperienza giudiziaria degli ultimi venti anni – 2. Due vicende civili emblematiche: il danno non patrimoniale e il caso Englaro – 3. Il ruolo dell’interpretazione conforme negli equilibri costituzionali tra ma- gistratura e potere politico-legislativo (cenni) – IV- Ulteriori aspetti dell’interpretazione con- forme e considerazioni finali sul tema – 1. Controversi casi di ipotizzabilità della disapplica- zione – 2. Osservazioni conclusive sull’interpretazione conforme a Costituzione

I-

Un primo inquadramento del problema: la concretezza del

giudizio di costituzionalità

1. Astrattezza e concretezza del controllo di legittimità costitu-

zionale

La questione della progressiva valorizzazione dei connotati diffusi del modello italiano di controllo di costituzionalità passa, come si cercherà di dire nel corso della trattazione, attraverso vari meccanismi interni al grande ingranaggio processualcosti- tuzionale. Ripercorrere la genesi e l’evoluzione storica della giustizia costituzionale, e in particolare della nostra esperienza nazionale, si è dimostrato necessario al fine di raccogliere tutti gli strumenti più utili per affrontare adesso il cuore di tale questione. Ebbene, come riportato da taluno1, per cogliere con precisione il problema del cedi-

mento del modello verso una qualche forma di diffusione, occorre analizzarne da un

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lato i profili endogeni, vale a dire quelli autoprodotti dal sistema dall’interno, per il fatto che il nostro modello ha insito in sé anche il corredo genetico del judicial review2,

cosicché, negli anni, la sua doppia elica ha cominciato a manifestarne i caratteri este- riori nell’organismo e nell’aspetto; dall’altro i profili esogeni, ossia quelli che sono ricaduti sul nostro sistema dall’esterno, e in particolare dagli ordinamenti sovranazio- nale e internazionale, i quali, come un abile botanico, hanno curato la pianta del sin- dacato italiano sulle leggi correggendone la direzione dei rami e delineandone i profili della potatura, anche al fine di introdurre ordine e simmetria nel giardino europeo.

In questo capitolo mi occuperò del primo corno del problema, attraverso lo studio del fenomeno che più lo interessa, quello dell’interpretazione conforme a Costituzione quale elemento che amplifica il timbro della diffusione nella voce della giustizia co- stituzionale del nostro Paese.

Per introdurre l’argomento, trovo utile inquadrare la questione all’interno di una nota ripartizione di Pizzorusso3, anche per sgombrare il campo da possibili equivoci relativi al binomio accentramento-diffusione. Mi riferisco ovviamente a un altro bino- mio classico della giustizia costituzionale, quello dell’astrattezza e della concretezza del controllo.

Si è infatti avuto modo di sottolineare come il modello accentrato puro, origina- riamente pensato da Kelsen4, si caratterizzasse per un organo centrale addetto a un

controllo di costituzionalità molto rigoroso, che valutasse, senza alcun tipo di discre- zionalità politica, la mera conformità tra una fonte superiore e una inferiore. Si è poi detto come tale modello, nella sua impostazione originaria, non abbia saputo trovare un’efficace resa pratica, e come anzi esso, pur posto alla base dei modelli prescelti, specie alla metà del Novecento, sia stato in qualche modo corretto. Ebbene, come so- stenuto da Pizzorusso, uno degli elementi che consentono di capire quale sia stato il meccanismo di questa “correzione” è proprio rintracciabile nell’astrattezza del con- trollo di costituzionalità, in contrapposizione alla sua concretezza. Il modello kelse- niano, è di tutta evidenza, sposava completamente una soluzione astratta, senza la- sciare alla concretezza alcuno spazio, dal momento che valutava solo il dato formale del confronto tra legge e Grundnorm. Il controllo concreto, invece, in contrapposizione

2 Cfr. retro, Cap. I, § I, 3.

3 V. il suo I sistemi di giustizia costituzionale: dai modelli alla prassi, in Quaderni costituzionali, 1984,

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a quello astratto, è “un controllo esercitato in funzione dell’applicazione che la dispo- sizione o norma della cui costituzionalità si dubita deve ricevere o ha ricevuto rispetto a una fattispecie determinata”5. Ora, è fondamentale insegnamento di Pizzorusso, da tenere in assoluta considerazione nel ricostruire la portata degli aspetti diffusi del no- stro modello, che la bipartizione astrattezza-concretezza non conosca una perfetta ade- renza alla dicotomia accentramento-diffusione, nel senso che il controllo astratto non si lega indissolubilmente, come suo connotato peculiare, al controllo accentrato, né così fa il controllo concreto con quello diffuso, o, detto altrimenti, non vale la formula matematica della proporzione astrattezza : accentramento = concretezza : diffusione. E se pure ciò avveniva nella originaria enunciazione teorica kelseniana, lo studio della prassi ci racconta una realtà profondamente diversa.

Osserva infatti Pizzorusso che la concretezza del giudizio è elemento che si dà “sia che l’effettuazione del controllo spetti allo stesso giudice che deve definire tale giudizio, sia che spetti ad un diverso giudice, cui la relativa competenza sia assegnata in deroga a quella del giudice “ordinario” e che si presenti perciò come giudice “spe- ciale””. In altre parole, che la valutazione di costituzionalità implichi l’applicazione della legge a un caso della vita non esclude affatto che tale valutazione possa essere rimessa a un organo ad hoc (nel nostro caso, alla Corte costituzionale), né a tale eve- nienza deve necessariamente conseguire un controllo di tipo astratto.

Questa osservazione è di essenziale importanza per definire il nostro modello mi- sto, astratto nella misura in cui la decisione verte sul conflitto tra legge e Carta fonda- mentale, concreto nella misura in cui, almeno nel giudizio incidentale, requisito basi- lare perché la legge approdi alla Corte costituzionale è la c.d. rilevanza, che, banaliz- zando, richiede che della legge debba farsi applicazione nel caso di specie affinché possa formularsi la questione di costituzionalità, quindi questa possa venire sollevata. E se, come ancora nota Pizzorusso, “le prospettive di ampliamento dell’area di con- trollo diffuso e/o concreto […] derivano dalla tendenza ad adottare decisioni di inam- missibilità” da parte della Corte6, “motivate in base alla possibilità che il giudice a quo adotti un’interpretazione adeguatrice della disposizione impugnata”, ciò non implica

5 Cfr. ancora Pizzorusso, le cui parole qui riportate sono rintracciabili nella Relazione conclusiva al

lavoro del “Gruppo di Pisa” Il giudizio sulle leggi e la sua” diffusione”, op. cit., p. 748.

6 Tutti aspetti, questi, già a suo tempo messi in luce: cfr. retro Cap. I, § IV, 2-3. Vedi anche, su questo

particolare punto, Perini M. L’interpretazione della legge alla luce della Costituzione fra Corte costi-

tuzionale ed autorità giudiziaria, ancora in Il giudizio sulle leggi e la sua “diffusione”, op. cit., pp. 33

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che l’attività del giudice che interpreta la legge conformemente a Costituzione sia, per ciò solo, concreta: “nulla impedisce”, conclude Pizzorusso, “che si svolga un’opera- zione intellettuale di questo genere7, con riferimento ad una disposizione legislativa, indipendentemente dalla sua applicazione ad una determinata fattispecie reale”. Que- sto perché anche la dottrina può praticare un’interpretazione conforme, senza dover risolvere un caso pratico, ma solo a livello teorico, e pure il diritto vivente “non esclude una sistemazione della giurisprudenza che ne risulta la quale consenta di ricavarne una norma almeno relativamente astratta”8. Ma, aggiungo io, pure il giudice, che ne- cessariamente dovrà cimentarsi con un caso della vita, nel momento in cui orienta il significato della legge come una bussola verso il Nord della Carta, quando svolge que- sta operazione, che pure gli scaturisce dal caso sottoposto al suo (concreto) giudizio, può operare tale valutazione in senso astratto. E anzi, questo sostanzialmente avviene sempre, perché sarà un dato normativo (appunto generale e astratto) a dover essere confrontato col testo costituzionale, ancorché a tale dato normativo si sia pervenuti in virtù di una sua applicazione a un caso (particolare e concreto). Voglio dire che non è il caso che si interpreta, ma, ovviamente, la legge. L’interpretazione del caso in senso conforme a Costituzione può sopravanzare quella della legge solo in circostanze del tutto peculiari, quale ad esempio quella del furto risibile di cosa insignificante, o per motivi assolutamente particolari9, per il quale, in virtù del principio di ragionevolezza

ricavabile dall’art. 3 Cost., sarebbe forse incostituzionale applicare l’art. 624 c.p. Al di là di ciò, comunque, e come che la si possa pensare in proposito, ritengo che Pizzorusso abbia assolutamente ragione di affermare che la concretezza non va di pari passo con la diffusione, così come l’astrattezza non si fonde unicamente con l’accen- tramento, potendo le une e le altre combinarsi variamente tra di loro. Insomma, esse sono perfettamente miscibili, non producendo alcun tipo di insolubilità chimica, per così dire.

Sulla base di tutto ciò, dunque, nel corso della trattazione si dovrà mettere in luce come l’interpretazione conforme a Costituzione ponga in risalto i profili diffusi del sistema senza cadere in errori o equivoci circa la concretezza del giudizio che ciò even-

7 E cioè un’interpretazione (definita qui dall’Autore) adeguatrice. 8 Per questa ricostruzione, v. Pizzorusso, op. ult. cit., pp. 749-750.

9 È il paradosso, celeberrimo in letteratura, del furto di una mela da parte dell’individuo indigente al

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tualmente comporta. Si potrà, credo, dire che, se davvero la diffusione viene così ac- centuata, il giudizio di costituzionalità può farsi più concreto, perché inevitabilmente più vicino al caso di specie (benché comunque, come osservato, ciò non implichi ne- cessariamente una concretezza nel bilanciare la legge sulla Costituzione); non potrà invece dirsi che, affermandosi una prospettiva più diffusa, il giudizio si faccia per ciò solo concreto. Comunque non concreto tout court.

Era, credo, necessario premettere a una trattazione sull’interpretazione conforme una presa di posizione in proposito, affinché il problema possa venire inquadrato cor- rettamente, senza portare avanti ambiguità (terminologiche, sì, ma anche nella elabo- razione logico-sistematica del discorso).

2. La concretezza del giudizio sulle leggi e i suoi rapporti con