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III- La giurisprudenza costituzionale dalla «prima guerra tra le Corti» alla

2. La dottrina del diritto vivente come prima valorizzazione del ruolo della giurisprudenza

Come sostenuto ancora da Lamarque102, quello che si apre con la seconda stagione della giustizia costituzionale italiana è un momento in cui “la fabbrica delle interpre- tazioni conformi a Costituzione è in grande espansione” e trova la partecipazione sem- pre più ampia della giurisprudenza comune, una partecipazione che comincia a coin- volgere anche le giurisdizioni superiori ordinaria e amministrative. In questo nuovo quadro, che incontra completa stabilità attorno alla metà degli anni ’70 e si protrae ancora per un ventennio, è evidente che anche la strategia interpretativa della Corte, per così dire, necessita di rinnovarsi e adeguarsi all’evoluzione degli equilibri frattanto

101 Così Romboli R., La Corte costituzionale del futuro (verso una maggiore valorizzazione dei caratteri

«diffusi» del controllo di costituzionalità?), in Foro italiano, 2000, V, 41.

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prodottisi, soprattutto in riferimento all’uso giurisdizionale della Carta e alle conse- guenze di questo nella formazione degli orientamenti giurisprudenziali. La Consulta comincia così a utilizzare in modo diverso lo strumento delle interpretative di rigetto: soddisfatta dell’attività svolta dalla magistratura, essa propone nuove interpretazioni conformi solamente quando nella materia trattata non si sia già formato un diritto vi- vente. Ed ecco che il diritto vivente comincia a farsi strada nelle pronunce della Corte costituzionale, mentre la sentenza interpretativa di rigetto sarà usata soltanto in due casi: quando l’interpretazione formulata dal giudice comune contrasti con un diritto vivente (frattanto formatosi e stabilizzatosi) conforme a Costituzione; quando sul caso pervenuto all’attenzione della Corte non si sia ancora formato un diritto vivente103.

Ora, di diritto vivente la Consulta comincia a parlare, con tale locuzione, nella sent. 11 dicembre 1974, n. 276. Esso viene qui definito come “[…] il “sistema giuri- sprudenziale” formatosi, nel difetto di espresse disposizioni […]”104. Negli anni se-

guenti la giurisprudenza costituzionale fonderà una vera e propria dottrina del diritto vivente, stabilendo per esempio che questo può dirsi sussistere solo facendo riferi- mento, oltre che alla giurisprudenza, anche al contributo della dottrina105. Affinando il concetto, la Corte ridimensiona poi il peso di quest’ultima, confinandone il ruolo, negli anni ’80, a mero supporto per la giurisprudenza, escludendo in ogni caso che una dot- trina maggioritaria contraria all’indirizzo prevalente della giurisprudenza di legittimità possa negare la sussistenza di un diritto vivente. Con il tempo, comunque, il peso as- sunto dal consolidato orientamento della Cassazione, specie se a Sezioni Unite, si fa preponderante, la Consulta respingendo l’idea di un diritto vivente che si fondi unica- mente sulla giurisprudenza di merito. Ad ogni modo, come si capisce, tra importanti affermazioni inedite e correzioni di tiro, tale dottrina assumerà una propria matura configurazione solo nel tempo, man mano che si stratificherà una giurisprudenza della Corte in proposito106. In sostanza, il diritto vivente arriverà a corrispondere al formante

103 Cfr. ancora Lamarque, ibid., nonché retro, Introduzione, X. Se la Corte si trova in presenza di un

diritto vivente che, invece, ritiene incostituzionale, essa senz’altro provvede ad accogliere la questione di costituzionalità. Questa nuovo “reimpiego” delle interpretative di rigetto, assieme alla connessa va- lorizzazione del diritto vivente, appare anche legato, se vogliamo, alla sconfitta della Consulta nella “prima guerra tra le Corti”.

104 Corte cost., sent. 11.12.1974, n. 276. Tale sentenza, per alcuni, con questa sua fondamentale presa

di posizione, costituirebbe anche una sorta di “armistizio” con cui si cessarono le ostilità, ponendo così fine alla “prima guerra tra le Corti”.

105 Cfr. Corte cost., sent. 16.07.1979, n. 71.

106 La Consulta arriverà per esempio a ritenere irrilevanti per la formazione del diritto vivente le prassi

amministrative, gli atti regolamentari e le circolari. Per un approfondimento su tutti questi aspetti, v. Salvato L., Profili del «diritto vivente» nella giurisprudenza costituzionale, op. cit.

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giurisprudenziale della legge (intesa ovviamente in senso non formale, ma come ordi- namento giuridico, o, se più piace, diritto oggettivo), nel senso che, al di là della netta distinzione tra funzione creativa e funzione interpretativa e applicativa del diritto, la norma giuridica viene in concreto a “vivere” nella sua applicazione ai casi della “vita”, dunque nella pratica e, in buona sostanza, per l’appunto nell’interpretazione offertane dalla giurisprudenza.

Ciò che qui preme sottolineare, al di là della veloce ricapitolazione or ora fornita sulla dottrina del diritto vivente, è la connessione di quest’ultima con la libertà inter- pretativa del giudice a quo. Occorre cioè capire come e quanto il giudice comune possa muoversi all’interno di un diritto vivente ormai formatosi prima e al fine di sollevare una questione di costituzionalità. E proprio su questo delicato punto si innesta la svolta della giustizia costituzionale degli anni ’90: la dottrina del diritto vivente, nata sia per concedere spazio all’attività della magistratura, ormai divenuta sensibile ai valori co- stituzionali, sia per superare i contrasti con la stessa relativi all’interpretazione con- forme a Costituzione, si instrada verso una direzione obbligata, ovverosia verso la ne- cessità di valorizzare in senso istituzionale il ruolo del giudice a quo nel momento in cui interpreta la legge, prima di applicarla, alla luce della Costituzione. Quindi, per provare a dare una risposta all’interrogativo prima formulato circa gli spazi interpre- tativi del giudice comune entro il perimetro del diritto vivente, occorre analizzare l’im- portante pronuncia con cui la Corte scrive una nuova, storica pagina della giustizia costituzionale, e con la quale rende in qualche misura recessivo proprio il canone del diritto vivente.

IV- Diritto mite e interpretazione conforme: la sentenza