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IV- Diritto mite e interpretazione conforme: la sentenza 356/1996

2. Una nuova definizione di incostituzionalità

L’impianto teorico che abbiamo visto maturare in ambito accademico nell’ultimo quarto di Novecento giunge dunque a instillarsi nella giurisprudenza costituzionale, e

per superare la contraddizione, ma gli sfugge poi il senso della giustizia, in quanto, sostiene l’Autore, le pretese di giustizia sono destinate a restare insoddisfatte, e l’idea stessa di giustizia o morale kantiana non porta che all’imposizione di ciò che uno ritiene giusto, quindi all’assolutismo, alla violenza. Quindi Zagrebelsky fa, forse a ragione, dell’impossibilità di fondare il giusto la base dello Stato costituzionale, democratico e plurale, ma in questo modo si deve arrendere alla contingenza (dunque, alla fine, al dato formale positivo di una Carta in un momento storico, rovesciabile e superabile in un momento succes- sivo). Per un approfondimento di queste tematiche v. La Torre M., Dopo Hart: il dibattito giusfilosofico

contemporaneo, in AA.VV., Prospettive di filosofia del diritto del nostro tempo, op. cit.

112 È infatti attraverso l’opera della magistratura che la legge, pensata come generale e astratta, si cala

in un contesto concreto, necessitando dunque di modellarsi sul caso di specie, appunto in un bilancia- mento di valori, principi e diritti, proprio come avviene, per insegnamento classico sull’equità, col re- golo di piombo di Lesbo, che, anziché essere rigido, si modella sul profilo della pietra. Cfr. Aristotele,

Etica Nicomachea, V, 10.

113 Per un approfondimento dell’opera di Ferrajoli cfr., ad esempio, La cultura giuridica nell’Italia del

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pare condensarsi nella più volte citata sent. 356/1996, in particolar modo in una sua massima cardinale. “In linea di principio”, si dice nel considerato in diritto di questa decisione, “le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perché è possibile darne interpretazioni incostituzionali (e qualche giudice ritenga di darne), ma perché è impossibile darne interpretazioni costituzionali”. È questa un’affermazione certa- mente rivoluzionaria nella sua portata, perché reca in sé una nuova definizione di in- costituzionalità: una legge è incostituzionale solo e soltanto se non è possibile offrirne una lettura armoniosa con il dettato della Carta. Se quindi una legge, che pure presen- tasse icto oculi uno o più significati incostituzionali, ammettesse anche una sola inter- pretazione in linea con la Costituzione, essa non potrebbe essere dichiarata illegittima, ma occorrerebbe applicarla nel senso desumibile, appunto, dall’unica interpretazione conforme a Costituzione. E questa attività ermeneutica, si badi bene, non spetta unica- mente alla Consulta. Anzi, proprio dalla Consulta essa viene rimessa alla magistra- tura114. Si dovrebbe vedere bene come tutto ciò implichi un grande coinvolgimento della giurisprudenza comune nella definizione di cosa sia costituzionale, in casi estremi potendosi giungere perfino a letture del dato testuale in cui rintracciare un confine tra interpretazione e creazione può non risultare agevole. E non basta. Perché alla magistratura corre altresì l’obbligo, il preciso dovere di ricercare l’interpretazione conforme a Costituzione prima di sollevare la questione di costituzionalità davanti alla Corte.

Proprio a partire dal caso trattato nella sentenza del 1996115, poi, la Corte costitu- zionale introdurrà una sorta di “sanzione” per il giudice che pronunci un’ordinanza di rinvio senza il previo esperimento di un’interpretazione conforme, e cioè la dichiara- zione di inammissibilità della questione di legittimità costituzionale. Ecco che l’ob- bligo di interpretazione conforme si fa quanto mai pressante per il giudice a quo: se questi non dimostrerà, sollevando la questione di costituzionalità, di aver tentato una

114 E proprio in ciò si può leggere il riflesso più decisivo degli orientamenti giusfilosofici sopra riportati. 115 La questione di legittimità costituzionale riguardava gli artt. 18, comma 2, e 29, comma 2, del d.lgs.

27 gennaio 1992, n. 109 in attuazione di due direttive della Comunità europea (89/395/CEE e 89/396/CEE). Secondo il giudice a quo, gip presso la Pretura di Asti, la nuova disciplina, introducendo il divieto di indurre in errore l’acquirente sulle caratteristiche del prodotto alimentare tramite l’etichet- tatura, la presentazione e la pubblicità di prodotti alimentari, e collegandovi una sanzione amministra- tiva che, di fatto, aveva abrogato la precedente normativa, depenalizzando così il reato di cui all’art. 13 della l. 283/1962, contrastava con l’art. 76 Cost., in quanto inosservante la legge delega (l. 428/1990), che autorizzava l’introduzione di sanzioni amministrative e penali “salve le norme penali vigenti”, tra cui, ad opinione del gip, doveva ricomprendersi anche l’art. 13 della legge del ’62.

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ricostruzione armoniosa con la Carta, e di averla ciononostante fallita, la Corte si pro- nuncerà per l’inammissibilità, senza scendere nel merito della questione. Tutto ciò, per la dottrina più attenta, significa in sostanza venire ad introdurre un requisito ulteriore dell’ordinanza di rinvio, vale a dire per l’appunto l’interpretazione conforme116.

Se da un lato si modificano quindi i criteri di accesso alla Corte, restringendo le porte per il giudizio di legittimità costituzionale, dall’altro è chiaro che tale giudizio viene a spostare il proprio baricentro, o comunque ad allargare il proprio orizzonte, coinvolgendo necessariamente anche la giurisprudenza comune. Come già notato da Ferrajoli, se una prima valutazione sulla costituzionalità della legge è rimessa alla ma- gistratura, il sindacato sulle leggi assumerà allora una coloritura diffusa. Ma se addi- rittura il giudice non deve più limitarsi al mero dubbio sulla incostituzionalità di una norma, ma ha l’obbligo di andare più in profondità, scandagliando i fondali della legge e portando a emersione almeno un significato costituzionale della stessa, allora la co- loritura della diffusione si fa quanto mai vivace.

Su tutti questi aspetti mi soffermerò in maniera più compiuta nel prossimo capi- tolo. Per adesso mi preme sottolineare, in una prospettiva storico-evolutiva, come la pronuncia del ’96 abbia rimescolato le carte e ridefinito così gli equilibri della giustizia costituzionale per come architettati dal Costituente. Occorre osservare che è pur vero che l’ibridazione messa in piedi nel ’48 si prestava a oscillazioni interne in considera- zione della prassi giurisprudenziale e, in generale, della storia politica e democratica della Repubblica, e forse questo risultato è proprio quello pensato, pur nella sua mio- pia117, dal Costituente, o quantomeno quello auspicabile, nel senso che, prestandosi, per la sua natura plastica e plasmabile, alla malleabilità in considerazione delle neces- sità della contingenza, un modello che contiene in sé tanto elementi di accentramento,

116 Anche se questa ricostruzione non è unanime in dottrina, taluno sostenendo che il canone dell’inter-

pretazione conforme agirebbe e si esaurirebbe all’interno del requisito della non manifesta infondatezza. In altre parole, la Corte non avrebbe creato un ulteriore requisito dell’ordinanza di rimessione, non positivizzato, ma il nuovo obbligo per il giudice si inserirebbe nella non manifesta infondatezza, pur facendone slittare il senso da un dubbio a una “quasi certezza” sull’incostituzionalità della legge. In tal senso si esprime ad esempio Nico A.M., L’accentramento e la diffusione nel giudizio sulle leggi, op. cit., nonché Rauti A., L’interpretazione adeguatrice come metacriterio ermeneutico e l’inversione lo-

gica dei criteri di rilevanza e non manifesta infondatezza, in Malfatti, Romboli, Rossi (a cura di), Il giudizio sulle leggi e la sua “diffusione”, op. cit.

117 Si è dato conto del fatto che il compromesso raggiunto in Assemblea Costituente sulla giustizia

costituzionale fu tanto straordinario ed efficace quanto effettivamente non troppo consapevole, salvi ovviamente i casi eccezionali (Calamandrei, Leone, Mortati etc.), come pure si è detto.

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quanto elementi di diffusione, giustamente, arriva a valorizzare quando questo mo- mento, quando l’altro della sua identità. E tuttavia, è innegabile che, con la manovra (peraltro operata dalla Corte, personificazione dell’accentramento118) attuata con la

sent. 356/1996, si giunge a potenziare non poco il ruolo del giudice comune (personi- ficazione, invece, della diffusione): e ciò avviene alla fine di un percorso iniziato prima con l’affidamento della Carta alla magistratura e continuato poi con la valorizzazione della sua giurisprudenza. Un percorso che ci racconta, insomma, una progressiva in- tensificazione della componente diffusa del modello.

Con la pronuncia di inammissibilità, quindi, la Consulta chiede ora ai giudici di procedere a interpretare la legge conformemente a Costituzione prima e, preferibil- mente, al posto della Corte, invitando così ineludibilmente la magistratura a “lavorare nella fabbrica delle interpretazioni conformi”119. Disegnando l’interpretazione con- forme come vera e propria condizione per l’instaurazione del giudizio incidentale, la Corte intensifica allo scopo il ricorso all’inammissibilità, virando verso lo strumento dell’ordinanza di manifesta inammissibilità per ribadire in modo ancor più perentorio che il giudice deve tentare questa attività ermeneutica prima di adirla, severamente rimproverando al giudice a quo del caso di non aver svolto correttamente questa sua funzione.

Il nuovo millennio conoscerà quindi un radicale potenziamento del ruolo della giurisprudenza comune per effetto dell’affermazione sempre più netta del canone dell’interpretazione conforme, venendo affidata senza riserve la Costituzione, assieme ovviamente con le leggi, alla magistratura, e scomodando la Corte solo laddove i giu- dici non riescono ad arrivare.

Rimandando ad altra sede l’interrogativo circa il fondamentale corollario che da tale prospettiva scaturisce, ossia la possibilità di sostanziale disapplicazione da parte del giudice comune, concludo qui con un’altra notazione di carattere storico. L’impor- tanza della pronuncia del ’96 è tale che, a partire da quel momento, in più settori della giustizia costituzionale viene a realizzarsi una vera e propria metamorfosi. Un primo

118 Questa considerazione viene tra l’altro sottolineata da chi ritiene che, come la Corte dà, la Corte può

togliere, nel senso che tutto ciò non sarebbe indicativo della valorizzazione della diffusione, quanto piuttosto proprio dell’accentramento (riportandosi anche come tale operazione fu compiuta altresì per esigenze di smaltimento dell’arretrato e sfoltimento dell’eccessivo numero di questioni). Cfr. sul punto, ad esempio, Nico, L’accentramento e la diffusione nel giudizio sulle leggi, op. cit., e Ruggeri,La giu- stizia costituzionale italiana tra finzione e realtà, op. cit. Lo sfruttamento di un connotato diffuso, già

oggettivamente insito nel sistema, come ho finora sostenuto nel corso di questa mia trattazione, mi pare comunque innegabile, almeno in questo momento storico.

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esempio è dato dalle decisioni interpretative della Corte, le quali saranno da qui in avanti impiegate con soluzioni del tutto innovative: vi si ricorre adesso per superare ricostruzioni ermeneutiche che la Consulta ritiene contrastanti con la Costituzione, op- pure per legittimare interpretazioni molto creative al fine di salvare una legge la cui lettera sia molto lontana dall’essere coerente con le norme costituzionali (e d’altra parte con la stessa interpretazione che all’uopo si fornisce). Dalla fine degli anni ’90, poi, attraverso il canone dell’interpretazione conforme, si rende recessiva la dottrina del diritto vivente, come accennato, ed è questo un tema molto importante nella rico- struzione dell’attività del giudice comune, e quindi nell’analisi di possibili cedimenti verso formule diffuse del controllo di costituzionalità. L’assetto prodottosi negli anni, imperniato in qualche misura sul diritto vivente e sulle pronunce interpretative come elementi di sensibilizzazione e valorizzazione della magistratura comune, viene in qualche modo sconvolto dalla nuova giurisprudenza della Corte, come giustamente osservato in dottrina120.

Prima di passare quindi alla compiuta trattazione del ruolo dell’interpretazione conforme nel nostro sistema di giustizia costituzionale, trovo utile, in chiusura, ritrarre i nuovi equilibri nei rapporti tra giudici comuni e Giudice delle leggi, così sciogliendo anche il nodo di un altro rapporto, quello tra diritto vivente e interpretazione conforme, che più su avevo legato.

3. Riassetto dei rapporti tra giurisprudenza comune e giuri-