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versità› della storia orale, quindi la ricerca di una verità complessa e non fattuale, all’improvviso spazzate via dinanzi alla necessità di una verità mag- giore, quella giudiziaria. L’incertezza palpabile riguardava precisamente le procedure giudiziarie allora in corso: come comportarsi, dinanzi all’eventuale richiesta giudiziaria di nastri a suo tempo registrati e custoditi in quanto fonte per la storia?

Il contesto (di storia)

Passa una generazione. Del ricordo riemerso a Firenze nel 2015 sono an- dato cercando una corrispondenza memoriale a Reggio Emilia.

Tento qualche domanda, consapevole che voci significative nel frattempo se ne erano pure andate. Buio, nella cerchia più stretta di quanti facevano pra- tica di storia orale: un caso di «cancellazione, oblio», è l’interpretazione che ne ha offerto a caldo Giovanni Contini. Rammentano l’uso giudiziario di fon- ti orali solo due studiosi che, occupandosi di storia delle mentalità e post Liberazione, ne furono personalmente toccati; ma la circostanza ai loro oc- chi non rappresentò un corto circuito tra memoria e giustizia, né oggi sem- bra assurgere a fatto degno di rilevanza storiografica5.

Tra smemoratezze e registri memoriali differenti c’era di che indagare per lo storico orale. E poi, in fondo al pozzo della mia memoria autobiografica, alber- gava un lumino, fioco ma persistente. Così ho finito per accogliere la solleci- tazione di AISO a riannodare qualche filo in forma di storia della memoria. Rintracciata la data in cui Giovanni Contini venne a Reggio Emilia, sono anda- to a ritroso sino a un fatto di cronaca che suscitò larghissima evidenza media- tica su piani concentrici, locale, nazionale, anche internazionale: l’appello alla verità in relazione agli omicidi del dopoguerra veicolato sulla testata de il Re-

sto del Carlino tra la fine di agosto e i primi di settembre del 1990 da espo-

nenti in vista prima del partito socialista e poi comunista di Reggio Emilia6.

«Chi sa parli» tuonò, con una lettera pubblicata su il Resto del Carlino, in edizione locale, Otello Montanari7. Se pure il contenuto non rivelava nulla di 5 Fu quella un’epoca fertile, densa di studi storici e sociali e anche di confronti metodologici tra giovani ricercatori. Pochi, in realtà, hanno poi continuato l’attività di ricerca; qualcuno è stato pianto prematuramente. Il riscontro diretto l’ho tentato con Maria Grazia Ruggerini, Marco Mietto, Marco Fincardi, Romeo Guarnieri, Massimo Storchi.

6 Si veda il Resto del Carlino nei giorni 28, 29, 30 agosto, 1, 3, 8 settembre 1990. Sulla risonanza mediatica di questo appello si veda Bertani 2002.

7 Otello Montanari, «Rigore sugli atti di ‹Eros› e Nizzoli». Resto del Carlino Reggio. Reggio Emilia, 29 agosto 1990; l’intervento viene affiancato a un articolo del giornalista, autore dello scoop, Mike Scullin, «Il Pci fa i nomi di chi li copriva». Resto del Carlino Reggio. Reggio Emilia, 29 agosto 1990. Ad aprire l’attacco alla diri-

inedito rispetto a quanto era stato scritto e sostenuto nei decenni prece- denti dai tanti libelli di ispirazione anticomunista, qui pesava l’identità del mittente: partigiano, dirigente di primo piano della federazione comunista reggiana, parlamentare per la durata di una legislatura, presidente in carica dell’Istituto di storia «Alcide Cervi»8.

In quella fine d’estate, mentre si reclamava verità per specifici fatti di san- gue, a essere messa sul banco degli imputati fu la storia del Partito comu- nista italiano. Nel merito storiografico, come notò Rossana Rossanda su Il

Manifesto, si trattava di stantia coazione a ripetere; ma coglieva un partito

nel mezzo di una metamorfosi identitaria destinata a lacerarne il corpo me- moriale9. Guardiamo soltanto all’intreccio evenemenziale che scandisce tra

il 1989 e il 1991 la crisi irreversibile del comunismo in Europa: nell’agosto 1989, dalla Polonia, iniziano a cadere i regimi del «socialismo reale»; il 9 novembre 1989 crolla come un castello di carte il muro di Berlino; il 12 novembre Achille Occhetto, il segretario generale del PCI, sceglie un’adu- nata partigiana presso la sezione Bolognina per lanciare la proposta di cam- biare nome al partito (processo che verrà portato a termine con il XX Con- gresso del febbraio 1991 e la nascita del PDS, Partito Democratico di Sinistra); a Mosca, il tentato golpe militare dell’agosto del 1990, seguito allo scioglimento formale di ogni vincolo terzinternazionalista, segna la messa fuori legge del PCUS e l’avvio della dissoluzione dell’Unione Sovietica10. genza comunista e partigiana del Pci reggiano nel dopoguerra era stato in realtà – il giorno precedente, sul medesimo foglio – l’esponente più in vista della federazione reggiana del partito socialista: Mauro Del Bue, «Violenza politica», Resto del Carlino Reggio. Reggio Emilia, 28 agosto 1990; a quest’ultimo risponde, su l’Unità del 29 agosto, il dirigente storico del Pci Giannetto Magnanini, «Reggio non è mai stata capitale della violenza: attenzione ai polveroni!». l’Unità. Roma, 29 agosto 1990. Il 30 agosto il Resto del Carlino torna alla carica con una doppietta: nelle pagine locali Vincenzo Bertolini – a lungo segretario della Federazione reggiana, esponente di punta della tendenza «migliorista» nel partito comunista, nonché genero di Germano Nicolini – interviene con un articolo dal titolo programmatico: Vincenzo Bertolini, «Ci è rimasta una scomoda verità». Resto del Carlino

Reggio. Reggio Emilia, 30 agosto 1990; la pagina nazionale ospita un lucido articolo di Francesco Alberti, «Il

Pci ritrova la memoria». Resto del Carlino. Reggio Emilia, 30 agosto 1990. Il giorno seguente esce dal silenzio la Gazzetta di Reggio, con un fondo – non precisamente benevolo nei confronti di Otello Montanari – del suo direttore Umberto Bonafini, «Gli innocenti in galera e i colpevoli fan carriera». Gazzetta di Reggio. Reggio Emilia, 31 agosto 1990. Il 1 settembre Mike Scullin fa il punto sulla situazione per i lettori de il Resto del Carlino. Il 3 settembre tocca a l’Unità di mandare il proprio inviato, Jenner Meletti. L’8 settembre, data niente affatto casuale, Otello Montanari dà appuntamento generale a Sant’Ilario d’Enza, a due passi dal Museo Cervi che lui dirige: qui si accenderanno i riflettori della televisione nazionale, con uno servizio speciale del TG1 mandato in onda il venerdì 14 da Paolo Frajese.

8 In ambito emiliano, tra i contributi di tenore anticomunista e antipartigiano, Pignagnoli 1949; Pignagnoli 1961.

9 Rossana Rossanda, «Il sangue d’Italia: il ‹triangolo rosso› di Reggio Emilia: la memoria mediocre di una

storia tragica». Il manifesto. Roma, 1 settembre 1990. 10 Occhetto 1990; Hobsbawn 1995.

La posta in gioco I