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Le cautele da seguire nell’attività di realizzazione delle interviste

«Buone pratiche per la storia orale»

3. Le cautele da seguire nell’attività di realizzazione delle interviste

Dopo la posizione, preliminare e fondativa, dei principi generali, il documen- to sulle «Buone pratiche» affronta subito, al primo paragrafo della sua se- conda parte, il tema dell’attività di «raccolta delle interviste», tema sul quale sono direttamente rilevanti le indicazioni dettate in materia di consenso dal Codice di deontologia, in particolare al comma 1 dell’art. 8.

Il primo periodo di questo paragrafo ripete, sostanzialmente, quanto stabilito dal diritto statale: «Le interviste sono il frutto di una scelta consapevole e informata». La restante parte del paragrafo, poi, cerca innanzitutto di adatta- re e specificare in modo circostanziato le prescrizioni sulla forma del con- senso e sul contenuto dell’informativa che l’intervistatore deve rivolgere all’interessato. Ma il tenore complessivo di queste precisazioni è più attento di quanto non lo sia quello delle indicazioni provenienti dal diritto statale. Circa la forma, infatti, si può subito notare che, mentre il Codice di deontologia richiede, un po’ ambiguamente, che il consenso, esplicito, venga reso «eventual- mente in forma verbale», le Buone pratiche precisano che esso possa ottenersi, senza distinzione alcuna, «in forma scritta o in forma orale», e che, nel secondo caso, esso vada acquisito all’inizio dell’intervista, mediante registrazione della relativa espressione, e ribadito, nello stesso modo, anche alla fine dell’intervista medesima. Ma vi è di più. Le «Buone pratiche» prevedono la preferenza per la forma scritta ogni qual volta in sede di consenso si trovi un accordo anche sulle «modalità per la diffusione audio-video delle interviste»: vi è, quindi, la chiara consapevolezza che questo tipo di diffusione sia molto più delicata e ‹pericolo- sa› di altre e che, pertanto, richieda una cautela e una riflessione maggiori. Si tratta, all’evidenza, di accorgimenti che, pur non appesantendo l’attività di raccolta con formalità idonee ad essere colte in un senso meramente buro- cratico23, esprimono al meglio i suddetti principi di autenticità e unicità, che 23 Tanto è vero che «L’accordo prestato in forma orale è registrato unitamente all’intervista». Ciò significa che esso può avere anche forma dialogica, senza che sia necessario predisporre un vero e proprio ‹interrogatorio› dell’interlocutore. La necessità di interpretare in tal modo questa precisazione nasce da una coerente e piena applicazione del (già visto) principio di autenticità della fonte orale e della conseguente posizione di ascolto che il ricercatore deve sempre assumere.

il Codice, per l’appunto, non contempla in modo così chiaro e che vanno ri- condotti, come si diceva, a necessità proprie del metodo adottato dalla co- munità scientifica di riferimento.

In questa direzione vanno intese anche:

• la precisazione sul fatto che vi può essere, in sede di espressione del consenso, un «accordo» su di «un utilizzo selettivo dell’intervista»;

• l’indicazione che «se l’intervista viene interrotta e rinviata ad altra data, sono registrati tutti i riferimenti utili, anche temporali, dell’interruzione e della successiva ripresa dell’attività, in modo che gli spezzoni dell’intervi- sta e il relativo consenso informato siano tra loro ricollegabili».

La stessa osservazione si può fare per un altro importante chiarimento: «L’intervistato ha diritto di interrompere o sospendere la registrazione e di rilasciare dichiarazioni a registratore spento. Ha diritto di rilasciare l’intervi- sta in forma anonima o con uno pseudonimo, oppure di richiedere di avva- lersi dell’anonimato per un tempo determinato da lui stabilito. In quest’ultimo caso l’anonimato è garantito anche in fase di archiviazione e conservazione della fonte».

Tutte queste precisazioni sono rafforzate da un’ulteriore regola, particolar- mente rilevante, che le «Buone pratiche» pongono al termine delle indicazio- ni sulla raccolta delle interviste. Si tratta della previsione concernente l’op- portunità che, «a intervista conclusa e in separata sede», il ricercatore pre- pari un «corredo critico» della fonte, anche in forma orale, ribadendo le con- dizioni e i limiti di utilizzo e di diffusione. Ciò garantisce che il consenso dell’intervistato prosegua, autentico e integro, dall’intervista all’utilizzazione come alla diffusione e all’archiviazione; e che l’oralista si assuma, per così dire, il compito di trasmettitore fedele della testimonianza raccolta.

Anche il contenuto dell’informativa è, nelle «Buone pratiche», assai detta- gliato; e infatti esso va oltre la disclosure sull’identità dell’intervistatore, sulla natura della sua attività e sulla finalità dell’intervista (come richiede l’articolo 8 del Codice di deontologia), estendendosi alla precisazione delle coordina- te spaziali e temporali in cui si svolge la raccolta della testimonianza e all’il- lustrazione dell’identità dell’eventuale committente della ricerca e, con il «maggior dettaglio possibile», delle modalità di utilizzo e di diffusione dell’in- tervista, oltre che del luogo e delle modalità di successiva archiviazione del- la fonte.

Al di là di questi aspetti, ad ogni modo, le «Buone pratiche», occupandosi del contenuto dell’informativa, prendono anche posizione su un profilo del tutto trascurato dal diritto statale, eppure virtualmente assai rilevante proprio nell’ottica di una possibile valorizzazione «giuridica» delle fonti orali e delle informazioni da esse veicolate.

Difatti il documento in esame estende l’opportunità dell’informativa all’even- tualità «che – in casi eccezionali – l’intervista possa essere acquisita dall’au- torità giudiziaria». L’indicazione è meno cogente delle altre («è opportuno») ed è anche premessa dalla specificazione che tale informativa può rendersi preferibile «Nei limiti in cui ciò sia considerato rilevante per la specificità delle tematiche oggetto d’indagine». Ma non c’è dubbio che essa ha la fun- zione essenziale di responsabilizzare molto di più l’intervistato e lo stesso intervistatore, non solo, o non tanto, in chiave di ‹anticipazione difensiva› ri- spetto ad eventuali e future azioni giudiziarie che organi pubblici o soggetti privati possano intraprendere, bensì anche nella prospettiva della formazio- ne consapevole (ancora una volta) di una fonte autentica e unica, nel senso anzidetto, tanto più dinanzi all’evenienza che, in futuro, essa possa sortire effetti apparentemente imprevedibili.

4. La titolarità e l’utilizzazione