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1.3 Il riciclo della frazione inerte dei rifiuti C&D

1.3.4 I vantaggi del riciclo dei C&D

1.3.4.1 Le risorse naturali minerali

1.3.4.1.1 L’attività estrattiva in Italia

Quadro normativo di riferimento A livello nazionale la disciplina dell’attività estrat- tiva si basa sul Decreto Regio n. 1443 del 29 luglio 1927 Norme di carattere legislativo per disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere nel Regno, che è attualmente vigente; la competenza sulle cave è stata successivamente trasferita alle Regioni con il Decreto del Presiden- te della Repubblica n.2 del 1977. Quindi ad oggi non c’è ancora stato un intervento normativo nazionale che determinasse criteri unici per tutto il Paese. Un passo importante è stato il re- cepimento della Direttiva Europea 85/337 in Italia con cui si è stabilito che le cave con più di 500.000 m3 di materiale estratto o con un’estensione superiore ai 20 ettari devono essere sottoposte alla procedura di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale), sotto il controllo delle Regioni; negli altri casi, in cui le volumetrie sono minori di 500.000 m3 e i siti sono ubicati al di fuori di aree protette, è previsto che i progetti siano sottoposti a Verifica di Assoggettabilità a VIA, con lo scopo di valutare se possono avere un impatto significativo sull’ambiente e de-

vono essere sottoposti alla fase di valutazione secondo le disposizioni del decreto di riferimento (D. Lgs 4/2008). Un altro aspetto fondamentale è stato affrontato nella Direttiva CE 21/2006, recepita in Italia con il Decreto Legislativo 117/2008, relativa alla gestione dei rifiuti prodotti dall’attività estrattiva: tra gli obblighi è richiesta la "redazione di un piano di gestione dei rifiuti per la riduzione al minimo degli stessi, il trattamento, il recupero e lo smaltimento di rifiuti di estrazione, nel rispetto del principio dello sviluppo sostenibile" [15].

Il problema dell’assenza di una legislazione nazionale che regoli le attività estrattive su tutto il territorio si riscontra in una forte disomogeneità normativa a livello regionale: ad oggi sono an- cora 12 i territori che non hanno una pianificazione, territori in cui non ci sono regole precise che sanciscono dove sia opportuno cavare, quanto materiale estrarre e come effettuare il ripristino ambientale delle aree. Esempi di Regioni dove l’attività di estrazione non è regolamentata sono riportati nel Report di LegaAmbiente del 2014 [15]: in Friuli Venezia Giulia, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria e nella Provincia Autonoma di Bolzano, dove non esiste una nor- mativa regionale, si assiste a coltivazioni abusive e a scempi del territorio che aumentano ancora di più gli impatti sull’ambiente di questa attività economica già di per sé critica. La Lombardia è una delle Regioni che vede l’attività estrattiva supportata da un’apposita legge regionale, la legge 14 del 1998: essa definisce le competenze tra le diverse Pubbliche Amministrazioni, detta disposizioni in materia di pianificazione, regime dell’attività di cava (comprese le attività assi- milabili, quali, ad esempio, le realizzazioni di bacini idrici), vigilanza e sanzioni, comunicazione e raccolta dei dati sulle attività estrattive. Per tutte le Province lombarde sono stati approvati i Piani Cave provinciali che definiscono, per ogni ATE (Ambito Territoriale Estrattivo), il metodo di coltivazione applicabile, la quantità massima di materiale estraibile e il ripristino ambientale da effettuare una volta cessata l’attività.

Cave e volumi estratti Dai monitoraggi effettuati da LegaAmbiente [15], in Italia nel 2014 risultano attive 5.592 cave, mentre quelle dismesse sono 16.045. Sono numeri altissimi, soprattutto se si pensa che solo una minima parte delle cave dismesse è stata oggetto di un recupero ambientale dopo la cessazione dell’attività estrattiva; inoltre i dati relativi alle cave dismesse non sono del tutto completi in quanto ci sono regioni, come il Friuli Venezia Giulia e la Calabria, dove non si effettuano monitoraggi delle cave chiuse. Dalla Figura 1.14 si evince che la Lombardia e il Veneto sono le Regioni con il più alto numero di cave attive, seguite da Sicilia e Piemonte.

L’attività estrattiva più diffusa in Italia è quella relativa al settore sabbia e ghiaia, come mostrato in Figura 1.15 ed il suo sviluppo risulta estremamente correlato all’andamento del settore delle costruzioni. Negli anni in cui la crisi dell’edilizia ha colpito il nostro Paese, sia la produzione di cemento che la quantità di materiale estratto dai siti di sabbia e ghiaia sono diminuiti: nel Report di LegaAmbiente è riportato che, rispetto al 2012, i prelievi di sabbia e ghiaia si sono ridotti del 43% dal 2009, i consumi di cemento del 22% dal 2011 ed è diminuito il numero dei cementifici e delle imprese attive [15]. Nonostante la crisi del settore, l’Italia rimane uno dei Paesi europei con la maggior produzione di cemento e consumo pro capite (Tabella 1.9). Le ragioni di un uso così elevato di cemento sono diverse, tra cui il ritardo culturale e normativo rispetto agli altri Paesi

Figura 1.14: Numero di cave attive e abbandonate nelle Regioni italiane (dati derivati da monitoraggi di LegaAmbiente dal 2009 al 2011).

Figura 1.15: Ripartizione delle cave per gruppi di materiali estratti [15].

europei che ne utilizzano molto meno a parità (o maggiori) di interventi realizzati [15]. Quindi le estrazioni di inerti e calcari, utilizzati per la realizzazione di opere/infrastrutture e per la produzione di cemento, risultano essere le più elevate a causa della ingente richiesta del mercato dell’edilizia. Per quanto riguarda la quantità di materiale cavato, con riferimento in particolare a sabbia e ghiaia, Lombardia e Lazio sono le prime due Regioni: come mostrato in Tabella 1.10, si vede che in queste aree nel 2012 sono stati estratti rispettivamente 15 e 13,9 milioni di metri cubi, che insieme rappresentano il 36% del totale estratto in Italia nel 2012 (quasi 80 milioni di metri cubi di sabbia e ghiaia [15]). Si tratta delle aree del Paese dove il mercato delle costruzioni e delle infrastrutture costituisce una delle fonti principali delle economie regionali e dove risulta meno evidente il calo nella quantità degli inerti estratti dovuta alla crisi degli ultimi anni, più visibile invece nelle altre Regioni.

Un tema centrale da affrontare quando si tratta di estrazione di materie prime è quello dei canoni di concessione che le società devono pagare per ogni tonnellata di materiale cavato: essi variano

Tabella 1.9: Produzione di cemento in Europa e consumo pro-capite: confronto tra il 2012 e il 2014 (fonte: LegaAmbiente [15]).

Paesi

Produzione Consumo specifico Produzione Consumo specifico

2010 2010 2012 2012

[migliaia di t] [kg/ab] [migliaia di t] [kg/ab]

Italia 34.408 565 26.244 432

Germania 30.150 301 32.338 396

Spagna 26.020 532 15.830 342

Francia 19.300 313 18.018 275

Regno Unito 8.000 159 7.932 126

Tabella 1.10: Quantità di sabbia e ghiaia estratte nell’anno 2012 nelle Regioni italiane (fonte Rapporto cave LegaAmbiente, anno 2014 [15])

Regione Quantità estratta [m3]

Abruzzo 1.605.550

Basilicata 804.100

Bolzano 942.700

Campania 97.500

Emilia-Romagna 6.304.765

Friuli Venezia Giulia 764.251

Lazio 14.980.500 Liguria1 0 Lombardia 13.898.280 Marche 1.143.265 Molise 414.886 Piemonte 10.989.757 Puglia 10.342.631 Sardegna 4.770.000 Sicilia 833.350 Toscana 2.988.655 Trento 870.000 Umbria 612.980 Valle d’Aosta 208.000 Veneto 6.107.890 Totale 79.877.060

1La Regione Liguria non presenta sul proprio territorio

cave di sabbia e ghiaia.

da Regione a Regione e dipendono dalla tipologia di materiale estratto. Nelle diverse regioni i canoni generalmente imposti per l’estrazione di sabbia e ghiaia sono molto bassi (0,7 e/m3 per Lombardia ed Emilia Romagna, 0,3 per il Lazio e 0,08 per la Puglia) mentre in Sardegna e Basilicata si può addirittura cavare, senza distinzione di materiale, del tutto gratuitamente. Questo permette di avere un prezzo degli aggregati naturali molto accessibile per le imprese edilizie, soprattutto in quei territori con elevata disponibilità di siti estrattivi di sabbia e ghiaia (come la Lombardia). Il tema delle concessioni si collega con quello relativo al mercato degli aggregati riciclati, come già affrontato nel paragrafo 1.3.5.: ad oggi il prezzo del materiale natu-

rale è troppo competitivo rispetto a quello dei materiali riciclati, quindi molto spesso le imprese edili, trovandosi nella situazione di dover scegliere, preferiscono affidarsi all’aggregato naturale. Aumentare le tasse per l’estrazione potrebbe essere un modo efficace per incentivare l’utilizzo degli aggregati riciclati, laddove le loro caratteristiche prestazionali lo consentano (riempimen- ti e costruzione di infrastrutture stradali), e lasciare spazio agli aggregati naturali dove siano richieste maggiori performance.