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La riqualificazione urbana è possibile qualora ci sia una normativa che ne disciplini la materia. La presenza del soggetto pubblico è perciò fondamentale per la buona riuscita del progetto, in particolar modo quando non si parla di singoli edifici ma di complessi ampi, se non proprio di quartieri da riqualificare. L’iniziativa privata da sola non riuscirebbe a far fronte alla completa realizzazione del progetto, ha bisogno di confrontarsi con dei soggetti pubblici, affinché il piano sia incluso in una visione di largo respiro, delle necessità del centro abitato. Il soggetto pubblico è altresì fondamentale, poiché è garante dell’interesse collettivo, deve impedire che siano attuati gli interessi di pochi imprenditori a scapito della comunità.

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Dagli anni Novanta, dopo il polverone di Tangentopoli, è stato riformato l’apparato normativo urbanistico, introducendo nuovi strumenti per agevolare le operazioni di riuso del suolo e per disciplinare i rapporti tra pubblico e privato, in forme di partenariato misto. I Programmi Complessi (PC) sono nati con il fine di favorire una riqualificazione equilibrata e qualitativa, non più improntata alla quantità, come lo era precedentemente. Tra i Programmi Complessi, istituiti dalla legge n.179 del 1992, vi sono: i Programmi di

Recupero Urbano (PRU; fondati nel 1993 dall’art.11 della legge n. 493), promossi dai

comuni, si riferiscono ad ampi ambiti territoriali e sono nati per favorire e migliorare la qualità architettonica urbana, attraverso un’adeguata distribuzione dei servizi. Tra gli altri strumenti a disposizione, vi sono i Contratti di quartiere (introdotti dal decreto del 22 ottobre 1997) nati all’interno delle amministrazioni comunali, per favorire l’integrazione sociale e il miglioramento della qualità di vita, sostenendo le attività economiche e i servizi. I Programmi di Riqualificazione Urbana e di Sviluppo Sostenibile del

Territorio (PRUSST, istituiti dall’ex DM n. 1169 del 1998) sono invece, programmi

complessi per le aree metropolitane, che sostengono la riqualificazione urbana attraverso la realizzazione di un sistema di servizi e di attrezzature per il territorio, promuovendo al tempo stesso, lo sviluppo turistico e ricettivo dei luoghi recuperati, per garantire lo sviluppo sostenibile e il benessere collettivo. Infine, le Società di Trasformazione Urbana (STU, nate nel 1997 e confermate dal d. lgs. n.267 del 2001) sono delle società per azioni, istituite con la finalità di integrare l’intervento pubblico con quello privato. Le STU sono società miste partecipate dai comuni e a volte, dalle regioni e dai i privati, che possono accedervi tramite bando pubblico.

Da non dimenticare è il ruolo dell’Unione Europea che, come terzo soggetto, interviene nella riqualifica di zone di degrado, attraverso i suoi Fondi Strutturali e i Fondi di Coesione, oltre ad alcuni programmi speciali, tra cui URBAN e URBAN II. Con questi programmi, l’Unione Europea mira a sviluppare “la riqualificazione economica e sociale delle città e delle periferie in crisi, per la promozione di uno sviluppo urbano ecocompatibile”6.

6Cfr.www.europa.eu/legislation_summaries/employment_and_social_policy/social_inclusion_fight_against

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Tra i soggetti privati, spiccano associazioni di vario tipo che si interessano alla materia della riqualificazione urbana. Tra queste, l’Audis (Associazione delle aree urbane industriali dismesse) svolge un ruolo d’intermediazione molto importante. Audis nasce nel luglio 1995 con il fine di:

“Dare impulso operativo al dibattito per fare emergere i punti critici delle trasformazioni che richiedono da parte degli Amministratori pubblici e degli Operatori, storicamente contrapposti, una comune strategia”7.

Audis si pone come intermediario tra i proprietari degli immobili abbandonati e gli amministratori locali, affinché trovino un punto d’incontro. Inoltre, Audis svolge un’importante attività informativa sul tema del riutilizzo di aree abbandonate, grazie all’organizzazione di convegni ed eventi internazionali, nei quali si favorisce l’incontro tra i vari soggetti, lo scambio d’informazioni e la presentazione dei casi di studio. Non ultimo, Audis fornisce un’incredibile banca data, disponibile anche online, per tutti coloro che siano interessati all’argomento. Infine, lo scopo centrale di Audis è di presentare delle proposte concrete di riuso, anche di carattere legislativo, esercitando come associazione un’azione di “pressione lobbistica, in senso corretto, trasparente e chiara nei confronti dei governi regionali e nazionali”8.

Ultimamente, anche il WWF (World Wildlife Found) si è occupato di sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema del consumo di suolo in Italia e sulle risorse, legate al riuso di edifici da recuperare dall’abbandono. Nel 2012, è stata lanciata la campagna “RiutilizziAMO l’ITALIA”, in cui il WWF invitava a segnalare i luoghi abbandonati e in degrado e a inviare le segnalazioni, insieme a delle proposte di recupero, attraverso un format nel sito internet. Dal sito del WWF, la descrizione degli obiettivi della mobilitazione:

7Associazione delle aree urbane industriali dismesse, Chi siamo, www.audis.it/index.html?pg=9&sub=20,

ultima data di consultazione: 1 maggio 2013

8 F. Corsico, “Per un nuovo approccio al recupero delle aree urbane dismesse”, in E. Dansero (a cura di), Le

aree urbane dismesse: un problema, una risorsa, Working Papers, Politecnico e Università di Torino,

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“La Campagna “RiutilizziAMO l’Italia” vuole contribuire alla realizzazione di un progetto che susciti una diffusa partecipazione popolare e un movimento culturale in cui le comunità divengano parte attiva a difesa dei beni comuni (ambiente, salute, paesaggio)”9.

Sensibilizzare l’opinione pubblica sulle risorse inutilizzate del territorio, serve per fare pressioni affinché non si costruisca ulteriormente, ma si pensi a sfruttare meglio ciò che esiste, in un’ottica di valorizzazione e conservazione dell’ambiente e delle risorse naturali. Spesso l’ambiente è minacciato dall’avanzare del cemento, di centri commerciali mai aperti, che deturpano il territorio e la sua naturale bellezza. Oltretutto, la campagna del WWF è utile per realizzare una mappatura aggiornata del territorio e delle risorse abbandonate.

Al WWF non sta a cuore solo l’ambiente ma anche la partecipazione della comunità, chiamata in prima persona a proporre il proprio progetto, in modo da favorire recuperi che siano orientati al benessere collettivo, secondo procedure bottom-up (trad. provenienti dal basso).

Dopo la chiusura della campagna a fine novembre 2012, sono pervenute al WWF ben 575 schede di segnalazione, di cui il 70% elaborate da gruppi di cittadini riuniti in associazioni o comitati e il 30% da cittadini singoli10. Il primo intervento concreto della campagna, dopo il grande successo raccolto, è stato il convegno “Dismissioni & Riuso in Puglia – Problemi, buone pratiche, buone idee” tenutosi il 21 marzo 2013 a Bari, con l’intento di delineare dei primi percorsi, per progetti futuri nella Regione Puglia.