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Quando si parla di musei, la parola stessa che li definisce può apparire sinonimo di rigidità e conservatorismo, nel senso negativo del termine. Questa sensazione è dovuta ad anni e anni di fraintendimenti, in cui il museo è stato proposto come una “bacheca” per conservare e perpetuare la memoria, al posto di essere considerato come un soggetto attivo nella promozione della cultura. La definizione che fornisce l’ICOM5 potrebbe rispondere ad un ideale museo completo in tutte le sue funzioni, dicendo che:

“Il museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. È aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze materiali e immateriali dell’umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e diletto”6.

Questa definizione delinea un quadro molto diverso, rispetto allo stereotipo che molte persone hanno del museo impolverato e inaccessibile ai “non addetti ai lavori”. Secondo la definizione dell’ICOM, il museo dovrebbe essere un’istituzione aperta verso la società, cui si rivolge nel complesso, svolgendo al tempo stesso il ruolo di ricerca. Sul tema della ricerca, l’arte contemporanea non si trova facilmente concorde con la linea di pensiero dei musei, perché l’innovazione artistica contemporanea si pone al di là delle regole del sistema, sconvolgendone i limiti e fornendo un’interpretazione originale. Quindi, sebbene un museo debba essere rivolto alla ricerca, nel caso ovviamente dell’arte a noi

5 International Council of Museums è un’organizzazione mondiale, nata nel 1946, che riunisce i maggiori

musei e professionisti museali al mondo. ICOM è una organizzazione non governativa, affiliata all’Unesco.

6 International Council of Museum, www.culturaincifre.istat.it/definizioni_musei.htm, ultima data di

consultazione: 15 aprile 2013. Definizione ufficiale fornita dall’ICOM, estratta dallo Statuto dell’ICOM (Articolo 2. Definizioni), adottato dalla 16a Assemblea generale dell’ICOM (L’Aja, Paesi Bassi, 5 settembre 1989) e modificato dalla 18a Assemblea generale dell’ICOM (Stavanger, Norvegia, 7 luglio 1995) nonché dalla 20a Assemblea generale (Barcellona, Spagna, 6 luglio 2001).

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contemporanea, pochi sono i direttori di musei “illuminati” che permisero e permettono una reale sperimentazione da parte dell’artista. Questo è stato uno dei motivi principali per cui nella storia, il museo è stato percepito come lontano dalla contemporaneità, rivolto piuttosto ad una cura del passato. Soprattutto negli anni di grande sconvolgimento sociale e artistico, come furono gli anni Sessanta e Settanta, i musei non si dimostrarono al passo delle nuove innovazioni artistiche (installazioni, perfomances, happening, body art), creando quel distacco dagli artisti, che invece le istituzioni avrebbero dovuto promuovere e sostenere. Questo portò dagli anni Sessanta in poi, alla creazione di spazi alternativi, che permisero di sperimentare quello che i musei non avrebbero mai concesso di fare. Così facendo, il museo smise di essere al servizio della “società e del suo sviluppo”7, creando un dualismo giunto fino ai giorni nostri.

Uno dei musei più emblematici da questo punto di vista fu il Museum of Modern Art di New York. Il museo, che si trova a New York, centro dell’arte mondiale dal secondo dopoguerra, fu il bersaglio di uno dei momenti storici più creativi e controversi dell’arte contemporanea. Gli artisti dell’epoca lo contestarono vivamente, perché reclamavano una maggiore partecipazione alla vita del museo che, al contrario, sembrava ermetico ai cambiamenti. Il MoMA (Museum of Modern Art) si dimostrò incapace di essere al passo con i cambiamenti sia sociali sia artistici di quegli anni, preferendo una posizione arretrata di difesa. Per prima cosa il MoMA, ma in genere i musei di quegli anni, non avevano gli spazi adatti per ospitare opere che iniziarono ad avere dimensioni notevoli, come le installazioni; a differenza di molti spazi alternativi, che poterono approfittare degli affitti bassi di alcune zone di New York, tipicamente sede di industrie, per stabilirsi in edifici fatiscenti ma ampi. Il museo poi non avrebbe mai, almeno inizialmente, permesso alcune tra le sperimentazioni più ardite di artisti come Gordon Matta Clark e i suoi tagli degli edifici, mentre nei loft di origine industriale, cui era stata cambiata la funzione d’uso, tutto sembrava possibile. Oltre a ciò, se anche fosse stato permesso a molti artisti di produrre tali opere nel museo, avrebbero risentito del peso di una collezione di arte moderna così importante e famosa, come lo era già quella del MoMA all’epoca.

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In secondo luogo, a volte i musei tendono ad essere autocelebrativi, proponendo l’artista già famoso o dell’ultima moda invece che, fungere da trampolino di lancio per le nuove generazioni. Per un’artista di oggi, esporre in un museo significa essere già entrati a far parte dell’elite culturale e avere un buon successo di mercato. Per un artista, con l’esposizione in un museo o addirittura entrando a far parte della collezione, significa aver ottenuto un riconoscimento ufficiale. Il museo è vissuto come un tempio, in cui solo i migliori o forse i più fortunati, riescono ad accedervi. In questo modo, non sostenendo i giovani, il museo perde come già detto, la funzione di sviluppo della società. Non appare quindi insensata la ricerca di nuovi spazi per esporre le opere, che siano indipendenti e alternativi al museo, senza dei quali non ci sarebbe quel “sottobosco” artistico, dal quale nascono i giovani talenti. Questa funzione è assolta in Italia da associazioni, fondazioni no profit e altre organizzazioni che cercano di proporsi come un’alternativa, vicina ai giovani e alla società, anche attraverso eventi che coinvolgano persone non esperte di arte. Negli ultimi tempi, ci sono stati dei progressi in Italia, ma spesso sono giunti da soggetti privati o da musei d’arte contemporanea che forse, per il taglio moderno delle loro collezioni, si sentono più vicini ad una società attuale8, realizzando numerose iniziative che coinvolgano una fetta di pubblico più ampia.

Inoltre il museo, specialmente quando è pubblico, deve rispondere ad una molteplicità di interessi politici e anche economici che spesso, limitano la scelta di progetti innovativi e smorzano l’originalità dei curatori. Sicuramente, oggi la disputa tra l’artista e il museo è meno accentuata rispetto al periodo di grande contestazione sociale tra gli anni Sessanta e Settanta ma è significativo che ancora ai giorni nostri, esista la ricerca di spazi alternativi, che rispondano ad un’esigenza evidentemente, non colmata dall’istituzione preposta: il museo.

8 Per quanto riguarda la situazione italiana vedi le giornate del FAI (Fondo ambiente italiano,

www.fondoambiente.it/Index.aspx) di primavera e le iniziative dei musei della rete AMACI (Associazione Musei d’arte contemporanea Italiana, www.amaci.org).

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