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Pochi furono quindi gli spazi alternativi che riuscirono a mantenere la loro indipendenza artistica, non trasformandosi in gallerie nonostante i sussidi statali. Altrettanti pochi spazi sono ancora aperti oggi, molti chiusero nel corso dei trent’anni passati. Il P.S.1 Contemporary Art Center è rappresentativo di una parabola storica di molti spazi alternativi degli anni Settanta, sopravissuti fino ad oggi.

Consapevole che non si tratti di un edificio industriale, pur essendo stato comunque un edificio “di riuso”, il P.S.1 Contemporary Art Center sarà al centro di questo paragrafo per riportare un esempio lampante dell’evoluzione subita da tanti altri spazi, simili a questo. Il P.S.1 Contemporary Art Center (che da adesso in poi chiameremo semplicemente P.S.1) nasce in seno ad un’organizzazione no-profit chiamata “Institute for Art and Urban Resources”(IAUR), fondata da Alanna Heiss nel 1971. Il primo atto che sancisce la fondazione di questo organismo fu The Brooklyn Bridge Event (21–24 Maggio 1971), un evento in occasione dell’anniversario del ponte di Brooklyn, che Alanna Heiss organizzò proprio sotto al ponte. Alanna Heiss, curatrice ed organizzatrice di eventi alternativi al

mainstream, si ispirò a quanto accaduto qualche anno prima a Londra, quando il St

Katherine’s Docks fu dato in gestione per due anni agli artisti, che riuscirono a riabilitarne la struttura.

L’Institute for Art and Urban Resources nacque un anno dopo l’evento al ponte di Brooklyn, con lo scopo di interagire con le autorità pubbliche, affinché edifici abbandonati in città non venissero demoliti. Heiss mirava a riabilitare molti edifici in disuso della città, recuperandoli dal declino e dall’abbandono, ma decise di farlo in modo legale, chiedendo le autorizzazioni necessarie. Con questi edifici in stato di abbandono, Heiss volle creare degli spazi no profit votati all’arte, alla perfomance, scavalcando in questo modo, i confini tra teatro, galleria d’arte e comunità artistica. Fino al 1976, per quattro anni l’Institute for

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Art and Urban Resources agì in diversi spazi, avendo la concessione dei proprietari di stabilirvisi solo per un breve periodo. Nel 1973, Alanna Heiss riuscì ad avere la gestione della torre dell’orologio all’ultimo piano di un edificio di Manhattan. Con la Clocktower

Gallery, Alanna Heiss organizzò alcune delle più memorabili mostre di artisti

postminimalisti, che non furono mai organizzate prima in altre istituzioni. Di tutti gli altri edifici di cui lo IAUR si occupò, il Clocktower è l’unico sopravissuto e attualmente ospita mostre temporanee e una radio alternativa (Art On Air)19.

Nel 1976 il comune di New York in accordo con i distretti, decise di affidare ad Alanna Heiss e all’Institute for Art and Urban Resources, la gestione di una vecchia scuola abbandonata nel 1963 a Long Island City, nel Queens, che verrà chiamata P.S.1 (Public School 1). Grazie anche ai finanziamenti statali e privati che la Heiss ricevette, ella riuscì in breve tempo e dopo pochi lavori necessari di messa in sicurezza, ad aprire il centro alla fine del 1976 con la grande mostra Rooms. Il fatto che il P.S.1 sia nato in un periodo relativamente tardo, rispetto a tanti agli altri spazi indipendenti, evidentemente pose delle differenze rispetto ai precedenti. Innanzitutto, come già accennato, Alanna Heiss era appoggiata dalle autorità pubbliche che fornirono lo spazio in gestione; inoltre il P.S.1 fu da subito finanziato dai sussidi federali.

“Volevo allontanarmi dagli spazi alternativi e spostare la mia energia su un unico posto. [Il PS1, N.d.t.] era l'opposto dello spazio alternativo. Tutto di quello era l’opposto. Ci sono state cose che ho fatto al PS1 che non mi sarei sognata nemmeno di fare in qualche altro posto, perché volevo mostrare artisti, e dimostrare a me stessa, che l'edificio non doveva per forza essere un tempio. [...] Ho pensato che era il momento di smettere di essere una guerrigliera per l'arte. E 'stata l'occasione di sfidare realmente l'attività museale in uno spazio che non agiva come un museo. E’ stato un anti-museo”20

19 Dopo che fu aperto il P.S.1 Contemporary Art Center nel 1976, la Clocktower Gallery rimase residenza per

artisti e sede d’esposizione di artisti emergenti. Nel 2008, Alanna Heiss lasciò la direzione del P.S.1, assumendo la direzione invece del Clocktower, che rilanciò con un nuovo programma di mostre e con la radio Art on Air. Per maggiori informazioni cfr. www.artonair.org/about

20 Heiss Alanna da un’intervista rilasciata a Herb Tam e Lindsay Aveilhe nel 2009, in L. Rosati, M.

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Il P.S.1 si pose da subito come uno spazio fisicamente non usuale, che esponeva artisti “rifiutati” e innovativi ma che, al tempo stesso, cercava una riconciliazione con il sistema, nella convinzione di poter cambiare, pur non rimanendo completamente degli outsider. Per i suoi spazi “ruvidi”, abbandonati e per la scelte artistiche, nell’immaginario comune il P.S.1 rimase un centro d’arte alternativa, nonostante le recenti dichiarazione della Heiss, sopra riportate. Il centro continuò negli anni a far esibire artisti emergenti, negli anni Ottanta importante fu il supporto dato alla Street Art, alla cultura punk e agli artisti dell’Arte Povera di Germano Celant, con la mostra The Knot: Arte Povera, 1985. Nel 1997, il P.S.1 chiuse per lavori di ristrutturazione e riaprì nella speranza di sanare anche le finanze, ormai disastrose. Nel 1999, per salvare il P.S.1 dal fallimento e sull’onda di un cambiamento storico, il P.S.1 si fuse con il MoMA, diventando a tutti gli effetti una sua costola nel 2010, quando ne assunse anche il nome diventando appunto: MoMA PS1. La storia del P.S.1 come organismo autonomo si concluse con la fusione con l’acerrimo “nemico” dell’arte sperimentale degli anni Settanta, il museo che tanto si voleva contrastare nelle scelte artistiche. Questo fatto ha delineato un cambiamento nell’indirizzo delle istituzioni, in particolare del MoMA, che attraverso questa fusione mira a rendersi credibile come museo al passo con i tempi, colmando il vuoto nel settore contemporaneo, che per anni rese il museo vulnerabile alle critiche degli artisti viventi. Attraverso questa fusione, il MoMA si è garantito uno spazio agibile per le installazioni di grandi dimensioni, che prima con difficoltà poteva esporre nella sede centrale e al tempo stesso, si è assicurato una piattaforma per l’arte contemporanea. Dal canto suo l’arte alternativa sempre posta ai margini, conclude in parte qui il suo percorso, istituzionalizzata, conscia di essere a fine binario. Il P.S.1 è stato il più eclatante tra gli esempi, anche per lo shock causato negli artisti legati alla sua storia passata, ma è

Trad. della scrivente da: “I wanted to turn away from alternative spaces, and spend my Energy on one place. [The P.S.1, N. d. r.] was the opposite of the alternative space. Everything about it was opposite. There were things I did at P.S.1 that would not even dream of doing anywhere else, because I wanted to show artists, and myself, that the building did not have to be the temple. […]I thought that it was time to stop being a guerrilla warrior for art. It was a chance to really challenge museum activity in a space that wasn’t acting as a museum. It was an anti-museum”.

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rappresentativo di una parabola compiuta da molti piccoli spazi alternativi, che chiusero o finirono per istituzionalizzarsi.