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Con il termine museologia, si intende quella scienza che si occupa di studiare i fondamenti teorico-storici dei musei, ossia l’essenza dell’istituzione stessa e le sue evoluzioni. A completare gli studi sul museo, si affianca la museografia, che si occupa di aspetti più tecnici, relativi alle modalità espositive e funzionali di un museo.

Questa diversificazione tra le due discipline nacque in realtà solo nel Novecento, quando la teoria estetica museale iniziò ad avere una propria autonomia, rispetto ai voleri del collezionista ottocentesco.

Il museo, come luogo stabile di esposizione pubblica di oggetti artistici o storici con funzione conservativa e educativa, nacque abbastanza recentemente, giacché prima del Settecento si può parlare ancora solo di collezionismo1. Solamente con l’avvento dell’Illuminismo, nacquero i primi musei con fini educativi (la nascita dei Musei Capitolini a Roma risale al 1734), che ebbero forte impulso con la Rivoluzione Francese e l’apertura del Louvre nel 1793. Il Louvre fu pensato come un luogo di apprendimento per tutti i cittadini, educati secondo un gusto pubblico. L’Ottocento fu il secolo d’oro del museo, in Italia nacquero le pinacoteche e le accademie e furono fondati i nuclei centrali dei maggiori musei di oggi. In Italia, si sviluppò la tendenza di riutilizzare palazzi antichi come sedi museali, a differenza degli altri paesi che previdero, sia in Europa sia in America, la costruzione di grandi edifici monumentali neoclassici. A partire poi dal Novecento, grazie alla forza propositiva delle Avanguardie, cambiò la modalità espositiva delle opere, non più esposte secondo un criterio di quantità ottocentesco, ma selezionate per la loro qualità.

Dal secondo dopoguerra, grandi cambiamenti sconvolsero fin da subito la museologia, che nel frattempo, iniziava a muovere i primi passi. Si dovette fare i conti infatti, con il

1 La pratica del collezionismo privato si differenzia da quella del museo, per un carattere instabile e

personale della collezione, che è soggetta ai gusti delle mode e ad altri eventi legati alla vita del collezionista. Inoltre, la collezione privata non ha un fine pubblico, a differenza del museo. Al riguardo, sono però rinvenibili delle eccezioni nella storia italiana del Rinascimento, in cui i mecenati misero la propria collezione a disposizione di giovani e artisti, in modo che potessero studiarla e ammirarla.

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nuovo museo Guggenheim di New York, progettato da Frank Lloyd Wright e inaugurato nel 1959.

L’edificio di Frank Lloyd Wright ha inaugurato una stagione, ancora attuale, in cui l’architettura del museo prevarica come importanza e imponenza sulla collezione d’arte. L’edificio con la sua forma a spirale e i pavimenti in pendenza creano tutt’oggi, numerose difficoltà nell’esposizione delle opere, particolarmente quando si tratta di installazioni contemporanee2. Questo esempio accese un lungo dibattito, ancora in corso, sul delicato equilibrio tra arte e architettura:

“L’architettura non è più, e soprattutto non vuole più essere, ancillare rispetto all’opera d’arte che ospita, ma vuole vivere di una propria autonoma capacità critica e interpretativa. Questo meraviglioso contenitore [il Salomon Guggenheim di New York, N.d.r.] che si relaziona con il reticolo ortogonale delle vie di Manhattan non sembra affatto intimidire davanti alle opere dei maggiori talenti artistici del XX secolo appese alle sue pareti, anzi sembra soverchiarle con la propria architettura”3.

Arte e architettura instaurarono nel corso della seconda metà del Novecento e negli anni Duemila, un legame indissolubile, anche se a volte non pacifico, in cui l’architettura ha continuato a influenzare la museografia. Dopo l’edificio di L.Wright, si iniziò a concepire il museo come luogo di conoscenza non più solo relegata ai campi artistici, ma multitematica. Sempre di più, si è iniziato a guardare al museo, come espressione politica di un certo benessere, legato all’economia di un territorio e sua più diretta concretizzazione.

Nel 1977, per sconvolgere ulteriormente gli animi, fu inaugurato il Centre National d’art et de culture Georges Pompidou a Parigi, su progetto di Renzo Piano e Richard Rogers. Questo edificio si propose come baluardo della nuova museologia e museografia, attraverso la sua funzionalità e gli innovativi ambienti, ricavati per una nuova serie di

2 Cfr. la grande retrospettiva di Mario Merz al Salomon Guggenheim di New York, curata da Germano Celant

nel 1989.

3 G. Belli, “Il museo contemporaneo. Dell’architettura e del senso”, in V. Terraroli (a cura di), L’arte del XX

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attività accessorie a quelle espositive. Il Centre Pompidou rappresentò una svolta, secondo la quale il museo assunse le forme di un centro multifunzionale d’aggregazione sociale, mitigando allo stesso tempo la funzionalità con la ricerca estetica radicale.

“Il Pompidou è attualmente riconosciuto come la pietra miliare di una svolta culturale e concettuale del museo. E’ infatti un edificio multifunzionale composto da una sovrapposizione di piani liberi all’interno di un grande contenitore che ha trasformato il museo in una piazza pubblica frequentata dai cittadini, dai turisti e dai visitatori. […]Il centro Pompidou sia stato considerato un evento spartiacque di una forma museale aperta e partecipata che ha inaugurato l’usanza di erigere musei ed edifici per esposizioni talvolta anche in assenza di una collezione significativa”4.

Sempre per Alessandra Criconia, il Centre Pompidou inaugurò la stagione dei così chiamati “Supermusei”, firmati dai grandi nomi dell’architettura contemporanea, che trovò la sua massima rappresentazione nel nuovo museo Guggenheim di Bilbao (Spagna), di Frank O’Gehry del 1997. Le forme di questo museo alludono più ad un’enorme scultura, che sembra sorgere dallo specchio d’acqua della città di Bilbao, più che ad un edificio per la conservazione e la promozione di una collezione d’arte. Il museo di Bilbao simboleggiò una svolta nella considerazione pubblica del museo, che da allora, è diventato un’industria culturale. Questo cambiamento fu stato dovuto ad un periodo storico in cui la drastica diminuzione dei contributi pubblici alla cultura, causarono l’aumento del fundraising privato. Per combattere contro una spietata concorrenza, i musei furono costretti ad incrementare la loro attraenza, per conquistarsi una fascia di pubblico più ampia e per farlo, arrivarono a spettacolarizzare le loro attività.

Dagli anni 2000 con l’apertura della Tate Modern di Londra, si configurò una terza via nella museologia, che non fosse altrettanto eclatante ed espressionista come il Guggenheim di Bilbao, ma che perseguisse le funzioni museali , integrando un edificio nuovo con il vecchio. Il recupero di edifici antichi o industriali si sta configurando quindi,

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come la risposta a lungo periodo di incertezze economiche, riuscendo in termini più sobri, comunque a rispondere alle esigenze di un’arte sempre più complessa.