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Attribuibilità al beneficiario dell’amministratore di sostegno della qualità giuridica di incapace

1. Oggetto dell’amministrazione, poteri dell’amministratore e limitazioni di capacità del beneficiario: una terza forma d

1.1. Attribuibilità al beneficiario dell’amministratore di sostegno della qualità giuridica di incapace

L'indagine relativa agli effetti dell'amministrazione di sostegno sulla capacità del beneficiario, necessita in via preliminare di affrontare la questione relativa all'attribuibilità al beneficiario della misura della qualità giuridica di incapace. Ancora una volta è necessario il confronto con gli istituti di protezione tradizionali, dai quali deriva al beneficiario l’acquisto della qualità giuridica di incapace e l’operare di un ben preciso ed immutabile regime di preclusioni, effetti e decadenze; con particolare riguardo all’interdizione, parte della dottrina ha scorto l’emergere in capo al soggetto sottoposto alla misura di un vero e proprio status, idoneo ad identificare l’individuo sotto l’aspetto della sua partecipazione alla comunità sociale127.

127In questo senso il concetto di status è inteso come insieme delle norme che regolano il

rapporto tra individuo e società. La citazione è da NAPOLI, L’infermità di mente, l’interdizione,

l’inabilitazione, cit., p. 13, ove l’autore precisa come sarebbe da superare la concezione di

status come strumento diretto a consolidare una capitis deminutio, per sposare di contro una nozione che vede nello stato la «condizione giuridica del soggetto nella comunità». Accogliendo questa definizione, anche all’inabilitazione potrebbe determinare l’acquisto dello

status corrispondente in capo all’inabilitato. Si tratterebbe, in buona sostanza, di uno status personae. V. ORLANDI, voce Interdizione e inabilitazione (diritto e proc. civile), in Digest. Italiano, XIII,

1, rist., Torino, 1902-1906, p. 1320: «l’inabilitazione non opera alcun cangiamento di stato, a differenza dell’interdizione, l’inabilitato continua ad esercitare tutti gli atti della vita civile, salvo che in determinati casi p obbligato a seguire la volontà di altra persona». BELLINI, Il

concetto di infermità mentale come causa di interdizione o inabilità e di attenuazione dell’imputabilità è aderente all’evoluzione della scienza neuro psichiatrica?, in Rass. Giur. umbra, 1962, p. 489, secondo il

quale il difetto di capacità legale è uno status permanente e formale del soggetto. NAPOLI,

Infermità di mente. Interdizione. Inabilitazione, cit., p. 14; RESCIGNO, Situazione e «status»

nell’esperienza del diritto, in Riv. dir. civ., I, 1973, p. 221; ZATTI, Status, in BELVEDERE, GUASTINO,

ZATTI, ZENO, ZENCOVICH, Glossario, in Trattato di diritto privato, a cura di IUDICA e ZATTI, Milano,

Si è pertanto posto l’interrogativo se anche l’amministrazione di sostegno faccia del beneficiario un incapace, quesito sul quale, peraltro, non vi è stata, agli esordi della normativa, assoluta unanimità di visioni128.

Fin dai primi commenti si è messo in luce come la questione sia suscettibile di diverse interpretazioni.

Secondo una tesi129 è opportuno distinguere a seconda della portata

limitativa del decreto, cosicché laddove questo determini effetti incapacitanti solo in relazione ad un numero modesto di atti, la capacità del beneficiario rimarrebbe integra, salvo quanto espressamente previsto nel decreto; nel caso in cui, diversamente, le limitazioni ivi indicate riproducessero sostanzialmente il contenuto di un provvedimento di inabilitazione, allora il beneficiario sarebbe un incapace parziale. Infine, qualora il provvedimento di amministrazione si sostanziasse in una interdizione, il beneficiario sarebbe considerato alla stregua di soggetto incapace.

Non è mancato chi130, pur negando in capo al beneficiario lo “status” di

incapace, ha evidenziato l’esistenza di non trascurabili riferimenti normativi tali da indurre a ravvisare nell’amministrazione di sostegno una «terza forma di incapacità di agire»131, che andrebbe ad aggiungersi a interdizione e

inabilitazione. Il riferimento è al regime di pubblicità della misura; al richiamo effettuato dall’art. 720 bis c.p.c. alle norme processuali in materia di interdizione e inabilitazione; ancora, all’art. 408 c.c., che statuisce come la previsione della designazione dell’amministratore di sostegno possa essere effettuata anche in vista della propria e futura incapacità.

Da un lato, infatti, potrebbe accogliersi la tesi secondo la quale - in considerazione del fatto che il decreto necessariamente incide, limitandola, sulla capacità del beneficiario - questi è soggetto, almeno parzialmente, incapace. Dall’altro lato, valorizzando le finalità della legge, sarebbe più corretto concludere che il beneficiario dell’amministrazione di sostegno non è incapace.

128AVAGLIANO, Atti personalissimi e diritto delle società: tra incapacità parziale e capacità attenuata, in

Notariato, 2005, p. 394.

129MORELLO, L’amministrazione di sostegno (dalle regole ai principi), in Notariato, 2004, p. 227-228. 130LISELLA, I poteri dell’amministrazione di sostegno, in FERRANDO (a cura di), L’amministrazione di

sostegno, Milano, 2005, p. 126. E’ quanto peraltro anche affermato da VENCHIARUTTI, Gli atti del

beneficiario di amministrazione di sostegno. Questioni di invalidità, in FERRANDO (a cura di),

L’amministrazione di sostegno, Milano, 2005, p. 166.

131NAPOLI, Una terza forma di incapacità di agire?, in Giust. civ., 2002, II, p. 379 ss; le osservazioni

compiute dall’A. si riferiscono tuttavia ad una precedente proposta. È interessante vedere come la perplessità maggiore espressa dall’autore consista proprio nel rischio che il provvedimento di amministrazione di sostegno sia necessariamente incapacitante (p. 382).

La dottrina maggioritaria132 è tuttavia concorde nel ritenere che il

beneficiario dell’amministrazione di sostegno non è un incapace133; come è

stato attentamente rilevato134, un non trascurabile fondamento di tale

conclusione si rinviene nell’intento del legislatore di mantenere volontariamente sfumati i contorni tra capacità e incapacità di agire, in quanto l’assolutezza di tale dicotomia non appare più adeguata a spiegare le innumerevoli situazioni conducenti all’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno.

Vi sono poi significativi riferimenti normativi che confermano la correttezza dell’interpretazione maggioritaria. In primis, l’art. 412 c.c. il quale, prevedendo la nullità dei soli atti che siano stati compiuti dal beneficiario in violazione delle disposizioni contenute nel decreto, fa salvi tutti gli atti per i quali non sia stata prevista esplicitamente la limitazione di capacità del beneficiario; ancora, in questo senso può essere letto il dettato dell’art. 404 c.c., che non si esprime più in termini di incapacità a curarsi dei propri interessi, bensì di impossibilità 135.

La disposizione certamente più significativa è tuttavia quella contenuta nell’art. 409 c.c., in forza del quale il beneficiario conserva la capacità in relazione a tutti gli atti per i quali nel decreto non è prevista alcuna limitazione. Tale disposizione attua un vero e proprio capovolgimento di prospettiva, facendo «della capacità la regola e dell’incapacità l’eccezione»136.

Attenuando la portata innovativa di suddetto principio, un autore137 ha

osservato che l’art. 409 c.c. rischia di accontentare soltanto chi ha paura delle definizioni e delle parole: la previsione di limitazioni della capacità rende il beneficiario della misura se non un incapace, quantomeno un soggetto solo

parzialmente capace. E ciò, a maggior ragione, in tutte le ipotesi in cui il decreto 132DOSSETTI, Effetti dell’amministrazione di sostegno, in DOSSETTI, MORETTI, MORETTI,

L’amministrazione di sostegno e la nuova disciplina dell’interdizione e dell’inabilitazione, cit., p. 75; sul

rapporto tra status e capacità di agire, v. RESCIGNO, Introduzione, in FERRANDO e VISINTINI (a

cura di), Follia e diritto, Torino, 2003, 17 e 21 ss.

133Contra BIANCA, L’autonomia privata: strumenti di esplicazione e limiti, in PATTI (a cura di), La

riforma dell’interdizione e dell’inabilitazione, Milano, 2002, p. 119.

134BALESTRA, Gli atti personalissimi del beneficiario dell'amministrazione di sostegno, in Familia, 2005, p.

667.

135Invero, seguendo l’insegnamento di autorevolissima dottrina (ARENA, voce Incapacità

(Diritto privato), in Enc. del dir., XX, Milano, 1970, p. 915) l’incapacità di agire di per sé non si

traduce nella impossibilità di assumersi comportamenti giuridici, bensì nella inidoneità ad assumerli validamente.

136DOSSETTI, Effetti dell’amministrazione di sostegno, in DOSSETTI, MORETTI, MORETTI,

L’amministrazione di sostegno e la nuova disciplina dell’interdizione e dell’inabilitazione, cit., p. 75

137BONILINI, Le norme applicabili all'amministrazione di sostegno, BONILINI-CHIZZINI, L'amministrazione

preveda limitazioni consistenti della capacità di agire. In questo senso, il richiamo compiuto dall’art. 411 c.c. alle norme in materia di incapacità rendono concreto il sospetto che «il legislatore persista nel vedere nel beneficiario un autentico incapace, il che collide con la reiterata affermazione, della normativa in esame, della tendenziale pienezza della capacità dello stesso»138.

Sembra tuttavia preferibile superare quest’ultima obiezione e, aderendo alla posizione della dottrina maggioritaria, affermare che l’amministrazione di sostegno non è una terza forma di incapacità. E si tratta invero di una conclusione dalla quale far discendere importanti conseguenze sul piano applicativo: basti por mente al fatto che, negata la qualificazione di incapace al beneficiario dell’amministrazione di sostegno, non si potrà che escludere che gli possano essere riferite (almeno in modo automatico, come meglio si dirà), le disposizioni dettate dal legislatore per questi soggetti, prime tra tutte quelle del divieto di compimento dei c.d. atti personalissimi.

1.2. Conseguenze della inconfigurabilità dell’amministrazione di

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