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Effetti della sentenza di annullamento e terzi aventi causa dell’acquirente

riflessi del carattere flessibile dell’amministrazione di sostegno sulla certezza del traffico giuridico

4. Effetti della sentenza di annullamento e terzi aventi causa dell’acquirente

Ai fini della analisi dedicata alla incidenza dell’amministrazione di sostegno sulla certezza dei traffici giuridici riveste grande rilevanza l’applicabilità dell’art. 1445 c.c., il quale sancisce il principio generale in forza del quale l’annullamento che non dipende da incapacità legale non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede. Qualora tuttavia si tratti di atto soggetto a trascrizione o a iscrizione, la sentenza che dichiara l’annullamento dell’atto non pregiudica i diritti acquistati a qualunque titolo dai terzi di buona fede, se la domanda diretta a far dichiarare l’annullamento è stata trascritta dopo cinque anni dalla trascrizione o iscrizione dell’atto impugnato. Se, poi, i terzi hanno acquistato a titolo oneroso e in buona fede, la domanda di annullamento, che non dipenda da incapacità legale, non pregiudica i loro diritti anche se la domanda è stata trascritta prima del trascorrere di cinque anni, purchè l’atto sia stato trascritto o iscritto anteriormente e non (art. 2652 c.c.).

Il profilo di cui le norme richiamate si occupano attiene non già alla validità del contratto, bensì alla opponibilità dello stesso385; esse si fondano 384BIANCA, Diritto civile, 3, cit., p. 99, il quale osserva che analogamente, non comporta

l'invalidità dell'atto la violazione di altri obblighi che possono gravare sul rappresentante in basse al rapporto di gestione che lo lega al rappresentato.

385PUGLIATTI, La trascrizione, I, 1, La pubblicità in generale, cit., p. 424: «L'ordinamento giuridico

sulla volontà del legislatore, laddove si determini un conflitto tra esigenze di protezione dell’autonomia contrattuale ed esigenze della sicurezza dei traffici giuridici, di far prevalere, in determinati casi, le seconde a discapito delle prime386.

A questo generale principio fa però eccezione proprio l’ipotesi di annullabilità del contratto determinata dall’incapacità della parte: in tal caso la sentenza di annullamento travolge anche i diritti dei terzi in buona fede, a meno che, trattandosi di atto soggetto a trascrizione o a iscrizione, la domanda volta a farne dichiarare l’annullamento non sia trascritta dopo cinque anni dalla

contenuto, tuttavia entro i predetti limiti; inoltre si preoccupa di disciplinare la sua efficacia, tenendo conto delle conseguenze che possono toccare la sfera di soggetti, i quali non hanno partecipato alla formazione dell'atto stesso. La pubblicità, appunto, si presta ad essere impiegata come strumento di tutela degli interessi dei terzi. Siccome costoro possono essere danneggiati dal segreto, non solo il diritto nega sa questo la tutela, ma organizza i mezzi idonei a procurare la conoscenza, e in base alla semplice conoscibilità così conseguita, attribuisce piena efficacia all'atto, anche rispetto ai terzi. Così che l'atto, finché rimane occulto, non può essere efficace di fronte ai terzi, poiché la sua efficacia erga omnes p subordinata ( se non all'effettiva conoscenza, alla conoscibilità legale, che consegue) all'attuazione regolare della pubblicità. La giustificazione del principio dell'equipollenza è stata da taluno ricercata nella violazione del preteso obbligo di diligenza che come regola generale graverebbe su ogni soggetto: diligentibus iura succurrunt. La negligenza (culpa in omittendo) provocherebbe l'applicazione di una particolare sanzione, per cui si prescinderebbe dal prendere in considerazione la mancata conoscenza e non lo ha fatto. [...] si suole anche spiegare il principio in questione, ricorrendo alla formula derivata dalla legislazione e dalla dottrina tedesche, secondo cui la conoscenza (Kennen) sarebbe da considerare come equivalente del dovere di conoscenza (Kennemuessen). Ma anche questa formula è inidonea, perché è dubbio che nel nostro ordinamento positivo esista un generico dovere di (procurarsi la) conoscenza. Al dover conoscere si fa riferimento in qualche disposizione speciale (artt. 1338 e 1341 c.c.), non facilmente generalizzabile. A ben guardare, le formulazioni che precedono finiscono con il prospettare una specie di responsabilità, o piuttosto di autoresponsabilità circa il mancato acquisto della conoscenza, basata su di un dovere generico o specifico o su di un onere di cui non è facile trovare la fonte. D'altra parte esse appaiono inadeguate, perché l'efficacia della conoscibilità legale non viene paralizzata dall'ignoranza incolpevole, né legittimata dalla conoscenza effettiva».

386 Sul punto amplius GALGANO, Dell’annullabilità del contratto, in Della simulazione della nullità del

contratto, dell’annullabilità del contratto, in Commentario del Codice civile Scialoja-Branca, a cura di

GALGANO, sub. artt. 1414-1446, Bologna-Roma, 1998, p. 255. La ratio della salvezza dei diritti

del terzo nel caso di acquisto successivo al decorso di un quinquennio dalla trascrizione dell'atto nullo è stata individuata nel fatto che il terzo che acquista da colui che, in base ad un atto trascritto, appare titolare del diritto, ha ragione di fare affidamento su tale apparenza se per un certo tempo essa non risulta contrastata dalla iniziativa di colui che avrebbe interesse a rimuoverla. In tal modo, però la buona fede del terzo, che è condizione per la salvezza dei diritti dallo stesso acquistati, diventerebbe anche causa giustificativa di tale salvezza. (TRIOLA,

data della trascrizione dell’atto impugnato, equiparando in quest’ultima ipotesi gli effetti del contratto annullabile (benché per incapacità) a quelli del contratto nullo387.

Innanzitutto deve restringersi la portata della norma, individuando nei terzi tutti coloro che siano in concreto estranei al rapporto in precedenza concluso, abbiano acquistato a titolo derivativo dalla persona contro cui la domanda è posta388. Esclusi dal novero dei terzi, dunque, sono coloro che

abbiano acquistato il diritto a titolo originario, per usucapione, anche abbreviata, o a non domino ex art. 1153 c.c.389: cosicché, laddove si sia verificato

un acquisto a non domino in conseguenza dell’annullamento del primo contratto concluso dall’incapace, l’avente causa in buona fede dell’altro contraente, trattandosi di bene mobile, potrà opporre l’avvenuto acquisto a titolo originario.

Si può dunque concludere che, sebbene privilegiando la posizione dell’incapace, tutelata sul piano della opponibilità della invalidità del contratto nei confronti dei terzi subacquirenti, in determinate ipotesi - in considerazione della lunga inerzia nella proposizione dell’azione ovvero della peculiare

387FRANZONI, Dell’annullamento del contratto, cit., p. 191: «In definitiva, la domanda fondata sulla

incapacità legale accomuna la trascrizione sanante a quella dell’annullabilità». BIANCA, Diritto

civile, III, II ed., Milano, 2000, p. 675: «In applicazione di tale norma (2652, n. 6) i terzi di

buona fede possono opporre il loro acquisto anche se esso è a titolo gratuito. Questa regola di salvaguardia del terzo non trova tuttavia applicazione quando causa dell’annullamento del contratto p l’incapacità legale della parte: qui prevale pur sempre l’esigenza di tutela dell’incapace». MESSINEO, voce Annullabilità e annullamento, cit., p. 482. FERRI L., ZANELLI, Della

trascrizione immobiliare, in Commentario al codice civile Scialoja -Branca, a cura di Galgano, VI, Della tutela dei diritti, artt. 2643-2696, Bologna-Roma, III ed., 1995, p. 332 il quale osserva che in

forza di questa norma di attua un fenomeno di retroattività piena, sia inter partes che nei confronti dei terzi (di buona o di mala fede) per il caso in cui l'annullamento del contratto sia dovuto a incapacità di una parte. Cfr. Cass. 19 novembre 1959, n. 3407, in Foro it., 1960, I, p. 393.

388ZACCARIA-TROIANO, Gli effetti della trascrizione, Torino, 2005, p. 232; Cosicché la qualità di

terzi, per esempio, non è riconosciuta ai soci di una cooperativa edilizia v. riferimenti in FRANZONI, Dell’annullamento del contratto, cit., p. 190, nota 313. FERRI L., ZANELLI, Della

trascrizione immobiliare, cit., p. 343: «Abbiamo visto come la trascrizione dell'atto nullo, se vale

talvolta, col concorso di determinate circostanze a proteggere il subacquirente, non vale mai a proteggere l'acquisto dell'acquirente immediato. Lo stesso discorso deve farsi della trascrizione di atto annullabile: in qualunque tempo si può chiedere l'annullamento dell'atto di fronte all'altro contraente, nonostante la trascrizione, salvo naturalmente la prescrizione dell'azione». Cfr. NICOLÒ, La trascrizione, III, Milano, 1973.

389ZACCARIA-TROIANO, La trascrizione, cit., p. 232; FRANZONI, Dell’annullamento del contratto, cit., p.

191 «l’acquirente finale di un bene mobile potrà opporre l’avvenuto acquisto a titolo originario al primo venditore incapace che agisca nei suoi confronti e nei confronti del suo dante causa (GALGANO, Diritto civile e commerciale, II, 1, cit., p. 411)».

esigenza di rapida circolazione dalla ricchezza che caratterizza la disciplina dei beni mobili - anche la tutela della posizione dell’incapace cede il passo alle esigenze di certezza e di stabilità delle posizioni giuridiche390.

Chiarite dunque la portata e la ratio della norma, viene ora in considerazione un peculiare interrogativo concernente l’applicabilità della disciplina suddetta all’amministrazione di sostegno; ci si chiede, in particolare, se la previsione de qua possa trovare applicazione anche con riguardo al contratto stipulato dal beneficiario dell’amministrazione di sostegno, sebbene la norma faccia generico riferimento all’“annullamento per incapacità”391. Si

potrebbe, infatti, rispondere negativamente argomentando dall’assunto per il quale l’amministrazione di sostegno non rappresenta una terza forma di incapacità, e di conseguenza non è possibile estendere l’applicazione di una disposizione che su tale qualità si fonda.

Sulla scorta di questa medesima argomentazione, un orientamento ha affermato che la norma in commento non potrebbe trovare applicazione neppure per il caso di contratto invalidamente concluso dall’inabilitato392.

Altra dottrina393 ha osservato, tuttavia, che, laddove il legislatore ha fatto

riferimento all’incapacità ha inteso «delineare delle categorie tendenzialmente aperte, in cui possono dunque ricomprendersi anche le nuove figure di protezione di soggetti considerati “deboli” introdotte successivamente alla redazione del codice civile, come appunto il caso dell’amministrazione di

390In conclusione, è possibile individuare una chiara tendenza dell’ordinamento a

salvaguardare la sicurezza nella circolazione dei beni (GALGANO, Dell'annullabilità del contratto,.

cit., p. 258: «oggettivizzazione dello scambio»), principio al quale si uniforma (sebbene in maniera più stemperata) anche la disciplina dell’annullamento per incapacità. Evidentemente l’esclusione della salvezza degli acquisti dei terzi è limitata ai cinque anni: da che ne deriva che: Non sempre, dunque, l’annullamento per incapacità legale travolge la posizione dei subacquirenti». FERRI L., ZANELLI, Della trascrizione immobiliare, in Trascrizione, cit. p. 344:

«L'annullamento basato su tale causa travolge gli acquisti dei terzi anche se fatti in buona fede o a titolo oneroso ed anche se trascritti anteriormente alla trascrizione della domanda. Questo principio subisce eccezione e il subacquirente di buona fede si salva anche in caso di annullamento per incapacità legale dell'acquisto del suo autore, quando la domanda di annullamento venga trascritta decorsi cinque anni dalla trascrizione dell'atto impugnato. In questo caso il subacquirente di buona fede conserva il proprio acquisto di fronte all'incapace legale, anche se ha acquistato a titolo gratuito. Non sempre, dunque, l'annullamento per incapacità legale travolge la posizione dei subacquirenti».

391CALICE, Commento all’art. 412 c.c. , in Codice civile ipertestuale. Aggiornamento, a cura di BONILINI,

CONFORTINI, GRANELLI, Torino, 2004.

392TAMPONI, L’atto non autorizzato nell’amministrazione del patrimonio altrui, cit., p. 178,

richiamando STOLFI, In tema di negozi invalidamene compiuti per l’emancipato (nota critica a Cass., 16

febbraio 1952, n. 417), in Foro it., 1952, I, c. 428.

sostegno». Cosicché, le norme che fanno riferimento agli incapaci legali possono essere applicate con riguardo al compimento degli atti per i quali è prevista una limitazione di capacità nel decreto di nomina394.

Invero, occorre forse precisare che, per quanto concerne l’applicabilità della norma de qua al beneficiario dell’amministrazione di sostegno, il problema può essere risolto a prescindere dalla problematica riguardante l’attribuibilità ad esso della qualifica di incapace. La norma, infatti, regola gli effetti dell’annullamento del contratto per incapacità, e, sotto questo specifico profilo, non vi è dubbio che l’atto del beneficiario che sia dichiarato invalido ai sensi dell’art. 412 c.c., è atto annullabile per un difetto di capacità da parte di chi lo ha compiuto e come tale soggetto alle norme di carattere generale che regolano tale rimedio.

Cosicché, evidentemente ancora una volta deve ammettersi che sia estendibile l’applicazione del meccanismo previsto in materia di interdizione e inabilitazione, pur essendo tuttavia ridotta la portata applicativa della disposizione. Anche in caso di amministrazione di sostegno, dunque, sono travolti i diritti acquistati dai terzi alla stregua che se fosse compito da un interdetto o da un inabilitato, purché evidentemente quel singolo atto sia stato annullato per incapacità legale del beneficiario, e dunque solo se si tratta di uno di quegli atti per i quali il decreto ha previsto la limitazione di capacità del beneficiario ex art. 409 c.c.

Un ulteriore problema che coinvolge i diritti dei terzi e l’affidamento del traffico giuridico attiene alle ipotesi di atto compiuto senza autorizzazione - laddove necessaria - del giudice tutelare ovvero dell’atto compiuto sulla scorta di una autorizzazione successivamente revocata.

L’autorizzazione di un determinato atto da parte del giudice tutelare – prevista dal combinato disposto degli artt. 411 e 375-377 c.c. – risponde all’esigenza di proteggere l’interesse del titolare del diritto; di guisa che il contratto compiuto in difetto della necessaria autorizzazione è annullabile ai

394ROMOLI, Le invalidità nell’amministrazione di sostegno, cit., p. 119: «occorre peraltro ricordare

che il beneficiario dia amministrazione di sostegno non è affatto un soggetto generalmente incapace di agire, ma è vero esattamente il contrario, dato che il primo comma dell’art. 409 c.c. è perentorio nel sancire il permanere in testa al beneficiario della capacità di agire “per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno”. Si è dunque in presenza di un soggetto generalmente e tendenzialmente capace, sulla cui generale capacità di agire si innestano aspetti precisi e ben delimitati di incapacità. Di conseguenza, le norme che, in materia di azione di annullamento, fanno riferimento agli incapaci legali possono essere applicate anche al beneficiario dell’amministrazione di sostegno soltanto con riferimento al compimento di quegli atti per i quali tale soggetto può considerarsi incapace legale, e non invece alla generalità degli atti che lo stesso può compiere».

sensi dall’art. 412 c.c. Il rimedio si pone nel solco di quanto già previsto in materia di interdizione e inabilitazione, e risponde all’esigenza protettiva della persona non autonoma, con conseguente possibile eliminazione degli effetti di un atto compiuto integrandone i presupposti di efficacia 395.

Diverso il caso dell’atto compiuto in forza di una autorizzazione poi revocata. Nella ipotesi de qua, infatti, l'esigenza di tutela del beneficiario della misura di sostegno necessita di essere contemperata con l’affidamento dell’altro contraente che abbia stipulato un determinato contratto sulla base di una autorizzazione esistente al momento del compimento dell'atto e solo successivamente revocata.

Vengono in proposito in rilievo due norme – l’art. 1445 c.c. e l’art. 742 c.p.c. – il cui coordinamento ha dato adito a divergenti soluzioni interpretative. L’art. 742 c.p.c. prevede che siano salvi i diritti acquistati dai terzi in buona fede in forza di convenzioni anteriori alle modifiche o alla revoca dei provvedimenti di volontaria giurisdizione.

Per terzi devono intendersi secondo questa norma coloro i quali, «potendo ricevere un effettivo pregiudizio dalla revoca o dalla modificazione ed avendo acquistato un diritto con convenzione a titolo oneroso stipulata in forza dell’autorizzazione poi revocata o modificata, non hanno partecipato al procedimento nel quale è stato emesso il provvedimento poi modificato o revocato»396. In buona sostanza, si tratterebbe dei soggetti aventi causa di 395TAMPONI, L’atto non autorizzato nell’amministrazione dei patrimoni altrui, cit., p. 42, ciò in quanto

il soggetto che ha compiuto l’atto non già «con un “non titolare” privo di qualsiasi qualificazione, bensì con un “non titolare” almeno genericamente abilitato […] alla cura degli interessi (o di determinati interessi) del titolare»«ha stipulato con un soggetto investito del potere di operare sull’altrui patrimonio, e quindi in qualche misura munito dell’attitudine ad incidere sulla sfera giuridica aliena, quantunque privo della specifica autorizzazione al compimento di quel determinato atto».

396TAMPONI, L’atto non autorizzato nell’amministrazione dei patrimoni altrui, cit., p. 42, il quale

prosegue mettendo in luce come, benché l’acquirente non sia terzo rispetto al rappresentato perché gli effetti dell’atto compiuto dal rappresentante producono effetti direttamente nei suoi confronti, all’acquirente è estesa la tutela prevista per l’acquisto a non domino, «in considerazione del fatto che sussiste un titolo in sé esente da vizi, che viene privato si un presupposto di validità o di efficacia in conseguenza della revoca dell’autorizzazione giudiziale, il cui concorso è necessario per il perfezionamento della fattispecie dispositiva». DE ROSA, La tutela degli incapaci , I, Patria potestà, Milano, 1973, p. 44: «l’espressione usata dal

citato articolo “decreti revocati” deve essere interpretata estensivamente, nel senso di decreti “ritirati” sia in sede onoraria che in sede contenziosa, per motivi di merito o di legittimità e senza distinguere fra vizi che originano da nullità e vizi che determinano l’annullabilità del decreto». Cfr. in giurisprudenza, Cass. 12 gennaio 1954, n. 22, in Mass. Giur. it, 1954, c. 6; Cass. 15 luglio 1959, n. 2326, in Giust. civ., 1959, I, p. 1648; Cass. 29 dicembre 1960, n. 3121, in Mass. Giur. it, 1960, c. 862; Cass. 23 febbraio 1952, in Giust. civ., 1953, II, c. 1848; Cass. 15

quello autorizzato397, che, benché parte del contratto annullato, comunque non

erano parte del procedimento in camera di consiglio. Quanto allo stato soggettivo, il terzo è in mala fede non soltanto nell’ipotesi in cui abbia concorso a provocare l’errore del giudice, ma anche qualora abbia avuto semplice conoscenza del vizio inficiante il provvedimento398.

È stato evidenziato come la disposizione de qua (cui i commentatori attribuiscono carattere eccezionale399) si ponga in (almeno apparente) contrasto

con l’art. 1445 c.c., il quale invece travolge i diritti dei terzi in buona fede sebbene acquistati a titolo oneroso qualora l’annullabilità del contratto derivi dall’incapacità del soggetto. Infatti, stando a questa disposizione, il soggetto che stipula con un incapace (ed anche il sub-acquirente) in forza di una autorizzazione viziata, vedrebbe comunque irrimediabilmente compromessi i diritti acquisisti sulla base di quell’atto.

Sul punto va richiamato, seppur brevemente, il dibattito cui l’interpretazione delle due disposizioni ha dato vita; a chi ha concluso per l’inapplicabilità della norma di rito e dunque per la salvezza della norma sostanziale - più aderente all’impianto codicistico di protezione dell’incapace - si contrappone chi ha affermato la prevalenza dell’art. 742 c.p.c., con conseguente salvezza dei diritti dei terzi.

Nel tentativo di superare l’ottica di netta contrapposizione ed incompatibilità delle due disposizioni, la dottrina maggioritaria ha evidenziato le criticità sottese alla prima delle due ricostruzioni, determinante una

interpretatio abrogans della norma di rito e sacrificante l’affidamento del terzo

sulla validità dell’atto anche nelle ipotesi in cui tale invalidità derivi dalla revoca dei provvedimento di autorizzazione. Ed anzi, proprio la considerazione che l’art. 742 c.p.c. costituisce una estrinsecazione del più generale principio di

giugno 1950, in Riv. not., 1951, p. 50; Cass. 31 maggio 1951, in Giust. civ., 1953, II, c. 2256.

397DE ROSA, La tutela degli incapaci, cit., p. 45: «In secondo luogo, e sempre ai fini della esatta

comprensione dell’art. 742 c.p.c., è necessario chiarire che i terzi cui allude l’articolo stesso vanno esattamente individuati nei soggetti estranei al procedimento in camera di consiglio. Pertanto alla stregua della disposizione in esame, deve considerarsi terzo anche il soggetto che ha contrattato con quello autorizzato. Invero, anche se è parte nel negozio, quel soggetto è rimasto, tuttavia estraneo al procedimento conclusosi con l’emanazione del decreto autorizzativo».

398DE ROSA, La tutela degli incapaci, cit., p. 46.

tutela dell’affidamento dei terzi400, deve ritenersi che tale norma conserva una

sfera di operatività funzionale alla salvaguardia di tale interesse.

Sulla base di queste considerazioni, la dottrina più accreditata ha ricostruito l’impianto normativo nel senso di considerare la norma di rito alla stregua di norma che deroga alla retroattività dell’annullamento, determinando dunque la ricostruzione del sistema in questi termini: l’annullabilità del contratto pronunciata per incapacità delle parti travolge normalmente i diritti dei terzi, seppur in buona fede. Se, di contro, tale annullabilità sia determinata dalla revoca di una autorizzazione sulla quale il terzo aveva fatto in buona fede affidamento, la revoca del provvedimento – se può almeno dirsi esistente401

non travolgerà i loro diritti; e ancora, se il primo contraente era in mala fede, non vengono comunque travolti i diritti dei sub-acquirenti.

Questa interpretazione consente dunque di applicare l’art. 1445 c.c. ogni qualvolta sia l’incapace stesso ad emettere la dichiarazione negoziale, ovvero nelle ipotesi nelle quali il rappresentante agisca senza autorizzazione ovvero

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