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Rilevanza esterna della violazione dei doveri dell’amministratore di sostegno e tutela dei terzi:

riflessi del carattere flessibile dell’amministrazione di sostegno sulla certezza del traffico giuridico

3. Rilevanza esterna della violazione dei doveri dell’amministratore di sostegno e tutela dei terzi:

opportunità di una interpretazione restrittiva dell’annullamento per «violazione di legge».

Un versante sul quale con evidenza si manifestano problemi in relazione al contemperamento tra esigenze di tutela dei terzi e protezione del beneficiario, attiene alla rilevanza ai fini dell’annullabilità degli atti posti in essere dall’amministratore di sostegno, della violazione dei doveri impostigli dall’art. 410 c.c.

Si manifesta in questo ambito il rischio che l'amministrazione di sostegno determini un sacrificio dalla certezza del traffico giuridico, mediante l'introduzione di causa di annullamento “volatili ed eteree” in quanto difficilmente conoscibili da parte del contraente capace.

La tematica richiede pertanto che anzitutto sia data soluzione all'interrogativo concernente l’ascrivibilità di detta norma nel novero di quelle la cui violazione, ex art. 412 c.c., determina l’invalidità del contratto.

Conformemente alla ratio di protezione e di realizzazione della persona del nuovo istituto, l’art. 410 c.c. prevede che, nello svolgimento delle sue attività, l’amministratore di sostegno debba tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario. Si tratta di un principio più volte richiamato ed al quale si ispirano numerose norme in materia di amministrazione di sostegno, come, ad esempio, quelle di carattere processuale che attribuiscono al soggetto interessato il diritto di essere ascoltato o quelle che impongono al giudice di tenere in considerazione la scelta da questo effettuata circa la persona dell’amministratore (art. 407 e 408 c.c.)369.

Fin dalle prime pronunce giurisprudenziali, è emersa la notevole rilevanza dei doveri in discorso nell’ambito dello svolgimento dell’amministrazione; prova ne sia che, anche laddove il beneficiario dell’amministrazione non fosse in grado di esprimere i propri desideri e i propri bisogni, essi non cesserebbero di venire in rilievo, rimanendo comunque necessario che l’attività dell’amministratore si uniformi al principio del rispetto della personalità, delle convinzioni ideologiche e religiose, della condizione sociale del beneficiario370. Da ultimo, anche la Corte costituzionale 369Sulla scelta dell’amministratore di sostegno, ANDRINI, L'autodeterminazione nella scelta e la

pubblicità del provvedimento di istituzione dell'amministrazione di sostegno, in PATTI (a cura di),

L'amministrazione di sostegno, Milano, 2005, p. 163.

370Si veda in proposito Trib. Milano, dicembre 2004, www.altalex.it, che impone

all’amministratore di svolgere la propria attività nel rispetto della regola dell’ordine religioso cui la beneficiaria appartiene. V. anche Trib. Roma, I sez. civ., decr. 21 dicembre 2005

ha attribuito somma rilevanza alla volontà del soggetto addirittura con riguardo alla decisione del giudice circa l'applicazione della misura di sostegno. Non può dunque negarsi, che all'interno della disciplina dell'amministrazione di sostegno somma rilevanza venga attribuita alla salvaguardia delle residue capacità ed alla autodeterminazione del beneficiario. Nell'ambito in discorso, tuttavia, accanto alle esigenze di protezione vengono in considerazione altri interessi, la cui tutela induce a muoversi alla ricerca si una soluzione più cauta e ponderata.

Un primo discusso profilo concerne la definizione dell’ambito precettivo della norma; si è, infatti, da parte di taluni affermato che il dovere di tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario ha riguardo alla cura della persona, nell’ambito della quale, peraltro, più facilmente possono essere considerati parametri non oggettivi, quali i bisogni e le aspirazioni del beneficiario371. In quest’ottica la sfera della cura patrimonii rimarrebbe regolata

esclusivamente dall’art. 405 c.c.

Tuttavia non sembra possibile ricavare dal dato testuale una siffatta distinzione, tant’è vero che il parametro della diligenza («ovvero di negligenza nel perseguire l’interesse del beneficiario») compare anche nel disposto dell’art. 410, comma 2, c.c.

Sancito al primo comma un generale dovere di tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario, l’art. 410, comma 2, c.c. prevede che l’amministratore di sostegno debba informare tempestivamente il beneficiario circa gli atti da compiere (previsto dall’art. 410, comma 2, c.c.)372. Parte della (giudice tutelare), in Fam. e dir., 2006, con nota di CAMPIONE, che, vista la volontà contraria

all’emotrasfusione in precedenza manifestata da un paziente testimone di Geova, che si trova in stato di incapacità, può essere attribuito ad un Amministratore di sostegno provvisorio l’incarico di manifestare ai sanitari la volontà a suo tempo espressa dal beneficiario, fatta salva ed impregiudicata ogni decisione dei medici che lo hanno in cura in merito alla prevalenza o meno della volontà del paziente sullo stato di necessità.

371DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell’amministratore di sostegno: profili di diritto sostanziale,

cit., p. 47.

372Senza distinguere a seconda che si tratti di atti per il quali è stato conferito

all’amministratore il potere di sostituire il beneficiario, ovvero di atti per i quali l’amministratore ha un mero potere di assistenza. v. Trib. Trieste 28 ottobre 2005, in

www.personaedanno.it, che prevede espressamente che, in considerazione del rifiuto della signora FF ad avvalersi di qualsivoglia ausilio e la sua acerba diffidenza, atteggiamenti ritenuti viziati dalla infermità, appare necessario offrire un sostegno da prestare per il momento all'insaputa della persona medesima, sollevando così l'amministratore in via temporanea dall'obbligo di informare la persona dell'attività svolta [...] l'amministratore [...] è sollevato provvisoriamente, in relazione alle condizioni di salute della beneficiaria, dall'onere di informarla delle operazioni di gestione del patrimonio autorizzate».

dottrina373, con lo scopo di evitare la paralisi dell’attività dell’amministratore di

sostegno e il sovraccarico degli uffici dei giudice tutelare chiamati, come vedremo, ad intervenire in caso di contrasto, propone di interpretare la norma in modo che il ruolo decisionale dell’amministratore si accresca al diminuire della capacità decisionale e volitiva del beneficiario. Di guisa che, se questi conservasse un certo grado di capacità di intendere e di volere, l’amministratore di sostegno dovrebbe tener conto dei suoi bisogni e delle sue aspirazioni, ed altresì conformarsi alle indicazioni ed alle istruzioni da questo impartite374. Se, di contro, il beneficiario fosse totalmente privo della capacità

di intendere e di volere, gli obblighi di cui all’art. 410, commi 1 e 2, c.c. rivestirebbero una rilevanza assai marginale375.

Questa interpretazione non appare sufficientemente supportata dal testo normativo, il quale non subordina l’operare del divieto ad alcuna condizione e prevede il ricorso al giudice in caso di contrasto, a prescindere dal grado di discernimento del beneficiario e dai poteri conferiti all’amministratore376. Inoltre, il rispetto dei desideri e delle aspirazioni del

beneficiario, sotto il profilo del rispetto della sua personalità, delle sue convinzioni ideologiche, religiose non cessa con la perdita, anche consistente, o totale della capacità; anche in questi casi l’amministratore deve, a parere di chi scrive, conformare il più possibile l’intera attività alla personalità del beneficiario – non perduta a causa della incapacità di intendere e di volere, ma semplicemente non più autonomamente realizzabile.

Quanto alle modalità di svolgimento di questi compiti – queste, sì, concretamente influenzate dal grado di capacità di intendere e di volere del beneficiario - l’obbligo di informazione non si risolve in una mera comunicazione delle decisioni che già siano autonomamente maturate dall’amministratore, ma piuttosto, in una informazione funzionale alla discussione con il beneficiario sulla scelta da effettuare, di modo che essa corrisponda il più possibile ai suoi bisogni e i suoi interessi377. A questo scopo,

la norma stabilisce che l’obbligo di informazione sia assolto

373DELLE MONACHE, Prime note sulla figura dell’amministratore di sostegno: profili di diritto sostanziale,

cit., pp. 47-48.

374Evidentemente a maggior ragione nei casi in cui il beneficiario sia perfettamente compos sui;

cfr. ROMA, L’amministrazione di sostegno: i presupposti applicativi e i difficili rapporti con l’interdizione, in

Le nuove leggi civ. comm., 2004, p. 1031.

375ROMA, L’amministrazione di sostegno: i presupposti applicativi e i difficili rapporti con l’interdizione, cit.,

2004, p. 1033.

376BONILINI, Capacità del beneficiario e compiti dell'amministratore di sostegno, in BONILINI-CHIZZINI,

L'amministrazione di sostegno, cit., p. 201.

377DOSSETTI, Doveri dell’amministratore di sostegno, in DOSSETTI, MORETTI, MORETTI, L'amministratore

dall’amministratore di sostegno con tempestività, cioè con un anticipo sufficiente perché possa essere compiuta la necessaria indagine circa i bisogni e i desideri del beneficiario e ne sia cercato il consenso.

La mancanza del consenso da parte del beneficiario fa sorgere in capo all’amministratore di sostegno un duplice obbligo: egli dovrà astenersi dal compimento dell’atto, ed al contempo dovrà informare il giudice tutelare. Non è chiaro quale natura e funzione abbia tale informazione, se cioè, assolto il dovere di comunicazione, l’amministratore di sostegno possa procedere al compimento dell’atto o se, viceversa, la comunicazione al giudice tutelare comporti altresì la necessità di attendere che questi dirima il dissenso. Parte della dottrina378 ritiene che, assolto l’obbligo di informazione, l’amministratore

di sostegno possa senz’altro procedere al compimento dell’atto oggetto del dissenso.

L’art. 410 c.c. statuisce che per il caso di contrasto tra amministratore di sostegno e beneficiario, quest’ultimo o i soggetti legittimati ex art. 406 possano ricorrere al giudice. Secondo un orientamento si tratta di un’ipotesi diversa da quella del dissenso, menzionata in precedenza379, in quanto con il termine

«contrasto» non si intende un qualunque disaccordo tra beneficiario ed amministratore, bensì, una prolungata e fondata divergenza sulle scelte effettuate dall’amministratore. Detta interpretazione, tuttavia, non convince, dal momento che la norma non diversifica la disciplina per le due ipotesi, ma, al contrario, le considera unitariamente quali fasi eventuali del processo decisionale e ne delinea comuni rimedi. Ancora, la distinzione tra dissenso e contrasto perderebbe rilevanza nel caso in cui l’oggetto dell’amministrazione di sostegno si esaurisse nel compimento di un singolo atto. Se, infine, si utilizzasse il rimedio del ricorso al giudice unicamente per il caso di contrasto, sarebbe priva di rilievo sul piano sanzionatorio l’ipotesi – non meno grave e problematica – del dissenso.

La medesima disposizione consente altresì il ricorso al giudice nel caso in cui l’amministratore abbia compiuto atti dannosi o scelte dannose per il beneficiario. Mentre il ricorso al giudice per «contrasto» costituisce un rimedio preventivo, che riguarda la fase di elaborazione della scelta o la fase prodromica al compimento dell’atto, nell’ipotesi de qua il ricorso al giudice si pone quale rimedio successivo, che interviene quando l’atto è già stato compiuto o la scelta già effettuata.

Analizzati brevemente gli obblighi sanciti a carico dell’amministratore di sostegno, è opportuno verificare se, ed in che termini, la violazione di questi

378DOSSETTI, Doveri dell’amministratore di sostegno,cit., p. 83. 379DOSSETTI, Doveri dell’amministratore di sostegno, cit., p. 87.

obblighi possa essere causa di invalidità degli atti da questo compiuti, e possano così essere compendiati nell’ambito di quelle disposizioni di legge la cui violazione determina l’annullabilità ex art. 412 c.c.

L’art. 410 c.c. non si esprime sul punto380, prevedendo soltanto che, nel

caso «di contrasto, di scelte o di atti dannosi ovvero di negligenza nel perseguire l’interesse o nel soddisfare i bisogni o le richieste del beneficiario, questi, il p.m. o gli altri soggetti di cui all’articolo 406 c.c. possono ricorrere al giudice tutelare, che adotta con decreto motivato gli opportuni provvedimenti». La disposizione, dunque, – attribuendo ancora una volta un ruolo decisivo al giudice tutelare in ordine alla gestione del rapporto di amministrazione di sostegno – rimette all’autorità competente la valutazione circa i provvedimenti da assumere. In mancanza di specifica giurisprudenza al riguardo, si ritiene che tali provvedimenti siano da modulare in ragione della natura e della gravità della violazione: dall’assunzione di una decisione differente rispetto a quella assunta dall’amministratore fino alla rimozione del medesimo dall’incarico ex art. 382 c.c.

Per quanto più specificamente attiene alla rilevanza dei doveri al fine dell’annullamento, parte della dottrina381, argomentando sul presupposto che al

dovere di cui al secondo comma dell’art. 410 c.c. non può essere attribuito carattere procedimentale, esclude che all’inottemperanza della procedura descritta corrisponda la sanzione dell’annullabilità, anche in considerazione delle difficoltà probatorie connesse. A sostegno di questa soluzione interpretativa parrebbe peraltro concorrere la considerazione che l’art. 410 c.c. prevede una diversa e specifica sanzione per la violazione dei doveri ivi fissati, ovvero il ricorso al giudice tutelare, al quale, poi, spetterà il compito di prendere gli opportuni provvedimenti, salvo, naturalmente, la rilevanza dei doveri prescritti ai fini del risarcimento del danno.

Secondo altra opinione, invece, con la norma in discorso il legislatore avrebbe introdotto una causa, sebbene «volatile ed eterea»382, di annullamento

del contratto, annoverando detta norma tra quelle la cui violazione determina l’annullabilità dell’atto ex art. 412 c.c.

380ROMOLI, Le invalidità nell’amministrazione di sostegno, in PATTI (a cura di), L’amministrazione di

sostegno, cit., p. 130.

381DOSSETTI Doveri dell’amministratore di sostegno, cit., p. 85 e BONILINI, Capacità del beneficiario e

compiti dell'amministratore di sostegno, cit., p. 203 e p. 215. La tesi contraria che ritiene rientrino

tra le cause di annullamento la violazione dell’obbligo di cui al 410 c.c. è sostenuta da CAMPESE, L’istituzione dell’amministrazione di sostegno e le modifiche in materia di interdizione e

inabilitazione, cit., p. 130.

382ROPPO ,Amministrazione di sostegno: gli atti compiuti in “violazione di legge”, in PATTI (a cura di),

Sotto il profilo della tutela del beneficiario contro ogni attività dell’amministratore che si concreti nella violazione dei suoi desideri e delle sue aspirazioni, è di dubbia efficacia un rimedio che, come quello approntato dall’art. 410 c.c., non consenta di elidere gli effetti dell’atto, non ha alcuna utilità in tutti i casi in cui l’atto sia già stato eseguito. Ed anche la prevista rimozione dall’incarico non sembra giovare all’effettività della tutela, valendo eventualmente a dare assicurazione che non si ripeta la violazione (almeno da parte dello stesso amministratore).

Cosicché, se si dovesse tener conto della tutela del beneficiario, apparirebbe senza dubbio preferibile includere anche l’art. 410 c.c. tra quelle norme la cui violazione determina l’annullabilità dell’atto o del contratto che tali doveri trascuri.

Tuttavia, l’esigenza di attuare un contemperamento tra le esigenze di protezione del beneficiario e quelle dei terzi suggeriscono di addivenire ad altra conclusione.

Una scelta in tal senso è suggerita ad alcuni dal favor per la limitazione delle cause di invalidità, principi che rende preferibile non gravare eccessivamente l’attività dell’amministratore e non attribuire rilevanza a cause difficilmente accertabili da parte del terzo, attinenti ad un rapporto interno tra beneficiario e amministratore di sostegno.

La preferenza per la certezza dei traffici giuridici, in altri termini, conduce in questo frangente, a sacrificare l’interesse del beneficiario riconosciuto dalla norma e nel caso di specie violato, pur non mancando rimedi e correttivi. Appare, infatti, ingiusto sacrificare l’affidamento del terzo e la sicurezza dei traffici dando rilievo a fattori difficilmente determinabili e conoscibili, sempre che il terzo fosse ignaro della violazione nel caso concreto del dovere di tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario o addirittura in caso di collusione tra questi e l'amministratore di sostegno.

Pertanto, nel caso in cui l'amministratore persegua interessi dei terzi incompatibili con quelli del rappresentato, cosicché all'utilità conseguita o conseguibile da questi corrisponda o possa corrispondere il danno383 del

rappresentato, la tutela del beneficiario è garantita dalle norme in materia di conflitto di interessi. E, nel caso di collusione, il beneficiario potrebbe anche citare in giudizio il rappresentante per chiedere il risarcimento del danno ex 2043 c.c.

Nelle ipotesi in cui, invece, non si concreti un conflitto di interessi, nelle quali tuttavia il terzo fosse a conoscenza della violazione dei doveri sanciti

383Cfr. VISINTINI, Della rappresentanza, in GALGANO e VISINITINI, Degli effetti del contratto. Della

rappresentanza. Del contratto per persona da nominare, in Commentario del codice civile Scaloja-Branca, a

dall'art. 410 c.c., sembra comunque preferibile non attribuire rilevanza esterna a tale violazione. La conclusione sembra peraltro coerente con quanto stabilito con riguardo all'esercizio della rappresentanza con abuso di poteri. Eccettuato il caso di conflitto di interessi, infatti, l'atto compiuto dal rappresentante che trascura o lede l'interesse del rappresentato, ovvero si discosta dalle istruzioni, è valido, e tale abuso rileva sotto il profilo dell'inadempimento384.

Le ipotesi ricostruttive formulate consentono di contemperare le due contrapposte esigenze di salvaguardia della protezione del beneficiario, da un lato, e certezza del traffico giuridico, dall'altro, esigenza di bilanciamento che trova causa nell'esigenza di limitare le cause di invalidità e si fonda sulla consapevolezza che una eccessiva tutela può talora costituire una remora all’effettiva partecipazione della persona non autonoma al traffico giuridico, provocando di fatto un danno maggiore di quello che si intenderebbe evitare.

4. Effetti della sentenza di annullamento e terzi aventi causa

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