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Attualismo e positivismo giuridico

Capitolo IV: La visione del diritto Il problema della norma giuridica e

1. Attualismo e positivismo giuridico

L’analisi del conflitto storico fra scuola positiva e scuola classica pone, nell’ambito della discussione giuridica attualistica, una domanda di natura concettuale. La ricerca, infatti, di una “terza via” rispetto ai contrapposti orientamenti dottrinali della scienza penalistica postula un concetto, quello di norma giuridica273, che nelle controversie anzidette

risulta essenzialmente presupposto e mai esplicitato. Giovanni Gentile e, così con lui, i suoi principali “allievi”, hanno cercato di delinearne i connotati fondamentali, senza mai perdere di vista le basi teoriche dell’attualismo.

Il tema della norma giuridica e dei suoi caratteri differenziali è argomento classico della filosofia del diritto a partire, quantomeno,

273 N. Bobbio, Studi sulla teoria generale del diritto, Giappichelli editore, Torino 1955; ibidem, Teoria generale del diritto, Giappichelli editore, Torino 1993;

ibidem, Studi per una teoria generale del diritto, Giappichelli editore, Torino

2012; ibidem, Norma giuridica, in “Contributi ad un dizionario giuridico”, Giappichelli editore, Torino 1994, p. 215-232; A. Catania, Metamorfosi del

diritto. Decisione e norma nell’età globale, Laterza editore, Bari 2008; F. Poggi, Concetti teorici fondamentali. Lezioni di teoria generale del diritto, Edizioni

ETS, Pisa 2013; S. Castignone, Introduzione alla filosofia del diritto, Laterza editore, Bari 2010; G. Pino (a cura di), A. Schiavello (a cura di), V. Villa (a cura

di) Filosofia del diritto. Introduzione critica al pensiero giuridico e al diritto,,

Giappichelli editore, Torino 2012, si veda nello specifico il saggio di G. Pino,

Norma giuridica; M. Jori, A. Pintore, Manuale di teoria generale del diritto, II

ed., Torino, 1995, p. 113 ss.; M. Barberis, Una filosofia del diritto per lo stato

dalla filosofia moderna.274 Lo ritroviamo, in modo trasversale, in molti

autori di derivazione attualistica. La peculiarità dell’approccio della “scuola”, tuttavia, si differenzia dagli altri metodi di procedere giacché nella determinazione degli elementi costitutivi della norma, secondo l’orientamento attualistico, non vi può essere singolo problema che non venga affrontato nell’ampiezza della disamina filosofica. Il diritto, costituendo un momento del processo spirituale, una realtà in divenire che non può trovare determinazione in una nozione puramente

fattuale, obbliga gli autori attualisti a delineare un concetto che,

concretandosi nella realtà storica, al contempo la trascenda, fornendo un criterio di orientamento deontico al soggetto di diritto. L’impossibilità di ipostatizzare una determinata componente fattuale e la necessità di considerarla all’interno di uno sviluppo storico più ampio implica una riconsiderazione della norma giuridica essenzialmente unitaria, non astratta e legata alla globalità del contesto. Assumiamo come indice rappresentativo l’orientamento giuspositivistico, in forza del quale: 1) le leggi sono comandi di esseri umani; 2) non vi è connessione necessaria fra diritto e morale, o fra il diritto com’è e il diritto come deve essere; 3) l’analisi dei concetti giuridici deve essere distinto dagli studi sociologici e storici; 4) l’ ordinamento giuridico è un “sistema logicamente chiuso” da cui poter dedurre decisioni in termini puramente deduttivi; 5) i giudizi morali non possono essere dimostrati come i giudizi di fatto mediante procedimenti razionali o sperimentali.275 Ora, se noi prendiamo in

considerazione la tesi formulate da Gentile e dagli autori a quest’ultimo ispiratisi notiamo come, concettualmente, vi sia il rispetto

274 La teoria delle c.d. note differenziali risale, secondo taluni, e così anche per lo stesso Gentile, alla teorie di Thomasius. Cfr. G. Gentile, I Fondamenti, op. cit., p. 93.

275 La determinazione dei connotati propri del positivismo giuridico rappresenta una generalizzazione delle idee di diversi autori che, in modo più o meno diretto, possono dirsi rappresentanti di questo filone teorico. Cfr. N. Bobbio, Il

totale solo del primo punto e, parzialmente, del quinto elemento: vi è,

al converso, una completa disattesa rispetto ai concetti indicati ai punti due, tre e quattro. Con riguardo al primo principio, infatti, l’attualismo giuridico nonostante il costante tentativo di configurare la realtà della legge in stretta correlazione con la sfera del riconoscimento interno, postulando un’assoluta inscindibilità fra legge e volere, la dimensione autoritativa, continua a svolgere, ad ogni modo, un ruolo di rilievo primario. È indubbio, infatti, che anche per l’attualismo - nelle diverse sfumature che presenta da autore ad autore - il diritto sia realtà

autoritativa e, perciò, comando: ciò non significa effettuare

un’equazione fra comando ed imposizione: la realtà prescrittiva, per l’idealismo, vive nella dialettica interna di libertà e necessità così come la vita empirica oscilla nella doppia dimensione del riconoscimento e della costrizione. In questo senso, le parole di Gentile all’interno dei

Fondamenti sono pienamente esemplificative: la volontà superiore e

direttrice (ossia l’autorità) «ritrae il titolo della propria superiorità, non da una forza meccanica che operi dall’esterno sulle volontà soggette, ma dalla stima ond’essa apparisce degna, e dal valore intrinseco che le si attribuisce».276 Da tali parole emerge con evidenza la necessaria

dialettica tra la sfera del riconoscimento e dimensione costrittiva. Se, tuttavia, vogliamo intendere il “comando” come forza estrinseca presupponente una netta scissione fra colui che comanda e colui che al comando deve sottostare, alla stregua dei principali orientamenti gius- filosofici di derivazione positivistica, dovremmo arrivare a sostenere che anche il punto primo, dichiarato da Hart, e da noi riportato, non risulterebbe inquadrabile all’interno delle categorie dell’attualismo giuridico. Diviene, pertanto, una questione di carattere preminentemente definitorio giacché il requisito appare riconducibile all’insieme degli elementi differenziali del concetto di norma giuridica

grazie ad una definizione277 piuttosto ampia del concetto stesso di

“comando”. Utilizzando un lessico invalso soprattutto nell’ambito della filosofia analitica comtemporanea il tipo di definizione che assume rilevanza ai nostri fini è quella che, solitamente, viene chiamata definizione stipulativa278 o, altresì, ridefinizione: attribuendo

al termine “comando” un contenuto di carattere diverso rispetto alle comuni attribuzioni di senso, è possibile ricondurre uno dei connotati principali del positivismo giuridico all’indirizzo attualistico: ciò, ovviamente, non rimuove la vocazione tipicamente anti-positivistica del movimento di pensiero frutto delle elaborazioni del filosofo siciliano. Certo, non è possibile ridurre il tutto ad una pura questione definitoria: l’idealismo, - così, allo stesso modo, l’attualismo - rifugge da astratte categorizzazioni. Tuttavia, se guardiamo il problema nitidamente vediamo come la dimensione terminologica ai fini di una chiarificazione delle diverse dottrine e correnti teoriche assuma un rilievo importante quantunque non decisivo. Una base terminologica ben delineata, può, sovente, risultare fondamentale per precisare meglio il concetto anche nel momento successivo del suo sviluppo concreto e comportare una distinzione fra le dottrine o correnti teoriche che potrebbero presentare, superficialmente, dei connotati comuni. Per quanto riguarda il punto secondo, quello relativo alla postulata mancanza di necessaria connessione fra diritto e morale non vi può essere elemento strutturale più distante dall’orientamento attualistico. Si è già avuto modo di segnalare in altre sedi di questo lavoro come la radice dell’ordine giuridico, secondo l’indirizzo idealistico, risieda nell’atto etico da cui principia e a cui fa ritorno. Il flusso del diritto,

277 R. Guastini, Teoria del significato e teoria dell’interpretazione, in “Materiali per

una storia della cultura giuridica. Rivista fondata da Giovanni Tarello” 2/2008,

pp. 463-470.

278 R. Guastini, Filosofia del diritto positivo, Giappicchelli editore, Torino 2017, p. 3.

costituendo una fase dell’intero processo di evoluzione della prassi, non può essere letto indipendentemente dal momento della moralità. Anzi, dovremmo dire che l’idea stessa di concepire il diritto come

influenzato dalla morale, appare una tesi fortemente riduttiva rispetto

alla visione totalizzante che appartiene al pensiero di Gentile: «Il diritto esiste come diritto, ma non nasce come diritto. La legge – fonte tipica del diritto stesso – è alla sua origine, un atto etico, in quanto può avere se non quel fine immanente, che come avvertimmo, è unum et

idem con l’atto spirituale»279. Legge-etica-spirito: un unico movimento

costituito da fasi tra loro convergenti e determinanti un unico processo di affermazione della realtà. La credenza, pertanto, che vi sia la sfera morale la quale incide sull’universo giuridico non è propriamente esatta giacché il concetto di “influenza” sembrerebbe richiamare due termini fra loro indipendenti correlati da elementi in comune: ma così non è. Diritto e morale si sviluppano, assieme, all’interno di un unico flusso spirituale dove, nell’ambito di reciproche corrispondenze divengono, dal punto di vista trascendentale, essenzialmente indistinguibili: è questo il monismo radicale che scaturisce dall’opera gentiliana: «Etica l’azione legislativa, etica è pure ogni azione che presuppone la legge, e che in ragione di tal presupposto si dice giuridica: violazione ed osservanza del diritto, esperimento giudiziario, sentenza ecc.»280 Tale connotato appare quindi come l’elemento che

più distanzia la corrente attualistica dal movimento positivistico rappresentandone le più marcate differenze.

279 G. Gentile, I Fondamenti, op. cit., p. 100.

280 G. Gentile, I Fondamenti, op. cit., p. 101. «La legge trova sempre innanzi a sé la volontà pronta a giudicarla moralmente, e quindi a temperarla, se è da lei, con l’equità, o a modificarla e riformarla. Né la coscienza morale potrebbe mai contrapporsi alla disposizione di legge e agire su questa, come di continuo nel suo svolgimento, se alla legge che venga a contatto con la volontà, in quel rapporto spirituale, in cui solo è possibile che attinga la sua realtà, non fosse propria l’eticità che la coscienza morale ha l’ufficio di valutare».

Per quanto attiene al terzo fattore concernente la problematica dei concetti giuridici, la tesi giuspositivista, come abbiamo già enunciato, postula una distacco necessario fra qualificazione dei concetti giuridici dal punto di vista teorico e la configurazione di questi in una prospettiva storica e sociologica. Ciò che vuole sottolineare questa tesi non è tanto la ovvia necessità di una costruzione dogmatica che stia a fondamento di una solida scienza giuridica quanto, piuttosto, il fatto che nell’indagine del giurista la “vera” ed “effettiva” qualificazione, quella che assume rilevanza, in termini esclusivi, è la determinazione del fatto secondo una logica normativa. Ciò collide, tuttavia, con l’orientamento idealistico che, invece, cerca di elaborare le proprie concettualizzazioni senza effettuare arbitrarie ed astratte distinzioni ma, consapevole dell’unità del reale, vive il diritto nella sua concreta storicità e nella sua intima relazione con gli altri elementi che compongono lo strato della socialità. Il giudizio giuridico può anche arrestarsi ad una prima valutazione astratta: ma tale valutazione dovrà, in un secondo momento, essere superata all’interno di una riconsiderazione generale del diritto come momento di un più ampio arco di sviluppo. Lo stesso storico del diritto che dovrebbe cercare di studiare, almeno sotto un profilo teorico, un istituto giuridico collocato in un periodo temporale appartenente al “passato”, non riuscirà, realmente, ad afferrarne le caratteristiche fondamentali senza averlo introiettato all’interno della propria coscienza, rendendo lo stesso istituto giuridico al contempo passato e presente: «Lo storico del diritto tratterà come fenomeno storico la convinzione giuridica che presso i Romani faceva della schiavitù una parte del ius gentium: convinzione giuridica, che gli apparisce necessariamente transeunte, poiché essa infatti, per l’azione della filosofia greca e del cristianesimo a poco a poco, venne meno, e passò; laddove non poteva essere guardata con lo stesso occhio dal giureconsulto, e, in generale, dal cittadino romano; il

quale non avrebbe potuto attribuire alcun valore a un diritto, che non avesse avuto in sé una forza intrinseca ed assoluta, in quel punto che serviva di base ad una certa actio, e valeva insomma come diritto».281

Insomma, una corretta comprensione della dinamica giuridica non è possibile se non considerando il fenomeno nella sua dimensione

attuale e, pertanto, non cristallizzato come vuoto momento della

socialità o come inerte periodo di un’astratta storicità.

Il concetto di sistema giuridico, distinto dal concetto di ordinamento si è iniziato ad affermare nella seconda metà del Novecento quando, da l’idea di insieme di norme meramente giustapposte si è passati all’idea di un insieme strutturato:282 che significa “insieme strutturato”? Tale

espressione vuole alludere alla intrinseca capacità da parte delle norme giuridiche di riuscire a costituire una rete di relazioni normative fra loro coerenti e non lacunose, nello scopo fondamentale di adempiere alla tutela giuridica dei cittadini. La visione di un complesso di disposizioni prescrittive che, attraverso procedure ermeneutiche adeguate, assurgono a vere e proprie norme, postula, a sua volta, l’idea che tale sistema possa, dal punto di vista meramente deduttivo, consentire mediante procedure sillogistiche, la qualificazione di ogni caso concreto e, pertanto, di una sua possibile risoluzione. Ora, premesso, che, a dire il vero, nessuna sottocorrente giuspositivista, se non fra quelle più radicali, postula una tesi siffatta, il concetto che è la

281 G. Gentile, I Fondamenti, op. cit., p. 39.

282 M. Barberis, Una filosofia del diritto per lo stato costituzionale, op. cit. Di questa consapevolezza è grande rappresentante lo stesso Hans Kelsen, il quale, come noto, da uno studio statico della norma giuridica passò, negli anni, successivi ad una teorizzazione in termini dinamici del complesso di norme (dalla c.d. “nomostatica” alla c.d. “nomodinamica”). Ma la questione si presentò chiara anche in Italia, grazie agli importanti insegnamenti di Santi Romano. Cfr. H. Kelsen, La dottrina pura del diritto, Einaudi, Torino 1974; Ibidem, Teoria

generale del diritto e dello stato, Edizioni Comunità, Ivrea 1963; S. Romano, L’ordinamento giuridico, Sansoni, Firenze 1977.

base di questa concezione283 è quello per il quale il diritto rappresenta

un insieme di elementi che risultano, tra loro e in relazione ai casi della vita, pienamente autosufficienti: si postula, cioè, una piena autonomia ed auto-referenzialità logica del sistema giuridico nel suo complesso. Agli occhi dell’orientamento attualistico è chiaro come, tale concezione, risulti astratta giacché presuppone un insieme di norme avulso dalla fenomenologia storica e dal suo processo di formazione. Per Gentile il complesso di norme che definiamo “diritto” non è un mero dato a cui risultano applicabili tutti gli eventi della vita ma, piuttosto, costituisce esso stesso la possibilità di una qualificazione che tenga conto dei molteplici elementi esistenti. La categoria giuridica si plasma sul reale ed entra in correlazione con il singolo evento individuale, di per sé irriducibile ad una classificazione schematica e generalizzante. La vita presenta manifestazioni frammentarie sempre nuove e sempre rinnovate che mai risultano inquadrabili all’interno di un “tipo”: la presunta logicità del sistema, pertanto, a conti fatti, per l’attualismo giuridico non esiste. Vive un diritto capace di trasformarsi continuamente dinanzi alla pluralità del dato empirico e che, grazie all’opera continua dei c.d. operatori del diritto,284 nel rispetto di un

criterio di determinazione ontologica, ne permetta il continuo riconoscimento che non significa isolamento del “giuridico” dalle altre sfere della socialità, ma riconsiderazione del momento del diritto all’interno dell’intero arco di sviluppo della vita etica e morale. Tale tema ci conduce direttamente al quinto punto e cioè quello relativo alla impossibilità, secondo il positivismo giuridico, di una dimostrazione 283 V. Villa, Costruttivismo e teorie del diritto, Giappichelli, Torino, 1999; ibidem,

Concetto e concezioni di diritto positivo nelle concezioni teoriche del giuspositivismo, in “Diritto positivo e positività del diritto”, a cura di G. Zaccaria,

Giappichelli, Torino, 1991, pp. 155-189.

284 Sulla caratterizzazione del diritto, secondo la corrente analitica, come concetto complesso che si struttura su diversi piani della prassi si veda L. Gianformaggio,

Filosofia del diritto e ragionamento giuridico, a cura di E. Diciotti e V. Velluzzi,

scientifica dei giudizi morali: tale tema, invero, non trova collocazione all’interno delle indagini attualistiche benché alcuni elementi risultino desumibili da considerazioni di carattere generale. La posizione di Gentile e della sua “scuola” si colloca, effettivamente, in una posizione eclettica: la dimensione della moralità benché non risulti dimostrabile scientificamente come i giudizi fattuali tuttavia, nella sua attuosità, è portatrice di una intrinseca verità. Il distacco rispetto al positivismo risiede proprio all’interno del giudizio morale: questo, per l’attualismo, rappresenta un “prodromo” del futuro contegno morale e, pertanto, non lo esaurisce. L’intrinseca correlazione fra teoria e prassi e tra vita e pensiero costringe gli autori attualisti a dare una lettura vitalistica alla realtà morale che non risulta riducibile ad un mero giudizio logico. La libertà morale, parafrasando gli insegnamenti kantiani, non è certamente dimostrabile epperò risulta praticabile285: secondo

l’attualismo, cioè, non è concepibile una realtà morale la cui verità risulti comprovabile attraverso procedimenti verificativi, alla stregua degli enunciati logici. Tuttavia, l’intima correlazione fra essere e dover essere e l’obbligo - anche nel terreno della prassi - di una sintesi fra necessità e libertà, conduce alla configurazione di una realtà morale che non accede ai crismi della dimostrabilità secondo i procedimenti tipici di controllo ma riesce ad emergere nella sua dimensione di verità grazie alla consapevolezza del soggetto agente che, attuando la propria libertà, ne realizza l’intrinseca moralità. L’attualismo ci vuole dire che l’effettivo raggiungimento della propria moralità lo si sente

interiormente, dimostrandolo a se stessi, nel momento in cui l’atto

compiuto è l’atto che doveva essere compiuto, e che non poteva essere diverso. L’immoralità non è giudizio morale errato: è la mancata attuazione della libertà stessa. In questo senso, il concetto di dimostrabilità che assume specifico significato in questo contesto è

285 E. Kant, La metafisica dei costumi, Laterza, Bari 2009; ibidem, Critica della

l’interiore consapevolezza del soggetto che sente di aver realizzato o sente di aver compiuto ciò che, rispettivamente, sentiva di dover

realizzare o sentiva di dover compiere. Come possiamo notare,

l’indirizzo gentiliano rappresenta una posizione per certi versi eversiva rispetto alle teorie dissenzienti. L’idealismo attualistico non si contrappone semplicemente al positivismo giuridico, nella medesima guisa del movimento giusnaturalistico – sempre che quest’ultimo risulti riducibile a tale ruolo meramente oppositivo. L’attualismo vuole rappresentare non già una semplice antitesi ma un’effettiva alternativa alla concezione giuridica tradizionale, presentando modelli altri di

pensiero che mirino ad obiettivi costruttivi. Basti considerare le stesse

posizioni di un autore come Ugo Spirito, affrontate in altri punti di questo lavoro: il giudizio favorevole sul ruolo del positivismo dal punto di vista storico rappresenta l’esemplificazione migliore di questa tendenza inglobante dell’attualismo che cerca di non eliminare le tracce positive che il passato, anche nei suoi movimenti di pensiero, ha portato e porta con sé.