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La cattedra romana e gli impegni istituzionali

Capitolo I: Uno sguardo biografico

6. La cattedra romana e gli impegni istituzionali

Nel 1918 Gentile passa così all’Università di Roma, inaugurando l’anno accademico con una prolusione dedicata al carattere storico della filosofia italiana.77 Nel 1920 Croce verrà nominato Ministro

dell’Istruzione nel neonato governo Giolitti e, a dimostrazione del rapporto ancora positivo che intercorre fra Croce e Gentile, nonostante i primi dissidi (sia filosofico-storiografici che di diverso giudizio sulla guerra), il primo garantirà al secondo posizioni importanti all’interno del Ministero chiamandolo a presiedere la Commissione per lo studio

dell'autonomia universitaria e dell'esame di Stato, nonché a far parte

di quella per la Riforma dei programmi presieduta da Vitelli, nominandolo commissario dell'Istituto femminile superiore di

magistero di Roma e confermandolo, nel 1921, nel Consiglio superiore dell'istruzione pubblica.78 Gentile, del resto, non fece mai

mancare a Croce il suo sostegno. Supporto che, ad esempio, si

76 A. Tilgher, Saggi di etica e di teoria del diritto, Bocca, Torino 1928.

77 G. Gentile, Il carattere storico della Filosofia italiana. Prolusione al corso di

storia della Filosofia nella r. Università di Roma tenuta il 10 gennaio 1918,

Laterza, Bari 1918.

dimostrò nel riconoscere l’importanza della religione nell’insegnamento scolastico, quasi a voler ricalcare lo stesso processo ideale dello Spirito che incede verso la piena autocoscienza, attraverso le fasi della religione, dell’arte e della filosofia. Accordo che, tuttavia, risiedeva più sulle conclusioni, sul prodotto della riflessione, piuttosto che sui metodi per giungervi. Ad ogni modo, la comunanza sussisteva. La cosa più curiosa è che proprio nel momento in cui i due filosofi si trovano pienamente coinvolti in un’impresa pratica comune, i loro dissensi filosofici e politici iniziano a farsi ancora più aspri. Del resto, proprio nel 1920, Gentile fonderà il «Giornale critico della filosofia

italiana» il quale se, astrattamente, non si contrapponeva al «La

Critica», concretamente sì, visto che vi gravitavano attorno i principali allievi del filosofo siciliano che Croce non apprezzava per lo spirito scolaresco e quasi “pappagallesco” nel riproporre le tesi del Maestro. Croce, si impegnò perfino in una serrata critica nei confronti del proemio che Gentile scrisse in occasione del primo numero della rivista non esitando a definirlo «alquanto nazionalistico»79, invitandolo

ad abbandonare il concetto nazionale della filosofia italiana. Non tarderà la risposta di Gentile: «Quanto a quell’accenno che ti è parso nazionalistico, troverai un po’ largamente il mio pensiero nel primo di quei discorsi Discorsi ai maestri di Trieste, che il Laterza sta stampando: in un senso che è decisamente l’opposto al naturalismo nazionalistico. Come elemento storico a me pare un elemento non trascurabile, che non può essere che personalità storica»80. La

resistenza tuttavia, dei socialisti, il dissenso dei popolari e del liberal- democratici crearono fortissime difficoltà al processo di approvazione

79 B. Croce, Lettere a Giovanni Gentile, (1896-1924), Milano, Mondadori 1981, p. 584.

80 G. Gentile, Lettere a Benedetto Croce. Dal 1915 al 1924, Firenze, Le Lettere 1990., p.241.

della riforma della scuola secondaria. La bocciatura del progetto di legge sull’esame di Stato spinse Croce alle dimissioni.

Con la politica del dopoguerra si assiste a mutamenti fondamentali. Si ha il passaggio dal sistema elettorale uninominale e quello proporzionale e l’avvento di Mussolini. Il 31 ottobre del 1922 il governo Mussolini otterrà un’ampia maggioranza assieme al consenso di Giolitti per la riforma della scuola. Il 1° Novembre del 1922 Gentile è nominato Ministro dell’Istruzione. Il contesto che consentiva l’avvio dell’opera riformatrice nonché i presupposti da cui questa scaturiva erano certamente diversi da quelli precedenti. Si percepiva il tutto con una certa positività ai fini del buon esito della riforma. Gentile, infatti, si organizzò diversamente da Croce: si appoggiò ad amici del Fascio

di educazione nazionale (che aveva fondato pochi anni prima),

deteneva più potere, maggiori conoscenze, soprattutto nel mondo scolastico e universitario.81 Ma soprattutto, aveva un Capo del Governo

dotato di ben altra determinazione rispetto a Giolitti.82 La nomina di

Gentile al vertice del Ministero è dovuta, in buona parte, all’opera mediatrice di Ernesto Codignola che nel settembre del 1921 incontrerà a Milano Mussolini il quale accettò il programma del Fascio di

educazione nazionale.

La struttura della riforma prevedeva una scuola elementare obbligatoria per tutti, dove la letteratura e la religione facessero da padrone coadiuvate dalle nozioni fondamentali dell’aritmetica e della scienza. Al ginnasio-liceo, che venne distinto dalle scuole tecnico- professionali, e il quale soltanto consentiva l’ingresso a tutte le facoltà

81 G. Turi, Giovanni Gentile, op. cit., pag. 308.

82 Discussa è la tematica se Gentile abbia accettato l’incarico alla luce delle posizioni politiche generali del governo o se, invece, avrebbe comunque accettato, in quanto “tecnico”, purché la riforma fosse portata avanti secondo le direttive ch’egli auspicava, al di là del colore politico che l’indirizzo governativo avrebbe assunto.

universitarie, furono affiancati quattro indirizzi scolastici. Gentile abbinò le cattedre di storia e filosofia e di matematica e fisica, sia per ragioni economiche sia per fornire alle suddette discipline una maggiore organicità. Venne introdotto l’esame di Stato e l’obbligo di giuramento per gli insegnanti. Le critiche che furono riservate all’assetto proposto dalla riforma non tardarono ad arrivare. Numerose le ragioni di dissenso. Fu posto in evidenza il carattere conservatore, statico, classista della riforma che faceva da riflesso ad una concezione della società immodificabile. Altrettanto aspre furono le riprensioni nei confronti dell’eccessivo squilibrio fra materie umanistiche e materie scientifico-matematiche, a favore delle prime. Riserve furono altresì destinate anche al su accennato abbinamento delle materie (in special modo l’unione fra storia e filosofia che sembra spezzare un’ormai affermata abitudine di storici e filosofi). Senza dimenticare l’opposizione del mondo cattolico ed ecclesiastico che considerò negativamente l’eccessiva ingerenza che lo Stato avrebbe esercitato, grazie alla riforma, nei confronti delle scuole private; ma anche i laici ebbero da ridire: l’insegnamento obbligatorio della religione cattolica appariva come una provocazione non giustificabile.

Al di là delle critiche è innegabile l’impronta di unitarietà che Gentile voleva fornire all’opera riformatrice cercando di trasmettere un’idea di cultura che andasse oltre la mera preparazione nozionistica, attingendo ad una più alta dimensione di apprendimento che puntasse prima ancora che sui contenuti su un metodo di conoscenza che potesse fornire gli strumenti opportuni per la prosecuzione del percorso formativo.83

83 Alla riforma verranno, pochi anni dopo, apportate modifiche piuttosto importanti, soprattutto da Giuseppe Bottai, per cercare di garantire un’istruzione più adatta alla allora crescente società industriale di massa, sia per il rinnovato ruolo del cattolicesimo come religione ufficiale dello Stato a seguito del Concordato dell’11 febbraio 1929. Cfr. D. Coli, Giovanni Gentile, op. cit., p. 60.

Nel Maggio del 1923 Gentile si iscrive al Partito Nazionale Fascista. Sulle ragioni di tale improvvisa decisione – che ad altri non fu comunicata se non a Benito Mussolini – vi è dibattito. Da una parte vi è chi sostiene che l’iscrizione era di fatto congeniale a sostenere più adeguatamente la riforma che Gentile stava portando avanti, eliminando ogni scoria di liberalismo a cui ancora veniva legata la sua personalità; secondo altri l’adesione al partito era un esito inevitabile non tanto del suo idealismo attuale, quanto piuttosto della sua concezione della storia d’Italia che trovava nel fascismo il definitivo compimento di quell’opera liberatrice principiata dal Risorgimento.84

Per Gentile il fascismo rappresentava l’espressione moderna del liberalismo della Destra storica. Il liberalismo di Gentile, tuttavia, non è il liberalismo che pone al centro la dimensione della libertà negativa dell’individuo, della tutela della persona dinanzi agli abusi di potere, non era fondata sul principio della libertà dallo stato, ma sull’idea della libertà dello stato (e nello stato), non essendo immaginabile uno Stato esterno all’individuo, né individuo fuori dallo Stato: è nella comunità etico-politica, secondo Gentile, che l’individuo si realizza pienamente. Insomma, per Gentile il fascismo rappresentò una vera e propria occasione storica e per questo vi si profuse con tutte le sue forze.

Nel 1924, tuttavia, avviene un evento storico che rischierà di destabilizzare l’intero assetto fino ad allora creato, provocando un serio rischio di crollo del sistema. Il 10 giugno del 1924 viene assassinato Giacomo Matteotti. Gentile annuncia le dimissioni, accettate da Mussolini nonostante da più parti, in un momento di grave delegittimazione del Capo del Governo, si levassero richieste

84 Sul rapporto di Gentile col fascismo e con i principali esponenti dello stesso ti si veda l’ampia ricostruzione di A. Tarquini, ll Gentile dei fascisti. Gentiliani e

variegate: vi fu l’appoggio dello stesso Mussolini, gli amici e scolari romani che lo sostenevano ai fini di una concreta resistenza alle forze avverse; vi era perfino chi lo invitava ad assumere le redini del governo – così come vi era chi suggeriva di cogliere l’occasione e allontanarsi dal “movimento” per salvare la sua onorabilità. Con tale gesto Gentile, tuttavia, non tolse l’adesione al Partito, tutt’altro: mediante le dimissioni Gentile confermò, rinnovandolo, il suo consenso. È proprio in questo periodo che si consuma un altro evento cruciale nella storia personale del Nostro: la rottura con Croce diviene definitiva.85

Dopo le dimissioni Gentile al serio impegno politico non tornò più, tranne nei primi tempi quando venne nominato Presidente della

Commissione dei Quindici (poi dei Diciotto) incaricata di predisporre

una revisione costituzionale in senso autoritario. Operò altresì come vicepresidente del Consiglio superiore dell’istruzione per vegliare affinché non vi fosse uno stravolgimento nello spirito della riforma. Ma di fatto dalla politica come attività vi uscì definitivamente. La sua partecipazione attiva all’interno del mondo fascista si realizzò all’interno delle Istituzioni culturali del regime. Gli stessi interventi su riviste politiche ponevano quasi sempre l’accento su una dimensione culturale piuttosto che istituzionale. Da questo punto di vista merita ricordare un episodio di indubbio interesse per quanto concerne i rapporti fra Gentile e la politica attiva. Stiamo parlando dell’avversione ch’egli dimostrò nei confronti del Concordato dell’11 febbraio 1929 con la Santa Sede. Gentile lo osteggiò in un discorso pubblico il quale, tuttavia, stante la determinazione di Mussolini di giungere fino in fondo, non produsse pratiche conseguenze. La ferita rimarrà aperta, tanto che Gentile negli anni seguenti polemizzerà,

85 G. Turi, op. cit., p. 345. Si veda altresì J. Jacobelli, Croce Gentile. Dal sodalizio

spesso con veemenza, con filosofi cattolici, in special modo con gli ambienti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.86