Capitolo I: Uno sguardo biografico
5. Gli anni pisani e l’incontro con la tematica giuridica
Dopo aver esperito invano un tentativo per una cattedra presso l’Università di Roma (prima scelta negli interessi di Gentile) ed a Torino, la morte del suo ex maestro Jaja gli spiana la strada per l’ottenimento di un posto da professore ordinario presso l’Università di Pisa nel 1914. Una scelta di ripiego ma ad ogni modo gradita, visti gli affetti che legano il filosofo al contesto cittadino dove ha visto crescere e lentamente maturare la sua formazione teorica. Al centro della prolusione pisana del Novembre 1914, denominata L’esperienza pura
e la realtà storica64, vi è il principio essenziale della sua filosofia cioè
l’assimilazione della realtà con l’atto del pensiero. A Pisa Gentile non resterà moltissimo, dacché già nel 1918 è a Roma incaricato dell’insegnamento di storia della filosofia. Pisa, tuttavia, risulta importante ai fini del nostro studio poiché qui, nell’anno accademico 1915-1916, Gentile entrerà a contatto con la Facoltà di Giurisprudenza, tenendo il corso di Filosofia del diritto, dal quale sorse, per appunto, il volume I Fondamenti della filosofia del diritto del 1916 (a cui faranno seguito due successive edizioni, rispettivamente nel 1923 e nel 1937).65
Senza dimenticare che, nello stesso anno, Gentile pubblicherà la prima
64 G. Gentile, L’esperienza pura e la realtà storica. Prolusione al corso di filosofia
teoretica tenuto nella R. Università di Pisa il 14 Novembre 1914, Libreria della
Voce, Firenze 1915.
65 Dei Fondamenti Gentile ha presentato tre edizioni. La prima è del 1916, la seconda, con lievi modifiche, è del 1923; la terza, infine, è del 1937, la cui trattazione è accresciuta con un saggio di introduzione alla filosofia morale, e soprattutto, con due capitoli finali, il VII e l’VIII, dedicati, rispettivamente, a Lo
Stato, che riproduceva la conferenza tenuta a Berlino nel 1931 su Il concetto dello Stato in Hegel, e a La Politica, che apparve la prima volta nel 1930 in
«Archivio di Studi Corporativi» Alcuni considerano come una sorta di quarta edizione l’opera di filosofia pratica, uscita postuma, che è Genesi e struttura
della società, così p.e. secondo M. L. Lanzillo, «Giovanni Gentile e il problema del ‘concreto’ dalla ‘Filosofia del diritto’ a ‘Genesi e struttura della società’», in “Filosofia politica, / a. XIV n.2, agosto 2000.
edizione della Teoria generale dello spirito come atto puro ed avvierà la prima stesura del Sistema di logica come teoria del conoscere (la cui pubblicazione sarà dell’anno successivo, a cui nel 1923 farà seguito il secondo volume).
L’inserimento di Gentile nell’ambiente accademico fu anche un immissione nel tessuto politico e civile della città. Si noti che la permanenza del filosofo nella città toscana coincide perfettamente col periodo della prima guerra mondiale. Si impegnò, così, da buon cittadino, nel fornire ausilio al «Comitato Pisano di preparazione e di
mobilitazione civile», per il quale scrisse il proclama66. Inizialmente
titubante e lontano da quelle tendenze estetizzanti e mistiche proprie di certe culture elitarie in voga all’epoca - in Italia come nel resto d’Europa - successivamente si rivelò, una volta spezzati gli indugi diplomatici e la guerra dichiarata, convinto interventista.
Come accennato, Gentile, durante questi anni, entra a contatto col “mondo giuridico” pisano67. Certo, l’interesse per le problematiche
giuridiche non può certo essere isolato in quei pochi anni di esperienza di insegnamento a Pisa, giacché sulle questioni fondamentali della disciplina Gentile vi ritornerà già nel 191768 e nuovamente nel 1920
nell’ambito di una discussione con altri due filosofi: Vincenzo Miceli (peraltro suo successore nella cattedra pisana) ed Eugenio Di Carlo; né tanto meno si può limitare alla vicenda intellettuale pisana la tematica del pensiero gentiliano per quanto concerne i problemi giuridici: di temi come il significato della pena o del valore dello Stato se ne trova
66 La raccolta degli scritti, pienamente coincidenti con gli “anni pisani” su temi bellici, in cui sono visibili anche gli stessi proclami, verranno raccolti, dopo la fine della guerra, nel volume Guerra e Fede, Ricciardi, Napoli 1919.
67 C. Laviosa, L’insegnamento della filosofia del diritto nell’Università di Pisa,
Rivista Internazionale di filosofia del diritto, XXXI,1954, pp. 264-267.
68 G. Gentile. Recensione a P. Bonfante, Il metodo naturalistico nella storia del
diritto, in La Critica, XV, 1917, pp. 254-256; cfr. la Replica di Bonfante nella Rivista di sociologia, XXII, 1918, pp. 3-17.
traccia anche in altre parti dell’opera del filosofo. Vogliamo tuttavia soffermarci sulle caratteristiche della riflessione di Gentile sul diritto come esattamente scaturì dall’insegnamento d’una materia giuridica nella Pisa degli anni dieci. Per sottolineare la peculiarità della situazione è sufficiente mettere in evidenza un fatto: nello stesso arco di tempo in cui Gentile lavora a Pisa, nella stessa Facoltà universitaria operava un altro grande professore siciliano: Santi Romano.
È relativamente accertato che entrambi si conoscessero. Santi Romano cita Gentile nella prima parte del suo lavoro pubblicato nel 1917 all’interno degli «Annali delle università toscane», L’ordinamento
giuridico69. Con estrema probabilità anche Gentile si era imbattuto
nella lettura di qualche scritto del suo collega o quantomeno del discorso inaugurale dell’anno accademico 1909-1910 col titolo Lo
Stato moderno e la sua crisi. L’opera di Gentile e di Romano
marchiano un momento fondamentale nella storia del pensiero giuridico italiano; anzi, si dimostrano esse stesse molto collegate.70
Insomma, sembra di poter constatare una matrice ideologica comune che lega le due opere.
È proprio tenendo conto del fatto che il saggio gentiliano vede la sua nascita all’interno dell’ambiente della Facoltà giuridica pisana, trovando in essa i principali ascoltatori, che si potrà meglio valutare l’incidenza di Gentile nella storia del pensiero giuridico italiano. Soltanto a titolo di esempio, basti pensare che in quello stesso ambiente universitario si formeranno pensatori come Angelo Ermanno Cammarata, Orazio Condorelli, Widar Cesarini Sforza. Proprio a Pisa sorse l’«Archivio di studi corporativi», del quale fu Gentile stesso a scrivere il primo degli articoli. Episodio non casuale, sintomo di un fondamentale legame che univa il pensatore siciliano all’ambiente
69 S. Romano, L’ordinamento giuridico, Sansoni, Firenze 1945.
70 Questa è la tesi di V. Frosini, Giovanni Gentile, giurista pisano, in L’idealismo
gius-pubblistico del tempo; legame rafforzatosi nella stessa Facoltà giuridica.71
Quale fu, quindi, la matrice storica comune che animò, nella medesima guisa, l’opera di Gentile così come lo scritto di Santi Romano? Utilizzando le stesse parole di Frosini, tale origine deve essere rintracciata «nella profonda e drammatica tensione morale creata dal clima della prima guerra mondiale, in cui l’Italia era coinvolta; nella crisi d’identità che l’organismo politico nazionale avvertì dinanzi a quella durissima prova; nella nuova concezione dei valori giuridici, che il ceto intellettuale di ideologia nazionalista provvide ad elaborare, per fronteggiare quelle situazioni circostanze difficili.»72 Insomma,
presupposto ideologico e filosofico-politico de I Fondamenti è la “filosofia della guerra” come si intitola la conferenze tenuta a Palermo l’11 ottobre 1914 e pubblicata ad incipit del volume Guerra e Fede73. È
del resto lo stesso filosofo a esplicitare la base ideologica della sua opera filosofico-giuridica laddove in una nota de I Fondamenti identificherà lo scritto appena citato come vero e proprio precedente concettuale. Diversa, ovviamente, la concezione di Romano, che negava nettamente ogni forma di identificazione fra Stato e diritto, a favore di una concezione pluralistica delle istituzioni giuridiche. Ad ogni modo, entrambe denunciano una stessa percezione: e cioè la crisi
di fiducia nei confronti dello Stato liberale: poiché o il diritto veniva
71 Tale dimensione è spesso trascurata dalla critica che nelle ricostruzioni del pensiero giuspubblicistico della prima metà del novecento viene solitamente messo a margine, si veda, ad esempio, F. Tessitore, Crisi e trasformazione dello
Stato, Morano, Napoli 1971; o, addirittura, la visione gius-filosofica di Gentile
viene interpretata in modo ancillare a quella crociana come in A. De Gennaro,
Crocianesimo e cultura giuridica italiana, Giuffré, Milano 1974; o G. Fassò, Storia della filosofia del diritto, vol. III – Ottocento e Novecento, Laterza, Bari
2015.
72 V. Frosini, Giovanni Gentile. Giurista pisano, op. cit., pp. 136-137.
73 È grazie a quest’opera che Gentile, in questi stessi anni, divenne noto ad un più vasto pubblico. Il primo passo fu la collaborazione con il “Resto del Carlino” di Missiroli che dette avvio alla pubblicistica militante del Nostro.
ridotto nella legge frutto della forza politica dominante, come in Gentile; oppure spezzettato nei molteplici gruppi sociali, come nella concezione di Romano.
In comune fra le due dottrine vi era, ad ogni modo, una netta rivalutazione del diritto e della filosofia del diritto, in un’epoca caratterizzata da una forte diffidenza verso tali problematiche di studio. Sia Gentile che Romano sosterranno la centralità del diritto nella costruzione della socialità. Benché Romano continuerà a concepire il fatto sociale in termini usuali mentre Gentile tenderà a far sfociare la dimensione sociale in una dimensione trascendentale (quella ch’egli chiamarà societas in interiore homine) e il diritto in un’attività, quella della dialettica del volere. Il fatto, quindi, che la scrittura de I
Fondamenti sia avvenuta a Pisa, alla luce di ciò che abbiamo esposto,
non risulta affatto strana. Clima bellico, rinnovate passioni civili, militanza politica e non ultimo il contatto con la Facoltà giuridica negli anni 1915 – 1916 e le influenze che all’interno di essa si esercitavano reciprocamente tra le diverse figure di grande spicco intellettuale. Cionondimeno in un’ottica di comprensione del significato che l’opera giuridica di Gentile ha svolto nei confronti del pensiero giuridico italiano, dobbiamo andare oltre, dal punto di vista storico-biografico ad una mera ricostruzione delle fonti. Vogliamo dire, cioè, seguendo un filo interpretativo già noto74 che i precedenti culturali del volume si
possono rintracciare ben oltre le discussioni che si svolsero nella Biblioteca filosofica di Palermo nel 1913, poco a ridosso del trasferimento all’Università di Pisa. Basti pensare al libro di Igino Petrone, Il diritto nel mondo dello spirito75, datato 1910, ma che
include scritti risalenti già al 1905 (ossia prima della stessa Riduzione crociana); si pensi ancora a Giuseppe Maggiore, citato da Gentile
74 V. Frosini, L’idealismo giuridico, op. cit., pp. 12-13
75 I. Petrone, Il diritto nel mondo dello spirito, Libreria editrice milanese, Milano 1910.
all’interno de I Fondamenti e che il suo libro principale Il diritto nel
suo processo ideale è del 1916; senza dimenticare Adriano Tilgher76,
nel cui saggio Deduzione della legge e del diritto, del 1913, propone la formula volontà volente e volontà voluta che sarà tratto tipico della riflessione gentiliana. Insomma, la fase pisana deve essere letta come momento al contempo di passaggio e definizione di una concezione filosofica che si andava delineando da qualche tempo e in stretta connessione col dibattito italiano nel suo complesso.