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CAPITOLO III IL NUCLEO EPISCOPALE E IL COMPLESSO PALEOCRISTIANO

PRESSO SAN CLEMENTE

3.2. Il complesso tardoantico presso San Clemente

3.2.3. L’aula di culto

Come si ha già avuto modo di osservare, uno dei quesiti ancora irrisolti è l’identificazione del perimetro globale del complesso tardoantico di cui sfuggono le planimetrie sia dell’aula di culto che dell’edificio battesimale, i quali, per motivi liturgici, dovevano risultare adiacenti. Di fatto, tra le strutture superstiti, solo pochi elementi possono essere in qualche modo associati al primo impianto ecclesiastico e si tratta quasi esclusivamente di murature perimetrali appartenenti all’antico edificio termale romano, riconoscibili grazie al paramento in petit appareil con ricorsi in laterizio, e che si mantennero in opera proprio in ragione della loro rifunzionalizzazione ad ambienti del complesso cristiano.

Delle antiche strutture del balenum venne riutilizzato il lungo muro che da nord a sud separava i tre vani di servizio delle terme (cap. II, fig. 35.2-3) dal presunto giardino o palestra (cap. II, fig. 35.14) per poi proseguire lungo il perimetro orientale del

tepidarium (figg. 38; 46; cap. II, fig. 35.7;). Delle aperture che caratterizzavano la

muratura, almeno due sembrano aver mantenuto la loro funzione originaria (fig. 46)423. Sfortunatamente è impossibile conoscere il prolungamento del presunto edificio verso nord di cui si sono perse le tracce in seguito agli sbancamenti del principio del XX secolo (figg. 48; 49). Ad ogni modo, la vasca battesimale ottagona sorse proprio in

422 Tale ipotesi era già stata presentata da Alessandra Frondoni in GANDOLFI-FRONDONI 2007, pp.

568-569 e si ripropone in questa sede ponendola soprattutto in rapporto con un eventuale valenza martiriale della basilica presso San Clemente.

423 La corrispondenza tra le aperture delle porte delle terme e quelle della chiesa devono ancora essere

confermate dallo scavo, così come deve essere verificata la quota di utilizzo tra gli usci e gli elementi liturgici annessi; sebbene esse sembrino compatibili con le quote del battistero e del piano in fase con questo Massabò invita ad una certa cautela nell’interpretazione dei dati visibili in ragione della sfaccettata realtà archeologica del muro e, soprattutto, in ragione della mancanza di dati relativamente alla parte antistante la facciata della chiesa medievale di San Clemente, non ancora indagata; un’analisi delle quote si rende inoltre necessaria per tutta l’area dello scavo: per gli interventi di Roascio MARCENARIO 2007, pp. 956-958; per gli interventi di MASSABÒ in MARCENARO 2007, pp. 958- 959.

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corrispondenza di quest’area, affiancando ad est, l’antica muratura romana. Interessante risulta il posizionamento del fonte in prossimità della vasca absidata delle antiche terme che non sembra escludere una connessione tra le due strutture nella pianta della chiesa paleocristiana (figg. 38; 47; 48). La disposizione dei due elementi architettonici suggerisce, in qualche modo, che il corpo della chiesa primitiva si potesse sviluppare in senso nord-sud impostandosi sulle antiche murature della vasca del frigidarium invernale (fig. 38; cap. II, fig. 35)424. L’abside delle terme, si porrebbe,

inoltre, in senso diametralmente opposto rispetto al recinto funerario (fig. 38). Sorto anch’esso sulle murature del balenum, avrebbe occupato lo spazio antistante la facciata, consacrato dal passaggio del clero e dei fedeli, secondo un modello diffuso e privilegiato nelle basiliche funerarie425 nonché documentato, ad Albenga nella coeva chiesa di San Vittore (cap. II, fig. 48).

Sfortunatamente, le ampie lacune non hanno consentito la sopravvivenza di eventuali connessioni tra la vasca, l’abside e l’area circostante (figg. 38; 48; 49).

Un elemento da tenere in forte considerazione, che sembra emergere dai casi noti di riutilizzo di edifici termali, è lo scrupoloso riutilizzo da parte dei costruttori tardoantichi, laddove possibile, delle piante e dei muri dei vani termali precedentemente in opera. È infatti noto come lo sfruttamento di alzati murari preesistenti, che necessitavano solo in misura ristretta di modifiche planimetriche, semplificassero e velocizzassero notevolmente l’opera edilizia per la quale il resto

424 L’ipotesi era stata inizialmente proposta durante la prima rilettura dei dati di scavi, ma non era stata

riconosciuta l’appartenenza alle terme dell’abside, piuttosto messa in connessione con l’originale corpo della chiesa paleocristiana: MASSABÒ 2002c; MASSABÒ 2004a, pp. 112-113.

425 Sugli spazi di sepoltura privilegiati nelle chiese: CHAVARRIA ARNAU 2009, pp. 179-181.

Fig. 46. Albenga. Scavi di San Clemente. Facciata esterna che riutilizza un muro delle terme romane, di cui si notano, a sinistra, due porte tamponate (fonte: MASSABÒ 2007, p. 506, fig. 20).

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dell’edificio precedente poteva costituire una cava di materiale a costo zero. Inoltre, dai dati risulta che anche laddove si registi una semi-totale ricostruzione in alzato delle murature, si tendesse a prediligere lo sfruttamento dei solidi muri di fondazione delle terme.

Il riuso di edifici termali non permetteva, dunque, solamente di abbassare in maniera esponenziale i tempi e i costi di costruzione, ma assicurava la stabilità dell’edificio grazie alle solide trame murarie di cui queste disponevano. Tra gli esempi a noi noti426, emblematico è il caso di Riez, nelle Alpes-de-haute-Provence, dove la navata principale, probabilmente l’unica, della chiesa tardoantica occupa lo spazio precedentemente occupato dal gymnasium coperto delle terme pubbliche (fig. 50)427.

I muri laterali dell’edificio termale sono i medesimi che delimitarono, verosimilmente anche in elevato, la chiesa. Lo spazio rettangolare originario in cui si sviluppava il vano termale venne trasformato solo con qualche accorgimento grazie

426 SPANU 2007 con bibliografia.

427 BORGARD-D’ANNOVILLE 2007, con bibliografia.

Fig. 47. Albenga. Scavi di San Clemente. Abside del frigidarium invernale delle terme (fonte: MARCENARO 2007, p. 135, fig. 9).

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all’aggiunta, verso la sua estremità orientale, di un muro perimetrale semicircolare inserito in una stretta trincea nel suolo in cementizio428.

Al caso di Riez si aggiunge, per la Gallia Meridionale anche quello di Cimiez dove i muri perimetrali della Cattedrale del V secolo, quasi interamente ricostruiti, si impostarono sui possenti muri delle terme pubbliche di epoca imperiale, mentre gli impianti di riscaldamento dell’aula, i praefurnia, vennero colmati per permettere il livellamento del suolo con l’ambiente in cui era ubicato il battistero429.

428 BORGARD-D’ANNOVILLE 2007, p. 853; in generale sul complesso BORGARD-

D’ANNOVILLE 2007 con bibliografia.

429 VALLAT 2007, p. 888; VALLAT 2007 con bibliografia.

Fig. 48. Albenga. Scavi di San Clemente. Ambiente termale con piscina riscaldata absidata, si cui si riconoscono le fondazioni in laterizi. Lungo i margini del vano, a sinistra, si notano le feritoie per il riscaldamento dell'ambiente (fonte: MASSABÒ 2007, p. 495, fig. 9).

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Una tendenza simile è testimoniata anche in Italia dove, i complessi paleocristiani che andarono ad impostarsi sui resti di impianti termali predilessero il riallestimento di vani preesistenti come si riscontra, per esempio, nel noto caso di Tharros, in Sardegna. Situato nell’area urbana, il complesso di terme pubbliche ospitò, tra la fine del V e l’inizio del VI secolo, la prima insula episcopalis della città che ne riutilizzava gli spazi riconverti con opportune modifiche strutturali430. Ancora, si possono

ricordare le vicende del complesso paleocristiano di Cornus, ubicato sempre in Sardegna, in cui “diversi elementi strutturali, alcuni dei quali già rimessi in luce nel corso dei primi scavi, indicano come parte del complesso rioccupava spazi e forse strutture ancora in elevato di un edificio termale (…) basti pensare alla grande vasca individuata nel grande battistero, coperta nella fase tardiva dalla sistemazione pavimentale dell’aula cristiana”431. A Sabratha, infine, in Tripolitania, sull’impianto

termale pubblico, fortemente compromesso dagli effetti di scosse sismiche, si scelse di impostare alla fine del IV secolo un complesso paleocristiano. Nonostante i gravi

430 SPANU 2007, p. 910. 431 SPANU 2007, p. 905.

Fig. 49. Albenga. Scavi di San Clemente. Resti delle strutture verso nord (fonte: MASSABÒ 2004a, p. 109, fig. 15).

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danneggiamenti del terremoto, le strutture dell’edificio termale erano ancora fruibili e per questo sfruttate in gran parte dalla nuova costruzione432.

A seguito di queste considerazioni risulta tuttavia necessario valutare l’ipotesi che la chiesa paleocristiana originaria si fosse impostata sulle strutture delle terme in senso trasversale rispetto alla vasca del frigidarium invernale. Sfruttando al minimo il vantaggio di potersi appoggiare su delle solide strutture preesistenti, il corpo della chiesa, con orientamento est-ovest, avrebbe riutilizzato l’antico muro delle terme per la facciata e le murature del recinto funerario come muro perimetrale della navata destra. In questo contesto, la vasca battesimale sarebbe venuta a trovarsi in un’area – circoscritta o meno da murature – posta a sinistra della basilica.

In sostanza, la planimetria del complesso paleocristiano, secondo questa interpretazione, corrisponderebbe, almeno parzialmente, a quella della chiesa medievale e post medievale ad oggi visibile (fig. 38)433.

432 CARRA BONACASA in MARCENARO 2007, p. 934-935; SPANU 2007, p. 913.

433 Una coincidenza, almeno parziale, tra l’aula della chiesa medievale e quella della chiesa tardoantica

è stata ipotizzata, sulla base della documentazione emersa da Stefano Roascio e Philippe Pergola a cui si accostano le prudenti osservazioni di Alessandra Frondoni: MARCENARO 2007, pp. 947-951. Fig. 50. Riez. Piano generale del sito del gruppo episcopale, in giallo gli ambienti delle terme su cui si imposta (fonte: https://adlfi.revues.org/docannexe/image/6202/img-2.jpg)

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Una soluzione di questo tipo è proposta da Stefano Roascio a seguito di un’analisi delle murature della chiesa a tre navate. Il corpo perimetrale della chiesa della metà del V secolo – che poteva riutilizzare un vano delle terme ancora in piedi – sarebbe riconoscibile, secondo lo studioso, dalla tessitura muraria a “petit appareil degradato” ancora in opera in pochi brani del muro superstite e in corrispondenza del giro dell’abside maggiore434. A queste considerazioni, Roascio associa la situazione

individuata nelle adiacenze del perimetro esterno dell’abside centrale della chiesa le cui fondamenta insistono, fa notare, direttamente sulle strutture termali. Qui sono stati individuati, in corrispondenza della quota più bassa dell’abside e del suo pavimento, tre o quattro sarcofagi disposti a corona dell’abside datati intorno al VI secolo dei quali si dovrebbe eventualmente tenere conto per la collocazione cronologica della chiesa435.

In questo senso è tuttavia necessario ricordare che l’utilizzo del “petit appareil degradato” si diffuse e rimase in uso in Liguria in un arco temporale piuttosto vasto che si protrae dal V fino al VII secolo d.C.; in modo analogo, le tipologie dei sarcofagi rinvenuti attorno all’abside presentano una cronologia assai ampia che si estende fino al VII secolo. Di fatto, se effettivamente i sarcofagi potessero datarsi al VI secolo dovremmo sempre considerare la possibilità che siano stati spostati in un contesto successivo. Entrambi questi elementi possono ricollegarsi, piuttosto, ad una seconda fase di vita del complesso, databile entro il VII secolo. In questo momento sembrerebbe essere stata realizzata la chiesa a tre navate, effettivamente orientata in senso est-ovest, che comprese l’erezione del muro, posto a sud della vasca battesimale, ormai dismessa, caratterizzato dal riuso nelle murature di lapidi funerarie appartenenti alla prima fase della chiesa.

Una sistemazione di questo tipo avrebbe dunque permesso di sfruttare una porzione veramente minima del vantaggio derivato dal riutilizzo dell’edifico termale. Al contrario, una disposizione assiale nord-sud avrebbe probabilmente favorito il riutilizzo delle murature di fondazione delle terme presenti in situ quasi nella loro totalità. Aggiungo infine una breve osservazione sulla collocazione del recinto funerario, non probante, ma da tenere in ogni caso in considerazione. Nell’eventualità di una disposizione assiale della chiesa in senso nord sud, l’area cimeteriale, il cui

434 ROASCIO in MARCENARO 2007, p. 948.

435 Anche Alessandra Frondoni è d’accordo nell’individuare una situazione di non casualità della

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perimetro viene peraltro delimitato da strutture preesistenti delle terme, si sarebbe andata a trovare nella zona antistante la facciata, in uno spazio che, come rivela l’archeologia veniva considerato uno dei luoghi particolarmente ambiti per le sepolture in quanto suolo consacrato dal passaggio del clero e dei fedeli436.

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CONCLUSIONI

La visione complessiva dei dati archeologici e degli studi finora editi hanno consentito di inquadrare con più chiarezza le trasformazioni subite dall’assetto urbano di Albingaunum sia nelle sue fasi romane sia per quelle tardoantiche in rapporto alla nascita e al definirsi della topografia cristiana.

Per quanto riguarda la città romana, la documentazione consente di delineare ormai con discreta chiarezza i tratti principali dello sviluppo urbanistico del centro da quando, in epoca tardo repubblicana, ne furono definiti i limiti delle mura e dell’impianto ortogonale.

Ubicata al crocevia tra le rotte marittime che collegano il bacino centrale del Mediterraneo con la Gallia e la Spagna e le importanti vie di comunicazione tra la costa ligure e la Pianura Padana, la città si qualificò subito come polo di notevole importanza strategico-militare e mercantile. La sua posizione lungo la costa ai margini della più ricca e fertile pianura della Liguria ponentina attribuì alla città la duplice fisionomia di centro portuale ed agricolo determinante per il suo benessere economico. Da questo punto del litorale, il municipium437 di Albingaunum controllava

giuridicamente la costa ligure da Finale a Sanremo e, verso l’entroterra, i territori compresi tra il monte Pertegà e Ceva lungo la valle del Tanaro.

In epoca imperiale, la tranquillità che contraddistinse il periodo privò del suo valore funzionale la cinta muraria che venne abbattuta offrendo alla città la possibilità di raggiungere la sua massima estensione invadendo la pianura circostante. Così, mentre il nucleo urbano si ristrutturava sul modello fornito dalla topografia precedente438, la sua espansione è archeologicamente testimoniata con particolare intensità, verso sud, dove la crescita ordinata degli edifici si lega con evidenza a un programma urbanistico unitario e ben strutturato. Due domus si sovrapposero agli antichi limiti stabiliti dalle

437 La città acquisì lo status di municipium in età cesariana e la sua popolazione venne ascritta alla

tribù dei Publilia.

438 All’epoca imperiale si attribuiscono i resti di strutture verosimilmente pubbliche sorti nei pressi delle

attuali aree di Piazza delle Erbe e della Basilica di Santa Maria in fontibus; murature dello stesso periodo sono state individuate al di sotto della chiesa di San Carlo; nella zona dell’attuale Cattedrale si strutturo, invece una domus.

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mura, sul lato occidentale439 e sud orientale della città440, mentre l’acquedotto e le terme, insieme ad altri edifici dalla natura indistinta, sorsero nell’area oggi attraversata dal fiume Centa che, dopo aver abbandonato il suo corso a nord della città, qui si diresse a partire dal XIII secolo.

Ad ovest, un vasto edificio porticato441 sorse a ridosso dell’antico perimetro urbano,

mentre a nord e ad est il centro conservò verosimilmente i suoi limiti, nel primo caso, a causa dalla presenza di terreni instabili e, nel secondo, per via della vicinanza del porto, la cui precisa collocazione rimane oggi oscura. Contemporaneamente, le necropoli si svilupparono con sepolture ed edifici funerari monumentali nelle aree extra urbane lungo la via Iulia Augusta, la principale via di accesso e di uscita dalla città che la attraversava in qualità di cardo massimo.

Fino allo scadere del III secolo e al principio di quello successivo, Albenga mantenne pressoché inalterati il suo assetto urbano e la sua funzione di centro commerciale e agricolo, traendo naturale beneficio dall’ampia insenatura alle pendici del Monte – che offriva protezione al porto – e dalla sua ricca pianura alluvionale. Segni di trasformazioni sembrano registrarsi tra la fine del IV e il principio del V secolo quando in diverse aree della città gli scavi archeologici registrano distruzioni e demolizioni. Tuttavia se in alcune zone della città questi segni sembrano ascrivibili al passaggio dei Goti di Ataulfo, diretti in Gallia442, in altri casi443 essi appaiono piuttosto ricollegabili a quel processo di graduale trasformazione della città romana in città tardoantica determinata dalle vicissitudini storiche del periodo e dalle mutate esigenze della società. Nel caso di Albenga, parte di questi mutamenti rientrarono nel vasto programma di militarizzazione e consolidamento dei confini avviato da Onorio e messi in pratica dal suo generale plenipotenziario Flavio Costanzo. La nota epigrafe celebrativa che la città dedicò al generale in occasione dei lavori e un frammento di Rutilio Namaziano attribuiscono a Costanzo una serie di interventi, verosimilmente databili attorno al 415 d.C. e finalizzati alla trasformazione del centro in avamposto militare. Tra questi, in cui si annoverano la risistemazione del foro, delle porte della città e del porto commerciale, l’unica operazione effettivamente documentata dal dato

439 Scavo Vaccari. 440 Scavo Ospedale. 441 Edificio “Standa”.

442 Area delle terme, scavo Vaccari, Scavo Standa GANDOLFI- MASSABÓ 2007, pp. 465-466. 443 Scavo Ospedale, aree della chiesa di San Carlo, Santa Maria in fontibus, San Teodoro.

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archeologico è la ricostruzione delle mura cittadine che racchiusero nuovamente

Albingaunum entro i limiti della città tardorepubblicana. Ma il V secolo, segnò un

momento di riorganizzazione e di riassetto radicale della città con altri interventi oltre a quelli ricordati dalle fonti messi puntualmente in evidenza dalla ricerca archeologica: alcune delle strutture pubbliche, divenute inutili e cadute in disuso, furono impiegate o come aree funerarie444 o come cave di materiale edilizio445, altre, vennero risistemate mutandone la destinazione originaria446. Infine anche ad Albenga si vide comparire

uno dei tratti più caratteristici della città tardoantica: lo strutturarsi di una topografia cristiana.

L’assenza di qualsiasi riferimento ad edifici di carattere religioso nell’epigrafe di Costanzo – archeologicamente documentati proprio negli anni della fortificazione della città447 – non dovrebbe stupire in ragione dal carattere civile e celebrativo del documento e dell’effettiva distinzione ancora in essere tra le prerogative del potere civile e quelle del potere religioso.

Tra la prima metà e la metà del V secolo d.C. ad Albingaunum si assiste, infatti, alla nascita dell’insula episcopalis: in un’area centrale all’interno delle mura di Costanzo sorsero la cattedrale a tre navate, il battistero a pianta centrale e la residenza del vescovo, di cui non è nota la collocazione, ma che la legislazione ecclesiastica prescriveva vicino alla cattedrale. Se l’orientamento degli edifici (N-S) seguì quello della città, che nella ristrutturazione in corso si mantenne invariato rispetto all’epoca romana, poco chiara risulta la loro collocazione rispetto al foro della città ipotizzato dal Lamboglia all’incrocio tra via delle Medaglie d’Oro e via Bernardo Ricci – cardo massimo e presunto decumano massimo della città – ma del quale manca ogni riferimento archeologico. In ogni caso, sia che gli edifici ecclesiastici fossero sorti nei pressi del foro, sia che essi si collocassero in un’altra area centrale della città, sembra verosimile che i membri della gerarchia ecclesiastica avessero approfittato della risistemazione in corso per posizionare i propri centri di rappresentanza448.

444 Anfiteatro, edificio “Standa”. 445 Edifici funerari romani. 446 Santa Maria in fontibus.

447 Sul rapporto tra chiesa e città vedere CHAVARRIA ARNAU 2009, pp. 123-153; CANTINO

WATAGHIN 2007.

448 “L’inserimento di complessi episcopali nelle aree centrali dei nuclei urbani si colloca in un momento

cronologico avanzato, a partire dal V secolo, quando l’abbandono di alcuni edifici pubblici ne facilitò la localizzazione in settori preminenti della città” CHAVARRIA ARNAU 2009, p. 129.

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Spesso si è attribuita l’erezione del nucleo episcopale della città agli anni dell’episcopato di Quintius, il primo vescovo di Albenga attestato dalle fonti letterarie che partecipò, nel 451 d.C., al sinodo milanese di Eusebio contro l’eresia eutichiana.

Tuttavia, come l’archeologia cristiana insegna, non sempre la mancanza o la tardiva comparsa di riferimenti letterari di una presenza episcopale sul territorio è sinonimo della sua inesistenza e, per Albenga, considerate le cronologie del nucleo episcopale, sembra doveroso lasciare per il momento la questione in sospeso449. In questo senso,

non bisogna dimenticare che la cristianizzazione e la strutturazione di una rete diocesana in Liguria, generalmente ritenuta tarda, è ancora un problema in parte aperto, come d’altronde evidenzia la fondazione della diocesi di Genova nel 381450.

In ogni caso, per il V secolo, si può immaginare per Albenga una situazione simile a quella riscontrata in altri centri italici, in cui le strutture ecclesiastiche divennero un punto di riferimento essenziale per la comunità cittadina influenzando il tempo e lo spazio della vita quotidiana dei fedeli a tal punto da divenirne il principale animatore451. Per questo periodo, l’epigrafia restituisce importanti testimonianze circa la presenza di una gerarchia ecclesiastica articolata, tra cui la menzione dell’ep(iscopu)s [Be]nedic[tus]452 e quella del diacono Giusto (+ Iustus Diaconus)453.

La graduale crescita del potere secolare della Chiesa e della sua ricchezza economica indusse i vescovi a manifestare questa nuova condizione, principalmente nelle dimensioni e nella sontuosità delle chiese, ma anche nel dominio dello spazio urbano e suburbano. Ad Albenga questi interventi sono entrambi ben documentati