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ALBENGA ROMANA E TARDOANTICA: PREMESSE TOPOGRAFICHE PER LA STRUTTURAZIONE ECCLESIASTICA

2.1. Il contesto ambientale

2.2.2. L’età imperiale e la nuova spinta edilizia

2.2.2.1. Le terme pubbliche

Vicino all’antico porto, di cui abbiamo visto essere scomparsa ogni traccia, ma del quale si può percepire l’antica collocazione, sorse un grande impianto termale pubblico costruito tra la fine del I secolo d.C. e il principio del III secolo d.C.254

Rispetto agli altri edifici di età imperiale, si ritiene di dover effettuare un’analisi più dettagliata del complesso, al fine di poter meglio comprendere la struttura ecclesiastica che in epoca tardoantica sorgerà sui suoi resti e che, di fatto costituisce uno dei principali obiettivi di questa tesi. La porzione dell’edificio emersa ed indagata si estende su un’area di almeno 2000 mq, lungo un asse est-ovest di circa 60 metri in parallelo al corso attuale del fiume. Rivolto verso la città antica, l’ingresso delle terme era verosimilmente collocato sul lato nord dell’impianto, dove si sviluppava una scalinata in pietra larga circa 30 metri, forse delimitata da un colonnato. Superata la scalinata, l’ambiente successivo era costituito da un vasto spazio aperto, pavimentato in battuto di malta che costituiva probabilmente la palestra dalla quale era possibile accedere direttamente alla natatio e al frigidarium. A est dell’area di accesso un lungo muro scandito da lesene, ora non più distinguibile all’interno dell’alveo, ma documentato dai rilievi del De Marchi al principio del ‘900, delimitava uno spazio rettangolare assimilabile a un cortile, un giardino o a un’altra palestra in cui era probabilmente collocata la statua virile stante in hüftmantel qui rinvenuta nel 1910 ed esposta oggi nella Sala dei Consoli del Palazzo Vecchio del Comune (fig. 36)255.

253 Per esempio il recinto funerario II della necropoli settentrionale MASSABÒ 2004 a, pp. 149-150;

sul monumento II della necropoli vedere MASSABÒ 2004a, pp. 169-170; una datazione più tarda, intorno al III secolo d.C. era stata inizialmente supposta dal Lamboglia: LAMBOGLIA 1934d, pp. 56- 57.

254 LAMBOGLIA 1933b, p. 118, nn. 9-10; LAMBOGLIA 1934d, pp. 57-66; LAMBOGLIA 1936;

LAMBOGLIA 1947b; LAMBOGLIA 1952a; GROSSO 1955; MASSABÒ 1997-1998, pp. 208-216; MASSABÒ 2002 a, pp. 8-11; MASSABÒ 2002b; MASSABÒ 2002c; MASSABÒ 2003; MASSABÒ 2004 a, pp. 98-117, con bibliografia aggiuntiva; MASSABÒ 2006; MASSABÒ 2007, pp. 485-497.

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Non è invece del tutto chiara la funzione dei tre vani quadrangolari allineati lungo il lato orientale della presunta palestra, forse da riferire a diverse fasi edilizie del complesso (fig. 35.2-3). Di questi, i due ambienti comunicanti, posti più a nord presentano una pavimentazione in battuto di malta e si potrebbero forse interpretare come uno spogliatoio (apodyterium) con il relativo atrio, che si affacciava sulla scalinata di accesso delle terme.

Fig. 35. Albenga. Scavi di San Clemente. Edificio termale. In rosso le murature delle terme; in rosa le strutture di fondazione venute alla luce sotto la pavimentazione della presunta palestra (fonte: MASSABÒ 2007, p. 492, fig. 6).

96 Il terzo ambiente, quello meridionale, collegato direttamente con il frigidarium (fig. 35.6) e aperto sulla palestra (fig. 35.1) con una grande porta a stipiti in pietra, doveva costituire l’accesso alle terme per i frequentatori della palestra256. Non è possibile determinare se tra il presunto

apodyterium e l’aula d’accesso al frigidarium vi fosse un passaggio257. Ognuno dei tre ambienti immetteva comunque in uno o più zone retrostanti di servizio attigui ai calidaria (fig. 35.8-10) e all’ambiente con piscina riscaldata (fig. 35.13), di cui non è per il momento possibile definire la planimetria e i legami con le strutture circostanti258.

La natatio (figg- 35.5; 36), interamente rivestita in cocciopesto, era caratterizzata da una pianta rettangolare con abside disposta sull’unico lato breve indagato

(lungo 12 metri circa) e da gradini angolari a quarto di cerchi. È molto probabile che, per simmetria, un’abside si trovasse anche sul lato opposto della vasca259, ora sepolto

sotto l’argine destro del fiume.

Il frigidarium coperto (fig. 35.6), con vasche laterali (pediluvi?), è riconoscibile per la sua contiguità alla natatio e per l’assenza degli ipocausti. Costituito da un ampio ambiente rettangolare (14x10 metri circa) i cui lati lunghi erano movimentati da un’alternanza di rientranze quadrangolari e semicircolari, l’ambiente terminava a ovest

256 MASSABÒ 2004a, p. 99.

257 ARSLAN in MARCENARO 2007, p. 940; in questo senso è importante riportare che alcuni di questi

ambienti come l’apodyterium, il frigidarium e un piccolo ambiente oblungo posizionato a nord-ovest del presunto giardino o cortile, hanno rivelato una “sotto pavimentazione in tegole smarginate, simile a quella usata negli ipocausti, che sembrerebbe tradire un’originaria predisposizione come ambienti riscaldati” MASSABÒ 2004a, p. 99.

258 Ad esso si sovrappone longitudinalmente il corpo della basilica di San Clemente. 259 MASSABÒ 2007, p. 493.

Fig. 36. Albenga. Palazzo Vecchio del Comune, sala dei Consoli. Torso di statua virile in marmo rinvenuto nell'area delle terme di Albingaunum e datato al I secolo d.C. (fonte: MASSABÒ 2004a, p. 70, fig. 7).

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con un’abside in cui venne ricavata una vasca munita di quattro scalini. Sia il pavimento che le pareti del frigidarium erano in origine ricoperti con lastre rettangolari di marmo, rispettivamente bianco e verde di cui oggi non rimangono260, dopo lo spoglio subentrato all’abbandono, che pochi frammenti assieme alle impronte di alloggiamento sulla preparazione in cocciopesto del pavimento e alle grappe in bronzo sulle pareti.

Al di sotto della pavimentazione, il vano era attraversato trasversalmente da una canalizzazione voltata che convogliava all’esterno l’acqua di scarico delle vasche e della vicina natatio (fig. 35.5-6). Dal lato breve orientale del frigidarium, opposto alla parete absidata, si accedeva ad una serie di vani che la presenza di suspensurae su pilastrini cilindrici in laterizi permettono di identificare come calidaria (fig. 35.8-10), sia estivi che invernali, preceduti da un tepidarium (? Fig. 35.7) dalle dimensioni più estese. L’esposizione a sud degli ambienti caldi ne favoriva il riscaldamento, riducendo i consumi di combustibile, mentre l’allineamento tra loro porta a supporre una temperatura dei vani crescente, in progressione, dal frigidarium261.

260 ARSLAN in MARCENARO 2007, p. 940. 261 ARSLAN in MARCENARO 2007, p. 940.

Fig. 36. Albenga. Scavi di San Clemente. Natatio delle terme pubbliche (fonte MASSABÒ 2004a, p. 104, fig. 6).

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Nella parte terminale dell’ultimo ambiente è venuto alla luce l’unico preafurnium (fig. 35.16) per ora individuato delle terme. Uno dei vani di modeste dimensioni collocati leggermente più a nord rispetto ai calidaria (fig. 35.12) venne dotato di un pavimento a mosaico con un motivo geometrico che alterna quadrati bianchi di piccole e medie dimensioni a rettangoli neri (fig. 37).

Un vestibolo quadrato posto a lato dell’ambiente con mosaico (fig. 35.11) doveva permettere l’accesso ad un grande vano rettangolare (circa 18x10 metri) che si strutturava trasversalmente rispetto all’asse figidarium-calidaria e si inseriva nel vasto giardino o cortile prospiciente la scalinata (fig. 35.13). Questo spazio, caratterizzato dalla presenza di ipocausti in muratura, è stato interpretato come frigidarium invernale con natatio – che nelle sue forme doveva risultare speculare a quella posizionata ad ovest262 – usufruibile anche nella stagione invernale263. Questa interpretazione è

262 GUYON in MARCENARO 2007, p. 944. 263 ARSLAN in MARCENARO 2007, p. 940.

Fig. 37. Albenga. Scavi di San Clemente. Ambiente termale pavimentato a mosaico (fonte: MASSABÒ 2007, p. 494, fig. 8).

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supportata dal fatto che all’interno dell’ambiente – per ora esplorato solo nella sua parte settentrionale e per brevi tratti in quella meridionale in quanto coperto dal piano pavimentale della chiesa di San Clemente – gli ipocausti vennero realizzati in muratura anziché su pilastrini in laterizi264.

264 “Le suspensurae erano formate in lastre di arenaria foderate da uno strato di calcestruzzo, poggianti

su muretti anziché sui consueti pilastrini in laterizio, così da ricavare veri e propri corridoi sotterranei all’interno dei quali circolava l’acqua calda” MASSABÒ 2004a, p. 104; vedere anche MASSABÒ 2007, p. 494.

Fig. 38. Albenga. Scavi di San Clemente. Ambiente termale con piscina riscaldata absidata, di cui si riconoscono le fondazioni in laterizi. Lungo i margini del vano si riconoscono, a sinistra, le feritoie attraverso cui l’aria calda riscaldava le pareti (fonte: MASSABÒ 2007, p. 495, fig. 9).

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Un accorgimento strutturale di questo tipo avrebbe dunque permesso di attribuire maggiore robustezza all’ambiente che doveva essere adibito alla portata di carichi particolarmente pesanti quali la grande piscina riscaldata. Quest’ultima è oggi riconoscibile attraverso i labili resti delle fondazioni in laterizi di una struttura absidata (fig. 38). A conclusione della prima campagna di scavo, per la sua ubicazione prossimale alla vasca battesimale affiorata e per la tecnica costruttiva, la grande abside era stata interpretata come parte delle strutture del complesso di culto paleocristiano che si impostò sulle strutture termali tra la fine del V e il principio del secolo successivo265.

Oggi, grazie a mirate indagini condotte sulle murature, è stato possibile dimostrare la contemporaneità della sua realizzazione a quella delle terme266.

Nello spazio che separa il frigidarium dalla natatio, sotto la pavimentazione della presunta palestra, sono state individuate una serie di strutture di fondazione in

265 MASSABÒ 2004a, p. 112; nel 2007 questa interpretazione viene revisionata: MASSABÒ 2007, p.

496; GUYON in MARCENARO 2007, p. 944.

266 MASSABÒ 2007, p. 496, in particolare nota 8.

Fig. 39. Albenga. Scavi di San Clemente. Ambiente termale (piscina?) venuto alla luce sotto il pavimento della presunta palestra (fonte: MASSABÒ 2007, p. 496, fig. 10).

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calcestruzzo che pur seguendo l’orientamento dei vani termali, si articolano diversamente (fig. 35.1; 39). Dalle risultanze archeologiche emerge dunque che di queste murature solo una parte venne utilizzata per l’effettiva realizzazione del

balenum, mentre le restanti fondazioni furono sigillate dalla pavimentazione in battuto

di cui sono stati riconosciuti tre strati sovrapposti che corrispondono ad altrettanti fasi costruttive267. Di fatto, l’obliterazione delle murature potrebbe essere dovuta o a una diversa progettazione delle terme, probabilmente più estesa e articolata, ma mai portata a termine nella sua completezza268, oppure a dei mutamenti che si resero necessari in

corso d’opera e che non permisero di concludere i lavori seguendo il progetto iniziale. Dal punto di vista della tecnica edilizia, l’edificio termale è interamente realizzato in opera mista con paramenti formati da filari orizzontali di blocchetti squadrati in pietra (petit appareil) alternati da ricorsi in laterizi. Solo in alcuni punti sono stati individuati grossi blocchi squadrati in pietra inseriti nella muratura, mentre i laterizi vennero utilizzati per rinforzare gli angoli269.

Al momento non si dispone di molti elementi per poter definire con precisione le varie fasi del balenum e i problemi connessi alla praticabilità del sito non permettono, per ora, di proseguire le indagini o di raccogliere informazioni più dettagliate. Basandosi sulla scarsa documentazione stratigrafica in nostro possesso – fortemente deturpata dagli sbancamenti effettuati nel corso dei lavori di arginamento del fiume al principio del XX secolo che videro l’utilizzo di dinamite – e da altri elementi come la tecnica muraria (petit appareil) e la tipologia dell’unico mosaico venuto alla luce (fig. 37)270, è possibile inquadrare la costruzione delle terme tra il I secolo d.C. e gli inizi del III secolo. Una serie di elementi – epigrafici e archeologici – sembrerebbero propendere per una datazione tarda dell’edificio, come il limitato saggio di scavo effettuato al di sotto della pavimentazione della presunta palestra che sembra datare la fase in cui quest’ultima venne realizzata tra la fine del II e il principio del III secolo d.C.271. Alla medesima fase paiono inoltre riferirsi due epigrafi, una delle quali

267 MASSABÒ 2004a, p. 105; MASSABÒ 2007, pp. 496-497 268 MASSABÒ 2004a, p. 105; MASSABÒ 2007, pp. 496-497. 269 MASSABÒ 2004a, p. 105.

270 Sulla tecnica muraria e sul mosaico, che presenta uno schema geometrico collocabile tra il I e il II

secolo d.C., ma documentato anche agli inizi del III secolo d.C. vedere MASSABÒ 2007, p. 497, in particolare nota 9.

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dispersa già nel XVI secolo, entrambe provenienti dal non lontano complesso di San Calocero (fig. 44). Il primo frammento, oggi scomparso, accenna ad un balenum pubblico iniziato alla fine del II secolo d.C. dal proconsole d’Africa, M. Valerio Braudanio Maurico272 e continuato da Q. Virio Egnazio che durante il regno di Caracalla ricoprì importanti cariche a Roma273. Il frammento di una seconda epigrafe,

datata tra il pieno II secolo e l’inizio del III secolo e conservata oggi nel lapidario di Albenga, riporta invece informazioni circa alcune opere idrauliche di captazione di acqua da un fiume, verosimilmente il Centa274. Purtroppo la limitatezza delle indagini

non permette di definire la tipologia del complesso275. Allo stesso modo, risulta di complicata risoluzione il quesito circa le ragioni e l’epoca di abbandono del complesso che i dati stratigrafici sembrano porre in concomitanza alla costruzione della chiesa tra la fine del V e l’inizio del VI secolo276. In ogni caso, dopo essere caduto in disuso,

l’edificio venne progressivamente smantellato come sembrano dimostrare la quasi totale assenza di strati di macerie e la totale dispersione dell’apparato decorativo277. Il

materiale, sarebbe successivamente stato reimpiegato nelle strutture della chiesa tardoantica e medievale successiva. L’edificio termale trova ad Albenga una collocazione particolarmente funzionale per ovviare ai problemi legati agli edifici pubblici con alta frequenza di utenti. La sua posizione marginale, ma non completamente esterna alla città, oltre a facilitare il processo di afflusso e di deflusso dei frequentatori delle terme, avrebbe inoltre permesso al nuovo quartiere in forte espansione di Albingaunum di disporre di un impianto termale autonomo, in aggiunta a quelli che dovevano già essere presenti sul suolo urbano. Sebbene non ve ne sia stata ancora rinvenuta traccia certa nel nucleo cittadino, è infatti altamente probabile che la città disponesse di più impianti termali pubblici soprattutto se si tiene presente che la

272 MASSABÒ 2004a, pp. 105-106; ad Albenga è conservata un’altra epigrafe che riporta il nome di M.

Valerio Braduanio Maurico, console che ricoprì incarichi importanti a Roma sotto il regno di Settimio Severo e di Caracalla: MENNELLA 1988, n. 6, pp. 257-258; per bibliografia sull’epigrafe vedere MASSABÒ 2004a, p. 71 in particolare nota 34.

273 CIL, V 7783; sull’epigrafe LAMBOGLIA 1934d, pp. 57-59; MASSABÒ 2004a, p. 71; pp. 105-106;

p. 157.

274 LAMBOGLIA 1934b, pp. 123-124; MENNELLA 1988, n. 13, pp. 264-265; MASSABÒ 2004a, pp.

68-69; pp.105-106; p. 157 con bibliografia aggiornata.

275 ARSLAN in MARCENARO 2007, p. 940; sulle proposte di ricostruzione vedere MASSABÒ 2004a,

pp. 106-107.

276 MASSABÒ 2002a, p. 20; MASSABÒ 2003, p. 191; MASSABÒ 2004a, p. 107; MASSABÒ 2007,

p. 497; ARSLAN e CANTINO WATAGHIN in MARCENARO 2007, rispettivamente a p. 941 e pp. 942-943; circa la datazione MASSABÒ 2007, p. 497.

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fondazione di Albenga dovrebbe risalire al principio del II secolo a.C. e che le terme nell’alveo del Centa si datano tra la fine del I secolo d.C. e il principio del III secolo d.C.278. Si rivela, infine, di estrema importanza la vicinanza con il porto che all’epoca della costruzione delle terme doveva trovarsi in un bacino paludoso a sud-est della città, a ridosso delle propaggini del Monte da cui traeva protezione dai venti279.

In questo senso, assumono estrema rilevanza le parole di Ermanno Arslan pronunciate nel corso del Congresso tenutosi ad Albenga nel 2007 “le terme pubbliche individuano un servizio ben preciso che, quando viene definito e finanziato, viene collocato là dove serve, a coprire le esigenze di ben precisi bacini di utenza. Quindi ad Albenga, il collegamento con il porto – luogo nel quale si muoveva un’utenza che non aveva una propria residenza vicina con bagno privato – appare altamente significativo, così come in altri casi è significativo il collegamento con l’area forense”280. Nel caso di Albenga, inoltre, l’ubicazione del balenum nei pressi del porto si conciliava con le esigenze, già citate, da un lato di rifornimento di acqua – che veniva dal vicino acquedotto – e dall’altro di offrire il servizio ad un’altra zona della città di recente formazione.

278 MASSABÒ in MARCENARO 2007, p. 943; un riferimento all’esistenza di un altro complesso

termale non lontano dal centro di Albenga potrebbe essere forse individuabile nelle strutture emerse dagli scavi in Piazza delle Erbe MASSABÒ in MARCENARO 2007, p. 943; MASSABÒ 2008.

279 MASSABÒ 2004a, p. 36.

280 ARSLAN in MARCENARO 2007, p. 937.

104 2.3. La città di Costanzo e l’epoca tardoantica

I dati archeologici ed epigrafici che abbiamo a nostra disposizione sembrano univocamente condurre ad una risistemazione urbanistica della città di Albenga nel secondo quarto del V secolo d.C. Avviato per volontà del console plenipotenziario di Onorio, Flavio Costanzo, il riassetto del nucleo urbano e di alcune aree di rilevanza strategica ad esso adiacenti – quale il porto – viene ricordato dall’ormai celeberrima epigrafe celebrativa in distici elegiaci attualmente murata nell’atrio del Palazzo Costa Del Carretto di Balestrino, sede moderna del vescovo della città (fig. 41).

La collocazione originaria dell’epigrafe non è chiara. Benché il frate domenicano Giovanni Giacomo Salomonio (1509-1572)281 nei registri il rinvenimento nei pressi di Ponte Lungo a nord della città282, il testo epigrafico suggerisce che la lapide fosse piuttosto murata in un punto rilevante della cinta muraria che oggi si propende ad

281 MASSABÒ 2004a, p. 18 con bibliografia relativa all’attività del priore del convento di Albenga

Padre Gio. Giacomo Salomonio; vedere soprattutto DE PASQUALE 1994, in particolare pp. 11, 13 e 24.

282 DE PASQUALE 1994, pp. 22-25; p. 27.

Fig. 41. Albenga. Atrio del palazzo Costa-Del Carretto. Iscrizione celebrativa del generale Costanzo Flavio (fonte: GANDOLFI-MASSABÒ 2007, p. 434, fig. 3)

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identificare con la porta principale, che si apriva sulla via Iulia Augusta verso Roma corrispondente all’attuale Porta Molino (fig. 8)283.

Successivamente, prima di essere trasferita a Palazzo Costa, la lapide venne conservata per un lungo periodo nella chiesa di Santa Maria in fontibus, murata nell’altare della cappella a destra dell’altare maggiore284.

L’epigrafe è datata al 415 d.C.285, l’anno che vide Flavio Costanzo, generale di

Onorio e futuro imperatore Costanzo III, rientrare vittorioso dalla campagna militare contro Costantino III286 condotta ad Arles, nelle Gallie, e a conclusione della quale il

console287 valicò il confine italico in compagnia della sua futura sposa di stirpe reale Galla Placidia. Pochi anni prima, nel 410, l’usurpatore Costantino III era penetrato in

Liguria attraversando le Alpi Cozie arrivando fino a Libarna con il pretesto di aiutare

Onorio contro Alarico e si era ritirato oltre il confine solo alla notizia della notizia della morte di quest’ultimo. Subito dopo (412 d.C.) le truppe visigotiche guidate dal nuovo re Ataulfo, uscirono dall’Italia probabilmente marciando lungo la costa ligure e fu forse in tale occasione che saccheggiarono Albingaunum e Albintimilium288.

La rifondazione di Albingaunum è dunque da inscrivere a pieno titolo nel quadro dell’opera di riconquista delle Gallie e di consolidamento della Pars Occidentis dell’Impero intrapresa dal futuro Augusto, in parte specificatamente legata alla militarizzazione preventiva delle aree italiche di confine, quali la Liguria di Ponente, e in parte resa necessaria dal turbolento passaggio dei Goti che aveva palesato i limiti della sicurezza interna.

Con il suo porto posizionato lungo le rotte di cabotaggio verso le Gallie e il suo vasto retroterra aperto in direzione della valle del Roia ad ovest e sulla Pianura Padana ad est, Albenga avrebbe costituito una solida base di appoggio nelle azioni militari difensive e il suo potenziamento, in qualità di centro rivierasco maggiore della regione

283 MASSABÒ 2004a, p. 88; GANDOLFI- MASSABÒ 2007, p. 434. 284 MASSABÒ 2004a, p. 88.

285 GANDOLFI- MASSABÒ 2007, p. 434.

286 L’evento venne celebrato dalle fonti letterarie latine e greche: Orosio, VII, 42; Olimpidoro, fr. 16,

FHG, IV, pp. 60-61; Sozomeno, H. E., IX, 13, PG 67, coll. 1621-1624.

287 Flavio Costanzo fu console per due volte, la prima nel 414 e la seconda nel 417 DELLA CORTE

1984, p. 24.

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avanzando verso il confine occidentale, assumeva un ruolo strategico nel clima di generale instabilità dell’area cisalpina (fig. 42)289.

Oltre al riferimento epigrafico, dell’opera di Costanzo rimane memoria anche in un frammento di un poema di Rutilio Namaziano che ricordando il suo viaggio di ritorno in nave lungo la costa da Roma alla nativa Tolosa, svoltosi nell’autunno-

inverno del 415, decanta i meriti del futuro imperatore nel campo dell’edilizia in una città di cui l’autore non riporta il nome, ma che la communis opinio identifica concordemente con Albenga290. Le numerose analogie di contenuto e di stile tra il testo della lapide ed un frammento del De reditu suo291, hanno portato diversi studiosi ad ipotizzare che Rutilio possa aver ispirato, se non composto lui stesso, l’epigrafe di Albenga292.

289 DELLA CORTE 1984. p. 24; MASSABÒ 2004a, p. 88.

290 FERRARI 1973; LAMBOGLIA 1976-1978, pp. 32-38; DELLA CORTE 1980; DELLA CORTE

1984; MASSABÒ 2004a, pp. 87-90; GANDOLFI-MASSABÒ 2007, p. 435 con bibliografia.

291 Il frammento poetico venne riscoperto nel 1973 in un codice bobbiese della Biblioteca Nazionale di

Torino FERRARI 1973; Sul poema di Rutilio Namaziano, soprattutto relativamente ai porti e agli approdi lungo la costa tirrenica vedere la recente rilettura di MOSCA 2006 con bibliografia precedente.

292 LAMBOGLIA 1976-1978, pp. 32-38; DELLA CORTE 1980; DELLA CORTE 1984; MASSABÒ

2004a, pp. 87-90; GANDOLFI-MASSABÒ 2007, pp. 434-435.

Fig. 42. Liguria antica. I simboli evidenziano: portus (1), positiones (2), fluvii (3), plagiae (4) dell'Itinerarium Maritimum (fonte: UGGERI 2004, p. 27, fig. 1).

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In entrambi i testi, le coincidenze contenutistiche riportano la vastità e la varietà degli interventi voluti da Costanzo che sembrano alludere, unitamente a impliciti riferimenti a gentesque nefandas, proprio alle distruzioni attribuite alle scorrerie dei Goti di Ataulfo di rientro dalla Sicilia.

Furono le cause congiunte del turbolento passaggio della gens Gota, che pare essere archeologicamente attestato in diverse aree del centro urbano293, e degli obbiettivi politico-militari dell’Impero, a spingere il console Costanzo a porsi come l’autentico