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Come i Goti mutarono l’Italia: i nuovi centri direzionali di Stato e Chiesa

86 CRACCO RUGGINI 2004; CRACCO RUGGINI 2007 87 PIETRI 1987, pp 354-355.

1.2.2. Come i Goti mutarono l’Italia: i nuovi centri direzionali di Stato e Chiesa

Con la dinastia di Teodosio, la politica pacifista e conciliatoria intrapresa dal sovrano nei confronti dei barbari – autorizzati all’interno dei confini in qualità di

foederati88 – ebbe degli sviluppi differenti, sebbene consequenziali nelle due parti

dell’Impero. Una delle immediate conseguenze della politica filo-barbarica fu che ben presto molti Goti si legarono senza riserve a Roma avvicinandosi all’antica aristocrazia romana nella categoria dei possessores: se lo volevano, o se ne avevano bisogno, essi potevano migliorare la propria posizione nella gerarchia romana, giocando sulla loro alta posizione tra i barbari e viceversa. E dal momento che nell’esercito le possibilità di carriera si basavano sulle capacità personali e sul favore imperiale e data l’esclusione dei senatori dai comandi militari, l’influsso dei Germani sulla politica interna romana non tardò a manifestarsi. Dopo la morte di Teodosio, pare che nessuna delle parti contraenti avesse intenzione di mantenere le alleanze e ben presto i rapporti compromessi tra foederati e romani si tramutarono nell’aperto conflitto che, nonostante gli sforzi di Stilicone, sconvolse il regno di Onorio89.

Lo scenario bellico spostatosi in Occidente, vide passare in primo piano l’interminabile lotta di potere e di ruolo di cui il dux dei Goti Alarico e il tutore di Onorio, Stilicone furono i protagonisti.

Al principio del IV secolo, i Visigoti di Alarico, insoddisfatti dei rapporti diplomatici che si erano instaurati con i governi imperiali, entrarono in Italia e sotto la determinata direzione del loro comandante si spinsero fino ad Aquileia90..

In seguito i Goti assediarono, conquistarono e devastarono numerosi città dell’aperta Pianura Padana per giungere, infine, nei pressi di Milano. Nonostante il buon esito delle operazioni militari condotte da Stilicone, lo shok suscitato dalla

88 1) A nord delle diocesi di Dacia e Tracia (tra il Danubio e i Balcani) i Goti ottennero terra

d’insediamento, come proprietà esente da tasse; 2) La terra così assegnata restava, è vero, sotto la sovranità romana, ma i Goti avevano posizione di autonomia; 3) I Goti divennero membri dell’impero, ma non ottennero il connubium; 4) I federati Goti si impegnarono ad aiutare militarmente Roma; 5) In battaglia, i Goti dovevano considerarsi al servizio dei Romani, ma seguivano gli ordini dei loro capi; È, inoltre, probabile che il governo imperiale si sia riservato la possibilità di sottoporre i contingenti Goti ai comandi supremi dell’esercito regolare; WOLFRAM 1985, pp. 232-234.

89 Per approfondimenti MAZZOLANI 1981; WOLFRAM 1985.

90 Gerolamo, In Rufinum, III, 21 v si riferisce che Aquileia fu assediata, ma non che fu presa;

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presenza dei barbari davanti alla capitale e la previsione di una loro avanzata verso Roma, indussero Onorio a trasferire la corte imperiale a Ravenna all’inizio del 402.

Da questa capitale “di sicurezza”, l’Imperatore avrebbe potuto raggiungere agilmente il porto militare di Classe, uno sbocco sicuro verso la solidità governativa della reggenza orientale e un comodo approdo per le navi annonarie che provvedevano al vettovagliamento del folto seguito di dignitari, di burocrati di Stato e di alti ufficiali al comando delle truppe palatine concentratosi entro le mura ravennati.

Ultima capitale del regno d’Occidente, Ravenna fu – soprattutto sotto la reggenza di Galla Placidia, sorella di 0Onorio – uno dei centri culturali ed artistici più vivi di tutto l’impero tardoantico, prospettando un precedente importante sia per il governo di Teoderico (493-526), sia per la successiva impresa di Giustiniano.

Gli anni iniziali del V secolo vide l’espandersi della minaccia barbarica nella regione nord-occidentale della penisola che mise a dura prova le forze e al contempo la credibilità dell’esercito romano di fronte alla classe dirigenziale romana, la quale non riponeva più alcuna fiducia nel vandalo Stilicone; ma alla fine del IV secolo i politici romani non potessero avere nessun interesse ad annientare le truppe dei federati membri dell’Impero o, in ogni caso, non avrebbero avuto possibilità di scelta: Stilicone non poteva permettersi di rinunciare ai Goti di Alarico, ovvero i barbari più romanizzati del suo tempo91.

Sul suolo peninsulare, memorabili furono le battaglie di Hasta (Asti), sul Tanaro; quella, immediatamente successiva di Pollentia (Pollenzo)92 combattuta il giorno di Pasqua del 40293; e, infine lo scontro avvenuto a Verona nel 403. L’intensa opera di proselitismo antibarbarico proveniente da Oriente, fomentata dalla drammatica

91 Claudiano, De VI Consulatu Honorii, vv. 127-29, afferma che Alarico avrebbe avuta salva la vita per

motivi di “ragion di stato”.

92 Claudiano, De Bello Gothico, vv. 549.

93 L’episodio è ricordato in Orosio VII, 37, 2, ripreso in Paul. Diacon., Hist. Rom. XII, 13; Sulla battaglia

di Pollenzo vd. Claudiano, Bell. Pollent., vv. 635-647 = Fontes n. 1524; la battaglia è celebrata da molti contemporanei come un grande successo di Stilicone: Claudiano, De sexto cons. Honor. Aug., vv. 281- 290 = Fontes n. 575; Prudenzio, Cont. Symm., II, vv. 718 -720 = Fontes n. 1523; Claudiano, De sexto cons. Honor. Aug., vv. 127-131 = Fontes n. 1525; Claudiano, De sexto cons. Honor. Aug., vv. 201-203 = Fontes n. 1526; in altre fonti invece l’esito è incerto: Addit. ad Prosper. Haun. (a. 402) = Fontes n. 106; Prospero da Tiro Aquit., Epit. chron. (a. 402) = Fontes n. 1531; o, addirittura, favorevole ai Visigoti: Giordane, Get., XXX 154 = n. 146; Orosio, VII 37, 2 = Fontes n. 1528; Cassiodoro, Chron. (a. 402) = Fontes n. 1532; Paolo Diacono, Hist., XII 13 = Fontes n. 1538.

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situazione militare italica, si insinuò tra gli alti posti della corte di Onorio e sfociò, qualche anno più tardi, nell’eliminazione dello stesso Stilicone94.

Gli ultimi anni di vita del generale furono segnati dall’irrimediabile compromissione del suo ruolo nei confronti dello Stato che le continue vittorie riportate contro gli invasori non servirono ad attenuare.

L’irrompere entro il limes renano, di Vandali, Alani e Svevi, nell’inverno del 406, e il distacco dell’isola britannica, indussero il generale a stringere frettolosi accordi con i re dei barbari delle popolazioni che minacciavano direttamente l’Italia e ad assoldare gli invasori come ausiliari.

Ormai la corte di Ravenna guardava con rispetto Costantinopoli che era riuscita, con fermezza, ad estromettere i barbari dai comandi95. Pochi mesi dopo che l’Oriente aveva pianto la morte dell’Imperatore Arcadio, il fidato generale di Teodosio, liberatore di Milano e Roma dall’incubo delle devastazioni, fu arrestato e decapitato, insieme alla moglie Serena e ai figli; era il 23 agosto del 408. La sorella dell’Imperatore Onorio, Galla Placidia, emerse allora al centro della sua epoca.

A partire da questo momento cominciò a prendere forma una tendenza nuova che si definirà con linee più nette con l’avanzare del V secolo e che vide il settore nord- occidentale a sud del Po incrementare la propria importanza, non solo in qualità di zona di transito, ma anche in funzione di area di arroccamento militare. Il nuovo asse Milano-Roma-Africa che si sostituì a quello Costantinopoli-Occidente, pare emerge sul finire del IV secolo, all’incirca da quando dalle coste della Toscana salparono, alla volta dell’Africa, i contingenti militari al servizio di Roma volti a sedare la rivolta amministrata dal magister utriusque militae per Africam Gildone. In seguito alla missione contro il generale mauro, le tensioni con l’area africana si strutturarono attorno ad una serie di screzi in cui le venature religiose difficilmente riescono ad essere scisse da quelle di stampo meramente politico. Al contempo sembra quasi che la rinnovata coesione tra le forze da tempo avverse in Italia – dirigenza palatina

94 MAZZOLANI 1981, p. 81; WOLFRAM 1985, pp. 260-261.

95 Zosimo, V, 26; Socrates, Hist. Eccl., VIII, 25; Sozomeno, Hist. Eccl., IX, 4; MAZZOLANI 1981, pp.

66-90; LE GLAY-VOISIN-LE BOHEC 2002, pp. 516-517; Le accuse contro Silicone sono formulate chiaramente in una delle leggi che condannarono la sua morte e che compaiono in S. Girolamo e in Rutilio Namaziano: Girolamo, Commentariorum in Isaiam Prophetam, PL XXIV, 392; Rutilio Namaziano, De reditu, II, 52, 6; infine anche Orosio, 7, 38,1 lo definisce perfidae et dolosae gentis genere editus.

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milanese e nobiltà senatoria pagana e cristiana a Roma – fosse altresì derivata dall’inasprirsi dei legami tra la Pars Occidentis e Costantinopoli, quando, all’epoca di Stilicone, il clero di Milano e quello di Roma e la nobiltà e la dirigenza militare e civile passarono entrambe a Ravenna. Il nesso trasversale insisteva ormai soprattutto sul settore tirrenico, collegando la Liguria con la Tuscia, Roma e la provincia d’Africa dalla quale il settore italico non poteva più prescindere96. Ugualmente è interessante osservare come lungo quest’asse, che registra tracce materiali della presenza di ricchi latifondisti, di traffici a largo raggio e di pericoli legati al transito di eserciti in marcia, si susseguano diversi episodi prodigiosi della Vita Ambrosii di Paolino operati, in vita e post mortem, dal vescovo milanese97.

La morte del migliore difensore dell’Occidente romano, Stilicone provocò una serie di conseguenze che attivarono ulteriormente tali percorsi. L’Italia, dopo il 408, fu di fatto abbandonata alla mercé di Alarico che nel vano tentativo di giungere a compromessi durevoli con la corte ravennate fu infine indotto dai temporeggiamenti di Onorio a penetrare in Roma nell’agosto del 410. Dopo tre giorni d’assedio Alarico si diresse infine verso il sud Italia e l’Africa portando con sé come ostaggio Galla Placidia, la sorella dell’imperatore Onorio. Tuttavia, la situazione non ebbe i risvolti previsti e dopo la morte di Alarico, i Goti che rispondevano ora a suo cognato Ataulfo iniziarono la ritirata verso le Gallie.

I Goti percorsero a ritroso la via Domitia lungo le coste del mar Tirreno e poi, presumibilmente, la via Iulia Augusta, attraverso la quale giunsero in Gallia nel 41298. In questa occasione le truppe visigotiche saccheggiarono, secondo la tradizione,

Albingaunum e Albintimilium. Per un breve periodo, la sorella dell’imperatore, Galla

ricoprì il ruolo di regina dei Visigoti, dopo essere andata in sposa, presumibilmente nel 414, ad Ataulfo, il quale venne però assassinato l’anno successivo. Alla corte di Ravenna, intanto, l’inettitudine del governo di Onorio in Occidente fece passare in primo piano la figura del capace generale Flavio Costanzo, il quale vinse l’usurpatore Costantino III in Gallia e sposò la principessa vedova di Ataulfo. Non sappiamo se prima o dopo la spedizione di Costanzo nelle Gallie, che si concluse nel 413 –

96 CRACCO RUGGINI 2007, p. 75. 97 CRACCO RUGGINI 2007, pp. 75-76.

98 Non si sa con certezza se gli uomini di Ataulfo costeggiarono la riviera o penetrarono in Gallia dal

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presumibilmente in seguito – Costanzo, di passaggio dalla Liguria, restaurò le mura e gli edifici pubblici la città di Albingaunum, per poi ripiegare verso Ravenna dove Onorio gli concesse in moglie la sorella. Nell’arco di due anni, dal 417 al 418, grazie al valente impego di Costanzo, il potere di Onorio appariva consolidato in tutta la pars

Occidentis, che sottostava ora alle linee moderate della politica del generale, ispirata a

quella dei suoi predecessori Teodosio e Stilicone. Nel febbraio del 421 Costanzo fu persino nominato Augusto accanto ad Onorio con il nome di Costanzo III, ma si spense pochi mesi più tardi, prima di ottenere il riconoscimento della propria reggenza da parte della corte di Costantinopoli.

A partire dagli anni del trasferimento di Onorio, l’evoluzione urbanistica e il moltiplicarsi degli edifici di culto a Ravenna furono il riflesso del nuovo ruolo politico (e cristiano) ricoperto dalla città: la monumentalità e la ricchezza degli edifici furono l’incontrovertibile segno di una notevole disponibilità economica di una Chiesa riqualificata, nonché della volontà di evergetismo cultuale da parte delle alte sfere della corte. I primi edifici cristiani della città che trovano spazio all’interno e a ridosso della cinta muraria furono il nucleo episcopale e il suo battistero, edificati tra la fine del IV secolo e l’inizio del V per iniziativa del vescovo Orso. Sulla superficie urbana della nuova sedes regia si collocò, tra la cattedrale e il palazzo imperiale, la basilica

Apostolorum, grazie alla committenza dell’Imperatore Onorio e del vescovo Neone

(449-452). Furono poi la reggenza di Galla Placidia e il regno di Valentiniano III ad impreziosire lo spazio urbano con le architetture composite della Basilica di San Giovanni Evangelista (426-434)99 e dalla chiesa cruciforme della Santa Croce100 che compendiavano nelle loro forme e decorazione le tendenze, dichiaratamente ortodosse, dei loro realizzatori, ponendosi in aperta polemica contro l’eresia ariana101. L’intera

teologia racchiusa nei mosaici di Ravenna riaffermò la sostanza divina del Figlio secondo i principi contenuti nel dogma di Nicea, confermati a Efeso nel 431 e a Calcedonia nel 451. Nelle loro fatture i grandi edifici sacri della Basilica Ursiana, del

99 Sugli eventi che indussero l’imperatrice ad erigere la chiesa dedicata a San Giovanni Battista

MAZZOLANI 1981, pp. 423-437.

100 Alle due estremità del corpo trasversale che precedeva la chiesa della Santa Croce si trovano due

edifici, anch’essi cruciformi, con funzione funeraria: Santi Nazario e Celso (cosiddetto mausoleo di Galla Placidia) e san Zaccaria; CHAVARRIA ARNAU 2016, p. 139; Galla fece erigere un’altra chiesa a pianta cruciforme dedicata a San Zaccaria, il padre del Battista MAZZOLANI 1981, p. 380.

101 Sull’opera edilizia e artistica di Galla Placidia in funzione del suo credo niceno MAZZOLANI 1981,

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Battistero degli Ortodossi e del Mausoleo di Galla Placidia si collocano nella tradizione italica evidentemente influenzate dalle chiese milanesi a pianta centrale102.

Durante la reggenza di Galla Placidia e il pontificato di Sisto III (432-440) anche Roma venne dotata di nuovi, imponenti, edifici ecclesiastici103. Tra questi la maestosa costruzione di Santa Maria Maggiore – una delle più eloquenti testimonianze del sistema di idee del Credo niceno e della dottrina trinitaria – e San Giovanni Fuori le Mura nella quale, attraverso l’iscrizione incisa sul suo arco trionfale, Galla espresse tutto il proprio consenso a papa Leone Magno, ben al di fuori della sfera dell’attività edilizia104. Nel corso del V secolo venne edificata la chiesa di S. Agata Maggiore, mentre tra il 460 e il 476, nel momento dell’apice della fragilità delle istituzioni imperiali, sorse, nelle vicinanze del Foro civile la chiesa di Santa Agnese105.

Mentre Ravenna si costellava delle nuove, monumentali architetture, rappresentative dello status preminente che la Chiesa aveva acquisito, l’Occidente si frammentava a vantaggio delle popolazioni barbariche pronte ad ereditarne i resti. Di fonte alla grave situazione geopolitica in cui si trovarono ben presto alcune delle più importanti province occidentali, a nulla poté l’esperta azione del generale Ezio, il quale dirigeva le scelte di politica marziale nell’amministrazione di fatto dei confini dell’impero.

Per quasi tutto il V secolo i destini delle due parti dell’Impero presero direzioni opposte e i rapporti diretti tra Bisanzio e l’Occidente si andarono poco a poco allentando, pur continuando a sopravvivere lungo le rotte adriatiche e gli itinerari terrestri che attraversavano i Balcani106. In questo senso erano le rotte percorse dalle navi annonarie, strutturare attorno alla domanda delle città capitali, ad assicurare la sopravvivenza dei collegamenti tra Africa, Italia, Egitto ed Asia Minore la cui

102 Il modello della pianta cruciforme delle basiliche si irradia nel Norditalia controllato da Ambrogio

alla fine del IV secolo in tutte le aree di sua influenza: sacra triumphalis…imago, cioè “segno della sacra vittoria di Cristo, delineato in forma trionfale sul terreno” CIL, V, 2; CRACCO RUGGINI 1998, p. 873 in particolare nota n. 43.

103 Nel secondo e nel terzo quarto del V secolo sorsero a Roma le chiese di San Saba all’Aventino,

Santissimi Giovanni e Paolo sul Celio, il Battistero Lateranense e gli edifici di Santa Croce in Gerusalemme e San Paolo Fuori le Mura, questi ultimi gli unici due di cui si conosca una dedica con il nome di Galla Placidia MAZZOLANI 1981, pp. 383-384.

104 La chiesa di epoca costantiniana, demolita nel 386, fu ricostruita per ordine di Valentiniano II, ma

dopo la sua morte i lavori proseguirono fino al 395; Leone Magno restaurò la basilica MAZZOLANI 1981, p. 392; l’opera è attribuita a Teodosio anche da Prudenzio, Peri., XII, 47-54.

105 AUGENTI 2004; CHAVARRIA ARNAU 2016, p. 139.

106 LE GLAY-VOISIN-LE BOHEC 2002, pp. 520-521; GERACI-MARCONE 2009, p. 263; CRACCO

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economia produttiva dipendeva largamente dal fabbisogno delle sedi imperiali. A loro volta anche i percorsi commerciali secondari ed interni erano fortemente influenzati dall’organizzazione dell’Annona imperiale, come d’altra parte testimonia l’enorme diffusione della sigillata africana nei mercati urbani del Mediterraneo occidentale. Tuttavia, mentre il mondo romano si proiettava sempre di più verso una viabilità marittima, le principali vie di comunicazione terrestre furono interrotte o spezzate. Le strade romane che percorrevano i Balcani e legavano insieme la parte orientale e quella occidentale dell’Impero fino al tardo IV secolo, divennero insicure e a fasi alterne esse vennero semplicemente abbandonate al controllo dei Goti, degli Unni, degli Avari e ad altre popolazioni barbariche.

In seguito alla morte di Galla Placidia, sopraggiunta nel 450, la situazione ai vertici dello Stato divenne sempre più confusa, e vide il succedersi rapido di imperatori privi di potere effettivo. All’epoca in cui regnava Romolo Augustolo, il re degli Eruli Odoacre scese in Italia nel 476 alla testa di un multietnico esercito di foederati e depose il giovanissimo imperatore. Odoacre non rivendicò per sé il titolo imperiale, ma si accettò di governare ciò che restava dell’impero d’Occidente in nome dell’imperatore d’Oriente, con i titoli congiunti di re del suo popolo e di patrizio, rimettendo le insegne del potere imperiale nelle mani di Zenone107.