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86 CRACCO RUGGINI 2004; CRACCO RUGGINI 2007 87 PIETRI 1987, pp 354-355.

1.2.4. La rete episcopale alla fine del V secolo

Nel territorio dell’Impero e dunque nell’Italia stessa, le dinamiche di strutturazione dell’apparato ecclesiastico seguirono ritmi e modalità differenti sia in relazione al susseguirsi degli eventi che coinvolsero gli istituti imperiali e quelli della Chiesa, sia in base alle specifiche realtà regionali. Nel contesto Norditalico, ponendo in particolare l’attenzione sul settore nord-occidentale, è chiaro ormai come, nel corso del IV secolo, Milano svolse un ruolo attivo complementare ad Aquileia, di collegamento tra gli assi viari est-ovest dell’Impero, qualificandosi come baricentro di una nuova ed effervescente vita politica, economia, religiosa e culturale che irradiava l’intero territorio annonario. I sovrani dimorarono lungamente nella città metropolitana, finché le drammatiche circostanze dell’avanzata barbarica resero inevitabile il trasferimento di Onorio a Ravenna. Da allora, congiuntamente al deteriorarsi delle relazioni con l’Oriente, la residenza milanese si avviò verso un declino politico che fece trasparire come la preminenza raggiunta dalla città fosse in realtà ampiamente subordinata alla presenza del potere politico sul suo territorio110.

Lo spostamento della corte a Ravenna, riattivò una serie di rapporti, adombrati nel corso del secolo precedente con le nuove aristocrazie romane, che contribuirono a proiettare verso il cuore della penisola le trame principali della storia dell’Occidente. In un contesto di accentuato regionalismo amministrativo degli istituti ecclesiastici che andò strutturandosi nel corso del V secolo, tuttavia, Milano mantenne la propria esclusività sul territorio limitrofo sebbene la sua influenza coincise sempre più con le regioni posizionate a nord-ovest dell’Italia settentrionale.

Entro gli spazi amministrativi della “Grande Liguria”, in cui la difformità geomorfologica del territorio giocò, nel corso dei secoli, un ruolo fondamentale nella sopravvivenza dei centri abitati, si registravano, sul finire del V secolo almeno dodici diocesi, se si escludono le controverse realtà di Noli e Vado Ligure (Savona?)111.

110 REBECCHI 1993, p. 108.

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Per il V secolo le fonti letterarie – che spesso trovano riscontro nel dato archeologico – registrano la formazione di due nuove diocesi nell’area transpadana e di quattro per la zona costiera che corrisponderebbero, rispettivamente, alle sedi di

Eporedis (Ivrea)112 e di Augusta Praetoria (Aosta) – con le riserve sopra riportate –

per il primo caso e di Albingaunum (Albenga), di Hasta (Asti), di Aqui Statiellae (Acqui Terme) e Alba Pompeia, per il secondo.

Seguendo la tendenza già consolidata nel corso dei secoli precedenti, le vie del proselitismo evangelico si diramarono lungo gli assi stradali interni e costieri che erano stati valorizzati dal riassetto regionale tardoantico. Per questa ragione il reticolo delle città diocesane aderiva fedelmente alla realtà corografica del territorio, la quale si era già determinata fondamentale per la continuità ed il vitalismo dei centri urbani nati nei pressi dei principali reticoli viari. Un valore aggiunto era poi fornito alle città costiere dai ricchi influssi mediterranei che costituirono uno dei presupposi necessari al loro divenire storico e religioso.

Così, le sedi episcopali di Pavia, di Vercelli, di Ivrea e di Aosta fiorirono lungo il prolungamento della via Aemilia, quelli di Genova e di Tortona sulla Postumia, Asti e Torino sulla Fulvia, Albenga sulla via Iulia Augusta e, infine, Aqui lungo l’Aemilia

Scauri. Quanto a Lodi ed Alba esse sorgevano in territori attraversati da itinerari

fondamentali, comprensivi di percorsi fluviali significativi – quello del Ticino nel primo caso e quello del Tanaro nel secondo – ed erano pertanto predisposti per l’irradiamento della stessa evangelizzazione.

La maggior parte delle menzioni di sedi presbiteriali sul territorio pedemontano e costiero ad ovest di Milano, appartengono, alle tarde cronologie della seconda metà del V secolo; ovvero dopo che i disastrosi avvenimenti – prima tra tutti la penetrazione barbarica sul suolo italico – misero a dura prova l’opera di proselitismo evangelico dell’istituto ecclesiastico. Tra le testimonianze degli episcopi, diverse menzioni risalgono al 451 quando, il vescovo di Milano, Eusebio113 convocò nella città metropolita, un sinodo provinciale, intenzionato ad ufficializzare l’ostilità della propria diocesi e di quelle che da essa dipendevano, alla cristologia dei seguaci di

112 Tracce di una chiesa paleocristiana sono state individuate nella città nel corso dei lavori di restauro

della cripta CANTINO WATAGHIN-GUYON 2007, pp. 288-289.

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Eutiche. Gli esiti del concilio milanese, che si concluse con la definitiva condanna del credo eutichiano e il rifiuto della teologia monofisita, vennero riassunti e comunicati dallo stesso Eusebio, in una lettera sinodale a Papa Leone Magno114; l’uomo dalla cui penna sortirà, pochi mesi più tardi, il nucleo della formulazione cristologica del concilio di Calcedonia115. Il documento epistolare, grazie alla menzione dei suoi

segnatari, si è rivelato fondamentale non solo per ricostruire, a piccoli tratti, la cronotassi episcopale di alcuni centri liguri, ma si è rivelato un dato utilissimo per definire altresì la posizione filo-nicena perseguita dall’episcopio milanese dopo Ambrogio, apparentemente condivisa dalle diocesi suffraganee.

Spesso avviene che i nomi dei vescovi citati dalla lettera, costituiscano la prima menzione relativa alla diocesi della città di cui egli fu l’evangelico rappresentante. È questo il caso di Quintus, capo spirituale della comunità cristiana di Albingaunum che rappresenta la più antica testimonianza letteraria circa l’esistenza della diocesi Ingauna, destinata a divenire, entro la fine del secolo, una delle più importanti della Liguria ponentina116. Insieme a Quinzio anche il vescovo di Asti117, Pastor indica per la prima volta l’esistenza di una sede nella città, e ad essa fanno seguito i presbiteri di Ivrea, Eulogius e quello di Aosta Eustasius118 per l’attuale area piemontese. In altri casi, di non minore importanza, a comparire nella lettera sono i nomi dei successori alla cattedra vescovile nelle diocesi di più antica fondazione. Nel caso della Liguria costiera, ritroviamo pertanto Paschasius a testimoniare la continuità del seggio di

114 Leone Magno, Ep. XCVII 3 = Fontes n. 1359.

115 Il Concilio di Calcedonia si svolse su richiesta di Papa Leone Magno e per iniziativa della sorella del

defunto imperatore Teodosio II (408-450), Pulcheria e del suo consorte Marciano (450-457) nella città omonima; le controversie cristologiche che mettevano in dubbio l’ortodossia della duplice natura, umana e divina, di Cristo, elaborate, nella prima metà del secolo, da Nestorio ed Eutiche. Nestorio, nominato patriarca di Costantinopoli, riconosceva due nature distinte e di fatto separate nella figura di Cristo e sostenne, per questa ragione che la madre di Cristo, Maria non poteva essere definita Theotokos, cioè “madre di Dio”, bensì Christotokos dunque, “madre di Cristo”. In aperta opposizione al nestorianesimo, si pone l’elaborazione teologica di Eutiche; tuttavia, questi, difendendo – contro Nestorio – l’unicità della persona di Cristo, finiva anche per sostenerne l’unicità della natura, quella divina, dopo l’incarnazione del Verbo, sfociando nell’eresia del monofisismo. Il precedente concilio, tenutosi ad Efeso nel 431 aveva visto le autorità ecclesiastiche filo-nestoriane sovrastare malamente sia i sostenitori del nestorianesimo, sia i rappresentanti ortodossi della chiesa di Roma, affermando la validità dottrinale della teologia eutichiana. Con l’obiettivo di porre fine ai pericolosi contrasti cristologici che rischiavano di compromettere gli equilibri imperiali, si svolse dunque, tra l’8 e il 25 ottobre del 451 il Concilio di Calcedonia, che culminò con la condanna definitiva dell’eresia eutichiana e con l’esilio del suo ideatore; RIZZO 1999, pp. 177-181; MORESCHINI 2002, pp.147-148.

116 Leone Magno, Ep. XCVII 3 = Fontes n.1359. 117 Leone Magno, Ep. XCVII 3 = Fontes n.1359. 118 Leone Magno, Ep. XCVII 3.

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Genova nel 451119, mentre per la Liguria orientale è confermata l’attività della diocesi di Tortona, dove la titolarità della cattedra appartiene, nella medesima data, a Quintus; a Pavia, viene menzionato Crispinus120, e, in ultimo, si tramanda la memoria degli episcopi di Novara e di Vercelli, in cui officiano rispettivamente Simplicianus e

Jiustinianus o Justianus121. È, infine, necessario attendere il concludersi del V secolo

perché le fonti riportino una prima menzione dell’esistenza di una diocesi per Acqui, con Ditarius e di Alba con Lampadius122. Mentre il primo viene menzionato in

un’epigrafe funeraria databile al 488123, nel secondo caso, il presbitero compare tra i

segnatari del concilio romano del 499124 a cui si aggiungono Maximus di Pavia,

Tigridius di Torino e Jucundus di Aosta.

Naturalmente, in nessuno dei casi sopramenzionati è possibile assegnare la primogenitura della cattedra episcopale ai personaggi documentati; tuttavia, il quadro fin qui descritto dalle fonti può essere utile per definite un andamento generale sia sui ritmi della diffusione degli episcopi liguri, sia sui modelli a cui questa primitiva cristianità vescovile si affidava nella trasmissione della parola del Signore. In questo contesto si è già accennato come la sede di Milano costituisca l’epicentro di propulsione teologica, in particolare dopo gli anni dell’ufficio liturgico di Ambrogio e di come la città metropolitana conservi questo ruolo, sebbene su di un’area d’influenza ridotta, almeno per i primi decenni del V secolo. Il ruolo centrale di questa fiorente città si riscontra nelle strutture architettoniche delle aree liguri limitrofe e anche in questo caso come immediata conseguenza della sua funzione di sedes regia dalla metà del IV all’inizio del V secolo. Durante il mezzo secolo che vide Roma scalzata dalla sua posizione di primato in Occidente, l’attività edilizia più significativa fu quella realizzata in seno alla capitale norditalica in cui si alternarono le ricche commissioni imperiali e quelle del carismatico capo spirituale Ambrogio. In seguito, però, in linea con lo scorrere degli eventi, le fonti sembrano registrare un ripristino dei collegamenti tra la Liguria e Roma senza la mediazione di Milano, fermo restando che questa

119 Magno, Ep. XCVII 3 = Fontes n.1359. 120 Leone Magno, Ep. XCVII 3 = Fontes n.1359. 121 PIETRI 1987, pp. 355-356.

122 Ad Alba sono presenti frammenti liturgici datati all’VIII secolo CANTINO WATAGHIN-GUYON

2007, p. 289.

123 CIL V 7528.

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inversione di rotta non implicò un intervento diretto del pontefice nell’amministrazione delle diocesi, come avveniva al contrario nel caso delle province suburbicarie.

Parallelamente all’aumentare delle testimonianze letterarie di diocesi, scorrono i dati – epigrafici e documentari – relativi all’affermazione di un’aristocrazia sempre più cristianizzata nell’Italia nord-occidentale125. Clerici e laici si mescolarono in una

composita élite locale che riportava i primi accenni di una solida cristianità che anche in questo caso sembra aderire ai modelli proposti in ambito milanese126. La qualità sociale del clero, dall’episcopato di Ambrogio di Milano in avanti, si strutturò via via sul modello dei “Santi nobili” sviluppatosi in parallelo nella limitrofa Gallia merovingia – un “potens di estrazione e cultura senatoria, carismatico, patrono della propria città oltre che della propria Chiesa”127 – e che si discostava dal prototipo

peninsulari di vescovi numerosi e umili sull’esempio dei Dialoghi di Gregorio Magno128. Proprio nella regione di Milano e nei pressi di Ravenna, dov’erano confluite

le élites di Roma e Milano, si stabilirono i palatini e i membri dell’aristocrazia tradizionale rivelando qualche mediocre indizio di questa osmosi tra i notabili locali e gli alti ceti dell’aristocrazia dell’Impero.

1.3. Impero Occidentale tardoantico e l’affermazione del potere temporale