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CAPITOLO III IL NUCLEO EPISCOPALE E IL COMPLESSO PALEOCRISTIANO

PRESSO SAN CLEMENTE

3.1. Il nucleo episcopale

La costruzione del nucleo episcopale, con l’intero sistema di valori che esso rappresentava e i nuovi istituiti di fede e di potere che lo accompagnavano, ebbe un enorme impatto sul tessuto urbano340. La topografia della città abbandonò progressivamente i modelli classici per modellarsi attorno al nuovo edificio pubblico che scandiva, secondo i propri ritmi liturgici, la vita dei cittadini341.

340 Sulla formazione dei nuclei episcopali nell’Italia Annonaria TESTINI-CANTINO WATAGHIN-

PANI ERMINI 1989; CANTINO WATAGHIN-GUYON 2007 con bibliografia; sugli edifici battesimali: FEVRIÉR 1996c; FEVRIÉR 1996f; CANTINO WATAGHIN-CECCHELLI-PANI ERMINI 2001; FALLA CASTELFRANCHI 2001; CANTINO WATAGHIN 2007 sul rapporto tra la strutturazione del nucleo episcopale e le mura tardoantiche; in generale sulla strutturazione ecclesiastica TESTINI 1958; DEICHMANN 1993; CHAVARRÍA ARNAU 2009.

341 CHAVARRÍA ARNAU 2009, pp. 23-46 sullo sviluppo della liturgia.

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Tutti gli ambiti della vita pubblica e privata vennero trasformati: la vita delle persone cominciò ad essere regolata da un ritmo periodico segnato dalle feste – occasionali o legate al ciclo liturgico annuale – e spesso il complesso della cattedrale finì per costituire l’unico spazio pubblico in cui poterono svilupparsi le numerose attività di carattere assistenziale, commerciale ed educativo. Alcuni dei principali momenti della vita degli individui, dal battesimo al funerale e, dopo la morte, la sepoltura si svolgevano attraverso l’istituto ecclesiastico. Le prerogative civili dei vescovi crebbero, assieme alla disponibilità economica, con la graduale crescita del potere temporale della Chiesa – aumentato a scapito di quello tradizionale – e con il ruolo positivo da loro svolto nei confronti delle comunità locali. La nuova ricchezza acquisita porterà i vescovi a manifestare la loro posizione, non solo nelle dimensioni e nella sontuosità delle chiese, ma anche nel dominio dello spazio urbano e suburbano.

Ad Albenga, nonostante i limiti geomorfologici del sito, sembra possibile tracciare con particolare precisione questo processo evolutivo della cristianità nella topografia cittadina in tutte le sue facies temporali, sia attraverso le fasi architettoniche del nucleo episcopale, sia, come abbiamo visto in precedenza, seguendo i percorsi extraurbani della strutturazione ecclesiastica.

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Fig. 3. Albenga. Pianta della città con in rosso le mura gli edifici paleocristiani a compimento del processo di cristianizzazione del territorio: 1) Cattedrale; 2) Battistero; 3) Mura tardoantiche; 4) Basilica paleocristiana presso San Clemente; i punti 5-6 indicano la direzione per le Basiliche di 5) San Calocero; 6) San Vittore (fonte: MARCENARO 2006, p. 25, fig. 6 con modifiche di chi scrive).

131 3.1.1. I fase paleocristiana

3.1.1.1. Cattedrale

In concomitanza con la costruzione delle mura tardoantiche342 e con la riorganizzazione dell’assetto urbano ordinato dal generale Costanzo, abbiamo visto come l’istituto ecclesiastico abbia avviato la sua graduale conquista degli spazi della città, attraverso l’edificazione del nucleo episcopale (figg. 1; 2; 3)343. Purtroppo, la

limitatezza dei dati archeologici a nostra disposizione non permette di inquadrare con precisione la natura del luogo su cui sorsero gli edifici di rappresentanza del potere ecclesiastico tra la prima metà e la metà del V secolo d. C.344 Infatti, se da un lato la presenza di una domus di età imperiale345 nell’area in cui venne eretta la cattedrale porterebbe ad escludere la preesistenza del foro romano, almeno in quella zona346, dall’altro nulla permette di negare l’ipotesi che la chiesa fosse ubicata presso la nuova area forense allestita dal generale Costanzo, secondo quanto indicato dall’epigrafe celebrativa347. Previ accordi tra gli istituti civile ed ecclesiastico della città, il nucleo

342 Sul rapporto tra le mura e la cattedrale TESTINI-CANTINO WATAGHIN-PANI ERMINI 1989;

CANTINO WATAGHIN 2007; CANTINO WATAGHIN-GUYON 2007.

343 La datazione è stata determinata sulla base della rilettura dei dati degli scavi condotti, sotto la

direzione di Nino Lamboglia tra il 1964 e il 1967 il quale aveva proposto una datazione alla seconda metà del IV secolo per la costruzione dell’edificio; il riesame preliminare della documentazione archeologica è stato effettuato da Maria Celeste Paoli Maineri, in collaborazione con Annamaria Canepa che ha seguito e documentato graficamente tutti i lavori di scavo e di restauro, mentre l’elaborazione al computer delle planimetrie è di Tiziana Oppes; allo studio dei materiali, da cui si è riusciti a fornire informazioni più precise circa la datazione della prima fase della cattedrale, inizialmente attribuita dal Lamboglia alla fine del IV secolo d.C., hanno lavorato Daniela Gandolfi e Paolo De Vingo: PAOLI MAINERI 2007, p. 521.

344 Sulla natura dell’area su cui sorse il nucleo episcopale il dibattito è ancora aperto; i noti problemi

legati alla ricerca archeologica sul territorio di Albenga impediscono scavi sistematici e risultati concreti, in ogni caso circa le considerazioni sull’argomento vedere LAMBOGLIA 1970; DELLA CORTE 1984; SPADEA NOVIERO 1987; PERGOLA 1995; MASSABÒ 2004a, pp. 30-43; GANDOLFI- MASSABÒ 2007, p. 450; PAOLI MAINERI 2007; PERGOLA 2007; in CANTINO WATAGHI-GUYON 2007, p. 297 si mettono in luce le difficoltà generalmente riscontrate nel precisare il rapporto dell’ecclesia con gli spazi funzionali dell’impianto urbano.

345 Molto spesso l’area in cui veniva edificata la chiesa episcopale era precedentemente occupata da

strutture di carattere residenziale CANTINO WATAGHIN-GUYON 2007, p. 305; TESTINI- CANTINO WATAGHIN-PANI ERMINI 1989, p. 41; a Torino sono state individuate trecce di un’occupazione residenziale o commerciale CANTINO WATAGHIN-GUYON 2007, p. 305 con bibliografia.

346 Nulla esclude di ipotizzare che la domus di età imperiale potesse affacciarsi sull’area forense; rispetto

alle cattedrali sorte nei pressi di fori vedere TESTINI-CANTINO WATAGHIN-PANI ERMINI 1989, pp. 37-38; CHAVARRÍA ARNAU 2009, p. 129.

347 A riguardo vedere PAOLI MAINERI 2007, p. 524; in PERGOLA 1995, p. 304 si sottolinea come il

cantiere edilizio per la risistemazione del foro avviata da Costanzo dovesse essere ancora in attività al momento della costruzione del nucleo episcopale; questa osservazione porta l’autore ad escludere una sovrapposizione tra l’area forense e Cattedrale e Battistero e dunque una precoce realizzazione di questi

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episcopale sarebbe potuto sorgere in parallelo alla sistemazione del foro senza che questo intervento dovesse necessariamente comparire nel documento epigrafico il quale, come ricorderemo, è legato ad un’ideologia celebrativa rispetto alla valorizzazione, civile e militare, della città. A ciò si aggiunge il fatto che molto probabilmente, com’è già stato posto in evidenza, non fu il futuro imperatore a commissionare gli edifici sacri, quanto piuttosto il vescovo della città, a fronte di una situazione in cui l’effettiva separazione tra potere temporale e spirituale era ancora in essere e che, a maggior ragione, motiverebbe l’esclusione dall’epigrafe della menzione dell’intervento sugli edifici ecclesiastici348.

Ad ogni modo, non si può escludere la possibilità che la costruzione della Cattedrale e del Battistero sia posteriore agli interventi di Costanzo e che gli edifici ecclesiastici sorgessero in un’area piuttosto centrale della città che permettesse lo sfruttamento di strutture e spazi preesistenti ormai dimessi (fig. 3.1)349. Solo in seguito alla perdita delle prerogative del foro rispetto all’assetto urbano, la zona del nucleo episcopale avrebbe acquisito la sua esclusiva centralità.

In origine le dimensioni dell’edificio dovevano verosimilmente corrispondere a quelle della chiesa attualmente visibile, sviluppandosi in un corpo centrale longitudinale absidato con orientamento nord-sud, in linea con l’orientamento degli assi stradali della città che la risistemazione tardoantica di Costanzo aveva mantenuto invariati (figg. 3.1; 5). La basilica, a tre navate, era caratterizzata da una pavimentazione in cocciopesto ad impasto piuttosto grossolano con grumi di calce bianca mista a ghiaino che si impostava su di una massicciata disposta in modo

ultimi; tuttavia sarebbe proprio questa considerazione, assieme ai dati archeologici, ad accreditare una datazione alla prima metà del V secolo del nucleo episcopale: la contemporaneità dei cantieri parrebbe infatti più logica rispetto a una successione di fasi edilizie, in particolare se si considera che molto probabilmente fu proprio in questo periodo che le istituzioni civili e quelle ecclesiastiche si ripartirono gli spazi urbani.

348 Come si mette in evidenza in CANTINO WATAGHIN-GUYON 2007, p. 309 “la costruzione

dell’ecclesia è concordemente riconosciuta come un tratto tipico di evergetismo episcopale”; a riguardo anche CHAVARRÍA ARNAU 2009, pp. 99-106.

349 CANTINO WATAGHIN-GUYON 2007, pp. 296-297 sottolineano la l’aspetto pragmatico delle

scelte che orientano le prime comunità di cristiani in cui la disponibilità degli spazi risulta una discriminante essenziale; per approfondimenti sulla formazione dei nuclei episcopali in Italia Settentrionale vedere TESTINI-CANTINO WATAGHIN-PANI ERMINI 1989; GAUTHIER 1999, p. 199; CANTINO WATAGHIN-GUYON 2007 con bibliografia più recente e aggiornata.

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Fig. 4. Albenga. Pianta della Cattedrale a scavo ultimato (1967) con le varie fasi costruttive e le datazioni proposte all’epoca delle indagini (fonte: PAOLI MAINERI 2007, p. 522, fig. 1).

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irregolare (fig. 8)350. Il paramento murario degli alzati (figg. 6; 7), di cui sono noti solamente due frammenti di muro individuati in corrispondenza delle fondamenta dei muri perimetrali est ed ovest della chiesa successiva (figg. 2; 5), era caratterizzato da corsi piuttosto regolari di pietre non lavorate, ma semplicemente spaccate e messe in opera grazie ad un abbondante uso di malta.

350 La quota della pavimentazione, 2,23 m s.l.m. è vicina a quella del Battistero il cosiddetto

“Paleocristiano I”: PAOLI MAINERI 2007, p. 528; sulle fasi pavimentali del battistero FRONDONI 2001b; GANDOLFI-FRONDONI 2007; le lacune nella pavimentazione della cattedrale si spiegano con lavori delle fasi successive e soprattutto agli ossari che, a partire dal 1400, hanno devastato gli strati archeologici PAOLI MAINERI 2007, p. 528.

Fig. 5. Albenga. Cattedrale. Planimetria ricostruttiva del primo impianto della chiesa paleocristiana (prima metà-metà V secolo d.C.) con in rosso gli elementi rinvenuti nello scavo e attribuiti a questa fase (fonte: PAOLI MAINERI 2007, p. 525, fig. 3).

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Fig. 6. Albenga. Cattedrale. Navata sinistra: particolare della struttura muraria paleocristiana rinvenuta sotto il muro perimetrale della chiesa successiva (fonte: PAOLI MAINERI, p. 528, fig. 6a).

L’utilizzo di questa tecnica nelle opere murarie, che riutilizzava abbondantemente materiali residui di antichi edifici urbani e suburbani in disuso351, testimonia un’evidente continuità con la tradizione romana del petit appareil, caratteristica di Albenga e di tutta la Liguria di ponente tra V e VII secolo d.C352.

È dunque interessante notare come, in assenza di materiale fornito da un regolare sfruttamento di cava, evidentemente già dismesse all’epoca della costruzione del nucleo episcopale, le maestranze locali mantennero in vita le proprie tecniche edilizie

351 La maggior parte degli edifici di epoca romana noti per Albingaunum furono realizzati in petit

appareil; vedere Cap. II di questo elaborato.

352 CAGNANA-MANNONI 2001, pp. 880-885.

Fig. 7. Albenga. Cattedrale. Rilievo (in rosso) della muratura paleocristiana. In primo piano la sezione con i due livelli pavimentali paleocristiani (fonte: PAOLI MAINERI, p. 528, fig. 6).

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disponendo gli elementi, reimpiegati o raccolti, ma comunque ben selezionati, secondo corsi orizzontali regolari353.

Il risultato ottenuto, il cosiddetto “petit appareil degradato” (figg. 6; 7), ricorre con frequenza negli edifici del territorio albenganese tra il V e il VII secolo d.C., e si lega alla tradizione del piccolo apparato di età imperiale.

Purtroppo, oltre alla pavimentazione in cocciopesto e ai due tratti di muro perimetrali, di cui peraltro non è stato possibile definire lo spessore, non si conosce nulla sull’originario aspetto della Cattedrale (figg. 5; 8).

Un’idea più chiara circa la monumentalità del nucleo episcopale nel suo complesso, può forse essere fornita dal vicino Battistero (fig. 9) che, conservatosi verosimilmente nelle sue forme primitive, può aiutarci ad immaginare l’impatto topografico delle prime strutture ecclesiastiche di cui la città si dotò nel periodo della sua rinascita tardoantica.

353 CAGNANA-MANNONI 2001, pp. 881-883; sulle tecniche edilizie degli edifici ecclesiastici vedere

anche CHAVARRÍA ARNAU 2009, pp. 113-117 in cui peraltro si afferma che “dal V secolo, lo sfruttamento in estensione delle cave in Occidente entrò in crisi, il che porterà alla scomparsa delle murature in opera quadrata e alla progressiva affermazione di nuove tecniche costruttive”.

Fig. 8. Albenga. Cattedrale. Vista da nord della navata centrale. I due livelli pavimentali paleocristiani: a) V secolo; b) VI secolo e c) i resti dei due muretti di VI secolo (fonte: PAOLI MAINERI 2007, p. 531, fig. 9).

137 3.1.1.2. Battistero

A sinistra della cattedrale, a poca distanza da quest’ultima come imponevano le regole liturgiche, venne eretto il battistero (figg. 1; 2; 3.2; 9)354. Per l’edificio fu scelta una soluzione architettonica a pianta centrale, decagonale all’estero e ottagonale all’interno, con un corpo indipendente da quello della chiesa limitrofa (figg. 1; 2; 3). Nella parte superiore un tamburo ottagono all’esterno e con sedici lati all’interno caratterizzava l’edificio permettendo il passaggio della luce attraverso otto monofore (figg. 2; 9). Esternamente, la base decagonale della struttura si presenta con una forma piuttosto irregolare e i lati del suo perimetro interno, scandito da nicchie alternativamente semicircolari e rettangolari, non risultano perfettamente in asse tra loro (fig. 10). Mentre il tamburo superiore a sedici lati, venne impostato su grandi archi poggianti su mensole. Come nel caso della cattedrale – sulla quale gli scavi hanno comunque fornito qualche informazione in più – anche per il battistero non è stato possibile definire la funzione dell’area sulla quale esso venne eretto.

Ancora incerte rimangono le relazioni fisiche tra la struttura di cui è stato individuato un tratto all’esterno, costituito da una muratura rasata, con andamento nord-est/sud-ovest e il cui abbandono e il completo disuso sono curiosamente datati, tra l’ultimo quarto del V e la prima metà del VI secolo d.C. (fig.g 11; 12) 355. La

struttura muraria di fattura tardoantica è probabilmente di poco anteriore al battistero e venne realizzata con due filari esterni di pietre di medie dimensioni ed un riempimento a sacco con frammenti di laterizi e piccole pietre legate da terra. Perfettamente allineato con la parete occidentale dell’edificio di culto, il muro proseguiva in profondità, ma non è stato possibile individuare un collegamento diretto tra le due murature (figg. 10: lato c; 11; 12) 356. È possibile che la presenza di altri edifici nell’area abbia condizionato l’irregolarità della pianta del battistero, sorto in una zona centrale che doveva essere verosimilmente molto impegnata dal punto di vista edilizio in tutte le sue fasi.

354 Sul battistero vedere in particolare CAGNANA-MANNONI 2001, pp. 875-886; FRONDONI 2001b;

MARCENARO 2006; GANDOLFI-FRONDONI 2007 con bibliografie aggiornate.

355 FRONDONI 2001b, p. 857; GANDOLFI-FRONDONI 2007, pp. 564-565.

356 Lo scavo non è potuto proseguire per problemi tecnici legati alla presenza della falda acquifera, ma

è comunque lecito “ipotizzare che il monumento cristiano sia stato realmente condizionato, nella sua pianta, da strutture precedenti” FRONDONI 2001b, p. 857; vedere anche GANDOLFI-FRONDONI 2007, p. 565.

138 Fig. 9. Albenga. Battistero (fonte: foto di chi scrive).

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Fig. 10. Albenga. Pianta del battistero. In maiuscolo la nomenclatura delle le nicchie; in minuscolo le nomenclature i lati (fonte: FRONDONI 2001b p. 489, fig. 4 con modifiche di chi scrive).

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Per la realizzazione dell’edificio vennero impiegati due tipi di tecniche differenti imposte da precise ragioni di pratica costruttiva e di organizzazione del cantiere e che si spiegano in relazione alle condizioni economiche e storiche in cui si trovava la città in seguito agli avvenimenti del V secolo (figg. 13; 14)357. Precedentemente è stato posto in evidenza come la tecnica edilizia in petit appareil degradato che caratterizza le opere murarie della Cattedrale fosse dovuto, più che a un cambiamento del modo di

357 Sullo studio delle murature del battistero CAGNANA-MENNONI 2007 con bibliografia precedente;

CHAVARRÍA ARNAU 2009, pp. 113-117 per una visione più generale.

Fig. 11. Albenga. Battistero. Pianta dei saggi di scavo del 1995-1998. Delimitate in rosso le aree indagate:

I) saggio condotto nell’area esterna del battistero, tra le fondazioni e la struttura di recinzione, in grigio la struttura muraria rasata di fattura tardoantica (E-O); II) Restauro e pulitura della vasca battesimale e individuazione del sistema di deflusso delle acque; III) Saggio per individuare i piani pavimentali; IV) Saggio specifico (fonte: FRONDONI 2001b, p. 858, fig. 11).

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operare delle maestranze locali, a dei fenomeni circostanziali tra cui il disuso delle cave che fino a quel momento avevano approvvigionato i cantieri edilizi della città. La stessa situazione è riscontrabile negli alzati del battistero per i quali, tuttavia, oltre alla presenza di murature in arenaria rosa – proveniente dalla formazione rocciosa del Monte – che si presenta sotto forma di elementi sbozzati e disposti a corsi piuttosto Fig. 12. Albenga. Battistero. Rilievo planimetrico delle strutture rinvenute durante le campagne di scavo 1998 e 2006 all'interno e all'esterno del battistero. In rosso i saggi relativi alla campagna del 2006: saggio A) Area della nicchia E (del mosaico); saggio B) Area della nicchia D; saggio C) Area della nicchia C (esterno/interno); corridoio d’accesso dei catecumeni dalla nicchia A (fonte: GANDOLFI- FRONDONI 2007, p. 590, fig. 37).

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regolari358, si fece affidamento ad una seconda tecnica muraria costituita da litotipi eterogenei non lavorati la cui messa in opera risulta caratterizzata da giunti e da letti di posa di notevole spessore, nonostante il tentativo di mantenere i corsi.

Le due diverse tecniche si giustificano con altrettanti tipi di approvvigionamento del materiale: il primo, con il quale fu stato possibile realizzare una muratura più regolare, derivava dal riutilizzo di elementi edilizi provenienti da edifici di epoca romana in disuso che, accuratamente selezionati, avevano un profilo più omogeneo; il secondo sfruttava invece l’utilizzo di ciottoli fluviali che, provenienti dal bacino del Centa e dunque meno lavorati, non hanno permesso di ottenere la stessa regolarità nella realizzazione del tessuto murario (figg. 13; 14)359.

L’alternarsi armonico delle due tecniche edilizie conferisce una regolarità del tutto particolare al tessuto murario del battistero che aveva tuttavia in primo tempo indotto pensare ad una stratificazione di fasi successive, smentita dagli studi più recenti360.

L’edificio sacro era accessibile tramite due ingressi, uno posto sul lato meridionale, mentre l’altro si affacciava sulla parete della cattedrale (fig. 10: rispettivamente nicchia A, lato “a” e nicchia C, lato “i”; figg. 12; 18). Entrambi gli ingressi appartengono alla

facies originaria della struttura che a partire dalle sue caratteristiche architettoniche

doveva indirizzare il rituale del battesimo attraverso determinati spazi, disegnando uno specifico percorso liturgico. Dal punto di vista strutturale, gli stipiti delle due aperture si presentano ben definiti e rettilinei inserendosi armoniosamente nella muratura circostante grazie alla messa in posa di alcune pietre di maggiore lunghezza che rispettano l’altezza dei corsi contigui della tessitura muraria (fig. 15)361. Sul lato destro

del battistero, dal quale verosimilmente i catecumeni e i celebranti della liturgia lasciavano l’edificio per proseguire il rituale all’interno della chiesa, l’ingresso era

358 In epoca romana imperiale vi sono numerose attestazioni dell’utilizzo dell’arenaria rosa del monte

di Albenga, soprattutto negli edifici funerari posti lungo la via Iulia Augusta CAGNANA-MENNONI 2001, 881.

359 CAGNANA-MENNONI 2001, pp. 880-882.

360 Mario Mercenaro nel 1993 dopo aver individuato la presenza delle due tecniche murarie, aveva posto

in dubbio l’unità costruttiva del primo impianto ed aveva avanzato l’ipotesi di un preesistente edificio romano, i cui resti sarebbero stati inglobati nella fabbrica del battistero paleocristiano: M. MARCENARO, Il battistero paleocristiano di Albenga. Le origini del cristianesimo nella Liguria Marittima, Genova, 1993; le analisi stratigrafiche condotte sull’edificio hanno permesso di chiarire la situazione CAGNANA-MANNONI 2001, pp. 875-886; MARCENARO 2006, p. 46.

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sovrastato da un arco in laterizi spezzati di reimpiego al di sopra del quale si impostava, a circa 4,30 m da terra, un grande arco con funzione di scarico. A sud, l’ingresso principale terminava invece con un arco in mattoni e pietre e accoglieva i Fig. 13. Albenga. Esterno del Battistero. Particolare delle due tecniche murarie differenti (fonte: FRONDONI 2001b, p. 858, fig. 13).

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futuri neofiti nell’edificio direzionandoli verso il fonte battesimale (fig. 16).In tutte le restanti nicchie che articolavano lo spazio interno della struttura, delle monofore, larghe 70 cm c.a. e posizionate all’incirca a 2,10 metri dal piano di calpestio, si prolungavano sulla parete per un’altezza di due metri circa concludendosi in alto in un arco costituito da laterizi di reimpiego intervallati da scaglie di pietra calcarea o frammenti marmorei secondo una tecnica del tutto simile a quella riscontrata nella volta della porta a sud (figg. 10; 16)362.

Il pavimento dell’edificio di culto, al centro del quale era posizionato il fonte battesimale “a stella” di derivazione ambrosiana (fig. 16), fu messo in opera a seguito di una serie di accorgimenti strutturali che implicarono l’alloggiamento di un “battuto”

362 Sulle aperture del battistero, ingressi e finestre, e sui loro vari rimaneggiamenti vedere CAGNANA-

MANNONI 2001, pp. 878-880; Le loro proporzioni, particolarmente allungate, avevano un rapporto pari a 1:2:8 che corrisponde esattamente alle proporzioni della porta posizionata nella nicchia A CAGNANA-MANNONI 2001, p. 880.

Fig. 14. Albenga. Battistero. Vista delle murature esterne dei lati "h" e "g" (fonte: MARCENARO 2006, p. 44, fig. 3).

Fig. 15. Albenga. Battistero. Nicchia C con apertura rivolta verso la cattedrale (fonte: MARCENARO 2006, p. 51, fig. 10).

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con funzione impermeabilizzante ed isolante che si sovrapponeva direttamente ai livelli di costruzione della struttura (fig. 17)363.

363Questo pavimento venne identificato come “Paleocristiano I”; le indagini sulla pavimentazione del

battistero sono state condotte, a più riprese, tra il 1998 e il 2007: tra il 1995 e il 1998 esse furono condotte in occasione dei restauri dell’edificio, i cui lavori vennero diretti dall’Arch. Bruno Melchiorre della Sovrintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici della Liguria; i risultati delle indagini archeologiche supervisionati da Alessandra Frondoni furono esposti in occasione dell’VIII Congresso Fig. 16. Albenga. Interno del battistero visto dal lato sud (lato "a", nicchia A) (fonte: foto di chi scrive).