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Di Eugippio abate, scrittore cristiano della tarda antichità, si hanno pochissime informazioni, quasi tutte interamente ricavabili dalle sue opere.

Persino il luogo nativo non è definito con certezza, alcuni ipotizzano sia originario dell’Africa1, altri con più probabilità del Norico2. Tutti concordano su una possibile data di nascita tra il 460 e il 467. Probabilmente in giovane età entra a far parte della comunità monastica diretta da Severino presso

Fauianae ed è coinvolto nell’evacuazione del Norico nel 4883; in seguito negli anni del pontificato

di Gelasio (492-496) raggiunge castrum Lucullanum (Pizzofalcone/Na), quando nella località campana è fondato un monastero in memoria del santo4, che diviene un attivo centro di irradiazione culturale e che lo stesso Eugippio, come indicano le fonti5, dirige in qualità di presbyter dal 511. Del cenobio di Lucullanum poco si conosce, se non che diviene, insieme al monastero di Viuarium istituito da Cassiodoro, uno dei posti più celebri per la formazione ecclesiastica dell’Italia meridionale della prima metà del VI secolo. Eugippio, benché contemporaneo di san Benedetto, pare non abbia avuto alcun incontro con il fondatore di Montecassino, nessuna fonte storica ne testimonia6.

Ignorando l’originaria provenienza geografica di Eugippio, poco si può argomentare riguardo alla sua famiglia e formazione, ma l’aspetto più significativo da segnalare per comprenderne la personalità è l’appartenenza, documentata da rapporti epistolari7, a una cerchia di aristocratici intellettuali con comuni interessi filosofici e teologici (Dionigi il Piccolo8, il diacono Ferrando di Cartagine e il vescovo Fulgenzio di Ruspe9).

1

CPL 676-8; PL LXII, 549-560; cfr. Penco 1995:31.

2

Régerat 1991:8 segnala che sono presenti varianti nella tradizione manoscritta addirittura relative al nome dell’autore,

Euepius, Eugepius, Eugipius, Eugippius, Eugyppius. Lo studioso francese adotta la penultima versione, la più comune e

attestata nell’uso di Cassiodoro, Fulgenzio di Ruspe e Ferrando di Cartagine. Genovese 2007:34 sostiene che il nome può far pensare a un’origine greca, ma in realtà è più probabile che specialmente le ultime due varianti siano state trasmesse tardivamente da copisti greci del IX secolo – cfr. Büdinger 1878:795-796. L’indicazione del Norico come luogo originario è riportata in tutti i principali repertori – cfr. DBI XLII, s.v. Eugippio, pp. 509-14 (R. Bratož): specificamente Noricum Ripense o Raetia Secunda; DPAC I, s.v.Eugippio, coll. 1830-32 (V. Pavan); DHGE XV, s.v.

Eugippius, coll. 1376-78 (R. Cappuyns); ODC, s.v. Eugippius, p. 572; DACL V/1, s.v. Eugyppius, pp. 702-4. In DSp

IV/2, s.v. Eugippius, coll. 1684 s. (G. de Plinval) si ipotizza Aquileia come luogo di nascita.

3

VS 44, 7: […] cunctis nobiscum prouincialibus idem iter agentibus […]

4

Id. 46, 6: Monasterium igitur eodem loco constructum ad memoriam beati uiri […]

5

Cfr. infra p. 40.

6

Cfr. Penco 1995:32.

7

Ferrandi diac. Carthaginensis Epistula dogmatica aduersus Arrianos aliosque haereticos (PL suppl. IV, coll. 23-36),

Ibid. ep. 4: ad Eug. presbyterum, (PL suppl. IV, col. 38); Fulgentii episc. Ruspensis ep. ad Eug. abbatem (CChLat.

XCI, pp. 235-40), Ibid., Epistula ad Eug. presbyterum contra sermonem cuiusdam Pelagiani opuscula directa (CChLat. XCI A, pp. 870-3); Dionysii Exigui ad Eug. presbyterum (CChLat. LXXXV, SS Hillyrici minores, pp. 31-4); Eug. ep.

ad Probam (PL LXII, col. 559).

8

PCBE II/1, s.v. Dionysius Exiguus 4, pp. 566-9: Monaco, forse abate, originario della Scizia. Di formazione principalmente in lingua latina, dimostra tuttavia anche un’eccellente conoscenza del greco. Giunto a Roma dopo la morte di papa Gelasio (496), compone una raccolta di canoni conciliari tradotti dal greco, attualmente perduta, dedicata a papa Ormisda (514-523). Ha raccolto anche una serie di decreti pontifici; tradotto tre lettere di Cirillo di Alessandria; il De conditione hominis di Gregorio di Nissa su richiesta di Eugippio; il Tomo agli Armeni di Proclo di Costantinopoli su domanda del vescovo Feliciano e di Pastore, cui ha dedicato l’opera; la Relatio de inuentione capitis beati Iohannis

Baptistae, in cui presenta Giovanni Battista come fondatore del monachesimo; la penitenza di santa Tais; la vita di san

Pacomio, traduzione forse destinata a Galla, figlia di Simmaco.

9

PCBE I, s.v. Ferrandus, pp. 446-50; s.v. Fulgentius 1, pp. 507-13: Ferrando è diacono cattolico di Cartagine, noto come biografo di Fulgenzio di Ruspe, con cui intrattiene sempre un fitto rapporto epistolare. Si interessa soprattutto del tema della Trinità. Dopo il 523 presenta un Breuiatio canonum riassumendo sistematicamente le formulazioni della

Eugippio, giunto presso Lucullanum, manifesta gratitudine verso la nobildonna romana Barbaria, ma risulta in contatto con altre due donne, la monaca Proba e la sorella Galla, figlie di Quinto Aurelio Simmaco e cognate di Severino Boezio10. Si potrebbero per questo ipotizzare buoni rapporti dello scrittore con la famiglia di Oreste e Romolo Augustolo, oltre che con gli Anicii, a loro volta sostenitori di Oreste. Una fitta rete di conoscenze che trova conferma in citazioni frequenti all’interno della sua stessa opera e ne motiva alcune riflessioni ideologiche11.

Esaminando la corrispondenza di Eugippio con gli intellettuali sopra menzionati si possono individuare elementi relativi alla sua formazione culturale. I contenuti delle epistole scambiate tra Eugippio e Fulgenzio di Ruspe rivelano una comune attenzione verso la dottrina agostiniana. Il nucleo centrale della discussione tra i due religiosi verte intorno al concetto di caritas.

La traduzione di un’opera di Gregorio di Nissa, nota nella versione latina con il titolo di De

conditione seu opificio hominis o Liber de creatione hominis, è la prova più evidente dei legami tra

il biografo di Severino e Dionigi il Piccolo, autore della traduzione. Eugippio richiede e visiona il testo. Il contesto entro cui fioriscono idee e si recuperano materiali per la composizione di questa e altre opere di Dionigi, come il Codex canonum ecclesiasticorum, è concretizzato in un circolo di letterati simpatizzanti per Lorenzo, candidato pontificio nel 498 sostenuto dalla politica filobizantina12. Il pensiero di Eugippio potrebbe risultare influenzato dalla mentalità diffusa in un simile ambiente, da lui frequentato tra la fine del V e l’inizio del VI secolo, ma soffermarsi soltanto sull’aspetto politico è riduttivo.

Con Dionigi è ipotizzabile invece anche un confronto sul tema della Trinità, una delle posizioni difese dal monaco scita è infatti quella del teopaschismo13; parimenti non si può ignorare quanto

Chiesa, alla luce non soltanto dei concili africani, ma anche orientali, soprattutto Nicea. Dopo la morte di Fulgenzio scrive a Eugippio una lettera in risposta alle obiezioni di un Gothorum comes contro l’ortodossia trinitaria. Cerca sempre in tutti i suoi scritti di contrastare l’eresia ariana. La sua morte è certamente anteriore al 546, data in cui è dichiarato defunto nell’opera di Facondo, Ad Iustinianum pro defensione trium capitulorum. Fulgenzio è vescovo cattolico di Ruspe (nell’odierna Tunisia), originario di una famiglia di senatori cartaginesi, nasce nel 468. La sua vita è descritta nella biografia che viene attribuita a Ferrando. Si occupa soprattutto di difendere la sua comunità dai Vandali e di combattere le eresie pelagiana e donatista. Per la prosopografia di Ferrando e Fulgenzio vedi anche le pagine di questo scritto relative alla comparazione tra la VS e altri fonti agiografiche – cfr. infra pp. 156-79.

10

PLRE II, s.v. Galla 5, p. 491; s.v. Proba 1, p. 907: Galla è figlia di Simmaco, si sposa in giovane età, ma rimasta vedova dopo un anno entra a far parte del monastero di San Pietro a Roma. Dopo la morte del marito, Fulgenzio di Ruspe le scrive un’epistola sul tema della verginità, rivolgendosi a lei come dominae uere illustri et in Christi timore

uenerabili filiae Gallae. Sorella di Rusticiana e di Proba. Anche quest’ultima riceve lettere da Fulgenzio di Ruspe di

esortazione morale ed è definita famula dei. Vive a Roma, in contatto con molti intellettuali aristocratici, tra cui probabilmente anche Cassiodoro. Eugippio le dedica l’opera di raccolta degli scritti di sant’Agostino, Excerpta ex

operibus sancti Augustini.

11

Ep. ad Pasch. 8: patricius Orestes inique peremptus est […]

12

Alla contesa per il soglio pontificio tra Simmaco e Lorenzo nel 498 e al conseguente scisma laurenziano, prosecuzione di quello acaciano del 483, divisione teologico-politica tra ortodossia e Impero si potrebbe dedicare un capitolo a se stante, riassumiamo brevemente per un inquadramento generale. Simmaco, di origine sarda, è eletto dalla maggioranza dei vescovi, oppositori alla politica filo-bizantina. Diviene papa il 22 novembre 498 come rappresentante dei difensori di Calcedonia, dunque del primato assoluto di Roma in chiave anti-monofisita. Simmaco riesce ad esercitare senza intoppi fino al 501, anno in cui è convocato da Teoderico a Ravenna per discolparsi da una serie di accuse mossegli perché avrebbe trasgredito alla celebrazione della Pasqua nella data stabilita ad Oriente (22 aprile). Dopo un concilio Teoderico stabilisce di eleggere un uisitator, cioè un funzionario solitamente presente in caso di vacanza episcopale. Il re ostrogoto opta per Pietro, vescovo di Altino, e mette sotto processo diversi vescovi simmachiani, ma la maggioranza degli episcopi abiura le decisioni del concilio, sostenendo che papa a nemine

iudicatur. Lorenzo è filo-orientale, suo principale obiettivo è quello di ricucire i rapporti con l’Oriente. I senatori Festo

e Probino lo sostengono. Persa la contesa con Simmaco, nel 502 riesce a rientrare a Roma, dopo l’esilio in Campania in seguito alla sconfitta, ma nel 506 i laurenziani sono di nuovo costretti da Teoderico a restituire tutti i tituli ai simmachiani – cfr. Moorhead 1992:114-39.

13

ODC, s.v. Theopaschites, pp. 1605 s.: La formulazione teopaschita, diffusa tra V e VI secolo, sostiene, in virtù dell’unità di Cristo incarnato, che Dio ha sofferto. La controversia sul teopaschismo si concentra su due temi focali: il primo riguardo alla crocifissione per gli uomini- Pietro il Folle aggiunge al “Trisagion” l’espressione “fu crocifisso per noi”; il secondo alla formula “Una parte della Trinità ha sofferto nella carne”, principalmente difesa da monaci sciti in

Eugippio possa avere assorbito dall’interesse che Dionigi dedica ai trattati teologici elaborati in Egitto14, soprattutto la traduzione della Vita sancti Pachomii. Nel prologo alla stessa Dionigi sviluppa la topica degli uomini beati oppressi dalle disgrazie.

Tutti gli scambi intercorsi tra Eugippio e gli intellettuali citati confluiscono e alimentano la produzione letteraria dell’abate di Lucullanum, rispondente a uno specifico contesto politico e teologico della società romana posteriore al 476, con tribù barbariche insediate nell’Impero e scismi dogmatici tra ovest ed est.

Sempre dalla corrispondenza di Eugippio si possono ricavare ulteriori dati per stabilire i suoi spostamenti; nei primi anni del VI secolo l’abate trascorre forse un decennio lontano dal monastero di Lucullanum scrivendo, presso il cenobio dell’isola di Lérins, la sua opera intitolata Excerpta ex

operibus sancti Augustini. Nella lettera prefatoria alla ingente raccolta degli scritti agostiniani,

Eugippio si rivolge a Proba iniziando con l’espressione: Exceptorum codicem quem de nonnullis

operibus sancti Augustini, cohortante domino meo Marino abbate […]. Marino potrebbe essere il

presbyter insulae Lirinensis che è menzionato anche nella Vita s. Eugendi15, come abate a capo del

monastero tra il 500 e il 51016.

La stesura della Vita sancti Seuerini, realizzata presso il cenobio napoletano, dove Eugippio sostituisce Marciano alla guida della congregazione17, va posta sicuramente nel 51118. Del periodo compreso tra il 511 e il 543, anno in cui Cassiodoro lo ricorda come già scomparso19, si ignora quasi tutto. Gli unici dati che si possono cogliere della sua attività letteraria e di organizzatore del monastero si evincono ancora dalle lettere scambiate soprattutto con gli ecclesiastici africani, in effetti è certo che sia vivo nel 532 quando Ferrando gli invia l’Epistula dogmatica, scritta in seguito alla morte di Fulgenzio di Ruspe (1 gennaio 532).

Il diacono cartaginese è testimone di una corrispondenza assidua con Eugippio, infatti scrive:

epistulae uestrae numero uerborum breues sententiarum pondere maximae sunt20, purtroppo delle

stesse non si possiede traccia.

Verso la fine della sua vita Eugippio riassume quanto teorizzato nelle discussioni teologiche epistolari nell’elaborazione di una Regula, come riporta Isidoro di Siviglia: Scripsit etiam regulam

monachis […] quam eisdem moriens quasi testamento iure reliquit21. Questo testo è pervenuto nel

manoscritto Par. Lat. 12634, un florilegio monastico che riproduce integralmente la regola di Agostino ed estratti di opere diverse, tra cui la Regula Magistri.

Si ipotizza che la morte dello scrittore sia avvenuta prima della conquista bizantina di Napoli nel 536, evento rilevante e di cui non si è trovata menzione in nessuno degli scritti di Eugippio.

Presenza nei repertori:

Repertorium IV, s.v. Eugippius, pp. 389 s.; RE V/1, s.v. Eugippius, col. 989 (P. Jülicher); NP 4, s.v.

Eugippius, col. 234 (W. Berschin); DBI XLII, s.v. Eugippio, pp. 509-14 (R. Bratož); DLCA, s.v. Eugippio, p. 325 (B. Surmann); NDPAC I, s.v. Eugippio, coll. 1830-2 (V. Pavan); DHGE XV, s.v.

Costantinopoli, incluso Giovanni Massenzio, ma rifiutata dal patriarca di Costantinopoli e da papa Ormisda (514-523). L’imperatore Giustiniano invece la sostiene, trovando nel 534 anche l’appoggio di papa Giovanni II (533-535).

14

Nello specifico, come già ricordato, Dionigi si occupa della traduzione della Historia inuentionis capitis sancti

Johannis Baptistae dell’abate Gaudenzio; della Penitentia sanctae Taisis di Pastore e della Vita sancti Pachomii.

15

Vita Eug. 179 (SCh 142:432)

16

Cfr. Kaphahn 1947:99; Prinz 1988:332.34. La tesi degli studiosi tedeschi è contraddetta in PCBE II/2, s.v. Marinus 3, p. 1409: Abate che esorta Eugippio a selezionare degli estratti significativi dall’opera di Agostino, come attesta la lettera inviata da Eugippio stesso tra il 492 e il 509 a Proba. E’ quasi totalmente escludibile l’identificazione con il prete di Lérins menzionato verso il 520 dall’anonimo autore della Vita dei Padri del Giura. Più verosimile che fosse un abate poco noto di qualche comunità italica.

17

Per la prosopografia di Marciano vedi infra p. 102 – vedi anche De Vogüé 2003:131.

18

Ep. ad Pasch. 1: Ante hoc ferme biennium, consulatu scilicet Inportuni […] – cfr. supra p. 5, n. 2.

19

Cass. Diu. litt. 1,23,2: […] plurimos annos uitam suam Domino praestante transegit.

20

Ferr. ep. 4 (PL suppl. IV, col. 38)

21

Eugippius, coll. 1376-8 (M. Cappuyns); ODC, s.v. Eugippius, p. 572; DSp IV/2, s.v. Eugippius,

coll. 1684 s. (G. de Plinval); ODB, s.v. Eugippius, p. 744; DACL V/1, s.v. Eugyppius, pp. 702-4.