• Non ci sono risultati.

Excerpta ex operibus sancti Augustini e Regula Eugipp

Eugippio è noto soprattutto per la composizione della Vita sancti Seuerini, ma gli è riconosciuta la paternità anche di altre due opere, gli Excerpta ex operibus sancti Augustini e una Regula Eugippii, che per lungo tempo è risultato un documento non identificabile, ma che studi recenti attribuiscono con certezza alla mano di Eugippio associandolo al florilegio monastico del manoscritto Par. Lat. 12634 (cod. E)1.

Gli Excerpta è un’opera composta di 348 estratti2, estrapolati da una quarantina di testi di santo Agostino; si tratta di un contributo fondamentale per la conoscenza delle relazioni patronali, dei canoni letterari e del ruolo delle istituzioni monastiche nel periodo tardo antico.

Eugippio è stato uno dei maggiori studiosi e promotori delle teorie agostiniane nei primi anni del VI secolo3. Lo scrittore enuncia le motivazioni che lo hanno spinto alla composizione della raccolta, commissionata dal ristretto circolo di aristocratici cui appartiene, nell’epistola dedicatoria a Proba. Si rivolge alla donna definendola Dominae merito uenerabili et fructu sacrae uirginitatis in Christi

gratia semper inlustri ac per omnia probae e sfruttando l’onomastica focalizza l’attenzione dei

lettori sulla virtù, nel caso specifico la sacra verginità.

Proseguendo nella lettera scrive di aver composto l’opera su esortazione di un abate di nome Marino, elemento discusso per una possibile datazione4, ma soprattutto si domanda chi inter

magnos et egregios catholicae doctores ecclesiae potesse ignorare la fama del vescovo Agostino,

forse sottolineando la volontà di appellarsi a un pubblico esclusivo di cattolici.

Progressivamente introduce gli argomenti centrali del suo pensiero religioso, avversione al pelagianesimo e all’arianesimo, esaltazione dell’umiltà secondo topos.

Il passo successivo è importante per comprendere il valore che Eugippio assegna ai rapporti intessuti con altri intellettuali nella costruzione di una propria biblioteca agostiniana5, che gli permetta di compilare gli Excerpta e che al tempo stesso ne giustifichi anche la varietà tematica. L’autore della missiva si dichiara aeger, malato oppure afflitto, quindi in una condizione di difficoltà che si può associare sia a una situazione di lontananza dall’abituale residenza6 sia ai contrasti politico-religiosi connessi allo scisma laurenziano. Il concorso di tutti questi elementi rinforza la probabile datazione degli Excerpta al periodo tra il 498 e il 509.

Eugippio fornisce poi informazioni anche sulla metodologia da lui seguita nella classificazione del materiale raccolto, afferma di procedere per plurime selezioni, secondo gli studiosi per sequenze, in una prima fase attente al contesto spaziale e secondariamente tematiche7.

Eugippio riporta un breve titolo, a sintesi della topica discussa, per ogni estratto dagli scritti di Agostino. Per introdurre i lettori alla sua raccolta decide di iniziare con un libro completo tratto dall’opera di Agostino8, non soltanto con alcuni passi, nell’intento di favorire pienamente la comprensione della dottrina. Dimostrerà coerenza riguardo a questa impostazione nella formulazione della propria Regula.

Esordio ed epilogo degli Excerpta sono riservati al concetto di caritas, cornice primaria di ogni suo testo. Il procedimento selettivo dei temi implica finalità precise, Eugippio si pone probabilmente più

1

Cfr. De Vogüé 1984; Degórski 2005.

2

Cass. Diu. litt. 1,23,1: Sostiene un’articolazione in 338 capitoli secondo testimonianza del ms. a lui disponibile, il Vat.

Lat. 3375 della prima metà del VI secolo.

3

Cfr. Gorman 1980:7-49.

4

Cfr. supra p. 35.

5

Eug. ep. ad Probam 1 (PL LXII, col. 559): […] quae praestantibus amicis integra legeram […]

6

Di nuovo a sostegno dell’ipotesi di una composizione presso Lérins – cfr. supra p. 35.

7

Cfr. De Vogüé 1984:392.

8

Eug. ep. ad Probam (PL LXII, col. 562A): Integrum uero librum uisum est excerptorum debere esse principium […]

quem idem beatus Augustinus antistes ad sanctum Hieronymum post primum de animae quaestione noscitur scripsisse presbyterum […].

obiettivi, ma il fine predominante è individuabile nella volontà di combattere le eresie in ascesa agli inizi del VI secolo.

Un esame attento dei primi capitoli conferma questa tesi, le istanze riprodotte sono tratte dalle

Confessiones, dal De moribus ecclesiae catholicae e dal De uera religione di Agostino. Il primo

testo è forse l’opera agostiniana più significativa, autobiografica, da Eugippio in questa occasione è scarsamente ripresa, ne utilizza soltanto otto passi9 (Excerpta V-VI/VIII-XI). Lo scrittore antepone a questa selezione la missiva di Agostino a Girolamo, riguardante l’epistola dell’apostolo Giacomo (Iac. 2,10) sulle quattro virtù cardinali. La scelta di Eugippio di riportare questa lettera risponderebbe al desiderio di inquadrare il florilegio nel segno di una carità unificante.

Il secondo capitolo degli Excerpta è estratto dal De moribus ecclesiae catholicae e riguarda il primo periodo dell’attività letteraria di Agostino come cristiano, l’attenzione di Eugippio potrebbe essere rivolta ad esprimere l’autorità del vescovo di Ippona in materia di manicheismo. In realtà numerosi studi critici hanno segnalato una volontaria rimozione da parte di Eugippio di alcune parti del testo agostiniano. Ciò che risulta omesso possiede importanza particolare per la possibile comprensione del pensiero dell’autore degli Excerpta.

Agostino afferma che l’unica virtù esistente consiste nella totale dedizione a Dio, Eugippio tralascia questo assunto forse perché dubbioso o in disaccordo con questo specifico insegnamento. L’omissione però si ripete prevalentemente quando le sentenze da riportare sono scritte in prima persona, probabilmente Eugippio cerca soprattutto di esprimere la massima autorevolezza e oggettività delle tesi formulate. Inoltre l’eliminazione di alcune parti risponde all’intento di preservare una coerenza tematica, con il fulcro sulle virtù cardinali enunciate in apertura. Conferma a questa ipotesi si trova nel terzo capitolo degli Excerpta, tratto dal De Trinitate (14,9) agostiniano10,tutto incentrato sulla giustizia in rapporto alle altre tre virtù, prudenza, temperanza e forza d’animo; argomentazione sottostante a ogni opera di Eugippio.

Dal quarto capitolo lo scrittore propone una svolta e considera il De Ciuitate Dei (14,3), in particolare il processo di generazione del peccato dallo spirito e non dalla carne. Eugippio trascrive integralmente il passo in cui Virgilio11 spiega la dottrina platonica, con l’intenzione di richiamare l’attenzione sul concetto per cui il corpo è fonte dei quattro maggiori disturbi della mente: desiderio, timore, gioia e afflizione. Enumera dunque quattro cause di vizio contrapposte alle quattro virtù e recupera ancora la dilectio e la caritas per rapportarle al sentimento di amor.

Negli Excerpta l’autore introduce a questo punto passi dalle Confessiones, ma soltanto quelli meno autobiografici: il ragionamento sui cinque sensi (X 29,40-43,70) e la memoria in cui è insito Dio (X 8,12-19,28) in opposizione al credo neoplatonico, che evoca demoni e angeli come intermediari tra Dio e gli uomini. Segue, secondo logica, una riflessione sulla natura del tempo, dall’undicesimo libro dell’opera agostiniana. Eugippio non casualmente conclude la rassegna dall’autobiografia del vescovo prestando attenzione alla pluralità dei significati delle Sacre Scritture, esplicitando ulteriormente lo scopo dottrinale della sua opera.

Agostino nel De Doctrina Christiana sostiene la necessità di affidarsi anche alla cultura profana per interpretare le Sacre Scritture12. Eugippio utilizza passi di questa opera agostiniana con una frequenza molto alta, in particolare ventidue estratti soltanto dal libro secondo e terzo, relativi alla definizione della cultura cristiana e all’apprendimento esegetico.

9

August. conf. I 1,1-5,6/ X 6,8-6-10/ X 24,35-34,53/ X 41,66-43,69/ XI 23,29-24,31/ XI 27,34-31,41/ XII 25,34-35/ XII 27,37-32,43

10

Il De Trinitate è l’opera di Agostino maggiormente considerata da Eugippio, insieme al De Ciuitate Dei.

11

Verg. Aen. 6, 730-4. Negli Excerpta si individuano alcune citazioni da autori diversi da Agostino: quattro riferite a Platone (Tim. 3,29c,41a, Rep. 10,614b) , cinque a Cicerone (Tusc. 1,27; 3,6,12; Rep. 2,10; 3,28; 6,4), due a Sallustio (Cat. 5/26) , otto dall’Eneide virgiliana (1,274; 6,337 ss./664/ 720/ 730 ss./ 733/ ss./751), tre da Orazio (sat. 2,6,79 ss.;

ep. I, 7,29 ss./10,41), una soltanto da Plinio (nat. hist. 8,32,114) e Terenzio (Andr. 61).

12

August. doctr. 2,40,11-17: […] sic doctrinae omnes gentilium non solum simulata et superstitiosa figmenta […] sed

etiam liberales disciplinas usui ueritatis aptiores et quaedam morum praecepta utilissima continent, deque ipso uno Deo colendo nonnulla uera inueniuntur apud eos […].

I maggiori riferimenti negli Excerpta sono pertinenti ai signa, ripetendo l’utilità delle scienze naturali, dei numeri, della dialettica e dell’eloquenza. Bisogna considerare però che parte della tradizione classica inizia a divenire di difficile accessibilità nei primi anni del VI secolo in Italia. Infatti si può ritenere di una certa importanza la presenza di una limitata componente di intellettuali ancora assidua alla cultura ellenica, Boezio è il principale esempio; nonostante ciò Eugippio omette numerosi passi agostiniani in lingua ebraica e greca13. E’ possibile formulare molte ipotesi rispetto a questa scelta, ma principalmente si può credere che valga come dimostrazione di un progressivo declino del bilinguismo latino-greco nel mondo romano occidentale; ciò spiega anche le richieste epistolari dello scrittore di traduzioni latine da opere greche.

Il principale obiettivo degli Excerpta di Eugippio rimane comunque la diffusione della vasta opera dottrinaria di Agostino a quanti non dispongano di idonee risorse librarie e l’autore consegue il suo scopo, se prestiamo fede a quanto scrive Cassiodoro nel capitolo appositamente dedicato a Eugippio e Dionigi delle sue Institutiones:

Conuenit etiam ut presbiteri Eugipii opera necessaria legere debeatis […] ex operibus sancti Augustini ualde altissimas quaestiones ac sententias diuersasque res deflorans […] qui codex, ut arbitror, utiliter legitur, quando in uno corpore diligentia studiosi

uiri potuit recondi, quod in magna biblioteca uix praeualet inueniri14.

L’influenza di Agostino è preponderante anche nella Regula Eugippii, di cui il primo capitolo è riproduzione della Regula Augustini (Ordo Monasterii, Praeceptum)15, il tema dominante rimane la coesione della comunità nell’amore verso Dio e il prossimo.

L’opera composta presso il monastero campano poco prima della morte di Eugippio, circa nel 530, è stata studiata negli ultimi anni soprattutto in comparazione con altre due significative e contemporanee regole monastiche, la Regula Magistri16 e la Regula Benedicti17, scritte rispettivamente una quindicina di anni prima e dopo.

Da Isidoro di Siviglia18 si apprende che Eugippio realizza una regola per i monaci del monastero di San Severino e la lascia come testamento; il manoscritto che la contiene (cod. E) proveniente dall’Italia meridionale e databile ai primi anni del VII secolo circola nel mondo anglosassone e franco entro l’VIII secolo, ma non è mai menzionato da Benedetto di Aniane19.

L’identificazione della Regula Eugippii con il florilegio del ms. Par. Lat. 12634, risalente agli anni Sessanta del secolo scorso, ha permesso la pubblicazione dell’edizione critica inclusa nel Corpus

13

Si limita alla citazione di singoli termini che non sono compromettenti per la comprensione del concetto esposto da Agostino – Ad esempio cfr. Eug. exc. CXCIV 212 da August. ep. 149,2, 12: δεήσεις.

14

Cass. Diu. litt. 1,23,1

15

DIP VII, s.v. Regula Augustini, coll. 1542-55 (L. Verheijen); ODC, s.v. Augustine of Hippo, Rule of St, pp. 131s.: E’ una compilazione di più testi, di cui si individuano tre parti principali: la Consensoria monachorum, la Ordo Monasterii e il Praeceptum, a cui molti studiosi affiancano anche l’epistola 211 di Agostino che è simile al Praeceptum, ma rivolta a donne. Erasmo ha suggerito che la regola di Agostino fosse stata inizialmente scritta per delle donne e poi adattata a una comunità maschile. Dopo la morte del santo vescovo la sua regola è poco ripresa, fino alla fine dell’XI secolo, quando è adottata per la composizione dei Canoni agostiniani.

16

Cfr. supra p. 213, n. 11.

17

DIP VII, s.v. Regula Benedicti, coll. 1555-64 (A. De Vogüé); ODC, s.v. Benedict, Rule of St, p. 183: Si tratta della regola monastica scritta per la comunità di Monte Cassino da san Benedetto, circa nel 540. Trae spunti dalla regola di Basilio, nella versione di Rufino, e da Cassiano, Agostino e Cesario di Arles, ma soprattutto dal testo noto come Regula

Magistri. La regola si sofferma specialmente sulla prudenza e l’attenzione per l’aspetto umano del singolo, esortando

all’obbedienza. Emerge la possibilità di una maggiore autonomia dell’abate che dirige il monastero, che ha il dovere di occuparsi di ogni elemento della comunità. La regola di Benedetto dimostra più interesse pragmatico rispetto al modello principale della Regula Magistri, con arricchimento della componente istituzionale e inasprimento nelle restrizioni e punizioni.

18

Cfr. supra p. 35, n. 21.

19

ODC, s.v. Benedict of Aniane, St, p. 183: Abate nato circa nel 750, al servizio di Pipino e Carlo Magno, in seguito diviene monaco, intorno al 774. Fondatore di un monastero presso Aniane nel 779 e autore di una raccolta delle prime regole monastiche, nota con il titolo di Codex Regularum monasticarum et canonicarum. Autore anche di un’opera dogmatica, intitolata Munimenta fidei.

Ecclesiasticorum nel decennio successivo. La silloge include parecchi testi monastici noti, oltre alla

regola agostiniana, molte parti della Regula Basilii nella versione latina di Rufino20, della Regula

Magistri, da Cassiano delle Conlationes e Institutiones21, della Regula Quattuor Patrum22, della

Regula Pachomii23 e di un estratto celebre della Sententia di Novato24; per concludere con una

lettera di Girolamo (ep. 125,9).

Conrad Leyser, nella recente miscellanea di studio curata da Walter Pohl e dedicata a Severino e il suo biografo, lamenta l’assenza di un accurato studio comparativo degli scritti di Eugippio25, ma, proprio sulla base di un confronto tra gli Excerpta e la Vita Seuerini, De Vogüé afferma la paternità della regola nel ms. Par. Lat. 12634 a Eugippio. In questo manoscritto è descritta una versione agostiniana dell’organizzazione monastica, che si differenzia dalla Regula Magistri; non gerarchica, ma verticale.

Le affinità con gli Excerpta sono molte, conformità linguistiche e stilistiche oltre che di contenuti, entrambe le opere sono florilegi, cambiano soltanto le dimensioni, nel caso degli estratti 348 capitoli, 46 per la Regula26. Esiste chiara corrispondenza tra inizio e fine delle due raccolte, entrambe prendono avvio da un libro intero ed entrambe terminano con un estratto, di Basilio per la prima, Girolamo per la seconda.

La Regula rivela più indipendenza rispetto alla citazione di fonti dirette, non sono citati titolo e autore degli estratti richiamati, pare un’opera impersonale e anonima, da cui sono esclusi anche finalità e occasione della composizione.

Si possono definire tre gruppi di tematiche ricorrenti sia nella Regula di Eugippio, sia nella Regula

Magistri e in quella di san Benedetto: attenzione per gli aspetti materiali della vita monastica,

elenco di vizi e virtù del monaco e dei superiori e imposizioni disciplinari.

20

ODC, s.v. Basil, Rule of St., pp. 167 s.: La regola di Basilio è fondamento della vita religiosa della Chiesa orientale. Basilio è il primo a comporre dei regolamenti per monaci, noti come Moralia, compiuti nel 358-9 e consistenti in una collezione di ottanta regole, con richiami al NT. Quello che è invece conosciuto come regola di Basilio è l’Asceticon, costituito da interrogativi posti a Basilio da gente devota, incontrata nelle sue peregrinazioni. Di una prima versione del testo (piccolo Asceticon) è realizzata una traduzione latina da Rufino nel 397. Una redazione successiva dell’Asceticon è improntata per il monastero di Basilio in Cesarea, con l’integrazione delle disposizioni punitive (Epitimia). Entro il VI secolo è predisposta la versione più estesa, nota come Grande Asceticon, che aggiunge prologhi tra i Moralia e gli

Epitimia. Nel Medioevo vi è ulteriore ampliamento con l’aggiunta delle Constitutiones asceticae e un trattato sul

battesimo.

21

Id., s.v. Cassian, John, p. 295: Monaco scita vissuto tra fine IV e inizio V secolo, è molto influenzato dal monachesimo egiziano di Evagrio Pontico. Trasferitosi in Occidente, nel 415 fonda due monasteri presso Marsiglia e scrive due opere: le Conlationes e le Institutiones. La seconda tratta di una serie di regole per la vita monastica ed è alla base di molte regole occidentali. Con la prima Cassiano propone una raccolta di conversazioni con i maggiori esponenti del monachesimo orientale.

22

DIP VII, s.v. Regula Quattuor Patrum, coll. 1595-7 (J. Neufville): Il nome dell’opera è dato dalla struttura della stessa, articolata in un preambolo e quattro discorsi di altrettanti Padri, redattori di una regola comune per i monasteri di cui sono responsabili. Si ipotizza che l’autore sia in realtà un chierico romano della metà del secolo V, per uso costante del salterio romano. Studi più recenti hanno però contestato questa tesi e privilegiato l’ipotesi che l’elaborazione sia avvenuta presso la scuola di Lérins, tra il 400 e il 410.

23

ODC, s.v. Pachomius, St, p. 1207: E’ ritenuto il fondatore del monachesimo cenobitico cristiano. Originario dell’Egitto nel IV secolo, di famiglia pagana si converte ed è battezzato nel 313. Fondatore di nove cenobi maschili e di due femminili. Elabora una regola per gli stessi, fondamentale per simili congregazioni occidentali, di cui esiste solo una sintesi in traduzione latina (Regula Pachomii breuis), realizzata da Girolamo dopo il 404. Nella Regula Pachomii prevale la strutturazione gerarchica delle comunità, con centro dell’attenzione posto sul superiore del monastero.

24

DIP VI, s.v. Nouati Sententia de Humilitate et de Obedientia, coll. 441 s. (A. de Vogüé): Si tratta di un sermone di un vescovo o sacerdote destinato a una comunità monastica tra 430 e 530. I principi che vi sono affermati con estrema autorità sono quelli dell’umiltà, l’obbedienza e la carità. Si sostiene anzitutto un modello paritario tra i membri della congregazione.

25

Cfr. Leyser 2001:68-70.

26

Possibile riflesso della struttura della VS in 46 capitoli – cfr. de Vogüé 1984:406-8; Hofmann 1998:293-305; Leyser 2001:68-70.

De Vogüé ha prodotto un’analisi dettagliata delle interconnessioni tra le regole monastiche tardo antiche e alto medievali ed è importante notare che le tre compilazioni che si è scelto di confrontare sono ispirate probabilmente allo stesso insieme di testimonianze27.

La formulazione di Basilio si diffonde molto nell’Italia del VI secolo e influenza sia Eugippio sia Benedetto, oltre a caratterizzare anche le opere in ambito irlandese nel VII secolo.

La regola agostiniana diviene fondamento per le produzioni circostanti l’area napoletana, ma non solo, anche Cesario di Arles riutilizza concetti di Agostino nelle sue opere. Cassiano è ripreso praticamente dalla maggioranza degli autori del VI secolo, anche appartenenti ad ambiti geografici molto diversi.

Eugippio nel suo florilegio analizza tematiche più attinenti alla vita spirituale, in posizione primaria pone Agostino, ad indicare la superiorità della regola del vescovo di Ippona. Nella presentazione degli estratti non conserva però l’articolazione originale delle opere; in particolare la Regula

Magistri è quella riproposta in modo più disordinato, sono anteposti i temi pratici a quelli

concernenti le qualità dell’abate superiore28.

Il secondo e terzo capitolo della Regula Eugippii sono significativi perché sono gli unici che concentrano insieme due istanze da due regole monastiche diverse, la Regula Quattuor Patrum 3 e la Magistri 16 nel primo caso e la regola di Basilio (103/104/106) e Magistri 17 nel secondo caso. La Regula Quattuor Patrum compare solo in questa occorrenza e in una posizione di preminenza, subito dopo la sezione agostiniana. Il brano estratto riguarda il custode della dispensa (cellarius) e la scelta di Eugippio si differenzia nettamente dalle priorità che gli autori delle altre regole tardo antiche riconoscono invece alla descrizione delle varie categorie di monaci e alle qualità degli abati. Le Institutiones di Cassiano iniziano con un libro dedicato a un monaco egiziano, seguono poi due parti sul sistema canonico di preghiera diurna e notturna. Nel quarto libro, relativo alle modalità per pervenire alla perfezione, si trova una menzione del ruolo di dispensiere, ma è soltanto un cenno inglobato nell’elenco dei ruoli diversi ricoperti entro un monastero.

In Regula Eugippii 2 l’economo del cenobio è amministratore del sacro, direttamente sottoposto all’abate, eppure Eugippio decide di anticipare la descrizione del grado inferiore a quella del superiore, posticipata addirittura al venticinquesimo capitolo. Si può dedurre un riscatto della singola personalità di ogni membro della comunità, che concorre in reciproca fraternità alla formazione di una realtà cenobitica.

L’enfasi in Eugippio è posta, oltre che sull’equità delle funzioni, sui valori di umiltà e obbedienza, cui è riservato espressamente il capitolo ventinove, in ripresa della Sententia di Novato. Per preservare nei monaci queste qualità è necessario sottolineare l’importanza anche delle attività pratiche, ma non è ininfluente il fatto che nella regola di Lucullanum i temi legati alla prassi occupino soltanto una percentuale pari a un quarto dell’opera; forse questo dato rappresenta una delle maggiori differenze in rapporto alla Regula Magistri e Benedicti29.

Ritorna il principio della caritas come cornice di chiusura, ben esaminato nel penultimo capitolo, e tutte le doti richieste alle diverse componenti del monastero inteso come Ecclesia Christi, quindi castità, penitenza, preghiera, giustizia, obbedienza, silenzio e carità si devono amalgamare nell’abate, immagine del divino sulla terra, sanctae huius artis sit artifex in Eugippio (reg. 25,21). Per la conclusione l’abate di Lucullanum si è servito di Girolamo30 e non avrebbe potuto fare diversamente per divulgare la necessità dell’esperienza comunitaria.

27

Cfr. De Vogüé 1985:14 -15.

28

Nell’ordine si trova reg. mag. 16/17/5/7/54/55/73/30/74/47/2/1/10/12/13

29

Cfr. Degórski 2005:37.

30