• Non ci sono risultati.

L'avvento del sayyid Abbas al-Moussawi: primi passi verso l'integrazione nel

CAPITOLO IV – HIZBULLĀH: DA MOVIMENTO D

4.1 La fase dell'infitāh: l'ingresso nel sistema politico libanese

4.1.1 L'avvento del sayyid Abbas al-Moussawi: primi passi verso l'integrazione nel

Nella seconda conferenza del Partito, tenuta nel maggio del 1991, Abbas al-Moussawi venne eletto Segretario Generale, mettendo in evidenza la continuità delle decisioni, delle politiche e delle ideologie del movimento, sebbene il processo di cambiamento fosse ormai in corso, in quanto tale elezione simboleggiò la fine dell'incrollabile zelo dei primi anni605.

Nello stesso anno, il sayyid propose un piano politico indirizzato a tutti i libanesi nel quale sottolineò l'importanza del rafforzamento della resistenza contro l'occupazione israeliana; enfatizzò l'importanza della fine di tutte le discordie che caratterizzavano il periodo, attraverso un dialogo costruttivo che avrebbe permesso di risolvere importanti questioni sociali e politiche; sottolineò l'importanza di intraprendere un processo di libanizzazione (labnana) o di infitāh in particolare verso i cristiani, attraverso il lancio di una vasta e inedita campagna di relazioni con tutti i poteri politici e sociali presenti in Libano e diretta ad incoraggiare i legami nonostante le differenze ideologiche; ed

601 Norton A. R., op. cit., pag. 99

602 Daher A., Subhi al-Tufayli e la “Rivolta degli affamati”, op. cit., pag. 249 603 Hamzeh A. N., In the path of Hizbullah, op. cit., pag. 110

604 Ibidem.

605 Blandford N., Warriors of God. Inside Hezbollah's thirty-year struggle against Israel, Random House, New York 2011, pag. 94

infine, evidenziò l'importanza di dedicarsi al miglioramento delle condizioni di vita e dell'appagamento dei bisogni delle popolazioni delle aree più disagiate606.

In diverse occasioni al-Moussawi illustrò le sue posizioni rispetto a diverse questioni all'ordine del giorno. Ne estrapoliamo alcune fra le più rilevanti.

Le elezioni all'interno del Partito. Enfatizzando una linea di continuità tra passato,

presente e futuro data dalla adesione unanime e indiscutibile alla fedeltà a Khomeinī e alla lotta contro Israele, alcuni giorni prima della sua elezione al-Moussawi dichiarò che le elezioni erano parte di una routine del Partito condotta in conformità con lo statuto del movimento e che ciò non avrebbe portato alcun cambiamento all'interno della leadership.

Gli Accordi di Tā'if. Il sayyid al-Moussawi dichiarò la sua critica nei confronti di tali

accordi poichè, dal suo punto di vista, non avrebbero condotto ad una riconciliazione internazionale, anche se sottolineò che il movimento avrebbe supportato ogni politica tesa al miglioramento del benessere del cittadino. Dal suo punto di vista, era fondamentale creare un governo basato sui principi della lotta ad Israele, sulla giustizia sociale e sul rispetto reciproco, piuttosto che adempiere agli Accordi di Tā'if basati sullo sfruttamento delle comunità.

Il disarmo delle milizie. Il sayyid dichiarò che le armi del Partito erano necessarie alla

lotta contro Israele anche se il Partito non poteva essere definito una milizia607.

La partecipazione di Hizbullāh alle elezioni parlamentari. Il sayyid dichiarò che tale

partecipazione sarebbe dipesa dai principi alla base del Governo libanese, in particolare i principi di giustizia e di rispetto reciproco, e solo se le elezioni fossero svolte in conformità con la volontà del popolo.

L'integrazione dei combattenti della Resistenza all'interno dell'Esercito regolare. Per

quanto riguarda questo punto, al-Moussawi espresse il suo rifiuto dichiarando però che il movimento avrebbe potuto stilare una lista di candidati da inserire nell'esercito solo se questo fosse servito a diffondere il messaggio islamico all'intera società e, nel caso in cui l'esercito fosse rimasto sotto il controllo cristiano, questi ultimi non avrebbero dovuto utilizzare le armi contro i cittadini.

La questione degli ostaggi. Il giorno stesso in cui prese possesso della carica, la guida

del Partito dichiarò che il movimento era disponibile a discutere il rilascio di due 606 Alagha J. E., op. cit., pag. 151

607 Il Partito ha sempre rifiutato tale appellativo, definendosi invece movimento jihadista: «We were never a military party or a militia; we put ourselves forward as a jihadi movement to confront the ongoing occupation and the agression on our people and land», Hasan Nasrallah citato in Noe N., op. cit., pp. 82- 83

israeliani del cui rapimento il Partito si dichiarò responsabile, mentre negò ogni legame con il rapimento degli ostaggi occidentali.

La Resistenza Islamica. Il rafforzamento della lotta contro Israele fu sempre al centro

del suo interesse608, attaccando coloro che, all'interno del Governo, consideravano

l'esistenza del movimento un ostacolo alla ricerca di una soluzione attraverso i mezzi diplomatici, e sostenendo che lo smantellamento delle armi della Resistenza dal Sud avrebbe incoraggiato l'aggressione israeliana. Egli sosteneva che l'unica via possibile per sconfiggere Israele era la creazione di una “società della resistenza” fondata sul concetto dell'autosacrificio e sul riconoscimento del jihād quale dovere religioso.

Le relazioni con il Governo. Il sayyid, nonostante non aderisse alle politiche adottate

dal Governo, propugnò una politica di apertura e di dialogo con il sistema politico, guidando il Partito nei suoi primi passi verso l'infitāh senza mai mettere in discussione l'importanza della resistenza contro il nemico609.

Il 16 febbraio del 1992, dopo aver preso parte ad una cerimonia di commemorazione dedicata allo shaykh Ragheb Harb, il sayyid Abbas al-Moussawi e la sua famiglia furono uccisi dalle forze israeliane. Il giorno seguente, il Consiglio del Partito decise all'unanimità l'elezione di Hasan Nasrallah.

La morte di al-Moussawi rappresentò un momento centrale nella storia del Partito ed ebbe gravi conseguenze.

Il 17 marzo, un mese dopo la morte del sayyid, l'ambasciata israeliana di Buenos Aires fu soggetta ad un attacco suicida in cui persero la vita ventinove persone e ne rimasero ferite più di duecento. L'attentato venne rivendicato dall'organizzazione Jihād Islamico e dedicato al figlio di al-Moussawi, Husayn, morto insieme a lui nell'attentato israeliano610.

La morte del sayyid segnò un punto di svolta nella resistenza poichè per la prima volta vennero lanciati i razzi Katyusha contro le postazioni dello SLA, contro quelle israeliane611 e verso insediamenti israeliani della Palestina occupata612.

Un'altra conseguenza, se non la più importante, della morte di al-Moussawi, fu l'elezione di Hassan Nasrallah come suo successore.

608 Qassem N., op. cit., pag. 108 609 Aizani E., op. cit., pp. 88-91

610 Blandford N., op. cit., pag. 97. Sebbene il Partito negò ogni coinvolgimento, l'autore sottolinea che tale attentato inviò un chiaro messaggio: l'organizzazione aveva i mezzi e la volontà per vendicarsi della morte dell'ex Segretario Generale.

611 Blandford N., op. cit., pag. 98 612 Qassem N., op. cit., pag. 109