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Capitolo 1. Introduzione al 1989

2. Azione e reazione

I primi mesi del 1989 furono decisivi per le sorti della guerra fredda. Si può pensare ad una serie di eventi tra loro collegati eppure allo stesso tempo indipendenti e non coordinati. La difficoltà maggiore nel fare un resoconto degli eventi che condizionarono l’ultima fase della guerra fredda è tentare di decidere quali furono i più rilevanti. L’Europa dell’Est sembrò ridestarsi da un lungo sonno e i vari movimenti anti-regime sembrarono captare che i tempi fossero maturi per testare la politica di Gorbaciov.

Sembra plausibile dare un posto di rilievo a due fattori in particolare che spinsero il 1989 verso la “desovietizzazione”: il primo è la politica di Gorbaciov; il secondo, per nulla indipendente dal primo, fu l’evolvere della situazione in rapida progressione in Ungheria e Polonia.

L’Europa dell’Est divenne presto il centro della guerra fredda, o meglio della fine del confronto bipolare; è importante notare che il fermento in Europa Orientale, seppur causato in larghissima parte dalla politica di Gorbaciov, guadagnò sempre maggiore autonomia e divenne quindi una vera e propria variabile indipendente per le due potenze bipolari.

Altrettanto importante per comprendere le vicende del 1989 è il legame che si venne a creare tra la politica di Washington e quella di Mosca. Nonostante Bush ripetesse in più di un’occasione che gli USA dovevano riguadagnare l’iniziativa, formulare una politica basata sugli interessi americani, indipendentemente dalle azioni sovietiche, è difficile scindere la politica americana dell’oltre contenimento dal fattore Gorbaciov.

Allo stesso modo, l’inattività e la lentezza americana nel dare una risposta alle proposte sovietiche, all’aprire un negoziato sugli armamenti e a prendere una posizione, ad oltre quattro mesi dall’insediamento dell’amministrazione, ridusse lo spazio di manovra sovietico.

I primi mesi del 1989, ma più in generale tutto il 1989, può considerarsi come un incredibile intreccio di azioni e reazioni, e di politiche e visioni che, seppur rispecchiando i diversi interessi dei vari attori, non poterono fare a meno di interagire tra loro.

All’interno di questo quadro, due furono gli eventi che influenzarono per Hutchings il pensiero politico dell’amministrazione Bush: 1) il discorso di Gorbaciov alle Nazioni Unite, il 7 dicembre 1988, che segnò uno snodo fondamentale per quanto riguardava la posizione sovietica circa l’Europa dell’Est e la dismissione della dottrina Breznev;24

It was clear then that the roundtable agreement, if fully implemented, was the beginning of the end of communist rule in Poland. And if communism was finished in Poland, it was finished everywhere in Eastern Europe, including East Germany, which in turn meant that German unification had just leapt onto the international agenda.

2) il compromesso raggiunto con gli accordi della tavola rotonda polacca il 5 aprile 1989. A tal proposito Hutchings scrive:

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Per quanto il riferimento alla riunificazione tedesca sembri prematuro, i due eventi sommati ebbero sicuramente un forte impatto sull’amministrazione Bush.

Occorre ricordare che la forte influenza che questi ebbero sulla formulazione della strategia americana non incise sul lento e prudente passo con il quale l’amministrazione decise di

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“This initiative, more than any other step taken or proposed under Gorbachev up to then, went to the root of the Cold War and Europe’s division. One could imagine an essentially unreformed Soviet Union withdrawing form Afghanistan or negotiating deep mutual reductions in strategic arms, but not relaxing its grip on Eastern Europe. On this point, Gorbachev also declared that ‘the use or threat of force cannot be and should not be an instrument of foreign policy’”, Hutchings pg 9

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Hutchings, pg 9; Sulla rilevanza di questi due eventi concorda anche Savranskaya. In particolare sul discorso di Gorbaciov, pg 11-13; sulla Polonia, pg 20-31 e pg 41-43. Proprio in riferimento alle elezioni polacche del 4 giugno l’autrice parlerà di perdita dell’impero sovietico, pg 29

procedere nei primi mesi del 1989: nonostante quindi Washington seguisse con attenzione e apprensione gli eventi al di là dell’oceano, le dichiarazioni ufficiali erano scarne e poco entusiaste, strettamente controllate all’interno di un processo di revisione che ingabbiava qualsivoglia prematura presa di posizione ufficiale da parte dei protagonisti dell’amministrazione.

Questo atteggiamento prudente celava tanto una difficoltà al collocare gli eventi all’interno di una politica definita, quanto una lenta e graduale presa di coscienza sul significato e la portata degli stessi; né questo può essere considerato un limite della sola amministrazione Bush.

USA e URSS non riuscirono e in un alcuni casi non vollero intervenire, fermare o accelerare quel movimento riformatore che dalla Polonia e l’Ungheria stava attraversando tutta l’Europa dell’Est fino a provocare il crollo del muro di Berlino. Furono piuttosto spettatori di una trasformazione veloce e difficile da indirizzare e contenere; una trasformazione che suscitava entusiasmo e preoccupazione in entrambe le superpotenze. L’atteggiamento, di apparente distacco e disinteresse, che si rinviene in entrambe le due superpotenze è senz’altro un elemento importantissimo della conclusione della guerra fredda.

Le ragioni alla base di questo approccio sono la chiave di volta per comprendere come, di lì a un anno, l’intero sistema della guerra fredda venisse meno.

Sicuramente più sorprendente risulta in questo senso la politica di Gorbaciov, essendo l’Europa dell’Est la sfera di influenza sovietica.

A tal proposito alcuni autori parlano di un vero e proprio enigma del 1989.