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Capitolo 1. Introduzione al 1989

4. Prime impressioni

4.1 Il 7 Dicembre 1988: la visione di Gorbaciov

Cominciamo con l’esaminare il discorso di Gorbaciov alle Nazioni Unite, e con esso la politica che il segretario rese pubblica al mondo alla fine del 1988.

Abbandonata l’idea che il new thinking di Gorbaciov vada interpretata come un enigma, vediamo ora in cosa consisteva o meglio come fu declinata. Si è soliti parlare di visione più che di una ben delineata politica estera, proprio per sottolineare come alla sua base ci fossero delle idee tanto rivoluzionarie quanto difficili da mettere in pratica.

Tale visione produsse una politica verso l’Europa dell’Est che Savranskaya sostiene essere “priva di una dettagliata strategia.” L’autrice la riassume in alcuni punti:

 An absolute rejection of the use or threat of force as instruments of foreign policy

 Freedom of choice as a universal principle, with no exception  The supremacy of common human values

 Reasonable sufficiency rather than strict parity in strategic armaments

 The full integration of Eastern Europe and the USSR into the common European home52

Tali punti costituivano in effetti una serie di principi, più che definite politiche, che Gorbaciov avrebbe deciso di non tradire mai. Fu con il discorso alle Nazioni Unite che Gorbaciov presentò questa visione, pietra miliare del new thinking e manifesto della sua politica.53

51

Bush, Scowcroft, A World Transformed pg 5

In esso ritroviamo i punti con cui la Savranskaya riassume la visione di Gorbaciov.

52

Savranskaya, Blanton, and Zubok, Masterpieces of History, pg 11 53

Per prima cosa Gorbaciov richiamò l’attenzione su quella che doveva divenire la nuova stella polare della politica dell’URSS, come di qualunque altra potenza: i valori umani, universali in quanto tali.

Today we have entered an era when progress will be based on the interests of all mankind.

Quindi l’attenzione venne rivolta al cambiamento e a come doveva essere affrontato dall’URSS. Il primo punto era la non interferenza in quelli che Gorbaciov chiamava processi interni.

Of course, radical and revolutionary changes are taking place and will continue to take place within individual countries and social structures. (…)interference in those internal processes with the aim of altering them according to someone else's prescription would be all the more destructive for the emergence of a peaceful Order.

Strettamente collegato alla non interferenza, era la libertà di scelta:

Freedom of choice is a universal principle to which there should be no exceptions.

L’altro importantissimo tassello sottolineato da Gorbaciov era l’integrazione con l’Europa dell’Est. Il riconoscere ed il tollerare le diversità, che potevano emergere da paese a paese, dovevano diventare la base del rapporto tra URSS ed Europa dell’Est; il blocco comunista rimaneva ideologicamente fondato sul leninismo, che faceva da base comune, ma bisognava saper apprezzare le differenze che esistevano tra i vari nazionalismi, una parola spesso considerata tabù dall’ortodossia comunista. Così continuava:

We completed the first stage of the process of political reform with the recent decisions by the U.S.S.R. Supreme Soviet on amendments to the Constitution and the adoption of the Law on Elections. Without stopping, we embarked upon the second stage of this. At which the most important task will be working on the interaction between the central government and the republics, settling relations between nationalities on the principles of Leninist internationalism bequeathed to us by the great revolution and, at the same time, reorganizing the power of the Soviets locally.54

world, and how we develop along with it. (…). The American theme should be present in the speech, i.e. our look at Soviet-American relations now and in the future. We should present our worldview philosophy based on the results of the last three years. We should stress the process of demilitarization of our thinking, and the humanization of our thinking. We should point to the fact that today international politics and contacts are expanding not only to the level of the people and politicians, but generals as well.” Citazione estratta da Reagan, Gorbachev and Bush at Governor's Island, Previously Secret Documents from Soviet and U.S. Files On the 1988 Summit in New York, 20 Years Later, National Security Archive Electronic Briefing Book No. 26,1Edited by Dr. Svetlana Savranskaya and Thomas Blanton, Posted - December 8, 2008, Document 3: Gorbachev's Conference with Advisers on Drafting the U.N. Speech, October 31, 1988, http://www2.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB261/sov03.pdf

54

Excerpts of Address by Mikhail Gorbachev, 43rd U.N. General Assembly Session, December 7, 1988, http://legacy.wilsoncenter.org/coldwarfiles/files/Documents/1988-1107.Gorbachev.pdf

Insieme questi tre punti, non interferenza (che comprende il non uso della forza), la libertà di scelta, e l’integrazione tra la varie parti del blocco sovietico, erano il cuore del rifiuto etico-ideologico della dottrina Breznev da parte di Gorbaciov .

Si badi bene che, come si evince dal prezioso Masterpieces of History, l’archiviazione della dottrina Breznev, e più in generale dell’interferenza nella politica dei paesi comunisti, rimase circondata da un’aura di ambiguità;55 era scopo della nomenklatura non chiarire se e fino a che punto l’uso e la minaccia dell’uso della forza fosse veramente bandito. Come sostiene Chernyaev la dottrina Breznev sarebbe stata sepolta insieme a Konstantin Ustinovich Chernenko nel marzo 1985.56

Il motivo ‘etico’, attribuito a Gorbaciov da alcuni autori, rende la non-applicazione della dottrina Breznev differente dal passato.

Eppure già dal 1980, si considerava la dottrina Breznev come de facto non più in vigore, perché inapplicabile; non vi erano le possibilità e la capacità per l’Unione Sovietica di mettere in pratica una nuova primavera di Praga negli anni Ottanta.

57

Il dibattito sul come e quando questo pensiero di Gorbaciov divenne di pubblico dominio è un punto cruciale. In effetti in Masterpieces of History non si riesce a trovare una data unica. C’è chi sostiene che il discorso del 7 dicembre sia appunto la data in cui non solo l’Europa dell’Est ma anche l’Occidente prese atto del cambiamento di politica; c’è chi sposta in avanti la presa di coscienza da parte degli stessi regimi comunisti dell’Europa dell’Est all’autunno del 1989.

Secondo tale interpretazione Gorbaciov ripudiava l’uso della forza per principio; indipendentemente dal fatto che questa potesse essere applicata o no, l’uso della forza non era considerato da Gorbaciov come strumento di politica.

58

Di fatto Gorbaciov e i new thinker, quando interrogati sull’effettivo abbandono della dottrina, cercarono sempre di nicchiare sull’argomento, lasciando un sottile velo di ambiguità e generando quel senso di incertezza tanto in Europa dell’Est quanto a ovest della cortina di ferro.

Douglas MacEachin, partendo da un’analisi dei costi e dello stato dell’economia sovietica esclude che si potesse ritenere possibile un intervento da parte sovietica negli anni Ottanta;

55

Savranskaya, Blanton, and Zubok, Masterpieces of History, pg24 56

Come ricorda Chernyaev: “He [Gorbaciov, nda] (…) told that from then on there was no more Brezhnev doctrine, that kindergarten was over. “Where you go, how you get there - that is your business, I will not interfere. I will not interfere even when you ask me for it”, Savranskaya, Blanton, and Zubok, Masterpieces

of History, pg 5, 121

57

Savranskaya, Blanton, and Zubok, Masterpieces of History, pg 3-10,12-13, 115-124; 135-136 58

tuttavia le sue osservazioni cozzano con l’evidente apprensione raccontata da Matlock, che sottolinea come a Washignton non si arrivò a escludere l’ipotesi dell’uso della forza da parte sovietica nemmeno nel 1990.59

In linea con il rifiuto della dottrina Breznev, e all’interno del ripensamento strategico che ridefinisce la sicurezza sovietica, Gorbaciov, nel discorso del dicembre 1988, lanciò una proposta di riduzione degli armamenti; riduzione tra l’altro indipendente dai negoziati per il raggiungimento di una cosiddetta parità tra forze americane e sovietiche in Europa:

Today I can inform you of the following: The Soviet Union has made a decision on reducing its armed forces. In the next two years, their numerical strength will be reduced by 500,000 persons, and the volume of conventional arms will also be cut considerably. These reductions will be made on a unilateral basis, unconnected with negotiations on the mandate for the Vienna meeting. (....). All remaining Soviet divisions on the territory of our allies will be reorganized. They will be given a different structure from today's which will become unambiguously defensive, (...). [...] By this act, just as by all our actions aimed at the demilitarization of international relations, we would also like to draw the attention of the world community to another topical problem, the problem of changing over from an economy of armament to an economy of disarmament.60

Era un segnale molto forte, le armi non dovevano più essere il centro della politica ma al contrario tornare a servire uno scopo prettamente difensivo. Infatti come Gorbaciov affermava più avanti nel discorso, le relazioni tra superpotenze non erano più caratterizzate dal confronto e basate sull’ostilità.

Proprio la fine del confronto permetteva la riconfigurazione del sistema internazionale. Emerse nel dicembre 1988 in tutta la sua forza innovativa l’internazionalismo di Gorbaciov: non il classico internazionalismo comunista basato sulla lotta di classe e la rivoluzione in tutti i paesi. L’idea universale alla quale si rifaceva il segretario del partito comunista dell’Unione Sovietica era quell’insieme di valori che tutta l’umanità, capitalista o proletaria, comunista o capitalista che fosse, condivideva. Gorbaciov li chiamò i valori comuni.61

Questi valori erano per Gorbaciov il collante, i mattoni per costruire un New world order, un concetto che qualunque presidente americano del ventesimo secolo era totalmente in grado non solo di comprendere ma, anche, di abbracciare; esso era l’obiettivo stesso del contenimento, e prima ancora dell’internazionalismo di Wilson e F.D.Roosevelt, e in una versione leggermente diversa di T. Roosevelt e Truman.

59

Savranskaya, Blanton, and Zubok, Masterpieces of History, pg 171-173, 177-188. La maggior parte delle preoccupazioni americane in merito si riferivano chiaramente alla crisi lituana.

60

Gorbachev’speech, December 7, 1988 61

Sempre nel discorso del 7 dicembre Gorbaciov dichiarava:

Further world progress is now possible only through the search for a consensus of all mankind, in movement toward a new world order.

In the past, differences often served as a factor in pulling away from one another. Now they are being given the opportunity to be a factor in mutual enrichment and attraction.

Questo nuovo mondo non doveva più essere fondato sul confronto est-ovest, superato secondo Gorbaciov già alla fine del 1988 grazie anche alla politica dell’amministrazione Reagan. In effetti per Gorbaciov non si poteva tornare indietro, e Mosca era pronta a stringere rapporti ancora più stretti con l’America di Bush:

The world has changed, and so have the nature, role, and place of these relations in world politics. (…), throughout the world people were able to heave a sigh of relief, thanks to the changes for the better in the substance and atmosphere of the relations between Moscow and Washington. (…). We acknowledge and value the contribution of President Ronald Reagan (…). All this is capital that has been invested in a joint undertaking of historic importance. (…). The future U.S. administration headed by newly elected President George Bush will find in us a partner, ready (…) to continue the dialogue (…) over an agenda encompassing the key issues of Soviet-U.S. relations and international politics.

4.2 7 dicembre 1988: Governor’s Island

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Subito dopo il discorso alle Nazioni Unite si tenne il summit tra Reagan, Bush e Gorbaciov a Governor Island.

L’ottimismo del discorso di Gorbaciov venne smorzato dall’incontro: Gorbaciov si convinse che la mancata e attesa risposta da parte americana in questa sede, fosse una prova inconfutabile di come l’amministrazione Bush avrebbe interpretato le relazioni tra Stati Uniti e URSS nei successivi mesi.

He [Gorbaciov] did not think the new president would aggravate relations with the Soviet Union. Nor would he be inclined to carry on adventures abroad. But at the same time, Gorbachev doubted that Bush was ready for a “serious turn in relations…which would correspond to the steps our side has taken”. US officials, he thought, would “drag their feet”.

Gorbachev was right. The new president was prudent and cautious. 63

In effetti il messaggio percepito dai sovietici non è certo quello che Bush pensò di aver recapitato. Bush racconta la difficile situazione di essere contemporaneamente il presidente

62

Sul summit si veda Reagan, Gorbachev and Bush at Governor's Island, Previously Secret Documents from Soviet and U.S. Files, On the 1988 Summit in New York, 20 Years Later, National Security Archive Electronic Briefing Book No. 261,Edited by Dr. Svetlana Savranskaya and Thomas Blanton, Posted - December 8, 2008, http://www2.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB261/ . In particolare il resoconto della conversazione http://www2.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB261/us08.pdf

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eletto e il vice presidente di Reagan.64 Inoltre dal resoconto emergono due fondamentali elementi. Il primo è la popolarità di cui godeva il segretario generale; il discorso davanti le Nazioni Unite pronunciato lo stesso giorno dell’incontro aveva suscitato larghissimo entusiasmo e numerose aspettative in tutta la comunità internazionale.65

Our discussion was a strange one, a blend of the old and the new.

Il secondo elemento, richiamato tra l’altro da quasi tutti gli autori che esaminano questo incontro, è l’approccio che Bush scelse di adottare; egli infatti non tentò di passare alcun messaggio specifico a Gorbaciov; egli non pensò l’incontro del dicembre 1988 come il suo primo summit da presidente con Gorbaciov, ma piuttosto come l’ultimo vertice tra Gorbaciov e il presidente in carica Reagan.

Racconta di non aver parlato molto; quando Reagan gli chiese se voleva dire qualcosa, il presidente eletto dichiarò di voler costruire sulla base delle relazioni esistenti, ma che sarebbe stato necessario “a little time to review the issues”.

Gorbachev said he understood. It seemed to him that prospects for our relations were good.

Quindi il leader sovietico disse che c’era molto che lui e Bush potevano fare insieme, e invitò Bush a riflettere al riguardo.

Wanting to avoid specifics, I pledged general continuity with Reagan’s policies toward the Soviet Union. I told Gorbachev I would be putting together a new team. I had no intention to stalling things, but I naturally wanted to formulate my own national security policies.66

Da sottolineare come durante questo stesso incontro si verificarono due episodi degni di nota: il primo è che Gorbaciov diede ad intendere di voler utilizzare un back channel, Anatoly Dobrynin, per portare avanti le relazioni USA-URSS. Bush accenna all’accaduto, accentuando come solo con il senno di poi avesse dato all’accaduto una connotazione positiva: “In retrospect, I think he was signaling to me his eagerness to move forward in

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“To tell the truth I was a bit uncomfortable. As the first sitting vice president to be elected since Martin Van Buren, I was in the awkward position of having to weigh my present role against my future one. I was only the president-elect, a few weeks away from my own inauguration and not yet setting policy. At the same time, I realized Gorbachev was anxious to know what direction I planned to take regarding the Soviet Union. It was a balancing act I had tried to maintain since the November election. I had to be careful to separate my own plans from those of president Reagan”, Bush, Scowcroft, A World Transformed , pg3

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“I was meeting Gorbachev in my new role and in the middle of a Soviet propaganda offensive. By this time he had captured the imagination of the entire world and was perhaps its most popular statesman. His address that day at the UN had been dramatic in both content and delivery, and it was obvious he loved the gamesmanship that went with an appearance there. It was an encouraging speech. (…). I was looking forward to hearing what he would add when he spoke to the President.”, Bush, Scowcroft, A World Transformed , pg 6. La sensazione che si prova leggendo questo commento è che Bush fosse parte di quel mondo la cui immaginazione era stata rapita da Gorbaciov e dalla gorbymania, come veniva chiamata questo entusiasmo verso Gorbaciov e la sua politica.

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Bush, Scowcroft, A World Transformed, pg7; si veda anche Memorandum of Conversation, December 7, 1988, The President’s private meeting with Gorbachev, 1:05 – 1:30 p.m., Commandant's residence, Governors Island, New York, http://www2.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB261/us08.pdf

Soviet-American relations, and his desire for close contact with me as president. It was a good sign.”67

A tal proposito è importante sottolineare che all’epoca non solo Bush non utilizzò affatto Dobrynin come back channel, ma non pensò di proporre un equivalente americano a Gorbaciov.

Il secondo episodio degno di nota è come Gorbaciov, interrogato da Reagan sui progressi della perestroika, avesse perso le staffe.68

Di fondo rimane la sostanziale divergenza di intenti dei leader delle due superpotenze in quel frangente. Gorbaciov aveva tutto l’interesse nel promuovere e allacciare un dialogo stretto con il nuovo presidente degli Stati Uniti, il quale già in quell’occasione affermò quella che sarebbe stata la propria strategia nei primi mesi del suo mandato: una revisione strategica della politica estera americana. Bush non vide allora, né sembra vederla con il senno di poi, questo atteggiamento come una maniera per disincentivare o frenare i rapporti tra le due superpotenze. Tuttavia l’approccio di Bush è stato largamente criticato. Interessante e suggestiva l’immagine creata da Leffler che intitola il paragrafo in cui introduce le relazioni tra Gorbaciov e Bush “new thinking, old thinking”, suggerendo come a Washington nessuno avesse elaborato un new thinking all’altezza di Gorbaciov, e come di fatto gli USA non fossero pronti a rispondere alle proposte positive che il segretario del partito sovietico aveva così chiaramente delineato nel proprio discorso alle Nazioni Unite.

Al di là del fatto in sé, l’episodio sembra essere rilevante per due motivi. Da una parte l’ira di Gorbaciov mostra come, nonostante gli sforzi e il tanto cammino già fatto, ci fosse una sostanziale incomprensione tra le due superpotenze e una certa tensione; dall’altro rileva una certa sensibilità o ipersensibilità di Gorbaciov sull’argomento, forse celando una certa frustrazione rispetto alla mancanza o insufficienza di risultati ottenuti con le riforme. Parafrasando questa rabbia di Gorbaciov potrebbe essere un indice dell’indebolimento del segretario stesso.

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Sarebbe però sbagliato pensare che Bush non avesse carpito il messaggio di Gorbaciov, o non avesse chiaro il contenuto del discorso.

Le relazioni tra USA e URSS rimanevano una priorità nel passaggio tra le amministrazioni Reagan Bush; cambiava però il loro fondamento, o meglio veniva ripensato il fondamento dei negoziati e la modalità con la quale questi dovevano essere condotti.

67

Bush, Scowcroft, A World Transformed , pg 7 68

“He genuinely flared up when Reagan innocently asked him about progress in reform and perestroika”. Bush, Scowcroft, A World Transformed, pg 7. President’s private meeting with Gorbachev, http://www2.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB261/us08.pdf

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L’amministrazione Bush ebbe fin da subito le idee ben chiare su come gestire le relazioni con l’URSS. Hutchings, Baker, Bush, Scowcroft, Rice e Zelikow, Gates, concordavano su quali fossero le giuste premesse ad un dialogo con l’Unione Sovietica. Si può affermare che il loro punto di vista sia largamente condizionato dalla loro vicinanza “ideologica” o viziato da una prospettiva troppo interna, tuttavia, dovendo raccontare come venne creata