CAPITOLO IX IX.I Lotta al terrorismo
IX.III Azioni del governo francese contro il terrorismo, e tentavi di coordinamento europeo
La presidenza di François Hollande è stata un quinquennio, da 2012 al 2017, marcato da numerosi eventi di rilevanza storica, tra i quali i più disastrosi attentati terroristici di matrice islamica sul suolo francese. Il più importante è stato l’attentato a Parigi il 13 novembre 2015 al Bataclan, sala di concerti, e allo Stadio, tutti di luoghi di ritrovo sociale, di divertimento. Hollande e la sua presidenza hanno messo a disposizione della popolazione francese un numero verde per potere avvertire le autorità in caso di attacco terroristico, e di segnalare eventuali sospetti. Il governo di Hollande è stato anche giudicato debole perché non ha saputo, secondo alcuni, reagire adeguatamente alle forti minacce terroriste. Nonostante l’ex-Presidente, il quale era presente all’attentato allo Stade de France il 13 novembre 2015, avesse dichiaro lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale, provvedimento che non era richiamato da più di cinquant’anni, poco efficaci sono state le politiche mirate e nazionali per combattere il terrorismo. Anche se, il terrorismo, com’è noto, essendo un fenomeno transnazionale è impossibile da combattere solamente a livello nazionale. Inoltre, le reti di comunicazione online attraverso le quali si basano i foreign fighters, cioè i francesi musulmani che decidono di arruolarsi all’ISIS e andare a combattere in Siria la jihad, mancano di un apparato di controllo sovranazionale. Internet infatti è un mezzo di comunicazione utilizzato dai jihadisti per acquisire consenso e controllo delle attività dei francesi musulmani in Francia e in Belgio, o in America223. Non essendoci un apparato di controllo online, riescono a contattare le persone di regione islamica, quelle più deboli, quelle in gran parte già afflitte da problemi di alcool, droga, di integrazione sociale e sono quelle più facilmente manipolabili, che riescono a entrare nel mirino dell’ISIS. La jihad, la guerra santa, viene combattuta ogni giorno in Siria, contro la popolazione civile. Ma il fenomeno non è limitato alla Siria, i foreign fighters sono tutti quei cittadini francesi,
221 Ulrich Beck, Potere e contropotere nell’età globale, pag. 16. 222 Ibid, pag. 19.
223 http://website-pace.net/documents/10643/1264407/20151208-Foreign+Fighters-ResRecPROV-FR.pdf/e2a16cd0-
inglesi, europei o americani, che, anche se perfettamente integrati con le loro vite occidentali, decidono di abbandonare quella vita, arruolarsi nell’ISIS, e combattere la jihad in Siria, e in molti casi tornare in Francia, in Inghilterra o in Europa per compiere attentati terroristici.
Molti cittadini europei quindi, prima di combattere, seguono un periodo di addestramento militare molto intenso, e poi devono propagare la loro visione di legge islamica, cioè di uccidere i miscredenti, e per compire questo, utilizzano i social network come Facebook, o YouTube. Il reclutamento avviene quindi anche via internet, molte sono anche ragazzine, che vogliono combattere la jihad, senza molte volte essere a conoscenza di quali pericoli incontreranno.
Di fronte alla paura generale, il governo ha risposto proponendo la propria strategia di lotta al terrorismo. Manuel Valls, nel gennaio 2015, ha aumentato l’impiego di forze militari francesi nel territorio nazionale, aumentandole di 2680 unità. Inoltre, il governo francese ha istituito un nuovo sito, www.stop-djihadisme.gouv.fr per affrontare questo argomento e informare i cittadini francesi, e prevenire i fenomeni di radicalizzazione islamica sempre più frequenti.
Michel Sapin inoltre, ha proposto un Piano d’Azione per lottare contro il finanziamento del terrorismo. Il governo adotta quindi questo piano e uno di tutela e di protezione della Nazione. Il discorso di Manuel Valls, primo ministro francese, all’Assemblea Nazionale il 19 luglio 2016, ribadisce l’importanza dell’unità nazionale che è parte integrante della strategia volta a perseguire la lotta contro il terrorismo. Importante è quindi il rafforzamento dei mezzi e dei metodi di questa lotta, che da quattro anni è sostenuta dal Presidente della Repubblica francese.
Ciò che però risulta inevitabile, sono proprio le conseguenze di queste misure, che vengono attuate a spese della libertà dei cittadini. Vengono ristrette le libertà individuali, in nome della sicurezza, di fronte alla possibile minaccia terroristica. Il governo francese, come anche altri governi europei colpiti dall’ISIS o affiliati di Al-Quaeda, reagiscono istituendo delle zone in cui la libertà di movimento non è più garantita per i cittadini, francesi e non. In più, vengono aumentate le forze armate e le forze dell’ordine, vengono istituti controlli e perquisizioni in caso di eventuali sospetti. Si vietano inoltre i soggiorni ad individui che potrebbero recare danni all’ordine pubblico in un determinato territorio.
Risposte politiche comuni al terrorismo
Le più importanti organizzazione internazionali, come l’ONU, l’Unione Europea e il Consiglio d’Europa, hanno elaborato fin da subito delle risposte politiche e dei piani d’azione contro il terrorismo.
A partire dal primo attacco nel 2001 alle Torri Gemelle, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha creato appositamente un Comitato contro il terrorismo, chiamato anche Comitato 1373, dal nome della risoluzione. L’ONU ha anche introdotto un piano di sanzioni contro Al-Quaeda dopo quell’attacco, in modo da isolarlo a livello internazionale e tagliare i fondi finanziari necessari al suo sostentamento, ed è chiamato Comitato 1267.
Dopo l’ultimo importante attentato nel 2014, il Consiglio di Sicurezza ha convocato una riunione straordinaria per definire i punti necessari alla lotta contro il terrorismo e all’impedimento dei foreign
fighters di arruolarsi in Siria e ritornare in Europa.
Il numero di foreign fighters che decidono di combattere assieme ai gruppi terroristici partendo dall’Europa, dall’America e dal Canada per arruolarsi con queste organizzazioni stanno aumentando sempre in modo maggiore. Il coinvolgimento internazionale nel terrorismo islamico sta preoccupando la sicurezza degli stati, che nonostante decidano di implementare i controlli nazionali e le frontiere, non riescono efficacemente a impedire la formazione di cellule terroristiche all’interno del proprio territorio nazionale. I foreign fighters che sono partiti per combattere in Siria o in Iraq nell’ottobre 2015 sono in maggior numero partiti dalla Francia e sono 900 persone, secondo le analisi stipulate dall’ICCT, International Center for Counter-Terrorism224. Inoltre, si stima che il numero di persone radicalizzate siano un numero sicuramente più alto del numero di persone effettivamente partite per combattere in Siria e Iraq. Si stima quindi che il numero di persone coinvolte nelle reti jhadiste in Francia sia oltre 2.000, e il 75% di queste ha scelto di unirsi all’ISIS. Oltre ai combattenti islamici radicalizzati, non bisogna sottovalutare la presenza delle donne nelle reti jhadiste, e anche la volontà di intere famiglie di trasferirsi per raggiungere la Siria e il Califfato islamico. La Francia, di nuovo, è la prima potenza europea a riscontrare il maggior numero di foreign fighters nel proprio territorio. Il territorio metropolitano si conferma quindi essere una base per il terrorismo internazionale e un bersaglio allo stesso tempo. Lo stesso fenomeno è stato riscontrato anche in Belgio.
L’Onu, ha elaborato nel 2014 la Risoluzione 2178, per limitare il numero di combattenti stranieri e appunto intensificando un controllo maggiore alle frontiere nazionali di ogni stato. L’Onu affida agli
224 https://icct.nl/wp-content/uploads/2016/03/ICCT-Report_Foreign-Fighters-Phenomenon-in-the-EU_1-April-
stati nazionali il compito di controllo scrupoloso per prevenire la circolazione di individui che abbiano intenzione di compiere un attacco terroristico.
L’Unione Europea, è l’organizzazione che meglio riesce a coordinare le attività nazionali, propone un piano di “Prevenzione” utile a tutti gli stati membri, che agisce contro la radicalizzazione, contro il reclutamento dei terroristi. L’Unione Europea studia come vengono reclutati, quali tecniche vengano usate, quali mezzi e strategie, per comprendere a fondo quali sono i loro metodi propagandistici. L’Unione Europea infatti raggruppa esperti e collaboratori da vari paesi membri per studiare il questo importante fenomeno transnazionale e le sue reti, per scambiare informazioni, opinioni e idee.
Il Consiglio d’Europa, è un’organizzazione internazionale che, basandosi sulla Risoluzione delle Nazioni unite decide di aggiungere un Protocollo specifico che riguarda una serie di misure da adottare per tutelare i cittadini europei, per proporre iniziative efficaci comuni. Tra queste infatti, il Consiglio d’Europa propone di rafforzare il potere locale, promuovere politiche educative per i cittadini, avvicinarli alla sensibilizzazione del fenomeno della radicalizzazione, stabilire una collaborazione attiva con tutti gli attori sociali, rafforzare il ruolo dei poteri locali, denunciare la propaganda violenta estremista ed elaborare un discorso che vada contro le idee islamiste di radicalizzazione, rafforzare il dialogo con i dirigenti delle diverse comunità, prevenire la radicalizzazioni nelle prigioni, dare importanza alla formazione dei capi religiosi, stabilire un approccio diverso in base al genere, rafforzare la cooperazione internazionale, lo scambio di informazioni e di esperienze225.
Per concludere, la lotta contro il terrorismo è prima di tutto una lotta mondiale, condotta in prima linea dall’America e poi dall’Europa, prima che solamente francese, anche se la Francia contribuisce con il suo esercito, soprattutto nella zona più colpita dall’AQUIM, come è stato in Mali. Le risposte ai numerosi attentati che sono stati compiuti sul suolo europeo però, nonostante gli interventi per sconfiggere i gruppi terroristici, sono state inconsistenti. C’è quindi la necessità di recuperare la credibilità europea, adottando delle misure strategiche politiche e militari che comprendano il coinvolgimento di ogni singolo paese europeo. Se però, questo comporta ulteriori interventi di tipo militare nelle zone in cui esercitano il loro potere i vari gruppi terroristici, non tutti i membri europei sono d’accordo sugli interventi. Infatti, la politica francese in comune con quella americana ha la volontà di intervenire attivamente nelle zone colpite dal terrorismo, mentre invece politiche come quelle italiane o tedesche preferiscono il non intervento nelle zone, se non a scopo umanitario per
225 http://website-pace.net/documents/10643/1264407/20151208-Foreign+Fighters-ResRecPROV-FR.pdf/e2a16cd0-
fornire aiuto ai civili e alla popolazione colpita dai bombardamenti e dalla guerra civile. Quindi, come si è voluto dimostrare nel medio Oriente e in Nord Africa, questi gruppi e anche la popolazione stessa preferisce che le potenze straniere non intervengano nel loro territorio.
Mentre oggi l’ONU interviene nella missione di pace e di peace-keeping dal 1958 ai nostri giorni, per fornire supporto anche in caso di guerra civile, come recentemente si è visto con l’operazione MINUSMA in Mali. Questa è stata la missione più difficile compiuta dalle Nazioni Unite, che ha visto la perdita di 15 peace-keepers, e inoltre è stato difficile l’intervento poiché le reti jhadiste essendo radicate nella società, era difficile colpirne il nucleo. Nonostante questo, la principale causa di intervento è fallita poiché la pace non sono stati in grado di ristabilire la pace.
Oltre a ciò, le operazioni militari di peace-keeping dirette dall’ONU, svolgono sempre un ruolo fondamentale per fornire aiuto umanitario alla popolazione e per fornire un sostegno concreto in caso di guerra civile.