CAPITOLO IX IX.I Lotta al terrorismo
X.II Le importanti iniziative europee di collaborazione nel Mediterraneo
Solo quattordici chilometri separano l’Africa e l’Europa.
Questa è la distanza che intercorre tra Spagna e Marocco, praticamente nulla. Eppure la distanza sociale, politica ed economica tra i due continenti è davvero notevole.
Se infatti vediamo un ritorno deciso dell’Unione Europea sulla scena africana dopo anni di indifferenza, dall’altra parte emergono sempre più vivi sentimenti di reciproca insofferenza, tanto in Europa, quanto in Africa.
A dieci anni esatti dal lancio del progetto “Joint Africa-EU strategy” del 2007, oggi siamo ancora in questa situazione di difficoltà e contraddizione.
A distanza di due anni del lancio dell’EU Emergency trust Fund for Africa, presentato dall’UE nel 2015, la durata dei contributi è di due anni, quest’anno i presidenti sono stati richiamati per contribuire al Fondo fiduciario per l’Africa, in occasione del summit della Valletta del 11-12 novembre 2015. L’Italia si è dimostrata essere la più generosa nella politica degli aiuti, con 102 milioni di Euro, mentre la Francia ha disposto solo 3 milioni di euro, la quota minima che serve per prendere parte attivamente nel comitato operativo chiamato ad approvare i singoli progetti230. I beneficiari del Fondo fiduciario sono 26 stati africani, quelli che si trovano nella regione del Sahel e del Lago Ciad: Burkina Faso, Camerun, Ciad, Costa d’Avorio, Gambia, Ghana, Guinea, Mali, Mauritania, Niger, Nigeria, e Senegal. Gli stati appartenenti al Corno d’Africa: Gibuti, Eritrea, Etiopia, Somalia, Sud Sudan, Sudan, Tanzania e Uganda. Mentre quelli che si trovano nel Nord Africa sono: Algeria, Egitto, Libia, Marocco e Tunisia. Questo fondo fiduciario ha solo un obiettivo, cioè di limitare il flusso migratorio verso l’Europa.
Un’altra proposta presentata dal governo italiano alla Commissione Europea è il “Migration
Compact”, piano di collaborazione europea sul tema dei migranti. Di contro, non si può più pensare
che l’Unione Europea oggi possa ancora rivestire una posizione di leader, nei rapporti UE – AFRICA perché è più importante che ci sia una collaborazione effettiva tra le parti, piuttosto di una leadership che non può agire da sola.
La necessità che è emersa, è quindi quella di trovare dall’altra parte istituzioni e governi aperti con cui dialogare. Infatti, solo di fronte ad un buon interlocutore ci si può impegnare in modo costruttivo, rispettando accordi e patti sottoscritti. La mancanza di efficacia nelle collaborazioni infatti, è da sempre stata riscontrata nei rapporti Unione Europea e Africa proprio per la mancanza di un affidabile interlocutore che si assumesse le responsabilità politiche prese.
Gli Accordi di Cotonou231 che regolano le azioni politiche, economiche, commerciali e di cooperazione allo sviluppo scadranno il 29 febbraio 2020. Essi si basano sempre sul concetto di parità tra gli stati parte e firmatari dell’Accordo, e mirano a incrementare la cooperazione nel settore dell’integrazione regionale e dell’aiuto umanitario.
Bruxelles investe quindi in promozione dei diritti in Africa, ma i singoli paesi sostengono regimi scarsamente democratici. Le organizzazioni non governative cercano di tutelare le economie locali e il territorio, mentre le grandi multinazionali le saccheggiano, tutto ciò fa parte della doppia faccia dell’Europa. L’organizzazione non governativa svizzera Public Eye ha denunciato la vendita in Africa di prodotti petroliferi tossici con concentrati di zolfo fino a 378 volte più alti di quelli consentiti nel mercato europeo. L’Africa è quindi vista come una discarica, dove si può sfruttare, sottopagare le risorse estratte e inquinare.
Il primo tentativo di avvicinamento delle regioni mediterranee è avvenuto in occasione del processo o anche chiamata conferenza di Barcellona nel 1995, che ha dato vita al Pem, il Partenariato Euro- Mediterraneo. Con la fine della guerra fredda infatti, il processo di scongelamento dei due blocchi contrapposti, ex-Unione Sovietica e Stati Uniti, hanno lasciato ampio respiro al rafforzamento dell’Europa.
Nell’articolo di politica internazionale di ISPI si afferma:
“Con la Conferenza di Barcellona del novembre 1995 che ha lanciato il Pem, l’Ue ha impresso una
svolta alla precedente politica mediterranea basata su accordi bilaterali con quei paesi mediterranei con cui l’Europa per ragioni storiche, geografiche ed economiche aveva relazioni più
strette. La novità del Pem consiste nell’avere introdotto accanto al tradizionale strumento degli accordi bilaterali un quadro multilaterale di dialogo e cooperazione tra i paesi dell’Ue e i partner mediterranei. Il partenariato, articolato su tre capitoli – politico e di sicurezza, economico, sociale e culturale – sul modello della Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Csce) di Helsinki (1975), è sembrato l’approccio più adeguato per far fronte alla pluralità ed eterogeneità delle problematiche emerse nello scenario regionale al fine di favorire la creazione di uno “spazio
di pace e stabilità” e di un’area di libero scambio nel Mediterraneo232”.
L’ambito di cooperazione era politico, economico e finanziario, sociale e culturale, e l’ambizione principale era quella di favorire l’apertura in campo politico e di incentivare i processi di democratizzazione nei paesi della sponda Sud del Mediterraneo. Gli stati che facevano parte del
231 Accordo di partenariato 2000/483/CE tra i membri del gruppo dei paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico e
l’Unione europea.
progetto erano i 15 stati allora membri dell’Ue e 12 partner mediterranei: Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Giordania, Autorità Palestinese, Israele, Libano, Siria, Turchia, Cipro e Malta. La Libia non fu inclusa a causa dell’isolamento internazionale per il coinvolgimento nell’attentato terroristico di Lockerbie (1988), la Giordania, pur non avendo sbocco sul mare, venne inclusa in quanto “zona cuscinetto” nel conflitto israelo-palestinese. Il tentativo era quello di incrementare il rapporto Nord- Sud, cercando di includere il Sud del Mediterraneo nell’economia globale.
Anche l’Unione Europea ha lanciato moltissime iniziative di collaborazione con i paesi della zona Mediterranea, e uno di questi è stata l’istituzione dell’EMFTA, un accordo di cooperazione economica tra l’Europa e il Mediterraneo233, si tratta dell’Euro-Mediterranean Free Trade Area. Il progetto, promosso dall’Unione Europea, istituisce una zona di libero scambio commerciale, di tipo preferenziale con i paesi mediterranei e che vi si affacciano. Il progetto, che non costituisce un cambiamento radicale rispetto le altre politiche promosse dall’UE in materia di collaborazione commerciale, ma anzi è volto a incrementare i flussi di IDE verso la zona Mediterranea, destabilizzata dalle rivolte e per implementare un commercio libero e trasparente tra gli stati di quest’area. La liberalizzazione dello scambio commerciale infatti, andrà a vantaggio sia ai paesi della sponda Nord che a quelli della sponda Sud del Mediterraneo.
Inoltre, una delle principali iniziative europee è stata proposta dall’ex-presidente francese Nicholas Sarkozy nel 2008. Si tratta dell’Unione Mediterranea, l’idea iniziale proposta dalla leadership
francese era quella di riunire tutti i paesi rivieraschi all’interno di un’unica unione che potesse essere
oggetto di confronto, tra questi paesi che potevano riscoprire interessi in comune, dato lo stile di vita condizionato dal vicino Mediterraneo, e dai simili comportamenti e attitudini dati dal clima e economie basate sulla pesca e sulla coltivazione di prodotti alimentari locali. L’Unione aveva una grande ambizione, quella promuovere la pace e la democrazia:
“costruire insieme un futuro di pace, democrazia, prosperità, comprensione umana, sociale e culturale"234.
Tutto questo progetto era però intralciato dalla Germania, che anch’essa voleva a tutti i costi prendere parte all’Unione, poiché non voleva che la Francia potesse trarre dei vantaggi da questo dialogo di apertura e lei rimanerne esclusa. Così, venne estesa la partecipazione anche alla Germania, e con lei
233 http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2009/july/tradoc_143891.pdf
anche e a tutti quelli stati dell’est detti “balcanici”. Venne cambiato il nome in “Unione per il
Mediterraneo”. In questo modo però, si perse il filo ideologico per il quale era nata questa stessa idea
di progetto. Per questo, date le innumerevoli difficoltà incontrate nel lavorare con un numero di stati partecipanti alle riunioni, sempre maggiore, era sempre più difficile trovare dei punti in comune, tanto che alla fine l’Unione non è mai riuscita a concludere nessun progetto in modo concreto. In più ci sono state le crisi politiche dovute al conflitto arabo-israeliano e questo ha reso il dialogo tra le due parti del Mediterraneo ancora più difficile.
Quei tentativi vogliono dimostrare e fare capire che volevano proporre una nuova coscienza politica, il Mediterraneo non come un confine, ma come un luogo di scambio.