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Il termine Françafrique nasce a partire dalla fine del colonialismo francese in Africa. Il termine è stato coniato dal presidente ivoriano Félix Houphouët-Boigny, e veniva inizialmente utilizzato per affermare l’esistenza del forte legame tra la Francia, l’Occidente in generale, con la Costa D’Avorio. Infatti, si attribuisce a questo speciale legame il “Miracolo Ivoriano”, cioè il periodo di grande industrializzazione che va dal 1958 al 1974. La Françafrique sarebbe quindi l’inclusione di tutti quei rapporti che hanno coinvolto più in generale, l’Africa e la Francia anche dopo i processi di indipendenza. Il concetto si basa comunque sulla logica di interesse economico, e sfruttamento che sta alla base del rapporto Francia-Africa, infatti viene anche detto “France à fric” dove “fric”, nello slang vuol dire soldi, cioè quelli che la Francia avrebbe “rubato” all’Africa. Il termine Françafrique conosce una nuova notorietà con il testo di François-Xavier Vershave “La Françafrique, le plus long

scandale de la République” e “De la Françafrique à la Mafiafrique”, altro testo in cui si denunciano

sotterfugi, corruzione politica e scandali che riguardano non solo le ex-colonie, ma anche altri paesi dell’Africa francofona.

Con gli “accordi della Françafrique” si intendono tutti quegli accordi nati dopo l’indipendenza formale degli stati africani, infatti in cambio della protezione militare della Francia in caso di un’ aggressione esterna (da qui il permesso di installare sempre un maggior numero di basi militari in Africa), le ex-colonie avrebbero dovuto instaurare un regime di scambio preferenziale con la Francia per quanto riguarda le materie prime, come il legno, il petrolio, e infine mantenere la lingua francese come la lingua ufficiale e/o una delle lingue ufficiali, continuando l’adozione della moneta franco CFA. Lo scrittore quindi vuole denunciare una forma di neocolonialismo che è perdurato anche dopo il raggiungimento delle indipendenze delle ex-colonie, dopo il 1960 circa.

La Françafrique, secondo Verschave, continua quindi ad esistere. Lo si può notare dall’esigenza della Francia di mantenere sotto il proprio controllo e influenza l’Africa francofona, in modo da assicurarsi una lunga lista di stati-clienti africani che votano, ad esempio in sede ONU, a favore e a sostegno della Francia e delle sue decisioni.

Inoltre, la Françafrique e suoi meccanismi non sono svaniti, ma regolano ancora gli interessi e gli accordi commerciali che permettono alla Francia di avere pieno accesso (in molti caso esclusivo) alle materie prime strategiche (petrolio, uranio, fosfato, nickel, ma anche materie prime come legno, cacao, etc.).

Inoltre, i partiti politici africani vedono nella Francia l’unica potenza in grado di finanziarli, quindi i capi di stato africani cercano talvolta l’appoggio dell’ex-colonia, che può garantire una sicurezza economica non indifferente, e in cambio sono disposti a proteggere gli interessi francesi nel loro

territorio. È così che quindi nasce la corruzione. Questo processo però, non va a vantaggio della Francia però, che in molti casi è stata sorpresa in scandali in cui si è trovata a sostenere dei governi che si sono rivelati poco democratici o addirittura dittatoriali (ad esempio il sostegno al governo di Ali Bongo in Gabon), ed hanno provocato sdegno nell’opinione pubblica.

La corruzione in Africa riguarda oltre al finanziamento dei partiti politici, anche la vendita di armi e di petrolio, settori in cui c’è la più alta percentuale di corruzione e di riciclaggio di denaro.

Inoltre, la Francia desidera ancora continuare ad avere il pieno controllo delle risorse dei paesi dell’Africa francofona.

Emblematico è il caso del capo di stato del Niger Mamadou Tandja, immediatamente deposto dopo che aveva dato il via a delle negoziazioni per la vendita di uranio ad altri stati, in particolare alla Cina che era disposta a pagarlo a un prezzo maggiore della Francia. La Francia quindi rischiava di perdere il suo monopolio dell’uranio in Niger, e compromettere le attività di estrazione di Areva, la multinazionale francese che in Niger estrae uranio da più di 40 anni. Il Niger continua ad essere uno dei paesi più poveri del mondo e con l’indice di sviluppo umano, secondo le Nazioni Unite, tra i più bassi in assoluto, ma la Francia ha ancora il pieno accesso alle materie prime di questo paese e costringe quindi Niger e altri paesi africani a non vendere le risorse ad altri stati senza il suo permesso.

Un ultimo elemento che rimanda all’esistenza ancora oggi della Françafrique è stata la volontà francese di trattare segretamente con gli Stati Uniti, in modo da garantire che l’Africa francofona non venisse contaminata dalla forte minaccia comunista, durante la guerra fredda.

Nonostante la guerra fredda si fosse conclusa dopo la caduta del Muro di Berlino, c’è stato successivamente un periodo di instabilità data dal “scongelamento” in cui emerge la presa di posizione francese affianco agli Stati Uniti. Questo periodo è stato denominato “Noir Chirac”, il periodo nero della presidenza di Chirac79, in cui emergono le politiche atlantiste della Francia che andavano a sostegno delle politiche americane anticomuniste.

Altri movimenti indipendentisti sono stati repressi dal governo africano, e gli esponenti uccisi dai servizi segreti francesi. L’influenza francese sulla scelta dei capi di stato ha quindi provocato varie guerre civili.

Nonostante tutte le vicende sopraelencate, la volontà presidenziale è sempre quella di difendere pubblicamente, un’immagine della Francia che non vuole più intromettersi nella politica interna di altri stati, e quindi nega che vi sia un grande coinvolgimento tra la Francia e l’Africa e difende

pubblicamente questo punto di vista.

Hollande, l’ex-presidente francese, ha compiuto molte visite in Africa, e in un incontro in Costa D’Avorio ha voluto di nuovo riaffermare pubblicamente la necessità che la Francia intervenga il meno possibile in qualsiasi stato africano.

François Hollande e il presidente della Costa D’Avorio Alassane Outtara, 28 luglio 2014.

Fonte: France-culture: Afrique-France: quelle est la bonne distance?80

L’ex-presidente Francois Hollande nel 2014 affermava che la Françafrique non esiste più, in occasione di una visita in Costa d’Avorio. Queste le parole di Hollande in visita in Costa d’Avorio, commentando la crisi politica in Gabon:

"Nous ne sommes plus dans la situation d’avant, il n’y a plus de Françafrique. La France n’est plus là pour décider à la place des pays africains81”.

Hollande non voleva assolutamente esporsi nel sostenere uno o un altro governo: questo avrebbe voluto dire farsi carico delle eventuali problematiche che sarebbero sorte all’indomani di possibili crisi di governo o violenze. La promessa francese di Hollande è quindi quella di seguire la neutralità, evitando di esercitare un’influenza negli affari interni di questi governi complessi e instabili.

Hollande riafferma che la Francia non si trova più all’epoca del colonialismo, la legittimità francese nel prendere le decisioni che riguardano gli affari interni africani non esiste più. L’Africa e la Francia

80 https://www.franceculture.fr/emissions/du-grain-moudre/afrique-france-quelle-est-la-bonne-distance

81 “Non siamo più nella situazione di una volta, la Françafrique non esiste più. La Francia non interverrà

più per decidere al posto dei paesi africani”:

http://www.latribune.fr/opinions/tribunes/20131203trib000799220/reinventer-les-relations-economiques-france- afrique.html

devono mantenersi a buona distanza, l’Africa deve essere libera di compiere le sue scelte politiche senza interferenze.

Questo era sicuramente il punto di vista dell’ex-presidente francese Hollande, ma sembra essere anche lo stesso del nuovo presidente francese Emmanuel Macron, eletto nel 2017.

Nel discorso all’occasione dell’incontro in Burkina Faso con il presidente Marc Christian Kaboré, parla direttamente agli studenti, ai giovani, sapendo che sono il futuro dell’Africa. Macron quindi vorrebbe riallacciare i legami che la stessa Francia ha compromesso, riducendo la sua presenza culturale e linguistica in Africa. Il presidente conosce la necessità di evitare il classico approccio di tipo paternalista che è stato da sempre riservato alle ex-colonie, quindi non parlerà di aiuti allo sviluppo, ma piuttosto di percorsi universitari incrociati, di imprenditoria, di sport, di nuove tecnologie e di energie rinnovabili82.

Concludendo il terzo capitolo, se è vero che i legami tra la Francia, l’Europa, e l’Africa sono da sempre stati connessi, e quasi indissolubili, la necessità oggi che pesa sulla Francia è quella di dimenticare il passato coloniale e iniziare daccapo su nuove basi, un nuovo tipo di rapporto con l’Africa. Le esigenze di questi paesi non sono più le stesse, il rancore verso l’ex-colonia non deve tramandarsi alle nuove generazioni. C’è una volontà di cambiamento da entrambe le parti, è quindi necessario ripensare e riformulare un nuovo tipo di rapporto e di dialogo, in modo che sia accettato e voluto da entrambe le parti. Ripensare anche un nuovo tipo di scambio commerciale, che non sia solo quello imposto dal capitalismo internazionale, sarebbe anche opportuno. Solo così, la cooperazione potrà essere proficua.