• Non ci sono risultati.

Operazioni militari frances

VII.II La Francia, il “marito per forza”

In questo capitolo, si cerca di analizzare se la Francia sia un partner commerciale, economico e culturale desiderato dall’Africa, oppure se l’Africa veda effettivamente gli Stati Uniti come la vera e propria “terra promessa”. Come è descritto nel periodico Limes “Africa!”, l’Africa, per metà anglofona e per metà francofona vede negli Stati Uniti l’attore più forte. La Francia e gli Stati Uniti sono i due attori principali oggi in Africa, che hanno protetto assieme l’Africa dalle “minacce” comuniste. L’Africa francofona vede la Francia come un “marito per forza”, alla quale si è legata per abitudine, compagno che l’Africa non ha mai desiderato né scelto. In passato, la Francia era vista come la potenza mondiale per eccellenza, o una delle due potenze conquistatrici mondiali, ma oggi non lo è più. Rimane una potenza in ambito europeo, ma non mondiale. Non si può dire che sia finanziariamente ed economicamente ai primi posti della classifica mondiale.

Dopo la seconda guerra mondiale, come già si è accennato, la Francia e l’Europa appaiono come una potenza in inevitabile declino. Emergono dei movimenti africani per l’indipendenza che vogliono rivendicare il potere delle nuove coscienze sociali. Durante la guerra fredda, la Francia, seppur non appoggiando le politiche americane in Africa, ha sempre agito in chiave anticomunista, per contenerne l’espansione, questo comportamento era volto a fare gli interessi dell’America, potenza

emergente che non poteva competere con la vecchia Francia. Anche se, come è evidente, esiste un chiaro sentimento di inimicizia tra Washington e Parigi. L’Africa durante la guerra fredda è stata quindi il campo di battaglia per lo scontro di queste due grandi potenze: la Russia e gli Stati Uniti. Tutti i test, nucleari, missilistici, tutte le sfide possibili, venivano organizzate in Africa. Non tutti gli stati nell’Africa francofona però, erano pro-occidente: ci sono stati casi, come Madagascar; Congo; Etiopia; Somalia, in cui si è sviluppato un governo pro-marxista. Nel 1989, con la caduta del muro di Berlino comunque, finisce la “Cold War” per dare inizio alla “Cold Peace”. La cosiddetta “pace

fredda” era quindi un nuovo motivo di scontro tra le potenze mondiali in cui la vincitrice non era la

più forte potenza militare, ma la più forte potenza economica, ciò che conta oramai è l’“economic

supremacy155. Il vantaggio economico americano era comunque il più alto del mondo, e molti stati, da sempre sotto la sfera d’influenza francese erano attratti dall’infinito potere d’acquisto di questa importante potenza economica. Si può quindi affermare, che il processo di democratizzazione in Africa dopo la guerra fredda, abbia incrementato i conflitti tra Francia e America nell’Africa francofona in particolare, dove la Francia stava perdendo appeal156.

Invece, gli Stati Uniti appaiono all’Africa come la nuova terra paradisiaca, esiste ancora l’immagine del sogno americano in Africa. Molti infatti, associano oggi le istituzioni del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale con l’America. Di certo, queste istituzioni internazionali hanno sede in America ma non solo l’America le rappresenta, ma quasi tutti gli stati del mondo. Essi identificano l’America quindi la possibilità di aiuti strutturali allo sviluppo, con i programmi umanitari dell’ONU, con tutto ciò che è va a vantaggio per il sostegno e la crescita del continente africano.

Un altro esempio è quindi il caso del Gambia, quella striscia di territorio all’interno del Senegal, che gli inglesi hanno desiderato istituire in modo da evitare che la Francia rivesta una maggiore influenza rispetto alla Gran Bretagna, in Africa. Anche questo fa parte dell’obiettivo anglo-americano di voler ridurre al minimo la presenza francese nel territorio africano.

Dagli anni ’90 però, anche in Africa l’idealizzazione dell’America come paradiso in terra inizia a svanire. Appare anche chiaro quale sia l’atteggiamento francese sempre più contraddittorio, che in Africa continua a mantenere una linea autoritaria, dato che la maggior parte dei dittatori africani non vengono eletti democraticamente ma imposti, e devono essere ovviamente amici della Francia, e quindi viene proiettata l’immagine di una Francia che non è altro che il burattinaio che muove le fila del teatro politico africano, a spese della libertà degli stessi popoli africani. In più, la Francia viene

155 Peter J. Schraeder, Cold war to cold peace: explaining Us-French competition in Francophone Africa, pag. 395. 156 Limes, Africa!, Vecchie lune e nuovi imperi, Rossatanga-Rignault Guy, pag. 34-35.

vista come traditrice, dato che senza chiedere al popolo o consultare le varie opinioni dei governi, ha di nuovo imposto nel 1994 la svalutazione della moneta, il franco CFA, che doveva essere motivo di beneficio per le economie africane, che costringe gli africani a un livello di vita ancora più basso. La svalutazione ha fatto crollare il potere d’acquisto degli africani ed è considerata come l’unica responsabile di questa catastrofe.

In aggiunta a questo, la Francia viene vista come una potenza xenofoba, poiché si è vista crescere a dismisura, a partire dagli anni ’80, la popolarità del Front National, partito populista francese di estrema destra, che è stato il portavoce di un discorso razzista sostenuto da numerosi elettori francesi, tanto che alle elezioni del 2017, Emmanuel Macron e Marine Le Pen, oggi leader del Front National, si sono giocati il futuro presidenziale.

In più, il Front National oltre a rigettare l’immigrazione, e chiedere una revisione del diritto d’asilo, la quale è contraria a concedere ai rifugiati politici, ha anche indetto una petizione per impedire che gli stranieri abbiano diritto di voto157.

Quindi, grandi concetti e valori universali francofoni vengono preservati, ma poi l’opinione pubblica francese preferisce mantenere i confini nazionali ben controllati e rigettare l’immigrazione per tutelare la popolazione della Francia metropolitana. Nonostante comunque Marine le Pen non abbia vinto le elezioni presidenziali nel 2017, si percepisce ad ogni modo, la grande contraddizione che esiste alla base della relazione afro-francese. I migranti in Francia provenienti dall’Africa francofona hanno cominciato a installarsi nelle periferie, a Parigi, a Marsiglia, a partire dalla seconda metà del Novecento. Si tratta di un fenomeno transnazionale inarrestabile e incontrollabile, e lo stato, così, di fronte alla globalizzazione che oggi conosciamo, perde ogni giorno sempre di più il potere di controllo, la sicurezza del welfare del suo territorio, il potere di difendere i propri confini nazionali. Oggi, la migrazione che conosciamo, che colpisce la Francia, come l’Europa in generale, è soprattutto economica. La forza lavoro poco qualificata che arrivava e arriva oggi in Francia è senza dubbio conveniente, per una Francia che sta continuando con successo il suo processo di industrializzazione, culminato con il boom economico degli anni ’80. Oggi, i motivi della migrazione sono anche soprattutto di ricongiungimento familiare, o di studi, oltre a economici, e secondo una stima dell’INSEE, nel 2008, le persone che avevano origini maghrebine nel territorio metropolitano francese erano il 29,7% della popolazione totale.

Nonostante il flusso migratorio sia ancora molto elevato verso la Francia, la leadership francese non è più all’antico splendore, ma in Africa, soprattutto nell’Africa francofona, riesce comunque a mantenere il suo status di superpotenza. La Francia mantiene alto il suo prestigio, avendo una ZEE158

157 http://www.frontnational.com/petition-contre-le-droit-de-vote-des-etrangers/

158 Zona economica esclusiva, un’area marina che si estende fino a 200 miglia dalla linea di base, in cui viene esercitata

molto elevata, contando i dipartimenti e i territori d’oltre mare, in più la Francia è membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, quindi riveste un ruolo molto importante nella sfera politica decisionale di livello internazionale, anche se negli ultimi decenni il suo ruolo è sempre più offuscato dai paesi emergenti, dalla Cina, dal Giappone, dall’India, economie promettenti in via di sviluppo. La Francia comunque, se perde il ruolo di rilevanza internazionale deve cercare di cercare di rafforzare la sua posizione il più possibile nell’Hinterland Europeo159, cercando per prima cosa di rafforzare i suoi interessi nazionali, poiché i membri dell’Unione Europea sono sia partner, che concorrenti allo stesso tempo.

La Francia deve comunque mantenere i suoi legami strategici a livello internazionale, e deve continuare ad esercitare quella sua influenza economica, politica, ambientale e sociale.

Concludendo, come afferma Urlich Bech, non è solo in Francia che si sviluppano e si rafforzano i populismi di destra, come può essere nel caso del Front National. Il successo dei populismi va inteso, secondo il professore, come “una reazione all’assenza di qualsiasi prospettiva in un mondo in cui le

frontiere e i cui fondamenti sono venuti meno160”. La situazione nella quale stiamo vivendo viene vista quindi come una conseguenza della globalizzazione.