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2. Le prime condanne dell'Italia in tema di occupazione acquisitiva, la

2.3 Belvedere e Carbonara atto II

In prima battuta entrambe le pronunce non avevano affrontato gli aspetti indennitari, in cui i ricorrenti avevano chiesto pesanti condanne

nei confronti dell'Italia, per questo la Corte è tornata nel 200391 sulla

vicenda con due ulteriori pronunce – a distanza di alcuni mesi l'una dall'altra - che fanno anche riferimento all'art. 41 della Convenzione Edu.

Il carattere illecito dello spossessamento secondo la Corte deve avere ripercussione nei metodi di riparazione che lo Stato deve adottare. Per- tanto in ipotesi di spossessamento lecito non possono configurarsi le medesime conseguenze rinvenibili nel caso di spossessamento illecito. Secondo i giudici di Strasburgo tuttavia quando l'espropriazione ha fi- nalità legittime è possibile che sia accordato un corrispettivo inferiore rispetto al valore di mercato del bene. In questo modo la Corte parifica, per l'aspetto del quantum del risarcimento, l'occupazione legittima a quella usurpativa, cosa che le Sezioni Unite continuano a tenere distin- te92.

Nel caso Carbonara e Ventura, il risarcimento da corrispondere ai pro- prietari del terreno occupato dal Comune di Noicattaro, non deve tener conto del solo valore del bene al momento dell'occupazione, ma lo si deve attualizzare al momento in cui il risarcimento è riconosciuto, e ciò deve essere fatto tenendo presente il valore del bene anche alla luce della scuola realizzata sul terreno occupato. Ed è proprio con riferi- mento a tali parametri che la Corte ha condannato lo Stato italiano. Per rendere bene l'idea di quanto detto fin'ora è utile ricorrere alle ci- fre: a fronte di una quantificazione del risarcimento effettuata in sede interna per poco più di 200 mila euro, basandosi su una stima del suo perito, la Corte ha riconosciuto ai proprietari un importo che sfiora i 500 mila euro, cui andavano aggiunti i quasi 900 mila euro risultanti dall'aumento di valore dell'edificio per la costruzione della scuola. Nel caso Belvedere invece secondo la Corte non è possibile negare il risarcimento del danno non patrimoniale per il solo fatto di essere di

91 Corte dir. Uomo Belvedere Alberghiera contro Italia, 30 ottobre 2003 e Corte dir. uomo 13 dicembre 2003 Carbonara e Ventura contro Italia.

fronte ad una società. Per questo motivo, considerato che la privazione della disponibilità del terreno ha causato ai soci ed agli amministratori della società un pregiudizio significativo, la Corte riconosce un inden- nizzo pari ad € 25.000, aumentato delle spese legali e di quelle peritali. Del resto in una precedente sentenza la Corte si era espressa nel senso di riconoscere il danno morale anche nei confronti delle società com- merciali sulla base dell'effettività della tutela garantita dall'articolo 6 della Cedu. In particolare vengono in rilievo elementi come la reputa- zione dell'impresa e l'indecisione riguardante la programmazione degli investimenti con tutte le difficoltà che ciò comporta con riguardo alla gestione dell'impresa, nonché l'angoscia ed il fastidio patiti dai compo- nenti degli organi di direzione della società93.

È utile per capire il grado di tutela accordato dal giudice sovranaziona- le al diritto dominicale raffrontare quanto appena detto con la tutela as- sicurata dallo Stato italiano per il danno morale nei confronti delle im- prese. Nel nostro ordinamento tale danno si collega alla lesione dei di- ritti della personalità connotati da un'assenza di fisicità: diritto all'esi- stenza, all'identità, al nome, all'immagine, alla reputazione, ma si nega- no i patimenti eventualmente sofferti dalle persone fisiche che com- pongono l'ente collettivo. Questo ci fa capire l'elevatezza del livello di protezione che la Corte Edu garantisce alla violazione del diritto domi- nicale.

Quello che si cerca a Strasburgo è l'eliminazione completa degli effetti dannosi della condotta illecita.

Del resto, già nel caso Zubani la Corte si era dimostrata sensibile al ri- pristino integrale della situazione così come era prima dell'intervento pregiudizievole dell'amministrazione, riconoscendo ai ricorrenti danni patrimoniali e non patrimoniali, per un ammontare complessivo di 1 miliardo di lire.

In entrambe le sentenze per garantire la pienezza della tutela accordata,

93 Corte dei diritti dell'uomo 6 settembre 2000, caso Comingersoll s.a., in www.e- chr.coe.int.

la Corte dichiara l'importo liquidato esente da tassazione, quando inve- ce nell'ordinamento interno le somme accordate a titolo di risarcimento per il caso di occupazione acquisitiva, oppure in caso di ipotesi che rientrano nell'articolo 43 del t.u.e.p.u. sono soggette ad una ritenuta fis- sa del 20%.

C'è chi vorrebbe l'estensione del danno-evento alla categoria del danno non patrimoniale in tema di occupazione acquisitiva, un po' come ac- cade nel caso della legge Pinto, con riferimento alla quale il danno non patrimoniale si considera in re ipsa, a differenza del danno patrimonia- le che deve essere necessariamente provato.

3. La Corte Edu torna nuovamente ad esprimersi nel caso Scordino contro Italia

I Sigg.ri Scordino erano stati destinatari di un decreto di esproprio di un fondo edificabile, in cui si riconosceva un indennizzo calcolato te- nendo come parametro i criteri per la determinazione del risarcimento nel caso di fondi agricoli. A seguito della declaratoria di incostituzio- nalità della legge n. 865 del 1971 – avvenuta con sentenza della Corte Costituzionale n. 5 del 198094, si è parametrato il risarcimento spettante

al valore venale del bene. Dato l'esiguo ammontare riconosciutogli, gli Scordino si sono rivolti alla Corte di Appello, la quale utilizza l'art. 5

bis della legge n. 359 del 1992 appena entrato in vigore, che su espres-

sa previsione era applicabile anche ai procedimenti in corso. Nel terzo grado di giudizio, la Cassazione conferma sotto il profilo del risarci- mento il quantum determinato in sede di appello. Gli scordino adisco- no nuovamente la Corte d'Appello con la richiesta di un danno patri- moniale dovuto alla differenza di ammontare tra quanto sarebbe loro spettato in caso di applicazione della legge n. 2359 del 1865 e quanto

invece è stato loro riconosciuto con l'applicazione dell'art. 5 bis della legge 359 del 1992. La Corte d'Appello per tutta risposta nega il risar- cimento del danno non patrimoniale e riconosce un danno patrimoniale che la Corte Edu in fase di accoglimento del ricorso giudica subito ina- deguato, in quanto troppo inferiore rispetto a precedenti giudicati dalla Corte stessa. Lamentando la mancanza di un processo equo dinnanzi al tribunale, e quindi la non effettività della tutela accordata dalla legge Pinto, nonché una violazione dell'art 1 del primo protocollo allegato alla Cedu, gli Scordino prendono la via di Strasburgo, nonostante la non definitività del decreto emesso dalla Corte d'Appello di Reggio Calabria.

La Corte Edu ha deciso il caso con la pronuncia Scordino contro Italia del 20 luglio 200495.

In prima battuta si riconosce una violazione della ragionevole durata del processo, dato l'estendersi per oltre otto anni dei due gradi di giudi- zio. Successivamente si è passati all'analisi dell'ulteriore questione sol- levata dagli Scordino: l'ingiustizia dell'applicazione retroattiva della legge n. 359 del 1992 che di fatto comportava una corresponsione del risarcimento molto inferiore a quanto sarebbe spettato in caso di appli- cazione della legge del 1865. Nello specifico essi lamentavano un'inge- renza del potere legislativo nell'ambito giudiziario che nel caso di spe- cie comportava una riduzione del risarcimento in misura prossima al 50 per cento, il tutto con il solo fine di avvantaggiare l'amministrazione pubblica.

La Corte accoglie tale tesi all'unanimità, sostenendo che non si può ri- conoscere efficacia retroattiva ad una legge nel caso in cui tale effica- cia abbia l'effetto di alterare l'amministrazione della giustizia incidendo sull'esito di determinate liti. Tale effetto preclusivo doveva farsi di- scendere dall'articolo 6 della Cedu, il quale pur non prevedendo tale di- vieto espressamente, poteva contenerlo in virtù del diritto all'equo pro-

cesso e del principio della preminenza del diritto.

Secondo la Corte, l'importo riconosciuto nel caso in esame, pur pren- dendo come parametro il valore venale del bene, arriva ad un ammon- tare che si discosta molto da esso, anzi troppo. Si arriva infatti a rico- noscere una cifra che si aggira intorno al 50 per cento del valore venale del bene, cui va sottratto un ulteriore 20 per cento ai sensi dell'art. 1 della legge 4216 del 1988 a titolo di imposta fiscale, realizzando un ec- cessivo sbilanciamento a discapito del soggetto privato.

Nel caso in esame la Corte ha riconosciuto come si sia configurata un'ipotesi di espropriazione legittima, pertanto non si censura il risarci- mento inferiore rispetto a quanto richiesto dai ricorrenti, perché il bi- lanciamento degli interessi deve tener conto del fatto che il procedi- mento di espropriazione sia posto in essere nel rispetto della normativa in materia.

I ricorrenti avevano inoltre chiesto il risarcimento del danno non patri- moniale con riferimento ad entrambe le violazioni lamentate: sia quella dell'articolo 6 della Cedu, che quella dell'articolo 1 del primo protocol- lo. Per tale richiesta però la Corte ha valutato la questione come non pronta ed ha rinviato la decisione.

Ai sensi di quanto previsto dall'articolo 43 della Cedu, lo Stato italiano ha chiesto che della questione fosse investita la Grande Camera della Corte Edu96.