quo.
L'introduzione della prescrizione quinquennale comportava una dispa- rità di trattamento tra il soggetto che subiva un'espropriazione, e quello che subiva un'occupazione illegittima. Questa diversità di trattamento pare ancora più ingiusta se pensiamo al fatto che un soggetto che si vede privato del suo diritto di proprietà a seguito dell'attività illecita della pubblica amministrazione, dovrebbe vedersi riconosciuto un ri- sarcimento più elevato. A tale ingiustizia si aggiunge il fatto che nel caso di indennizzo a seguito di espropriazione, la decorrenza della pre- scrizione è collegata ad un dies a quo certo (il provvedimento di deter- minazione dell'indennizzo proveniente dalla commissione provinciale65,
il quale precede l'emanazione del provvedimento di indennizzo), men- tre in caso di risarcimento del danno da occupazione acquisitiva, l'ini- zio del decorso del termine è correlato ad un evento - l'irreversibile tra- sformazione del fondo - che oltre ad essere difficilmente definibile, va- ria a seconda della tipologia di opera pubblica realizzata.
Una certa giurisprudenza negli anni successivi all'intervento delle Se- zioni Unite che ha dato vita all'occupazione acquisitiva, ha cercato di allungare il termine di prescrizione dell'azione, evidenziando il caratte- re reale di questa azione risarcitoria, facendo perno sull'art. 948 c.c., il quale consente all'attore di proseguire la sua azione di rivendicazione anche se il convenuto nel corso del processo ha perduto per fatto pro- prio il possesso o la detenzione della cosa, ponendo in capo al conve- nuto l'obbligazione di recuperare la cosa o risarcire il danno. A ciò si estende analogicamente il caso che si verifica nell'occupazione acquisi- tiva in cui l'amministrazione non può restituire il bene. In tal modo l'a- zione diveniva imprescrittibile.
In realtà questo orientamento è stato contestato perché presuppone che
il proprietario rimanga tale anche nel momento in cui si esperisce l'a- zione reale, ma in realtà il proprietario perde il suo diritto con l'irrever- sibile trasformazione del fondo66.
Aspetto molto importante del risarcimento del danno è il tempo inizia- le da cui far decorrere il termine di prescrizione che coincide con l'irre- versibile trasformazione del suolo. Il problema è rappresentato dal fat- to che tale momento non è stato individuato con certezza né dalla giu- risprudenza, né dalla dottrina, le quali hanno incontrato difficoltà nella definizione dell'esatto istante in cui il fondo perde i suoi connotati ca- ratteristici, facendo riferimento a criteri percepibili dal soggetto dotato di media diligenza. Inoltre non è facile creare una regola generale che possa individuare a priori, per ogni genere di costruzione, il momento di inizio, che invece dipende una serie di fattori tra loro collegati. A complicare ancora di più la situazione si inseriscono gli artt. 2 e 5 della legge n. 2248 del 1865, secondo cui in caso di decreto di espro- prio o decreto di occupazione temporanea, emessi in carenza di potere da parte della pubblica amministrazione, il privato può adire diretta- mente il giudice ordinario fin dal momento dell'inizio del comporta- mento dell'amministrazione, il quale si qualifica come illecito fin da subito, in quanto posto in essere senza un valido atto di esercizio del potere amministrativo.
È da escludere altresì l'applicabilità dell'articolo 2935 c.c che prevede l'inizio del decorso del termine per la prescrizione dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, in quanto si ritiene che l'articolo in esame faccia riferimento solo alle cause legali che impediscono l'eser- cizio del diritto e non anche a situazioni di fatto come l'ignoranza del soggetto circa la corretta interpretazione di una norma, pur difficile essa sia.
In realtà la giurisprudenza avrebbe potuto svincolare il momento di ac- quisto dell'immobile da quello di inizio del decorso del termine di pre-
66 SALVAGO S., Occupazione espropriativa e prescrizione dell'indennizzo, in Giusti-
scrizione, collegando tale termine all'emissione di un provvedimento amministrativo, come avviene per l'opposizione alla stima per le espro- priazioni per pubblica utilità. Invece, nel perdurare delle soluzioni nor- mative, si sono alternate interpretazioni giurisprudenziali che hanno portato deroghe ed eccezioni che hanno contribuito a creare confusione sull'argomento. Secondo la soluzione equitativa adottata dalle Sezioni Unite del 1983, nel caso di occupazione legittima, a cui non fa seguito il decreto ablatorio prima della scadenza del termine previsto, il decor- so quinquennale della prescrizione ha inizio a partire dal venir meno della situazione di legittimità. Il problema di questa soluzione è che non spiega quale sia il regime dell'immobile dal momento dell'irrever- sibile trasformazione fino a quello della cessazione della legittimità della condotta.
Sempre con finalità correttive, la giurisprudenza ha adottato questo orientamento nell'ipotesi in cui venga annullato il decreto di occupa- zione temporanea, in quanto in questo caso il diritto al risarcimento del danno sorge solo a seguito del provvedimento di annullamento del giu- dice amministrativo.
Restava comunque da individuare con certezza il momento dell'irrever- sibile trasformazione dell'immobile, che è demandato alla valutazione del giudice. Analizzando la giurisprudenza in materia emerge un am- pio ricorso a criteri negativi, in particolar modo ricorre l'indicazione che il termine non può iniziare a decorrere dal giorno dello spossessa- mento, né può coincidere con il giorno in cui l'opera viene perfezionata in tutti i suoi aspetti.
Per agevolare l'espropriato, è stato introdotto l'onere della prova della prescrizione a carico dell'amministrazione, la quale deve dimostrare che l'irreversibile trasformazione del fondo non sia avvenuta nei cin- que anni che precedono l'atto di citazione.
Partendo da questo punto fermo le Sezioni Unite67 sono intervenute in 67 SS. UU. n. 485 del 1999, in www.studiolegale.leggiditalia.it.
materia, operando una distinzione tra la situazione in cui si può ancora procedere con il decreto di esproprio, o il privato con la cessione vo- lontaria, e la situazione in cui la fattispecie si sia perfezionata a causa dell'irreversibile trasformazione del fondo68. In riferimento al secondo
momento le sezioni unite hanno chiarito che all'ex proprietario non ri- mane che richiedere il risarcimento del danno, senza tener conto della comunicazione da parte dell'amministrazione di deposito dell'indennità di espropriazione presso la Cassa depositi e prestiti, la quale non assu- me nessun valore. Tale comunicazione non è vincolante, in quanto non è il nomen iuris a rilevare, perciò pur essendo definita dall'amministra- zione come indennità, ciò non vuol dire che sia in realtà qualificabile come risarcimento. Infatti in quel momento non è più possibile pagare l'indennità in quanto il procedimento espropriativo è venuto meno, per- ché si sono integrati gli elementi dell'illecito. Secondo le Sezioni Unite questi atti, costituendo un riconoscimento del diritto dell'espropriato al risarcimento, sono idonei ad interrompere il decorso del termine di pre- scrizione del risarcimento del danno. Addirittura c'è chi riconduce tale comportamento ad una rinuncia a far valere l'eccezione della prescri- zione.
In disaccordo con quanto stabilito dalle SS. UU. sembra porsi Cass. 8005/199769, secondo cui il riconoscimento dell'indennità di esproprio
o il suo deposito presso la Cassa depositi e prestiti non interrompono il decorso della prescrizione in quanto non si riferiscono al medesimo di- ritto, mentre gli atti interruttivi devono per forza di cose riferirsi al di- ritto per cui si fa valere il decorso della prescrizione per inerzia del ti- tolare. In tale sentenza la Cassazione ha comunque puntualizzato che si fatto ragionamento vale solo nel caso di presenza di entrambe le fatti- specie, in questa ipotesi infatti si deve contestualizzare il fatto interrut- tivo che si fa valere.
68 CARINGELLA - DE MARZO - DE NICTOLIS, L'espropriazione per pubblica utilità
commento al t.u. emanato con d.p.r. 8/6/2001 n. 327, cit. p. 567.
69 Cassazione I Sezione civile del 26 agosto 1997, n. 8005, in www.studiolegale.leg- giditalia.it.
La giurisprudenza si è adeguata a quanto statuito dalle SS.UU., esten- dendo la ratio anche nel caso di istanze del proprietario mediante atti scritti che manifestino inequivocabilmente la sua volontà di ottenere l'adempimento del credito. Questa estensione è consentita dalla man- canza di formalismo richiesta per gli atti del proprietario e dall'irrile- vanza del nomen iuris della sua pretesa, che per il principio iura novit
curia, viene correttamente individuata dal giudice.