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L'articolo 5 bis primo comma della legge n. 359 del 1992 individua come base per la determinazione dell'indennità d'esproprio delle aree edificabili, la semisomma del valore venale del bene e del reddito do- minicale rivalutato per l'ultimo decennio, diminuita del 40%54. Il com-

ma 7 bis55 dell'articolo 5 bis estende tale metodo al risarcimento del

danno ai casi di occupazione acquisitiva antecedenti al 30 settembre

54 Tale riduzione non si applica nel caso di cessione volontaria da parte del privato del bene espropriando.

1996, escludendo la riduzione del 40% ed aumentando l'importo del 10%.

L'interesse del legislatore verso il risarcimento del danno evidenzia come questo sia uno dei punti più importanti e dibattuti in materia. A ciò si ricollega anche il decorso del termine di prescrizione della relati- va azione.

Prima della formulazione dell'articolo 43 del t.u delle pubbliche espro- priazioni56, il panorama del risarcimento da illegittima occupazione

della pubblica amministrazione, vedeva una netta differenziazione a seconda che si configurasse l'occupazione acquisitiva ovvero quella usurpativa. In quest'ultima ipotesi infatti, la non applicabilità dell'arti- colo 5 bis della legge n. 359 del 1992, garantisce la corresponsione di un risarcimento integrale. Secondo la Cassazione, infatti, nei casi di occupazione usurpativa, in assenza di una dichiarazione di pubblica utilità, non c'è un collegamento dell'attività amministrativa con la fina- lità di pubblico interesse57. Negli interventi legislativi di metà anni no-

vanta è chiara l'intenzione del legislatore di avvicinare gli effetti eco- nomici derivanti dalla procedura di espropriazione, e quelli derivanti dall'acquisto della proprietà derivanti da occupazione acquisitiva, limi- tando le pretese del soggetto privato.

Il regime del risarcimento si differenzia a seconda della qualificazione del suolo che viene occupato, in applicazione del criterio del doppio binario. Qualora quest'ultimo rientri tra le aree edificabili è applicabile il comma 7 bis, invece per le aree agricole si applica la legge n. 865 del 1971, secondo cui il risarcimento deve essere parametrato al valore del suolo. La distinzione si basa sulla qualificazione contenuta nella disci- plina urbanistica vigente alla data del decreto di esproprio relativo al terreno oggetto della discussione. Tale principio sarà poi ripreso nel- l'art. 32 del testo unico per le espropriazioni di pubblica utilità.

Nella qualificazione di area edificabile ai sensi del risarcimento, rien-

56 Di cui si parlerà nel capitolo 3.

trava anche le situazione di fatto, non prevista dalla normativa urbani- stica e collegata ad uno uso improprio del suolo, ma capace comunque di far aumentare il valore di quest'ultimo. Il riferimento all'edificabilità di fatto è venuto meno per esigenze di finanza pubblica, lasciando spa- zio alla sola edificabilità intesa come qualificazione prevista dalla leg- ge. Ciò permette di legare la quantificazione del risarcimento ad una base oggettiva non dipendente da valutazioni discrezionali.

Si noti come tuttavia il concetto di edificabilità di fatto non viene meno

tout court; infatti si può ricorrere a tale criterio nelle ipotesi di aree

bianche o sottoposte a vincoli decaduti, insomma, può essere utilizzato in via integrativa per colmare la lacuna che si crea quando l'area in questione non è soggetta a disciplina urbanistica. In quest'assenza di disciplina dunque il criterio dell'edificabilità di fatto ha effetti che sono limitati alla determinazione del concreto valore di mercato dell'area. Infatti l'art 5 bis da rilievo, per la determinazione del quantum di in- dennizzo, solo a quanto risulta dalla disciplina urbanistica58. Le circo-

stanze dell'edificabilità di fatto essendo meramente complementari, de- vono essere dimostrate da chi le vuol far valere in giudizio nel rispetto del principio dell'onere della prova di cui all'articolo 2697 del codice civile.

In sostanza - ciò è stato avallato anche dalla Corte Costituzionale - il sistema dell'art. 5 bis si fonda su una dicotomia tra aree edificabili ed aree agricole, o comunque non edificabili, ma parificate alle agricole in quanto a determinazione dell'indennizzo o del risarcimento. Come si può immaginare, alla base di tale scelta ci sono esigenze di finanze pubbliche.

Secondo la Cassazione, la qualificazione del suolo come non edificabi- le, non impedisce al proprietario di dimostrare che il valore del suo suolo sia comunque mutato in virtù della sua destinazione (compatibile con la non edificabilità), in modo da avere un valore di mercato più

alto. Per le aree agricole, il parametro fondamentale cui far riferimento per il risarcimento è il valore agricolo medio, che si basa sul criterio delle colture praticate, si può inoltre valorizzare l'area rispetto a quanto troviamo nei valori tabellari.

In caso di liquidazione del danno con i criteri applicabili alle aree edi- ficabili, non è possibile provvedere anche per i frutti pendenti, come accade invece per le aree agricole.

Il problema che rimane leggendo la disposizione del 1996, è il criterio applicabile per le ipotesi post 30 settembre 1996. Secondo la dottrina, con cui concorda la Cassazione, una volta scaduti i termini in cui è pre- vista la riduzione, torna ad applicarsi il criterio generale del risarci- mento integrale. Secondo la dottrina in quanto torna applicabile l'arti- colo 2043 c.c, secondo la Cassazione invece si applica il vecchio art. 39 della legge fond. del 1865, che come confermato anche dall'art. 3 della legge 458 del 1988, prevede il risarcimento del danno parametra- to al valore venale del bene.

Per quanto riguarda la determinazione del risarcimento spettante al proprietario, il parametro temporale cui far riferimento, la valutazione deve far riferimento al momento precedente all'emanazione del vincolo preordinato all'esproprio, quindi un'eventuale variazione di prezzo con- seguente a tale vincolo non viene in rilievo59. A seguito di questa indi-

cazione giurisprudenziale in primo luogo è da escludere che possa ap- plicarsi una compensatio lucri cum damno, in quanto il danno patito dal proprietario deriva dallo spossessamento, mentre il vantaggio che ne deriverebbe per la parte residua del suo fondo è ricollegabile alla realizzazione dell'opera che avviene in un momento successivo rispetto al verificarsi del danno60.

Interessante è anche il caso di cui si è occupata Cass. 21350/0461, in cui

viene trattato il tema del risarcimento del danno riflesso. Nel caso di

59 Per approfondimenti vedi CARINGELLA F., DE MARZIO G., Indennità di esproprio

ed occupazione appropriativa, Milano, Giuffrè, 1999, pagg. 84 e ss. 60 Cass. 6009/2003, in Giust. Civ. Mass., 2003, f. 4.

specie, l'occupazione riguarda un suolo adibito a deposito di munizioni da parte di due società esercenti attività imprenditoriale. A seguito del- la trasformazione del suolo, le due società, in sede di risarcimento, ri- chiedono anche il corrispettivo del deprezzamento della parte residua del fondo, e della perdita della capacità produttiva dello stesso. La Cas- sazione però rigetta questa richiesta dei ricorrenti sottolineando come l'indennità di espropriazione non possa eccedere il valore venale del bene a seguito della destinazione, precisando poi che l'espropriazione non riguarda l'attività imprenditoriale del soggetto espropriato. Tali principi si applicano anche ai casi di occupazione acquisitiva, in quan- to grazie alla copertura costituzionale garantita dall'articolo 42 della Costituzione, non si può far riferimento all'illecito civile comune. Con l'applicazione dell'art 5 bis comma 7 bis, il metodo sintetico-com- parativo, metodo generale di calcolo del risarcimento, non viene utiliz- zato. Con questo metodo il valore del bene era calcolato senza analiz- zare il prezzo delle aree interessate, né i costi diretti o indiretti delle opere di urbanizzazione. L'individuazione del valore dell'area espro- priata avveniva facendo riferimento alla comparazione del bene de quo con altri beni aventi caratteristiche simili, pressoché ubicati nella stessa zona (quindi con la stessa distanza dal Centro storico). Era preferito questo metodo in quanto il parametro di riferimento erano le realtà spa- ziali già esistenti, in modo tale da ridurre al minimo l'aleatorietà. Il metodo sintetico comparativo era escluso nei soli casi di aree rien- tranti nei p.e.e.p., o di edifici aventi pregio storico-ambientale, in cui si applicava il metodo analitico-ricostruttivo che prevede una valutazione complessiva del bene partendo dalla differenza tra il costo probabile dell'edificio da costruire e il valore venale dell'area.

La svolta si ha però con Cass. 3034/200562, secondo la Corte infatti i

vantaggi del metodo sintetico comparativo avrebbero potuto dimostrar- si qualora fosse riconosciuto rilievo all'edificabilità di fatto, in quanto

esprimendo il valore di un determinato terreno nel contesto di una certa zona, prescindeva dallo strumento urbanistico, ma nel sistema delinea- to dall'art 5 bis comma 7 bis, in cui si fa riferimento alla sola edificabi- lità legale, poteva meglio operare il criterio analitico-ricostruttivo, ba- sato sul valore di trasformazione del bene63. Quest'ultimo infatti viene

preferito dalla giurisprudenza perché idoneo a garantire una maggiore effettività.

Qualche parola va spesa anche per il caso di risarcimento del fondo per occupazione illegittima, non seguita da irreversibile trasformazione del fondo. Anche in questo caso il soggetto privato subisce un danno, che può essere quantificato facendo riferimento a due parametri: o al valo- re locativo del bene occupato: si vanno a vedere i canoni che sarebbero stai corrisposti dai detentori al proprietario per il godimento del fondo; oppure in caso di impossibilità della relativa prova, si fa riferimento agli interessi legali della somma che il proprietario avrebbe potuto ri- cavare in caso di vendita o espropriazione del bene.

Inoltre secondo quanto espresso da Cass. 17142/200464, si deve utiliz-

zare come base per la liquidazione, l'importo dell'indennità di espro- priazione, non potendosi più fare riferimento al valore venale del bene ai sensi dell'art. 5 bis della legge del 1992 cit.

Questa è la situazione del risarcimento del danno da occupazione ac- quisitiva prima dell'intervento del testo unico in materia di espropria- zioni per pubblica utilità. Data l'importanza e la delicatezza della que- stione risarcimento, il tema sarà affrontato nuovamente più avanti, mettendo in luce i cambiamenti di volta in volta intervenuti nel siste- ma.

63 Tale criterio ricava il prezzo più probabile di trasformazione del bene, operando la differenza il valore venale che potrebbe avere l'edificio che sarà costruito sul- l'area interessata ed i costi che la realizzazione dell'edificio potrebbe comportare. Come si capisce dal metodo di calcolo, questo è un metodo che si espone mag- giormente all'alea.