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1. PARTE PRIMA

1.3 Bilinguismo e L2 in Alto Adige

In Alto Adige, da ormai moltissimi anni, la lingua italiana e quella tedesca si trovano in strettissimo contatto tra di loro (cfr. Egger 1978: 9).

Quando due o più lingue sono a contatto fra di loro, si usano i termini di diglossia e bilinguismo:

diglossia “indica il rapporto verticale fra le varietà dello stesso linguaggio (dialetto-lingua), mentre bilinguismo indica invece il rapporto orizzontale fra le lingue allo stesso livello, come nel caso: italiano – tedesco” (Egger 1978: 9-10).

Vediamo di dare una definizione più specifica:

“Con il termine bilinguismo, s’intende, secondo la definizione di un noto studioso, «la pratica dell’uso alternativo di due lingue»2, non designando innanzitutto la situazione linguistica di una determinata area geografica, ma soprattutto lo ‘stato’ del singolo parlante. Il bilinguismo è quindi un “fatto individuale”, che implica il possesso di due codici linguistici e una certa capacità di commutazione, di passare, cioè, alternativamente, da un codice all’altro a seconda della situazione in cui il parlante viene a trovarsi, del grado di bilinguismo del suo interlocutore, dell’argomento a tema. […]

Mentre un bilingue, quindi, può passare da un codice linguistico all’altro totalmente diverso, che non necessita avere alcun punto in comune con il primo, con il termine diglossia s’intende l’uso, all’interno di una singola comunità linguistica, di diversi registri o dialetti di un unico codice, ognuno con funzioni particolari specifiche.”

(Grespan 1992: 10-11)

In un contesto bilingue abbiamo quindi due lingue: una L1, chiamata anche lingua madre, e una L2, la lingua seconda ovvero la lingua che si apprende dopo la lingua madre (come si è già visto nel capitolo 1.1). Per i ragazzi italiani sarà quindi per ragioni ovvie l’italiano la lingua madre e il tedesco la lingua seconda, mentre per i ragazzi di madrelingua tedesca la L2 sarà l’italiano.

Bisogna però sottolineare che nel contesto altoatesino, nonostante ci sia una situazione di bilinguismo a livello istituzionale, non tutti i parlanti sono completamente bilingui, ma hanno una delle due lingue come L1 e imparano l’altra come L2. Nel corso della loro vita possono raggiungere un livello più o meno alto di bilinguismo individuale, ma non possiedono fin da subito tutte e due le lingue, a meno che non abbiano i genitori di tutte e due le lingue (madre italofona e padre tedescofono, ad esempio).

In Alto Adige possiamo osservare una diglossia a tre livelli linguistici: il dialetto locale (Dialekt3), il dialetto regionale (Umgangssprache) e la lingua standard (Hochsprache) (cfr.

Egger 1978: 9). Il tedesco standard è la lingua scritta e viene usato nelle occasioni ufficiali, in conferenze e dibattiti politici. Questa lingua però «è penetrata soltanto nella consapevolezza di pochi parlanti e rimane però una lingua artificiale che si è imparata e che eventualmente si parla,

2 Weinreich (1974), p.3, cit. in Grespan (1992) (vedi bibliografia).

3 Si sono voluti usare appositamente i termini tedeschi per designare i concetti, in quanto in tedesco, a mio parere, essi vengono espressi meglio con questi tre termini.

ma che raramente si domina»4. I germanofoni altoatesini usano infatti solitamente il dialetto e in molte zone più isolate esso rappresenta l’unica lingua in ogni situazione (cfr. Grespan 1992:

31-32). Per i sudtirolesi tedescofoni il dialetto aiuta a “favorire il senso di collettività e crea una specie di identità locale e regionale, conferendo un senso di armonia e di sicurezza” (Egger 1978: 15).

Se per il tedesco vediamo diversi livelli linguistici, la lingua italiana viene parlata in Alto Adige solamente nella forma standard: “essa appare a prima vista come un blocco solido, con un unico livello pressoché immune da infiltrazioni o interferenze tedesche” (ibid.: 12-13). L’italiano

“crea l’impressione di trovarsi in una posizione ideale. Nell’apprendimento dell’italiano i germanofoni sono largamente avvantaggiati. Vi è infatti un unico livello linguistico ed è quello insegnato a scuola. Completamente diversa è la situazione per quanto riguarda il tedesco: il modello presentato nella scuola italiana è quello della lingua standard; nella vita quotidiana invece gli italiani sono sempre a contatto col dialetto locale o tutt’al più col dialetto regionale. L’apprendimento dell’italiano invece è favorito dal fatto che i tedeschi possono udire sempre la stessa forma «elevata».” (ibid.: 12-13)

I ragazzi tedeschi sono quindi facilitati ad apprendere l’italiano, appunto perché sentono solamente una forma di italiano standardizzato, senza particolari accenti.

Per i ragazzi italiani, invece, la situazione risulta più difficile. Infatti il tedesco che si impara a scuola è la Hochsprache, “che non è quello quotidianamente e normalmente usato nella maggioranza delle occasioni dai sudtirolesi. Cosicché accade sovente che, rivolgendosi in tedesco ad un sudtirolese di madrelingua tedesca, si ottenga una risposta in italiano” (Grespan 1992: 10-11).

In una regione come l’Alto Adige dove convivono due comunità linguistiche e culturali,

“l’apprendimento di una seconda lingua diventa un’esigenza e una necessità oggettiva per l’interazione dei gruppi etnici a contatto” (Grespan 1992: 17).

Purtroppo in Alto Adige i gruppi linguistici

“vivono ancora troppo in mondi separati, perché non esiste una memoria collettiva comune nella quale siano radicati e custoditi episodi significativi di una storia realizzata in comune. I gruppi linguistici vivono in mondi separati anche perché hanno omesso di compiere l’elaborazione del lutto sulla violenza che si sono reciprocamente inflitti nel corso della storia. I loro rapporti sottostanno ancora al meccanismo della

“svalorizzazione” reciproca. La convivenza è, infine, ancora fortemente caratterizzata

4 Riedmann (1972), p. 19, cit. in: Grespan (1992) (vedi bibliografia).

dalla produzione sociale di distanza, che ha la funzione di mantenere la frammentazione della società per lo più secondo criteri etnico-comunitari di appartenenza. Queste configurazioni della società hanno effetti psico-sociali concretamente rilevabili sulla comunicazione e sulla cooperazione tra i gruppi linguistici e influenzano negativamente la motivazione all’apprendimento della lingua seconda e la formazione interculturale.”

(Baur et al. 2008: 23)