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Brain drain e flussi migratori di ritorno

L'impatto economico dei flussi migrator

3.4 Brain drain e flussi migratori di ritorno

Il ruolo delle rimesse economiche e sociali nella costruzione dell'identità albanese contemporanea è innegabile ma, probabilmente, un ruolo altrettanto importante spetta al già accennato brain drain, quel processo di impoverimento intellettuale causato dal coinvolgimento nelle dinamiche migratorie di fasce della popolazione che rappresentano la riserva di potenziale intellettuale e professionale nazionale, e che nel caso albanese è caratterizzata da percentuali di ritorno molto basse.

Come accennato parlando delle ondate migratorie dei primi anni '90 e parallelamente al fenomeno di brain drain interno delle zone rurali, dovuto ai fenomeni di migrazione verso i centri urbani223, “amongst the worrying human impacts of this large-scale emigration, three may be mentioned briefly. The first is the brain and skill drain; Gedeshi et al. have estimated that half of all the country’s university teachers, scientists and intellectuals have left the country since 1990. The brain drain continues, as many of Albania’s brightest students now succeed in studying elsewhere in Europe or overseas.”224.

Con la formula Brain drain si fa riferimento all'emigrazione di individui in età di lavoro, con profili professionali di elevata specializzazione ma, al tempo stesso si intende fare riferimento anche al coinvolgimento nel flusso migratorio di tutte quelle risorse che potenzialmente hanno queste caratteristiche e che nel contesto internazionale

222 Cfr., J. Vullnetari, Op. cit., p. 205 e segg. e I. Gedeshi, Op. cit., p. 4 e segg. 223 Cfr. J. Vullnetari, Op. cit., p. 212 e segg.

vanno incontro a possibilità e opportunità formative di alto profilo e che valutano come problematico e improbabile, se non impossibile, il loro rientro in patria.

Si tratta di un fenomeno che attualmente coinvolge una buona parte dei paesi del mediterraneo meridionale (Italia compresa) e che rischia di colpire tutti i paesi d'emigrazione in termini di crescita economica, distribuzione delle risorse e benessere generale225.

Se si prende in considerazione il fenomeno di brain drain albanese basandosi sulla perdita di risorse già formate e professionalizzate, il periodo più critico per l'Albania è stato proprio quello dei grandi esodi dei primi anni '90, mentre è andato diminuendo col tempo grazie a tutta una serie di miglioramenti nelle condizioni di lavoro e di ricerca, ad esempio negli atenei albanesi contestualmente all'innalzarsi dell'età media dei docenti e dei ricercatori, salita a 45 anni226.

Se si amplia invece lo sguardo, estendo l'analisi al concetto di potenziale intellettuale, i miglioramenti appena messi in luce appaiono in grossa parte un errore di prospettiva: “a survey realized in year 2000 with 835 university students studying in the US, Italy, France, etc., indicated that only 45.5 percent of them were willing to return to their country of birth after their graduation. Later, another survey realized in 2004 with 181 PhD holders and PhD candidates revealed that only 56 percent of the surveyed were willing to return in Albania. The non-return of the successful university and post- university students will be in the longer-run, the major way of brain drain from Albania. This process will be further accelerated by the policies of several European countries, USA and Canada, to stimulate the flow of foreign students.”227

225 Cfr., R. Black, I. Gedeshi, op. cit., p. 6 226 Ivi, p. 8

Ovviamente, se da un lato le opportunità di formazione offerte dai paesi stranieri rappresentano una potenziale risorsa, la durata e gli effetti negativi dovuti alla perdita di potenziale intellettuale nel momento in cui i progetti di rientro vengono accantonati a favore di altre scelte di vita, rischiano di creare dei danni non quantificabili.

In questo senso, nel contesto attuale, assume grande importanza il modo in cui il tema del ritorno riesce e riuscirà ancora di più in futuro a diventare un punto di accumulazione di interessi economici e politici multilaterali.

L'idea di ritorno infatti, non coinvolge soltanto il migrante e il suo progetto di vita, sul breve, medio e lungo periodo, ma coinvolge, e dovrebbe coinvolgere, direttamente e a più livelli le strutture politiche sia dei paesi ospitanti che quelle della stessa Albania, in quanto il ritorno “considerato come […] un fenomeno positivo, in relazione agli effetti benefici per lo sviluppo del paese di origine (in particolare appunto in relazione ai problemi di brain drain e al trasferimento di capitale e investimenti in patria), e in relazione a risposte e manifestazioni di controllo e sicurezza sociale da parte di governi europei che si impegnano nella gestione di flussi migratori e della presenza della popolazione straniera sul territorio, tra l'altro promuovendo e incentivando, appunto, i rientri.”228

Per i soggetti coinvolti dalle ipotesi di rientro si apre una prospettiva ampia e, per certi versi, rischiosa perché “il ritorno in patria può essere percepito e vissuto come reinserimento, riacquisizione (se non un miglioramento) oppure come perdita del proprio ruolo e status precedente la migrazione. Ugualmente, rispetto alla comunità d’origine, l’esperienza del ritorno può identificare nel migrante la figura dell’eroe,

228 A. Ferro, a cura di, Migrazione, ritorni e politiche di supporto, analisi del fenomeno della migrazione

di ritorno e Rassegna di programmi di sostegno al rientro, CeSPI, Centro Studi di Politica

come colui che abbia avuto successo all’estero e che quindi veda riconosciuto (dalla famiglia e comunità d’origine) il proprio rientro come avanzamento (economico, sociale, culturale). D’altro canto, il ritorno può anche rappresentare un fallimento (personale e familiare, soprattutto rispetto alla strategia di allocazione delle risorse familiari, Stark 1985; 1995) del progetto migratorio, dove quindi le difficoltà socio- economiche incontrate all’estero non abbiano permesso la realizzazione del successo sperato.”229

Il rientro, dunque, si pone come un fatto culturale estremamente complesso, e multidimensionale, specie dopo esperienze di migrazione di lunga durata (ad esempio la durata di un intero percorso di studi) e coinvolge non solo il migrante ma anche la complessa rete di rapporti toccati in modo diretto e indiretto dal suo rientro e, paradossalmente non solo nella madrepatria.

Tra le dimensioni di maggiore rilievo:

“- temporale, ove migrazioni di breve durata, temporanee, circolari, permettono sicuramente una minore conoscenza, socializzazione e adesione ai contesti di destinazione rispetto a migrazioni di lunga durata (e quindi una minore capacità e impatto di innovazione nel paese di origine);

- urbana-rurale, ove il contesto del reinserimento in patria (urbano o rurale) definisce diversamente spazi e possibilità per accogliere e valorizzare skills (molto probabilmente urbane, industriali o legate all’economia del terziario, etc.) acquisite nei paesi di destinazione;

- lavorativa-occupazionale, ove le caratteristiche dell’inserimento lavorativo nel paese di destinazione − in relazione alla qualifica, mansione e attività svolta

(tendenzialmente si tratta di occupazioni low skilled in alcuni ambiti settoriali, che spesso esprimono un segregazione occupazionale) − determinano o meno l’acquisizione di competenze e capacità che possono essere valorizzate una volta in patria;

− di genere, ove, caratteristiche dei flussi migratori, femminilizzate o no - in relazione anche alla consistenza dei ricongiungimenti familiari e alla natura dell’inserimento lavorativo (con le donne più facilmente escluse dal mercato del lavoro o legate a settori quale il lavoro domestico o di cura) – sono considerate in relazione all’acquisizione di competenze e capacità da valorizzare nel paese di origine;

- anagrafica, ove il rientro di un migrante in giovane età significa il reinserimento di un soggetto attivo nel mercato del lavoro, mentre un soggetto anziano o inattivo rappresentano un mancato contributo alla crescita economica e all’innovazione del paese.”230

Inoltre, affinché un progetto di rientro si qualifichi come un'esperienza positiva e costruttiva, dovranno sussistere una serie di condizioni soggettive231 “identificate nella presenza di:

 un interesse individuale per un proprio miglioramento socio-economico nel paese di origine (che si esprime nella volontà di valorizzare le risorse accumulate, le competenze apprese, i capitali sociali-culturali-umani raccolti);  un interesse per il miglioramento del paese di origine (che si esprime nella

volontà di tornare per lo sviluppo del proprio paese, condividendo le conoscenze acquisite durante il periodo di emigrazione);

230 Ivi, pp. 5-6

231 F. Marta, Migrazioni di ritorno, risorse per lo sviluppo. Linee guida. Ministero degli Affari Esteri – DGCS; Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), 2009

 una propensione a definire un progetto di ritorno e a mettere in pratica attività di preparazione del ritorno stesso (identificando spazi per attività imprenditoriali, cercando risorse finanziarie, mobilitando il proprio capitale sociale);

 modalità di ritorno che variano a seconda della motivazioni/progetti che spingono il migrante a tornare, per un periodo che può essere di breve durata, in grado di portare benefici per gli scambi e per mantenere la continuità delle relazioni, un ritorno permanente per portare avanti attività economiche o progetti in prima persona; un ritorno circolare/virtuale, portando avanti attività orientate al paese di origine stando all’estero.”232.

Mentre, per quanto riguarda le condizioni oggettive in grado di garantire il successo del progetto di rientro, i fattori in gioco sono estremamente vari e, a volte, imprevedibili, sicuramente molto dipende dal “contesto del paese d’origine (dove il ritorno è maggiormente sostenibile in quei paesi ove ci siano migliori opportunità per un avanzamento socio-economico, la libertà politica e dove i governi dei paesi d’origine cerchino di promuovere queste condizioni, per favorire una capitalizzazione del potenziale per lo sviluppo dei migranti ritornati).”233.

Ancora, allo stato attuale, non è possibile determinare quante di queste caratteristiche siano realmente presenti nel quadro di riferimento albanese, ciò che appare chiaro è che l'importanza che i progetti di rientro vanno assumendo per l'Albania è testimoniata dall'insieme degli sforzi avviati attraverso il sostegno ai programmi di

232 A. Ferro, Op. cit., pp. 15-16 233 Ivi, p. 18

ritorno assistito e monitoraggio dei percorsi di reinserimento, anche se la strada da percorrere risulta essere ancora lunga.

Ancora nel 2007, un'indagine del European Training Foundation ha messo in evidenza che “ migration will continue to play a role in Albania in the short term, and males would be more prone (46.9%) to migrate than females (40.9%). The majority of potential migrants would also view migration as a process leading to better work opportunities upon their return to Albania. The study also indicated that very few returning migrants (1.6%) were aware of any government support programmes intended to facilitate return. The findings of the ETF survey suggested that return migration is a potential gain that has so far not been fully utilized in Albania and recommended to offer effective reintegration programmes for potential returning migrants, including better reception and advice for investment opportunities and access to business support and credits for entrepreneurship”234.

Nel 2008, uno studio a cura del International Organization for Migration ha messo in evidenza che circa il 66% dei migranti albanesi che si trovavano senza lavoro nei paesi di destinazione, avrebbe preso in considerazione l'ipotesi di tornare in Albania con la prospettiva di un lavoro sicuro, mentre il 23% avrebbe valutato il ritorno per motivi familiari e un restante 14% nella prospettiva di condizioni di vita accettabili235.

Inoltre, “the unemployment and lack of institutional support in destination countries were identified as strong predictors of permanent return. The study focused also on the issue of re-integration difficulties and services; 60 per cent of the participants described integration as difficult, while 24% found the opposite. The study

234 G. Filipi, E. Galanxhi, M. Nesturi, T. Grazhdani, Return Migration and Reintegration in

Albania 2013, INSTAT & IOM, Tirana, 2014, p. 18

also attempted to identify the prevalence of assistance received prior to or following return. An overwhelming 83% of the sample stated that they did not receive any form of assistance upon return. Additionally, the study looked at the type of assistance received and variations across forms of return (i.e. voluntary, regular, forced, etc.). It showed that the primary forms of assistance across all forms of return were, transportation of belongings, receiving support in job-seeking efforts, facilitating social reintegration, and professional training. When return was voluntary and assisted by non- governmental and international organizations, the primary source of support was in re- integration, primarily assistance in educational and vocational arenas. The survey also found that the majority of responses (55%) indicate that employment opportunities should be allocated to enable smooth return and reintegration processes. Financial incentives (25%) were also perceived as important, as well as professional training programs (6%). These findings reflect the primary reasons that lead to migration in the first place, which tend to be economic and occupational in nature.”236.

Da un'analisi INSTAT (l'Istituto Statistico albanese) del 2014237 è emerso che il flusso di ritorno tra il 2001 e il 2011 è stato in costante aumento, in particolare a partire dal 2008, e che circa il 65% dei rientri coinvolge giovani tra i 30 e i 34 anni238.

I dati sul rientro relativi al periodo 2009-2013 registrano 133.544 cittadini albanesi di età superiore ai 18 anni, distribuiti per segmenti di età in questo modo in modo decrescente man mano che si avvicina alle età più avanzate e con un picco nel segmento 25-29 anni e 30-34 che vede in totale il coinvolgimento di più di 47 mila

236 Ibidem

237 E. Galanxhi, M. Nesturi, L. Thomo, Migration in Albania, INSTAT, Tirana, 2014 238 Ivi, pp. 37-38

individui239, principalmente di sesso maschile240 e in prevalenza di ritorno dalla Grecia241.

Tra i dati di particolare interesse, il fatto che quasi il 40% dei 'returnees' (migranti di rientro) consideri conclusa la propria esperienza migratoria, mentre il 27% di essi considera il ritorno una soluzione temporanea. Nonostante il 96% dei rientri sia volontario (al netto delle procedure di espulsione e rimpatrio), il 49% dei returnees si dice costretto, o comunque spinto al rientro, dalle circostanze, mentre solo il 39% considera il rientro come compimento del progetto migratorio originario242.

Per quanto riguarda le condizioni di rientro, le difficoltà che attendono i rientranti sono un insieme complesso di fattori tra cui i bassi salari, le lacune dei servizi e un sistema sanitario inefficiente, la scarsa qualità dei servizi pubblici di assistenza al rientro (di cui circa il 25% degli intervistati non conosce l'esistenza243), mentre risultano di minore rilevanza gli aspetti relativi alla re-integrazione socio-economica244.

Alla luce del fatto che circa il 32% degli intervistati dichiarano di voler lasciare nuovamente l'Albania, e circa due terzi di essi preferiscono non esprimersi in modo definitivo sulla possibilità di rimanere in Albania245, si pongono diversi interrogativi sulle capacità del Paese di offrire prospettive di miglioramento tali da trattenere sul lungo periodo chi è stato coinvolto in modo diretto nell'esperienza migratoria, mentre permangono dubbi oggettivi sull'efficacia e sull'adeguatezza dei programmi e degli strumenti messi a disposizione da diverse organizzazioni nazionali e internazionali per

239 G. Filipi, E. Galanxhi, M. Nesturi, T. Grazhdani, Op. cit., p. 29

240 Ibidem 241 Ibidem 242 Cfr. Ibidem 243 Ibidem 244 Ivi, p. 51 245 Ivi, p. 54

Capitolo 4

Le relazioni internazionali