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La crisi politica e il collasso del sistema economico

La notizia della morte di Enver Hoxha non colse impreparata l'élite comunista, “particolarmente l'élite di Tirana che sapeva da anni della sua malattia degenerativa. […] due giorni dopo la morte di Hoxha, Ramiz Alia fu eletto segretario del Partito del lavoro albanese.”77

I primi anni di governo di Alia furono caratterizzati da un'attenta elusione di tutto ciò che poteva indicare una presa di posizione a favore del conservatorismo o della modernizzazione del paese. L'isolazionismo, dovuto alle rotture con Unione Sovietica e Cina aveva contribuito a trasformare il paese “in un'isola di crescente povertà e depressione, con delle infrastrutture in rapida via di disintegrazione, degli edifici cadenti e una classe lavoratrice malnutrita e poveramente vestita che adoperava primitive macchine agricole: quest'insieme era inquadrato da slogan ricordanti che Partia mbi te gjitha (Il Partito è al di sopra di ogni cosa).”78

Dal punto di vista economico e sociale, a metà degli anni ottanta “il rapporto tra il reddito più alto e quello più basso era di 2 a 1; il direttore di una fabbrica portava quindi a casa approssimativamente 900 lek al mese, un operaio di un'officina 750 e uno spazzino 600. Il partito comunista, o partito del lavoro, aveva circa 120 mila membri su una popolazione totale di circa tre milioni di persone. […] Il Partito controllava ogni attività senza alcuna eccezione: non esisteva assolutamente una società civile indipendente. […] Persino un'istituzione come la famiglia veniva violata, attraverso la vasta rete di informatori guidata dalla Sigurimi, la polizia segreta, che raggiungeva

77 M. vickers, J. Pettifer, Albania: dall'anarchia a un'identità balcanica, Asterios Editore, Trieste, 1997, pp. 37-38

ogni stanza.”79.

Nel 1985 Ramiz Alia varò l'ottavo piano economico quinquennale dal 1946, un piano che, come vedremo non portò nessuno dei successi sperati80. Quando si tenne il congresso del Partito del Lavoro agli inizi del 1986, la leadership di Alia si presentò con delle deboli proposte riformiste “i suoi progetti erano di natura circoscritta e tecnocratica e in realtà avrebbero consentito una maggiore seppur modesta differenziazione nei redditi. […] Lo sviluppo agricolo e industriale era il tema principale dei lavori del congresso, poiché nel 1985 la produzione era stata molto scarsa. Molti delegati riconobbero apertamente il deteriorarsi della situazione, ma le riforme incontravano chiaramente scarsi favori, e in effetti quasi nessun tipo di cambiamento avvenne durante quegli anni.”.

Proprio in quel periodo il Partito dovette ricorrere sempre più spesso all'importazione di generi alimentari. Come già messo in evidenza, infatti, i problemi legati alla scarsità di cibo, “alla bassa produttività agricola e industriale, alla paralizzante mancanza di pezzi di ricambio e ad altri inconvenienti tecnici”81 non avevano mai abbandonato del tutto l'Albania del dopoguerra e non smisero di verificarsi “nonostante Alia e altri dirigenti politici impiegassero gran parte del loro tempo tentando di risolverli”82

Tra il 1986 e il 1989, non si verificò alcun miglioramento in nessuno dei settori cruciali dell'economia, tutte le proposte avanzate per tentare di incentivare il sistema produttivo vennero accolte con scarsi risultati83, “la stagnazione in tutti i settori

79 Ivi, p. 40

80 E. C. Del Re, Albania punto a capo, Seam, Roma, 1997, p. 31 81 M. Vickers, J. Pettifer, Op. cit., p. 41

82 Ibidem 83 Cfr., Ibidem

continuò, e uno dei cosiddetti traguardi dell'era Hoxha, l'assenza di debiti con l'estero, si trasformò nella pietra al collo della leadership. Tutte le industrie albanesi avevano un bisogno urgente di modernizzarsi, ma ciò avrebbe inevitabilmente significato il ricorso a banche straniere, un rimedio che per ragioni ideologiche non poteva essere preso in considerazione.”84. Come già detto, l'assenza del debito estero, in realtà, era un'illusione causata dall'annullamento dei debiti con le superpotenze alleate in seguito alle rotture politiche e allo stesso tempo, “la nomenklatura, come si è scoperto poi, aveva contratto un debito estero pari a circa 400 milioni di dollari, spesi in generi di lusso come la costruzione del museo dedicato a Enver Hoxha – Padre della Patria – auto blu e altro.”85.

In ogni caso, durante gli anni in cui Alia fu alla guida del Paese, “l'Albania si aprì leggermente al mondo esterno, malgrado, con l'eccezione della fossilizzazione del Partito, avvenissero ben pochi cambiamenti interni, che d'altra parte quasi sempre non erano resi noti nemmeno all'interno del paese. In un discorso fatto all'Assemblea popolare nel tardo 1987, Alia distinse i 'dogmi primari' del sistema, che 'dovevano essere preservati e sviluppati' dai 'dogmi secondari', che dovevano sottostare a un costante 'sviluppo e perfezionamento'”86.

L'atteggiamento di cauta apertura permise all'Albania di partecipare alla Conferenza per la cooperazione balcanica del febbraio 1988, durante la quale i suoi rappresentanti stupirono gli osservatori con interventi pacati e non caratterizzati dalla consueta retorica marxista-leninista che aveva caratterizzato le precedenti partecipazioni

84 Ivi, p. 42

85 E. C. Del Re, Op. cit., p. 32

albanesi a summit simili87.

Nella primavera del 1988 sulla stampa albanese cominciarono ad apparire critiche aperte alla politica dogmatica del Partito, tra queste un articolo riportava:

“Nel passato i leader comunisti albanesi avevano proclamato di essere contrari in ugual misura sia al settarismo che all'opportunismo. Secondo loro il primo termine racchiudeva un atteggiamento di sinistra, che si ritiene conduca a posizioni conservatrici e dogmatiche, mentre il secondo era solitamente associato a un pensiero di destra, che in Albania è sinonimo di revisionismo. Nel corso della sua storia il partito comunista ha concentrato i suoi attacchi sulle forze di destra e su quelle revisioniste, ma ha dato minor attenzione alla lotta ai sinistroidi. La profonda diffidenza verso la popolazione, sia dentro che fuori al Partito, che ha condotto a ripetute purghe, era in realtà largamente causata dall'orientamento di sinistra della leadership di Hoxha. È perciò significativo che i comunisti post-Hoxha abbiano diretto i loro attacchi al settarismo o al sinistrismo, un processo inaugurato dallo stesso Ramiz Alia al IX Congresso del Partito. In effetti, gli attuali attacchi della leadership al settarismo devono essere visti come una manifestazione del nuovo atteggiamento del paese nei confronti dei modi di pensare superati e conservatori.”88

Contemporaneamente, anche l'isolamento internazionale andò allentandosi, in luglio fu annunciata la riapertura dei canali diplomatici con l'Unione sovietica mentre una serie di incontri aprivano la strada per la ricostruzione dei rapporti con gli Stati Uniti anche se questi ultimi si sarebbero dimostrati riluttanti fino all'annuncio delle elezioni multipartitiche, mentre i rapporti con la Gran Bretagna continuarono a essere

87 Ibidem 88 Ivi, p. 45

condizionati dalle richieste albanesi riguardo i circa 20 milioni di dollari in oro albanese requisiti dagli inglesi durante l'ultimo conflitto89.

Nel 1988 “l'eco della Perestrojka era giunto anche in Albania sotto il nome di përtëritje, ma ancora una volta il regima aveva decretato che si trattava di un attacco al marxismo-leninismo che avrebbe nuociuto grandemente al paese, e così mentre nel resto dell'Europa comunista soffiava il vento del cambiamento, in Albania l'aria restava stagnante e la regola autarchica in auge.”90

Come accadeva ormai da tempo, anche il 1989 fu un anno di grosse difficoltà economiche per l'Albania, specie nel settore agricolo, “i nuovi regimi sorti in Europa orientale si erano rimangiati molte delle promesse riguardanti gli accordi commerciali e lo scambio di prodotti industriali negoziati in precedenza. Le croniche complicazioni nel settore manifatturiero e in quello minerario causate dal progressivo invecchiamento dei macchinari cinesi e dalla carenza di parti di ricambio si aggravavano sempre di più, e la crisi era peggiorata dal secondo anno consecutivo della siccità che stava affliggendo gran parte dei Balcani”91.

Poco più di un anno dopo, nel 1990, Alia cominciò a concedere alcune aperture “che gli valsero l'epiteto di Gorbaciov dei Balcani, soprattutto in campo economico favorendo l'inizio della decentralizzazione del potere decisionale: ad alcune industrie fu permesso di stabilire autonomamente il piano di produzione, così come furono permesse, seppure molto limitatamente la produzione e la vendita private; la proibizione (prevista nella Costituzione) di accettare investimenti stranieri fu aggirata attraverso l'obbligo di creare joint-venture; ai contadini fu concesso di comprare

89 Cfr., M. Vickers, Op. cit., p. 215 90 E. C. Del Re, Op. cit., p. 32

animale dalle cooperative per uso privato”92.

La situazione vide un'improvvisa accelerazione “un po' per l'effetto di questa timidissima ondata riformatrice, assai più per l'azione di ineludibili cause interne (la gravissima situazione economica del paese e l'esasperazione di un popolo ridotto alla mera sussistenza) ed internazionali (il crollo dei regimi comunisti in tutta l'Europa orientale) l'impalcatura comunista mantenuta per oltre 40 anni con il terrore, la disinformazione e l'isolamento comincia a vacillare sempre di più: a seguito della protesta studentesca e popolare che culminerà nelle imponenti manifestazioni di piazza”93.

Alia fu costretto a introdurre riforme sociali e politiche che comprendevano, tra le altre cose, la libertà di fede religiosa venuta meno con l'ultima versione della Costituzione. La dirigenza del Partito, nonostante i costanti richiami ai quadri interni affinché si estendessero i legami con le masse lavoratrici nelle città e nelle campagne rigettando ogni manifestazione di formalismo, ufficialità e burocrazia94, era ben conscia “dell'esaurimento del Partito come forza politica: ciò può essere dimostrato dalla teoria avanzata da alcuni dei suoi membri più giovani secondo i quali il comunismo albanese aveva consumato se stesso durante la rivoluzione culturale”95 ispirata sul finire degli anni sessanta dalla momentanea alleanza con la Cina.

Nel dicembre del 1990, questo processo di delegittimazione cominciato con il X Plenum del Comitato centrale, culminò nella legalizzazione del pluripartitismo che portò, nell'arco di qualche settimana alla nascita del Partito Democratico, del Partito

92 E. C. Del Re, Op. cit., p. 32 93 L. Zarrilli, Op. cit., p. 54

94 M. Vickers, J. Pettifer, Op. cit., p. 50 95 Ibidem

Repubblicano e di altre formazioni politiche minori96.

Nel frattempo la situazione era andata precipitando su tutti i fronti, la produzione industriale era crollata al 40% della piena capacità, condizionata dalla mancanza di combustibile e dall'assenteismo97, ma la cosa più “importante fu l'avvio di quei cambiamenti sociali che erano fatalmente destinati a minare lo Stato monopartitico. […] da molti anni le ambasciate occidentali a Tirana erano confinate in un'area completamente inaccessibile al pubblico, sotto la stretta sorveglianza della Sigurimi, ma con il calo della credibilità del governo Alia e la crescente inefficienza dell'apparato di sicurezza interno adesso era possibile per i cittadini albanesi avvicinarsi agli edifici in cui si trovavano le legazioni straniere.”98.

Nonostante la popolazione sembrasse accogliere in modo positivo le riforme avviate da Alia, infatti, su un punto cruciale per la maggior parte degli albanesi come la libertà di movimento e di espatrio non era stato fatto nessun passo in avanti. Questo immobilismo si tradusse, ai primi di luglio, nella scintilla che innescò una reazione a catena, “una folla di 400 persone, in maggioranza giovani disoccupati si lanciò nel quartiere delle ambasciate e occupò un certo numero di edifici diplomatici occidentali. Il numero degli invasori salì presto a 4500. […] Contemporaneamente centinaia di persone cominciarono a spostarsi da ogni zona del paese verso il porto di Durazzo, dove questi aspiranti emigranti, impadronitisi di una nave, tentarono di salpare per l'Italia.”99.

Fu l'inizio di un periodo di grande confusione, “da una parte Alia e la

96 L. Zarrilli, Op. cit., p. 54

97 M. Vickers, J. Pettifer, Op. cit., p. 54 98 Ibidem

leadership del Partito si sforzavano di introdurre delle riforme che, se effettivamente realizzate avrebbero presto posto fine al loro potere, ma dall'altra continuavano a comportarsi come se gli schemi di Hoxha e la rigida società comunista potessero venir mantenuti indefinitamente.”100.

Quando cominciò l'inverno del 1990, le condizioni materiali peggiorarono. Alla cronica mancanza di cibo ed energia elettrica la popolazione e in particolare i giovani, risposero attaccando le sedi del PLA e gli edifici pubblici considerati simboli del comunismo dando il via al cosiddetto 'tempo delle forze oscure', Forcat et errëta, un periodo di grandi difficoltà e incertezza per tutto il popolo albanese durante il quale si posero le basi per le prime elezioni libere dopo quarantasei anni di dominio comunista che si tennero a cavallo tra marzo e aprile del 1991 e videro la vittoria del PLA, ma la contemporanea ascesa del PD e del suo leader Sali Berisha101.

Questo primo esperimento elettorale “pure se in un sistema non del tutto pluralista e con una classe politica che detiene ancora tutte le leve del potere e della propaganda costituisce un punto di svolta importante ma non risolutivo lungo la strada della costruzione di un sistema parlamentare democratico.”102

Le successive elezioni del 1992 segnarono la definitiva sconfitta dei comunisti e il loro passaggio all'opposizione, Alia fu costretto a cedere la presidenza della repubblica a Berisha il cui partito aveva ottenuto il 65,6% dei voti e 92 seggi.

Si tratta di una “chiara inversione di tendenza in senso pluralista, confermata anche dall'ingresso in Parlamento di altre forze politiche come l'Unione per i diritti umani – in precedenza Omonia – che ottiene due seggi e rappresenta quella minoranza

100 Ibidem

101 Cfr., Ivi, pp. 60-62

greca all'origine delle molte tensioni tra Tirana e Atene.”103

Contemporaneamente all'evolversi della situazione istituzionale e politica, che aveva portato alla promulgazione di una nuova costituzione, allo smantellamento della Sigurimi e all'affermarsi di vecchie figure del partito in nuove vesti politiche, si assistette alle fasi iniziali di un esodo di massa che, come già accennato, avrebbe segnato in modo indelebile la storia e il tessuto socio-economico dell'Albania contemporanea.