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1.2 Strategie di marca

1.2.4 Brand extension

Le imprese sono continuamente alla ricerca di modi per migliorare le possibilità di successo. È sempre più inusuale il protrarsi nel tempo di un binomio esclusivo “prodotto- marca” dal momento che il brand nel corso della propria vita tende ad espandersi alla ricerca di differenti varianti di prodotto, introducendo nuove categorie e funzioni d’uso. La brand extension è una strategia adottata dall’impresa che mira ad espandere il brand con il lancio di un nuovo prodotto in una categoria diversa da quella in cui il brand è noto, oppure inserendo nel mercato un prodotto simile ma con caratteristiche diverse. In entrambi i casi l’impresa fa leva sugli elementi dell’identità della marca già consolidata nel mercato, allo scopo di dare valore e credibilità alla nuova offerta.

Nella letteratura la brand extension viene analizzata da diversi punti di vista, ma le varie strategie possono essere riassunte in due macrocategorie33:

• Estensione orizzontale → questa strategia si suddivide a sua volta in due tipologie,

line extension e category extension, i quali sono accomunati dal fatto che in

entrambi viene utilizzato il nome del core brand per lo sviluppo di nuovi prodotti. Con la line extension, vengono sviluppate nuove versioni di prodotto rimanendo all’interno della stessa categoria della marca principale, con gli obiettivi di aumentare il numero di varianti del prodotto esistente così da soddisfare la varietà della domanda, differenziarsi dalla concorrenza e inserirsi in nuovi segmenti di mercato. Con la category extension, invece, la marca punta ad estendersi in nuove categorie di prodotto, più o meno collegate a quelle in cui è già presente.

• Estensione verticale →consiste nello spostamento della marca in segmenti di mercato superiori o inferiori rispetto alla categoria in cui è posizionata. Questo, 33 HUSSAIN S., YASIR R., Brand Extension Success Elements: A Conceptual Framework, Journal of business

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dunque, comporta delle sostanziali differenze di prezzo in base al movimento verso l’alto o verso il basso. Lo spostamento verso segmenti inferiori ha come obiettivo l’aumento dei ricavi e l’ampliamento della base clienti, tramite un’offerta più accessibile ai consumatori in termini di rapporto qualità-prezzo. Bisogna però tener conto degli aspetti negativi, come gli elevati rischi di insuccesso o di danneggiamento del valore della marca. Di contro, lo spostamento verso segmenti superiori porta la marca a servire segmenti di mercato premium, i quali consentono di conseguire maggiori margini di guadagno grazie a prezzi elevati ed offrono all’impresa prospettive di crescita.

L’espressione brand extension è stata coniata da Edward M. Tauber, professore di marketing e fondatore del Brand Extension Research, azienda che si occupa dello sviluppo di questo tipo di strategia34. Lo stesso esperto ha identificato sette principali tipologie per

favorire l’introduzione di una brand extension35:

• Stesso prodotto in forma diversa. Ad esempio, Snickers ha introdotto le originali barrette di cioccolato in formato gelato.

• Prodotti che contengono una caratteristica preesistente. Un esempio può essere lo snack Nutella B-ready.

• Prodotti complementari a quelli della marca esistente. Per esempio, i sughi pronti di Barilla.

• Prodotti rilevanti per il target della marca, anche se non della stessa categoria. Un esempio può essere il servizio Poste Mobile lanciato da Poste Italiane.

• Prodotti che capitalizzano le competenze sviluppate dall’impresa. La competenza di Honda nel campo dei motori ha portato l’introduzione dei rasaerba.

• Prodotti che offrono gli stessi benefici o attributi della marca preesistente. La linea di abbigliamento di Geox offre traspirabilità, che è il beneficio primario della linea di scarpe.

• Prodotti che sfruttano l’immagine della marca. Ad esempio, tutti i prodotti Ferrari che non riguardano prettamente macchine o motori: orologi, magliette, zaini ecc.

34https://www.insidemarketing.it/glossario/definizione/brand-extension/

35 TAUBER E., Brand Leverage: Study for Growth in a Cost-controlled World, Journal of Advertising Research, Vol.

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La strategia di brand extension può generare notevoli vantaggi a favore dell’impresa, tra i quali la facilità dell’accettazione di nuovi prodotti da parte dei consumatori, i benefici di ritorno alla marca originaria e la riduzione dei costi di marketing per lo sviluppo e il lancio di una nuova marca. Tuttavia, vi è anche l’altra faccia della medaglia dato che il rischio da affrontare durante questo tipo di operazione è la distruzione della brand equity, in termini di possibile danneggiamento dell’immagine della marca originaria e confusione tra i consumatori. Onde evitare l’insuccesso della brand extension, l’impresa ha il compito di far percepire ai consumatori un’offerta coerente con i valori della marca preesistente, e che questa offerta sia potenzialmente superiore rispetto a quella dei concorrenti. Per di più, risulta necessaria un’appropriata analisi strategica preliminare in modo da capire se la marca originaria riuscirà a rafforzare l’estensione e viceversa, contribuendo ad alimentare fiducia, qualità, valore proposto, consapevolezza ecc36.

1.2.5 Co-branding

Un’altra strategia che le imprese prendono in considerazione al fine di aumentare il valore della marca ed espandere il proprio territorio è il co-branding, si tratta di una pratica molto utilizzata soprattutto negli ultimi anni. Il co-branding è una particolare forma di co-

marketing37 e si verifica quando due o più brand noti vengono combinati nella

realizzazione di un prodotto o commercializzati insieme in qualche modo. Lo scopo di questa strategia è che ne traggano beneficio tutte le marche coinvolte (tipicamente “marca ospitante” e “marca invitata”, possono anche appartenere alla stessa impresa) e che i consumatori finali percepiscano la novità e il valore della proposta.

Dato il grande numero di applicazioni nelle realtà aziendali di questa pratica e le varie sfaccettature che emergono in ognuna di esse, sono molteplici le interpretazioni in letteratura a riguardo ed ogni tentativo di classificare il co-branding risulta essere complicato. È possibile, però, soffermarsi su due dimensioni generali sulle quali basarsi

36 AAKER D., Brand portfolio strategy: creating relevance, differentiation, energy, leverage, and clarity, Free Press,

New York, 2004.

37 Secondo Sergio Cherubini (1999), il co-marketing può essere definito come “processo mediante il quale due o

più operatori, privati o pubblici, svolgono in partnership una serie d’iniziative di marketing (organizzate, programmate, controllate) al fine di raggiungere obiettivi di marketing (comuni o autonomi ma tra loro compatibili), attraverso la soddisfazione dei consumatori”.

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per effettuare delle distinzioni. Una dimensione da prendere in considerazione è il grado di strategicità che emerge dalla combinazione di due o più marche38:

• Co-branding tattico ➔ la collaborazione ha una programmazione limitata al breve termine e il coinvolgimento organizzativo tra le parti è molto ridotto, così come le decisioni da prendere in comune.

• Co-branding strategico ➔ in questo caso, invece, l’impegno tra i partner nello sviluppo del progetto ha un orizzonte temporale a medio-lungo termine ed ha un peso significativo in termini di innovazione e collaborazione, c’è un coinvolgimento diretto tra le identità a tal punto che possono arrivare alla creazione di una brand identity ibrida.

L’altra dimensione significativa riguarda la leva di marketing mix39 sulla quale,

prevalentemente o esclusivamente, si concretizza la collaborazione. Questa può basarsi sulla leva della comunicazione, della distribuzione o del prodotto, ed emergono, quindi, le seguenti categorie fondamentali di co-branding40:

• Co-branding communication-based → è la forma meno intensa di alleanza tra i partner, si realizza tramite attività di comunicazione congiunta. Queste iniziative possono essere di natura tattica quando, ad esempio, le marche collaborano e vengono accostate per delle promozioni temporanee con l’obiettivo di incrementare le vendite attraverso la loro capacità di richiamo. Invece, se la comunicazione coinvolge maggiormente le identità delle marche interessate si ha una maggiore strategicità in quanto si toccano i punti in comune delle rispettive immagini.

• Co-branding distribution-based → si verifica quando le imprese coinvolte gestiscono congiuntamente la leva distributiva, con relative campagne di comunicazione. La collaborazione può verificarsi tra soggetti dello stesso livello di filiera (alleanze orizzontali, o laterali se i partner operano in settori differenti) o meno (alleanze verticali). Attraverso un approccio tattico, questa tipologia di co-

branding ha quasi una valenza comunicativa dato che si traduce in attività 38 LAMBIN J. J., Marketing strategico e operativo, McGraw-Hill, Milano, 2004.

39 Il marketing mix è insieme delle leve di marketing che l’impresa definisce e impiega per soddisfare il

consumatore e raggiungere i propri obiettivi di mercato. Queste leve sono: prezzo, prodotto, distribuzione e comunicazione. Fonte: https://www.glossariomarketing.it/significato/marketing-mix/

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temporanee di merchandising in store, oppure promozioni congiunte tramite mass media. Se, invece, l’intensità della collaborazione gestionale si intensifica, la strategia assume connotati maggiormente strategici che può portare, ad esempio, alla distribuzione della marca invitata presso la struttura distributiva della marca ospitante (anche in esclusiva), oppure la creazione di una nuova rete distributiva. • Co-branding product-based → è la tipologia che coinvolge più intensamente i

partner dell’alleanze dato che il focus della collaborazione è l’innovazione di prodotto. Questa scelta necessita il supporto di attività di comunicazione e di soluzioni distributive concordate. Anche in questo caso, in base al livello di strategicità, è possibile profilare differenti forme di gestione congiunta41:

Reach-awareness co-branding, si traduce in bundling, ovvero l’abbinamento

di due prodotti in un’unica confezione, oppure nel lancio di un nuovo prodotto che mira ad acquisire una notevole notorietà in breve tempo sfruttando l’esposizione alla base clienti dei partner.

Value endorsement co-branding, si punta a migliorare le immagini delle

marche nella mente dei consumatore attraverso un supporto (endorsement) unilaterale o reciproco.

Ingredient co-branding, avviene quando un brand noto al pubblico per una

sua caratteristica distintiva viene integrato come componente nel prodotto dell’altra marca, quasi come “ingrediente”. Questo va a supportare la differenziazione e il posizionamento, di conseguenza ne traggono beneficio l’immagine e le vendite.

Complementary co-branding, massima strategicità in questa collaborazione

tra marche complementari, che si integrano le proprie caratteristiche fino a formare un prodotto ibrido con una nuova identità.

Ogni iniziativa di co-branding, come tutte le strategie prese in considerazione dall’impresa, deve essere attentamente valutata al fine di individuare i benefici e i rischi derivanti. Senza dubbio, il motivo per cui si decide di optare per una collaborazione con un’altra marca è il raggiungimento di benefici che non si potrebbero cogliere autonomamente. Questi benefici possono avere natura sia qualitativa che quantitativa: dal punto di vista qualitativo si punta al rafforzamento dell’immagine di marca e del

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posizionamento nel mercato, alla conquista di nuovi spazi in differenti ambiti di business così da aumentare la notorietà. Per quanto riguarda l’aspetto quantitativo, invece, risulta possibile generare ricavi incrementali, ottenere economie di scala e ridurre gli investimenti in comunicazione e in ricerca e sviluppo.

Tuttavia, è necessario tenere in considerazione anche i potenziali rischi derivanti da questa strategia. Questi si riferiscono in particolar modo alla perdita di significato della marca, la cosiddetta “diluizione”, dovuta ad associazioni non volute per le altre marche in portafoglio o ad una perdita di controllo nella gestione. Per ridurre questi rischi bisogna valutare in via preliminare la coerenza tra le brand image dei partner e le categorie preesistenti e quelle nuove, interessate al co-branding. Inoltre, bisogna tener conto dell’insorgenza di costi superiori rispetto a quelli programmati.

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CAPITOLO 2 - IL REBRANDING