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Brian Eno

Nel documento Videoarte. Storia, autori, linguaggi (pagine 141-145)

Brian Eno (1948)36, allievo di Roy Ascott, artista e teorico visionario dell’ar-

te cibernetica, dopo aver fatto studi artistici in cui viene influenzato dalla pittura minimalista, diventa un famoso musicista elettronico, progettista so- 36 Il sito del musicista è: http://brian-eno.net/lux/

noro, produttore musicale e artista visuale. Inizia la sua carriera suonando le tastiere per i Roxy Music, proseguendo come solista e formulando diversi progetti musicali: fra i tanti sono importanti da citare la Ambient Music, una musica che, sulla scorta delle intuizioni del compositore Éric Satie, non deve essere ascoltata con attenzione ma fare da sottofondo ai rumori della vita quotidiana, e la Fourth World Music, una sorta di ambiente sonoro uto- pico in cui la musica occidentale e quella orientale si incontrano formulando ibridi di vario genere. Si tratta di album strumentali in cui Brian Eno for- mula uno stile sonoro elettronico inconfondibile che lo rende un creatore di sound piuttosto ricercato da diverse realtà musicali: i Genesis, Robert Wyatt, David Bowie, Peter Gabriel, Robert Fripp, Laurie Anderson e David Byrne dei Talking Heads. Il musicista inglese produce i DEVO e gli Ultravox, e diventa il creatore di un tipo particolare di sonorità che fa breccia nel mercato discografico degli anni Ottanta. Come produttore e ingegnere del suono cura la realizzazione di alcuni album di David Bowie e soprattutto degli U2. La sua carriera prosegue inventando, di album in album, nuove “strategie” so- nore, mentre il concetto di Ambient Music (o musica ambientale) diventa un genere della musica elettronica che esiste ancora oggi. Realizza anche colonne sonore per film, e diventa un artista internazionalmente noto non solo per la sua musica, ma per una serie di installazioni sonore, di installazioni luminose e di videoinstallazioni.

Eno inoltre produce due curiosi progetti video distribuiti in vhs – il primo si intitola Mistaken Memories of Mediaeval Manhattan (1980-1981), il secondo

Thursday Afternoon (1984)37 – , e trasferisce il concetto di musica ambienta-

le nel video: infatti, entrambi i progetti vengono definiti Ambient Videos o Videopaintings. In essi si invita il fruitore a compiere un gesto piuttosto ano- malo: ruotare il televisore sul lato corto per guardare le immagini in verticale, dato che sono state riprese posizionando la telecamera lungo quel verso. Nel primo si vedono alcuni scorci di Manhattan ripresi dalla finestra della casa di Brian Eno, nel secondo vari video-ritratti di una figura femminile (Christine Alicino), intenta a compiere in bagno una serie di gesti quotidiani.

Questi video ambienti, come la musica ambientale, non pretendono nes- sun grado di attenzione partecipata da parte dell’ipotetico pubblico: sono 37 Entrambi i video sono ora disponibili nel dvd Brian Eno 14 Video Paintings, Ed. Opal/ Upala Music.

immagini che possono fluire nella più totale disattenzione e trasformano il monitor (opportunamente decontestualizzato dalla sua funzione originaria grazie alla sua posizione) in un video-quadro. Non a caso il riferimento alla pittura si riflette anche nei soggetti che compaiono: il primo è dedicato al paesaggio, il secondo alla figura umana, se vogliamo al ritratto.

Brian Eno non pensa alle gallerie per questo tipo di operazione e in alcune sue dichiarazioni prende le distanze dal mondo della videoarte, ma il suo approc- cio estetico è intimamente legato alla videoarte degli anni Settanta: diffondere nelle case degli utenti generici un nuovo modo di usare l’oggetto televisore, scar- dinare la sua fruizione tradizionale, eliminare il potere del palinsesto, trasforma- re la televisione in una scatola luminosa che trasmette immagini non montate, fluide, come se fossero veri e propri quadri in movimento. Per fare questo egli sente il bisogno di sporcare il più possibile la nitidezza dell’immagine, per cui per

Mistaken Memories of Mediaeval Manhattan approfitta del malfunzionamento

della telecamera per generare immagini opalescenti, antirealistiche, sfilacciate; mentre in Thursday Afternoon (sponsorizzato dalla Sony) opera una serie di trat- tamenti video dove i colori vengono sfalsati, la colorimetria diventa caldissima, mentre il rallentamento eccessivo dell’immagine provoca effetti di scie e disturbi sull’immagine, e soprattutto la comparsa della grana, della “trama” dell’imma- gine elettronica. In una parola, l’artista inglese, lavorando su modalità stilistiche già sperimentate, riesce a ottenere effetti “pittorici”.

Se visivamente questo approccio all’immagine elettronica, pur raggiun- gendo risultati affascinanti, non rappresenta una novità significativa nel pa- norama della videoarte monocanale ma l’ennesima dimostrazione che il suo linguaggio sta “invadendo” molti settori, sono la terminologia che Eno usa per identificare queste opere, la modalità di fruizione e soprattutto di distri- buzione di questi due progetti a risultare precursori di una tendenza tipica de- gli anni Novanta. Innanzitutto conia lucidamente il termine Videopainting, video-quadro, identificando nel monitor la cornice adatta per far fluire im- magini che possono essere percepite dallo spettatore come qualcosa che non deve essere visto dall’inizio alla fine, senza un reale sviluppo narrativo o di montaggio, ma dei flussi visivi osservabili liberamente, in qualsiasi momento. Da questo punto di vista l’assenza di montaggio e l’uso dello slow motion sono funzionali a eliminare qualsiasi alterazione nella percezione, confortata dal fatto che, al contrario di quello che succede normalmente in televisione, il singolo video-quadro non cambia mai immagine.

prietario di una piccola “videoinstallazione a schermo singolo”, da utilizza- re quando vuole, da posizionare dove vuole, in una parola: personalizzabile. L’umanizzazione della tecnologia passa anche da qui. E se l’idea di diffondere questo nuovo modo di usare la televisione, ignorando la distribuzione del mercato dell’arte e tentando di trovare una strada non elitaria, non ha molto successo anche per questioni di carattere pratico e tecnico – in quegli anni gli apparecchi televisivi sono pesanti o ingombranti e non tutti posizionabili sul lato corto –, Brian Eno prevede l’uso che si farà dei monitor piatti degli anni Novanta e una tendenza tipica della videoarte presente nel settore e nel mercato dell’arte contemporanea.

Questa è la sua intuizione più importante: fondere il concetto di video monocanale con quello di videoinstallazione, ossia affidare al video mono- canale il compito di intraprendere una modalità di fruizione tipicamente da videoinstallazione, unendo in una osmosi estetica e stilistica i due ambiti.

Nel documento Videoarte. Storia, autori, linguaggi (pagine 141-145)