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Gary Hill

Nel documento Videoarte. Storia, autori, linguaggi (pagine 90-94)

Gary Hill (1951)18 è scultore, musicista e videoartista americano, autore di vi-

deoinstallazioni e di video monocanali, fortemente legato alle istanze dell’Ar- te Concettuale. Il linguaggio, il testo e le loro relazioni con i nuovi mondi 18 Il sito dell’artista è: http://www.garyhill.com/, mentre una selezione delle sue opere vi- deo è visionabile sulla sua pagina Vimeo: https://vimeo.com/garyhill. Inoltre nel volume AAVV, Around and About. A Performative View. Gary Hill, Éditions du Regard, Paris, 2000, è presente un dvd con una selezione dei suoi video.

dell’elettronica e del digitale sono i temi costanti e ossessivi delle sue opere. Dal punto di vista stilistico Gary Hill oscilla tra la scoperta dell’astrazione elettronica e il desiderio di lavorare con immagini referenziali, a volte accura- tamente riprese, e con un approccio estetico simile al cinema sperimentale di Michael Snow: crea uno stile unico che coniuga una visionarietà suggestiva e una radicalità verticale che trasformano alcuni suoi video in opere struttu- raliste, rigorosamente votate alla ricerca del linguaggio interno insito nelle macchine. Gary Hill è anche un performer di reading, e la ricerca sulla voce umana è un’altra traccia costante della sua opera.

L’artista comincia a produrre video già dalla data “fatale” del 1973, con

The Fall, semplice giustapposizione di elementi naturali e oggetti tecnolo-

gici. In seguito indaga le possibilità di manipolazione dell’immagine video soprattutto per quello che riguarda i colori, le solarizzazioni e l’uso del nega- tivo in modo tale da renderle quasi irriconoscibili, come in Mirror Road del 1976. Nel frattempo, grazie all’incontro con Steina e Woody Vasulka presso il Center for Media Study di Buffalo (New York), anche Hill comincia a spe- rimentare il mondo astratto dell’elettronica attraverso l’uso del feedback, del Video Synthesizer e di quegli strumenti che fanno parte della prima ondata di sperimentazione videoartistica.

La svolta estetica avviene nel 1977, quando l’attenzione verso il linguaggio trascina Gary Hill su una sponda di ricerca personale: Electronic Linguistics è un video in cui l’artista, che come molti altri ha un approccio all’immagi- ne da musicista elettronico, indaga la somiglianza di alcuni suoni elettronici con la voce umana, come per rintracciare uno spazio di linguaggio naturale all’interno delle frequenze sonore. Dal punto di vista visivo semplici imma- gini astratte in bianco e nero seguono il percorso dei suoni comportandosi in maniera interattiva. Nel 1978 realizza Elements, dove una serie di disturbi video vanno a sincrono con frammenti di frasi e parole disturbate elettro- nicamente. Dal 1979 Gary Hill viene finanziato da diversi enti, dal Natio- nal Endowments for the Arts, alla Rockefeller Foundation alla Guggenheim Foundation, per cui anche dal punto di vista tecnico i suoi video acquistano più maturità.

In Equal Time (1979) la ricerca sul collegamento fra linguaggio e imma- ginario elettronico si affina attraverso una scelta anomala per i videoartisti di questo periodo, ovvero l’uso della voce fuori campo: visivamente, due semplici barre verticali scorrono sullo schermo incontrandosi e separandosi,

mentre due voci che recitano due testi diversi percorrono lo stesso spazio sfruttando le possibilità dello stereo; nel momento in cui le due barre si in- contrano le due voci in sincrono si trovano a recitare il medesimo testo, per poi separarsi nuovamente. In Videograms (1980-1981) usa il Rutt-Etra Scan Processor per produrre una serie di brevi episodi in cui semplici immagini astratte vengono commentate da una voce fuori campo che recita con toni freddi, testi paradossali come fossero poesie in prosa creando dei corto- circuiti di senso con le immagini presentate. Gary Hill, al contrario dei videoartisti precedentemente citati, non è ideologicamente schierato a favore di un certo tipo di estetica elettronica, per cui ricorre a modalità stilistiche tipicamente e classicamente cinematografiche, come la voce fuori campo, creando un ibrido interessante fra Arte Concettuale, cinema sperimentale e videoarte. Questa ricerca trova nuove formule in Processual Video (1980) e Happenstance (Part One of Many Parts) (1982-83), splendida animazione e rielaborazione di testi che diventano immagini elettroniche a metà fra l’astratto e il referenziale.

Around and About del 1980 mostra l’altro versante della ricerca di Gary Hill: al suono di un testo recitato in maniera monotona, una serie di immagini raffiguranti oggetti di un ambiente domestico viene montata su ogni singola parola. L’effetto finale è che il monologo produce le immagini in continui slit- tamenti di senso. Le immagini sono talmente brevi da risultare delle fotografie, e gli oggetti sono illuminati in maniera curata: si avverte la presenza di un set, ma al contempo Hill affina una delle tecniche di montaggio che utilizzerà più spesso: l’uso delle tendine e delle finestre che vanno a destrutturare sempre più le immagini “correttamente” riprese.

In Primarily Speaking (1981-1983) due finestre centrali, inserite in sfondi astratti che richiamano (come le barre di colore) la presenza tecnologica della televisione, ospitano immagini sincronizzate a due voci che creano uno dialo- go stralunato. In questo video compaiono altre scelte tipiche della videografia di Hill: alcuni oggetti sono posti in un contesto quotidiano, solitamente rife- rito all’interno di una stanza, mentre altri vengono isolati e mostrati come og- getti presenti in uno studio fotografico; in altri casi ci sono immagini realiz- zate in stop motion, o montate in maniera talmente frammentata e veloce da sembrare un’animazione. L’evidenza dell’artificio visivo e la tessitura astratta dei testi di Hill concorrono sempre di più a costruire una struttura che rap- porta la voce all’immagine e che rende la prima la vera “regista” del video.

Il percorso di Hill si complessifica ancora di più per aderire a formule più classicamente cinematografiche sperimentali: Why Things Get in a Muddle?

(Come on Petunia) del 1984 e URA ARU (The Backside Exists) del 1985-1986

rappresentano due video di transizione in cui l’artista abbandona decisamente l’astrazione a favore del set, di attori che recitano e di elaborazioni visivo- sonore e di montaggio meno evidenti, anche se intensifica l’uso delle tendine, la presenza del testo come immagine e una certa atmosfera surrealista che ammorbidisce i toni freddi dei video precedenti. Sono prove ulteriori di ibri- dazione, video che fungono da ponte per la sua opera più impegnativa e più riuscita: Incidence of Catastrophe (1987-1988), prodotto in parte dal National Film Institute, dal canale televisivo inglese Channel Four e infine dal Na- tional Endowments for the Arts, ispirato al testo Thomas l’obscur di Maurice Blanchot, filosofo e scrittore francese.

Incidence of Catastrophe è il video in cui Hill abbandona (sull’onda di una

tendenza che coinvolge anche altri videoartisti come Bill Viola) in maniera decisiva l’ansia manipolatoria dell’estetica video degli albori, per cercare un ibrido con il linguaggio del cinema sperimentale: qui le immagini sono riela- borate il minimo indispensabile (qualche ralenti e qualche sovrapposizione). Hill stesso si mette in scena, non come performer, ma come character: è un personaggio che interpreta una parte, è il lettore del romanzo, ma potrebbe anche essere una sorta di incarnazione di Blanchot e del suo doppio, il prota- gonista del romanzo. È importante sottolineare che i partner produttivi sono diversi dai video precedenti: accanto a un istituto che sovvenziona artisti, ci sono un canale televisivo non dedito alla sola sperimentazione e un ente di supporto cinematografico. È evidente quindi che il pubblico di riferimento è diverso da quello tipico dell’arte contemporanea, e questo fatto testimonia il desiderio di molti videoartisti di muoversi in un ambito il più vasto possibile, in grado di attrarre finanziamenti da più settori.

Un tema costante di tutto il video è l’erosione: perdersi nel testo di Blan- chot significa annegare nelle pagine del suo libro, e annientare quella facoltà di linguaggio che è il cardine dell’estetica del videoartista americano: qui il personaggio-Gary Hill non pronuncia una parola, ma appare come il lettore muto e ossessivo di un testo raffigurato come pagina scritta accompagnata da suoni amplificati e assordanti che lentamente, come l’acqua che distrugge a poco a poco la banchina dell’inizio del video, entra nel cervello del protago- nista provocando incubi e visioni di perdita, di smarrimento e di confusione,

fino al finale in cui il suo corpo nudo, circondato da escrementi, che pronun- cia fonemi senza senso, giace in una stanza bianca sulle pareti della quale sorgono, gigantesche, le lettere del testo di Blanchot. Questo lungo viaggio segnato dalla catastrofe è guidato da un altro protagonista del video: l’acqua, un’immagine che ricorre ossessivamente in molte opere di videoartisti, come Fabrizio Plessi e Bill Viola, non più il flusso dell’elettronica, ma l’elemento naturale che più di tutti le somiglia. La discesa del corpo del protagonista nell’acqua, qui visualizzata con uno scarto di montaggio tipicamente surrea- lista (Hill casca da una tavola imbandita trascinando con sé la tovaglia e tutti gli oggetti appoggiati, e a stacco vediamo il suo corpo tuffarsi nell’acqua) è un altro elemento visivo che ritorna spesso in artisti differenti.

Anche in questo caso, come in Primarily Speaking, la dimensione indivi- duale dell’artista è rappresentata da spazi chiusi, domestici, scorci di stanze, o da situazioni esterne chiaramente “scenografate”, come la ripresa notturna in cui Hill corre in un bosco, mentre le situazioni visive più oniriche, come la sequenza della cena (ripresa da una carrellata circolare che sembra non fer- marsi mai e in cui compaiono personaggi che vengono definiti dalle singole parole che pronunciano) si presenta come un set quasi teatrale: non a caso questa scena sfocia in una sorta di performance dionisiaca in cui vengono distrutti vari oggetti.

Hill prosegue la sua fortunata attività ancora oggi, realizzando videoin- stallazioni, sculture e installazioni con diversi media, relazionandosi costan- temente con il tema del linguaggio in rapporto alle nuove tecnologie.

Nel documento Videoarte. Storia, autori, linguaggi (pagine 90-94)