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La nascita di MTV e l’osmosi fra videoarte e videomusica

Nel documento Videoarte. Storia, autori, linguaggi (pagine 114-117)

Nel 1981 il panorama televisivo muta radicalmente perché nasce MTV, la prima televisione monotematica, ovvero dedicata a un genere unico: il vi- deo musicale. Fermo restando che questo genere audiovisivo esiste già prima dell’avvento di MTV, è innegabile che l’idea di trasformare il vecchio format radiofonico, ovvero un dj che trasmette musica, in una televisione in cui un vj trasmette video musicali accentra, dal punto di vista mediatico e produt- tivo, quei prodotti audiovisivi che prima avevano spazi ridotti in programmi appositi, dando loro un luogo fisso in cui poter sperimentare appieno le loro potenzialità. MTV, avendo una programmazione di ventiquattro ore su ven- tiquattro, è a caccia di contenuti ma soprattutto di stili ed estetiche che possa- no funzionare per un genere audiovisivo breve che deve attirare un pubblico particolare.

I fondatori di MTV hanno spesso dichiarato che l’inventore del video musicale è Nam June Paik. Dichiarazione paradossale per coloro che sono

convinti che il videoartista coreano è il “padre” della videoarte e che quest’ul- tima non può “abbassarsi” al livello commerciale dei video musicali, ma a ben guardare (per lo meno ai primi dieci anni di programmazione di MTV) bisogna rendersi conto che il linguaggio della videoarte monocanale, che in quel momento è la “punta di diamante” linguistica dell’universo audiovisivo, diventa il punto di riferimento di molti registi di video musicali che hanno bisogno di estetiche coraggiose a cui ispirarsi. Ma l’altro elemento importante da osservare è il punto di vista di questa dichiarazione di paternità dalla pro- spettiva inversa, nel senso che Nam June Paik non demonizza l’avvento dei video musicali, ma li giudica un’interessante prosecuzione della sperimenta- zione audiovisiva degli anni Sessanta24.

Il “riconoscimento”, insomma, avviene da entrambe le parti pur ammet- tendo le ovvie differenze di contesto sia tematico sia produttivo. Bisogna poi ammettere che anche la videoarte è inserita in un contesto economico che ragiona sulla vendita di singoli prodotti e che genera al suo interno dei trend che derivano da scelte strettamente connesse a esigenze di committenza e di rapporto con contesti produttivi televisivi o istituzionali. E non è detto che una casa discografica, solo perché vende musica e soddisfa necessità commer- ciali, non sia in grado di produrre video musicali assimilabili a opere d’arte, perché succede quasi subito, come nel caso della produzione cinematografica e video del gruppo The Residents, presente insieme a molti altri nella collezio- ne del Museum of Modern Art di New York.

Ma ciò che determina la nascita di MTV è un fenomeno se vogliamo più vasto: tutta la sperimentazione audiovisiva, il cinema sperimentale, il ci- nema d’animazione, la videoarte e la Computer Art non solo diventano ap- procci stilistici ed estetici da omaggiare o copiare, ma trovano spazio diretto all’interno del suo palinsesto (sotto forma di piccole sigle, interruzioni nella programmazione) o addirittura nella realizzazione stessa dei video musicali. Questo determina un vero e proprio fenomeno di osmosi fra sperimentazione audiovisiva e produzione videomusicale, permettendo alla prima di incontra- re un pubblico inaspettato. Intere generazioni si formano con questo tipo di immaginario, non identificandolo più come qualche cosa di sperimentale. Più che un vero e proprio passaggio di testimone, si tratta di una proliferazione 24 A questo proposito è interessante l’intervista a Nam June Paik effettuata da Eduardo Kac presente al seguente link: http://namjunepaik.wordpress.com/2010/04/09/interview- with-nam-june-paik/.

per alcuni, di una diaspora per altri, di un certo tipo di linguaggio audiovisi- vo che si diffonde dai video musicali alla televisione fino al cinema.

Se l’estetica videoartistica diventa un punto di riferimento per registi di video musicali come David Mallet e molti altri, la lista dei videoartisti che collaborano a vario titolo con MTV o che vengono coinvolti in progetti chia- ramente videomusicali sono tanti, e alcuni di questi sono nomi già noti mentre altri verranno approfonditi più avanti: Zbigniew Rybczynski, John Samborn, Joan Logue, William Wegman, Peter Callas, Robert Cahen, Bill Viola per il tour And All That Could Have Been (2002) dei Nine Inch Nails, Tony Oursler per David Bowie. Anche la Computer Art viene coinvolta da questo processo di assimilazione con autori come Rebecca Allen per i Kraftwerk, Dean Winkler per Peter Gabriel e Laurie Anderson, William Latham per The Shamen.

Su versanti musicali più “colti”, Laurie Anderson lega la propria attività di musicista multimediale a un immaginario elettronico che molto, quasi tutto, deve a quello videoartistico, così come bisogna citare tutta la produzione vi- deomusicale dei The Residents, vero crocevia di sperimentazioni audiovisive, la collaborazione fra Nam June Paik e Ryuichi Sakamoto, e Brian Eno che sdogana l’idea della videoinstallazione classica (quella fatta con i monitor per intenderci) a uso e consumo di un pubblico di massa nel momento in cui cura il gigantesco allestimento multimediale del tour degli U2 Zoo TV (1994), e infine la videografia di Björk. Senza dimenticare anche la stretta connessione fra videodanza e videomusica, che si incarna nella figura della musicista Kate Bush, e nelle collaborazioni fra David Bowie e i La La La Human Steps, Twyla Tharp e David Byrne nella versione video dello spettacolo Catherine

Wheel (1983) dove compaiono immagini digitali di Rebecca Allen, e fra il

coreografo e autore di videodanza Philippe Decouflé e i New Order.

Senza dimenticare, per quello che riguarda l’animazione sperimentale, Jan Švankmajer e i Brothers Quay che collaborano con MTV per la realizzazione di alcune sigle e firmano alcuni video musicali, inaugurando una lunga stagione di collaborazione fra un certo tipo di animazione e il settore videomusicale. Solo per citare uno degli esempi più significativi di questo processo bisogna ricordare TV

Interruptions (1993) del videoartista inglese David Hall (1937)25, pioniere della vi-

deoarte inglese specializzato nell’evidenziare l’artificialità e l’autoreferenzialità del linguaggio televisivo. Nel 1976 realizza This Is a Television Receiver commissionato 25 Il sito dell’artista è: http://www.davidhallart.com/index.html

dalla BBC per il programma Arena Video Art, dove le immagini e l’audio di un anchorman inglese vengono progressivamente distrutti diventando puro disturbo. Precedentemente aveva avuto la fortuna di “sfondare” il palinsesto televisivo (in questo caso scozzese) con una serie di brevi intervalli: 7 TV Pieces (1971), titola- to anche TV Interruptions 1971, interruzioni appunto (realizzate in pellicola per motivi tecnici) che si interrogano e giocano sulla natura della televisione. TV In-

terruptions del 1993 consta di cinque episodi straordinari per potere di sintesi e

per le illusioni visive messe in atto: ogni episodio ha un titolo in cui si gioca con la parola TV. Così ExtaseeTV mostra una serie di televisori che al rallentatore si sfracellano sul soffitto di uno spazio neutro; WithouTV è una carrellata virtuale che letteralmente “buca” degli schermi di televisori posizionati in un deserto che trasmettono l’immagine del deserto medesimo; in ReacTV un televisore che oscilla come un pendolo mostra topi che si trasformano in colombe che spiccano il volo. Vere e proprie “pillole di pensiero” in video che ironicamente demonizza- no proprio in televisione il mezzo televisivo.

Nel documento Videoarte. Storia, autori, linguaggi (pagine 114-117)