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Steina e Woody Vasulka

Nel documento Videoarte. Storia, autori, linguaggi (pagine 79-84)

Steina (1940) e Woody (1937) Vasulka8 sono una coppia di artisti che si sono

incontrati a Praga. Woody, dopo una formazione in ingegneria meccanica, stu- dia cinema e televisione, mentre Steina, islandese di origine, violino e teoria musicale; da sposati, si trasferiscono a New York nel 1964. Qui Woody realizza documentari e lavora come montatore per una società di produzione di filmati industriali. La loro vena creativa e il clima effervescente di New York portano i due artisti a frequentare sempre di più il “popolo” del Greenwich Village, il quartiere dell’arte americana. Insieme cominciano a sperimentare l’immagine elettronica e Woody abbandona il suo interesse per il cinema. Nel 1971 affit- tano la cucina in disuso del Mercer Arts Center e la trasformano in uno spazio espositivo per il video e le arti performative: nasce The Kitchen9. Nei due anni

in cui i Vasulka dirigono il centro, The Kitchen ospita artisti come Hermann Nitsch o organizza eventi come il Women’s Video Festival, e lascia in eredità un luogo che, dislocato in un’altra sede, ospiterà mostre di artisti appartenenti a differenti discipline come Bill Viola, Gary Hill, Robert Mapplethorpe, Lucinda Childs, Steve Reich, Philip Glass, Brian Eno, Peter Greenaway e altri.

Dopo un periodo trascorso a sviluppare un laboratorio produttivo e a insegnare presso il Center for Media Study at the State University of New York, i Vasulka, oramai noti nel panorama videoartistico, nel 1980 si trasferiscono a Santa Fe, nel New Mexico, definitivamente lontani dal centro nevralgico dell’arte americana, per aprire un laboratorio in cui sperimentano intensivamente la tecnologia elettronica e digitale, e in cui possono autoprodurre in tutto o in parte le loro opere, avendo comunque come supporto quasi costante i contributi dal National Endowment for the Arts e il New Mexico Arts Division. La sterminata produzione dei Vasulka – che si articola in video monocanali, videoinstallazioni e spettacoli mul- timediali – ha firme differenti: alcune sono di Woody, altre di Steina, altre ancora di entrambi. Steina si concentra su uno strumento da lei definito Machine Vision, un complesso apparato ottico-elettronico-meccanico fatto di sfere specchianti e telecamere collegate a circuito chiuso con dei monitor, tutti elementi posizionati su strutture rotanti, che indagano il rapporto fra 8 Il sito degli artisti è: http://www.vasulka.org/

spazio e tecnologia e fra l’immagine del corpo e l’ambiente riflesso da que- sto sistema. La musicista islandese è anche interessata all’interazione suono- immagine ed elabora dei sistemi semplici in cui l’emissione di un suono può deformare il segnale video, come si vede nella sua opera più compiuta da questo punto di vista, Voice Windows10, realizzata nel 1986 in collaborazio-

ne con Joan La Barbara, fino a creare, agli inizi degli anni Novanta, spetta- coli multimediali in cui suonando il violino riesce a manipolare e rimontare immagini video registrare su Laser Disc11.

Dal canto suo, Woody, insieme all’ingegnere Jeffrey Schier, elabora uno strumento definito Vasulka Imaging System o Digital Image Articulator, uno dei primi strumenti in grado di generare immagini semplici su basi algoritmi- che e di trasformarle in segnali analogici. Si interessa più tardi alla robotica e all’elaborazione di sistemi interattivi. Entrambi, fin dagli inizi degli anni Settanta, sperimentano la tecnologia video a disposizione, tra cui sintetizza- tori video, apparati per il disturbo del segnale, e strumenti progettati da altri, come il Rutt-Etra Scan Processor, un apparecchio che riconverte il segnale video in una serie di onde luminose. Come per Paik, anche per i Vasulka è fondamentale “entrare” nella macchina video per poterla usare: per questo motivo l’idea del laboratorio è essenziale, e altrettanto importante è la cono- scenza tecnica del mezzo. Questo è un periodo in cui i videoartisti più attenti a questioni di linguaggio sono anche degli appassionati tecnici: smontano le macchine, quando addirittura non le costruiscono direttamente, vogliono andare immediatamente al “cuore” del sistema per poterlo usare come uno strumento personalizzato.

Per i Vasulka l’intensa attività laboratoriale, di ricerca applicata, che con- traddistingue il primo decennio di produzioni, ha un senso molto chiaro: creare un vocabolario visivo elettronico-digitale12. Anche l’esplorazione di ciò

che la macchina “di per sé” può produrre, al di là dell’uso della telecamera, origina una lunga esplorazione delle possibilità di generare inusitate immagi- 10 Lavori selezionati di entrambi gli artisti sono visionabili sul sito della Fondazione Langlois: http://www.fondationlanglois.org/html/e/page.php?NumPage=422

11 Un esempio recente di una videoperformance di Steina è visibile al seguente link: ht- tps://vimeo.com/31770607

12 Una compilation di video di Woody Vasulka è stata pubblicata nel dvd Woody Vasulka:

Virtual Mushrooming DVD (1969-1987), Ed. Národní filmový archiv, sito di riferimento:

ni astratte, ma in questo caso, rispetto alla sperimentazione di Paik, si posso- no già intuire delle differenze di approccio. I Vasulka cercano l’inganno della terza dimensione e la collaborazione fra analogico e digitale introducendo un concetto, in questi anni pioneristico, che diventa di uso comune per la com- puter grafica: considerare l’immagine un oggetto. Ma i Vasulka non fanno computer grafica 3D: forzano il più possibile il segnale e mettono in collega- mento le possibilità della tecnologia analogica con la sua gestione digitale in modo tale da creare degli affascinanti ibridi in cui immagini, dall’apparenza solida, collaborano con la tipica idea di flusso dell’elettronica.

In questa direzione vanno i video di Woody The Matter e C-Trend, en- trambi del 1974, dove è presente in maniera chiara il concetto di “matrice” dell’immagine che diventa materiale malleabile, ricostruibile, qualcosa di fluido e di scultoreo nello stesso tempo; così come viene sistematicamente usata l’immagine del “rumore video”, la neve. Dopo la prima ondata di spe- rimentazione, entrambi cominciano a costruire un discorso per introdurre lo spettatore e le sue facoltà percettive all’interno della questione del rapporto fra naturale e artificiale. Steina Vasulka realizza nel 1980 Selected Treecuts, un video in cui si associano le immagini “naturalmente” caotiche di foglia- me mosso dal vento con la loro interpretazione digitalizzata, mentre Woody realizza nello stesso anno Artifacts, vero e proprio “saggio” sulla natura del video, un lungo viaggio sugli inganni visivi e i giochi ottici che il video può realizzare condotto dalla voce fuori campo di Woody stesso che dà le istruzio- ni all’osservatore (come per esempio mettere in pausa il nastro) in modo tale che alcuni elementi dell’immagine non vengano percepiti.

Una volta creato il vocabolario e condivise con lo spettatore alcune que- stioni tecnico-linguistiche, per i Vasulka è tempo di parlare con il linguaggio del video, e da questo punto di vista la linea in un qualche modo “saggistica”, preconizzata dagli pseudo-documentari di Paik, trova compimento in un’ope- ra a metà fra la narrazione e il saggio, intrisa di tutta la sperimentazione visiva che i due artisti hanno accumulato nel tempo, Art of Memory di Woody Va- sulka del 1987. Per tutti gli artisti citati in questa sezione il “varco” degli anni Ottanta rappresenta un decisivo cambio di estetica, derivato dall’esigenza di mettere al servizio di contenuti più diretti e significativi le sperimentazioni accumulate con entusiasmo nel decennio precedente, e questa opera rappre- senta uno vero spartiacque nella storia della videoarte monocanale.

stesso titolo uscito nel 1966 della studiosa inglese Frances Yates: un viaggio che affronta il tema del collegamento fra le immagini e la memoria attraver- sando la mnemotecnica dei retori latini, che immaginavano ipotetiche strut- ture architettoniche all’interno delle quali dislocare le varie parti del discorso; l’immaginifico “Teatro della memoria” progettato da Giulio Camillo Delmi- nio, una biblioteca circolare fatta di settori semoventi ognuno contrassegnato da immagini tematiche; la filosofia di Giordano Bruno che preconizza con il concetto di pictura mentis quello che oggi noi chiameremmo immagine men- tale; il teatro di Shakespeare, suggestioni junghiane e altri temi connessi.

Woody Vasulka prende spunto da queste riflessioni per creare il suo per- sonale teatro della memoria, contaminato da elementi naturali e artificiali, presenze umane e figure metafisiche. Il paesaggio montagnoso del New Me- xico, rappresentato sia realisticamente sia come flusso libero e inarrestabile di energia, diventa il palco privilegiato sul quale inserire strutture architet- toniche che mostrano, come in una sorta di mapping virtuale, drammati- che immagini d’archivio inerenti la storia più recente, soprattutto la Seconda guerra mondiale, la Guerra di Spagna, la guerra nel Pacifico, e l’inevitabi- le immagine-icona dello scoppio della bomba atomica. All’interno di que- sta complessa geografia di immagini inserisce due personaggi simbolici: un uomo e un angelo dorato, i quali si incontrano e scontrano durante tutto il video. Le immagini dei ricordi personali dell’uomo si mescolano e collidono in un corto circuito percettivo con quel catalogo audiovisivo della memoria già fissato e immutabile delle immagini d’archivio, creando soluzioni visive affascinanti. Il dialogo e lo scontro fra l’uomo, rappresentante la dimensione terrena e fugace, e l’angelo, che scruta impassibile nel flusso non controllabile del tempo le immagini più atroci del nostro passato, sono il filo conduttore di tutto il video, esplicitato dalla scena in cui l’uomo fotografa in lontananza l’angelo, provocando la sua reazione violenta.

Il tema del ricordo fissato, incastonato per sempre nel mezzo fotografico e cinematografico, in contrasto con la memoria che si scioglie nel magma del video, è un altro contenuto che attraversa tutta l’opera, il cui andamento paranarrativo offre diversi temi, crea una struttura simile a un “saggio per im- magini”, proponendo un approccio estetico e stilistico che miscela abilmente istanze sperimentali, immaginario astratto, riprese dal vero ed esigenze di contenuto, che sfuggono alla formula del documentario, della sperimenta- zione pura e della narratività classica. Verso la fine dell’opera l’uomo tenta

di imitare la natura dell’angelo, mimandone goffamente il volo, ma è già incastonato egli stesso in quelle strutture architettoniche che contengono le immagini registrate del passato, e il finale vero e proprio, ovviamente aperto e suscettibile di molte interpretazioni, è rappresentato da una sorta di massa grigia che ruota su se stessa, un punto di non ritorno nel quale si possono intravedere la fine della memoria o l’inizio di una memoria nuova, combina- zione di varie istanze, anche percettive, in cui l’elemento umano, metafisico e tecnologico si incontrano.

Nello stesso anno Steina realizza Lilith, un video meno complesso di Art

of Memory ma chiaramente, fin dal titolo, diverso come approccio estetico

dalla sua produzione precedente. Qui il demone femminile della mitologia ebraica è un’anziana fusa alle fronde di alberi mosse dal vento, che appare e scompare pronunciando parole che vengono rallentate, deformate, rese misteriose e a volte aggressive dalla manipolazione effettuata anche sulle frequenze della voce stessa. La performer è Doris Cross, un’artista ameri- cana che dalla metà degli anni Sessanta ha concentrato la sua attività nella presentazione di opere poetiche realizzate con la tecnica dell’Erasure, che consiste nel cancellare parti di testi esistenti per crearne di nuovi: in parti- colare Doris Cross per ottenere questa cosiddetta “Found Poetry” utilizza i vocabolari. Lilith non è solamente un ritratto, ma il tentativo simile ad

Art of Memory di esprimere qualcosa attraverso il vocabolario elettronico-

digitale intensivamente sperimentato negli anni precedenti che vada al di là della biografia artistica tipica di Paik: come Woody, anche Steina si ri- ferisce al mito pur rappresentando un’artista e amica, e quindi rintraccia un macro-tema per sviluppare visivamente dei possibili contenuti. Questa Lilith invecchiata è rassicurante dal punto di vista visivo, ma viene immersa in una natura agitata, pronuncia parole incomprensibili con toni non uma- ni, risulta una traccia visiva inquietante che costantemente si mostra e si nasconde denunciando la sua alterità rispetto al mondo naturale.

Steina e Woody Vasulka sono ancora oggi degli infaticabili sperimentatori di sistemi interattivi e di apparati digitali, e costituiscono un punto di riferi- mento per tutta la ricerca videoartistica monocanale.

Nel documento Videoarte. Storia, autori, linguaggi (pagine 79-84)