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Il Café de camareras di Enrique Cadícamo

IL FASCINO DELL’ARRABAL

2.1 Un nuovo sguardo sul margine, tra tango e narrazione

2.1.4 Il Café de camareras di Enrique Cadícamo

Seguendo il filo rosso delle letras de tango incontriamo poi il nome di Enrique Cadícamo, altro famoso poeta e scrittore argentino quasi coetaneo di Tuñon, la cui fama deriva principalmente dalla composizione di tanghi entrati a far parte della storia del genere, tra i quali si annoverano due celeberrimi testi incentrati sulla figura della prostituta. Nel primo, “Muñeca brava” (1928), Cadícamo parla di una donna che, dopo aver abbandonato il suo amore, diventa un’accompagnatrice di lusso, si arricchisce e parla in francese per affascinare i clienti; lo scrittore però la ammonisce, ricordandole quanto sia effimero il suo splendore: «Meta champán que la vida se te escapa, / Muñeca brava, flor de pecado... / Cuando llegués / al final de tu carrera, /

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Causate dalla sifilide, ivi, p. 38.

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«El suspiro inmenso de los buques, el olor de los transatlánticos, mezclábase al hedor familiar del Paseo de Julio: hedor de figones, de machos sucios, de hembras pobres, de posadas seimpre cerradas, de hotelillos indescriptibles, el hedor de los lugares donde el sol no llega jamás, el aliento de la miseria, de la prostitución, de la muerte. Eva Meyer, medio ebria, sostenida por el marino japonés, sentía que todo aquello bullía dentro de su propia alma. Allí había nacido, en el caliente y mugriento regazo del Paseo de Julio», ivi, pp. 41-42.

tus primaveras / verás languidecer».262 Il secondo, “Madame Ivonne” (1933), è dedicato invece ad una stellina di Montmartre che, innamoratasi di un argentino, vola come una «alondra gris» a Buenos Aires. Anche lei viene però ritratta dopo qualche tempo mentre beve tristemente il suo champagne, suscitando la compassione dell’autore perché «Ya no es la papusa del Barrio Latino, / ya no es la mistonga florcita de lis, / ya nada le queda... Ni aquel argentino / que entre tango y mate la alzó de Paris».263 Entrambi i testi appartengono chiaramente alla fase del tango descritta in precedenza, nella quale l’ascesa sociale della prostituta non si rivela mai esente da sofferenze e le possibilità che la sua storia abbia un lieto fine sembrano sempre più scarse.

Nel 1969 Cadícamo pubblica un romanzo, Café de camareras, composto sulla base di appunti raccolti dallo scrittore in un lontano passato per fissare le discussioni ed i ricordi espressi dai suoi amici più anziani – famosi musicisti e compositori di tango – intorno al tavolino di un caffè della capitale, che gli permettono molti anni dopo di ricostruire una Buenos Aires ormai sparita.264

In un’operazione simile a quella dello Stanchina di Corrientes y Maipú, vengono ripresi nel romanzo diversi momenti chiave della vita urbana di Buenos Aires, come l’inaugurazione del primo tram elettrico nel 1897 – con la descrizione minuziosa dell’impatto di questo evento sulla città e soprattutto sugli abitanti dei sobborghi –, o le imprese aeree di Jorge Newbery, celebrate con sfarzo dalla retorica nazionale. Ed anche in questo testo i personaggi finzionali si incrociano con uomini realmente esistiti, quali il famoso attore Pablo Podestá, o il leggendario gaucho Juan Moreira:

Paralelamente a la trama aparecen criaturas vivas, gentes que han hecho época en la órbita de la música popular y del malevaje y están plantadas definitivamente en su ámbito elevando la crónica a categoría épica y el folletín a la historia.265

262

E. Cadícamo, “Muñeca brava”, in H. A. Benedetti (a cura di), Las mejores letras de tango, CS Ediciones, Buenos Aires 2000, p. 285.

263

E. Cadícamo, “Madame Ivonne”, in H. A. Benedetti (a cura di), op. cit., pp. 258-259.

264

Come l’autore stesso spiega in una nota che precede il testo nell’edizione citata.

265

Ma la cosa più importante della narrazione è il tango: infatti, mescolata ad una trama che non si discosta molto da quelle dei più banali folletines sentimentali, ritroviamo la genesi del tango ballato e cantato, la descrizione degli storici esecutori delle sue musiche – che si riunivano a suonare nei locali disseminati tra le pagine del libro –, insomma un accurato resoconto delle sue vicissitudini e la sua storia.

Come in un documentario o un saggio storico, Cadícamo racconta inoltre le origini del Cabaret, evoluzione dei cafés-conciertos descritti nel suo romanzo. Nel locale che lo scrittore prende ad esempio per la raffigurazione di tali ambienti, il Café Las Flores, confluiscono tutti i personaggi del folklore arrabalero e postribolare:

En este local se congregaba la flor y la nata de los compadritos, malevos, y pesados del arrabal sureño, hermanados por la extraña simbiosis del tango. Las taqueras, mujeres enredadas en la miserable vida del lupanar, bailaban y se divertían para terminar luego en el bulín de su mejor postor.266

Nell’ambito di questa accurata descrizione l’autore ricostruisce inoltre, con un’estrema serietà scientifica, l’etimologia della parola taquera usata in riferimento alla prostituta:

Se las llamaba taqueras en jerga lunfarda, por el fuerte e provocativo taconeo que tenían al yirar por las calles con el fin de atraer así la atención del candidato, y también porque entre los malvivientes al billete de un peso se le decía un taco. De ahí, entonces, que etimológicamente, la que caminara taqueando y produciendo tacos, fuera taquera.267

In Café de camareras si evidenzia inoltre, ancora una volta, lo stretto rapporto che lega la prostituta al tango.268 Se infatti la giovane Flora prova turbamento ascoltando un tango e si sente «sensiblemente tocada por muchos pasajes de aquellas historias

266

E. Cadícamo, Café..., cit., pp. 42-43.

267

Ivi, p. 44. Con simile piglio documentaristico lo scrittore descrive, nelle pp. 46-47 del testo, i passi e le figure del tango.

268

E di questo con il postribolo. Infatti, osservando le coppie che ballano la musica dei primi brillanti musicisti di tango, Cadícamo fa la seguente riflessione: «¿De qué bajo estrato social provenía toda esa tremenda coreografía? Quizá del lupanar, de los sombríos corredores del queco la Estrella de la Ensenada, o del Farol Colorado de la Isla Maciel [...] Este oscuro entronque bastardo con el prostíbulo era la razón por la cual el tango tuviera la entrada prohibida en los hogares decentes», ivi, pp. 66-67.

tristes que parecían a veces plagios de su propia vida»,269 una molto più spensierata

mujer de la vida, Juana Rebenque, viene definita dallo scrittore come una

«Terpsícore arrabalera que sentía el tango en su alma como un fuego sagrado de suburbio y lo llevaba marcado en su linda carita de buscona».270 Questa vitale prostituta riesce non solo ad evitare l’arresto per essere stata sorpresa mentre eseguiva per strada una coreografia tanguera, ma addirittura a trascinare nella sua danza un irreprensibile poliziotto. La scena è caratterizzata dall’ironia che serpeggia in tutto il testo, insinuandosi in un trama lacrimevole che ripropone i luoghi comuni della donna bella come una «reina del arrabal», pura come un giglio ma scivolata nel fango – anche se nel suo caso il “fango” consiste solo nel cantare in un locale frequentato da «parditas» e «canfinfleros»271 –, della bambina cresciuta in mezzo ai viziosi ma preservata dagli aspetti più squallidi del café concierto, delle regole, gli eroismi e le bassezze della vita nel sobborgo.

Persino quella che nei romanzi esaminati nel primo capitolo era una fortissima denuncia, l’affermazione secondo la quale «la Argentina es el gran mercado de la carne»,272 viene inserita nel testo dall’autore per creare un comico equivoco: questa frase infatti induce gli spaventati avventori del Café Las Flores a scambiare l’innocuo e rispettabile cocchiere che la pronuncia per il temutissimo malvivente detto El carnicero, la notizia del cui arrivo si era da poco sparsa nel locale. Nel presentare il romanzo di Cadícamo, César Tiempo afferma:

Café de Camareras no está construida con sujeción a un argumento, no es una de esas novelas en que el autor se propone defender una tesis. [...] Es un trozo de vida, impresionado en toda su desgarradora y conmovedora autenticidad, un reportaje y un filme, en el que no falta la nota de humor, pues Cadícamo suele ver los episodios que la vida le ofrece a través de los cristales anamórficos de un temperamento predispuesto a la ironía. Una ironía tamizada por la limpieza de un corazón más proclive a la piedad que al sarcasmo.273

269

Ivi, p. 42. La triste storia di Flora viene sintetizzata dal narratore nella descrizione della stanza in cui la giovane vive: «Una habitación empapelada de rojo y una cama blanca. Sobre el mármol del lavatorio, una jarra y palangana de loza floreada. En la pared la fotografía de un soldado. Era la del novio que la había deshonrado iniciándola después en los primeros pasos de la calle. Una silla de Viena, un ropero de pino con luna y una litografía con un paisaje marino en la otra pared», ivi, p. 37.

270 Ivi, p. 172. 271 Ivi, p. 59. 272 Ivi, p. 81. 273

Ancora un autore, dunque, che mostra pietà e partecipazione riguardo alle vicende dei figli dell’arrabal.

Un altro aspetto che accomuna Cadícamo agli scrittori analizzati in precedenza è il fatto che anche lui alla compagnia degli intellettuali preferisca «el dédalo de la ciudad insomne»,274 di quella Buenos Aires del primo decennio del Novecento animata da balli e concerti di cui lo scrittore offre una traccia vivissima nei suoi testi. In Café de Camareras diventano allora protagoniste – prive però della drammaticità che le caratterizzava in Historia de arrabal – le zone della Boca e di Barrancas, che si fanno teatro di divertimenti popolari come le lotte tra i galli e scenario della vita di musicisti, operai dei Frigoríficos già descritti da Manuel Gálvez ed, ovviamente, prostitute.

Cadícamo lascia da parte l’ironia – evidente nel precedente riferimento al commercio di corpi della capitale – solo quando racconta le vicende di un’antica fattoria con annesso mattatoio nella zona di Barracas, trasformata nella famosa «casa’e las locas» El alambrado:

Pero el Tiempo, mago hechicero que reserva, dispone y distribuye insospechados destinos a los seres y a las cosas inanimadas, reservó un ingrato futuro a la laboriosa factoría del pasado profanando su honrada memoria al convertirla, después de más de setenta años transcurridos, en un sórdido matadero conocido por “El alambrado” donde, como en la chacra de ayer, también ahora se carneaban reses pero no de ganado, sino de seres humanos.275

Aggiungendo così un altro tassello a quella topografia della Buenos Aires postribolare che ognuno degli autori esaminati nel presente capitolo ha contribuito con i propri scritti, ed una particolare varietà di sfumature, a ricostruire.

274

Ivi, p. 16.

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