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Il “Curriculum” di Nira Etchenique

AUTOBIOGRAFIA E FINZIONE, MITO E PARODIA

3.2 Incroci tra autobiografia e finzione

3.2.3 Il “Curriculum” di Nira Etchenique

Della sopra citata raccolta Prostibulario, pubblicata nello stesso anno del volume di Marta Lynch, fa parte invece il racconto della scrittrice e poetessa Nira Etchenique “Curriculum”, nel quale si cede completamente la parola ad una – finzionale – prostituta, che racconta in prima persona la propria storia. La sua prospettiva è quella dell’abitante di un misero conventillo, le cui difficili condizioni di vita lasciano poco spazio ai sentimentalismi o alla riflessione. La morte della madre della protagonista dodicenne viene infatti liquidata dalla ragazza senza troppi giri di parole:

Lo único nuevo fue que yo me acostaba en la cama grande, al lado de mi padre. [...] No sé si se ocuparon de mí. En el conventillo las mujeres parían y arrojaban al patio lo que habían parido. Éramos propriedad común. No hay nada que recordar.393

Proprio nel conventillo, coerentemente con le narrazioni degli autori precedentemente esaminati, questa ennesima giovane senza nome inizia a conoscere il sesso:«Tuve conciencia gozosa de mi cintura cuando Pepe me arrinconó contra la pared del fondo, entre la pileta y el baño, y me tocó los pechos. Le sonreí y esperé,

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Ivi, p. 14.

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quieta. Pero él no siguió».394 Segue la faticosa esperienza in fabbrica, alleviata dalle attenzioni del suo caposquadra, ed il trasferimento della ragazza nel negozio di un turco, dove il suo unico compito è quello di servire il caffè e fare sesso con il proprietario. Sarà questa l’anticamera della prostituzione vera e propria, esercitata nel ristretto ambito del suo quartiere periferico, anche questo privo di un nome o di riferimenti che lo rendano in qualche modo riconoscibile nella topografia della Buenos Aires reale.

Non c’è orrore né vergogna nel modo in cui la ragazza descrive il proprio lavoro ed il suo primo incontro con un cliente, il quale si rivela soprattutto utile a smascherare ancora una volta la doppia morale della borghesia benpensante, incarnata in questo caso dall’uomo che le consiglia di abbandonare una vita tanto vergognosa subito dopo aver usufruito di una sua “prestazione” ed immediatamente prima di “prenotarne” un’altra:

Mi primer cliente fue el capataz. Fuimos a un hotel del barrio. Durante todo el tiempo estuve acordándome de su mujer, la gorda que agitaba la matraca. Se lo dije y él se enojó: –No tenés por qué hablar de ella; es una mujer decente. Se sufocaba y transpiraba y me decía putita, mi putita linda. Después se sentó en el borde de la cama, yo tenía sueño, y me preguntó: –¿No te da vergüenza hacer esto? Se puso a darme consejos, pero me citó para tres días después.395

La protagonista manifesta però inquietudini e dubbi circa il giusto utilizzo dei proventi della sua “professione”, ricordando le osservazioni degli autori analizzati sinora sulla necessità di alcune prostitute senza figli o famiglie da mantenere di assegnare una finalità diversa dalla mera sussistenza alle fatiche ed alle umiliazioni subite. A differenza della frivola Clara, la cui gratificazione era legata anche alla possibilità di acquistare abiti e oggetti per sé, la mujer de la vida di “Curriculum” rimanda infatti all’infinito la soddisfazione di ogni desiderio o necessità personale, permanendo in uno stato di abulia e degrado igienico:

No estaba contenta. Me preguntaba para qué quería el dinero que se iba acumulando en el fondo de mi cartera, desordenado y sucio, sin que sirviera a nadie, ni a mí. [...] continuaba durmiendo, masticando chocolate y recorriendo

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Ibidem.

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las mismas calles que me devolvían los mismos rostros. No, no estaba contenta.396

Le cose cambiano quando ritorna in città il militare che voleva chiederla in sposa quando lei era ancora una ragazza onesta e che, dopo un iniziale momento di rabbia e rifiuto, si adatta prontamente alla mutata condizione della giovane – fornendo un altro chiaro esempio dell’ipocrisia e del cinismo dominanti in tutte le versioni della vita cittadina mostrateci finora dalle scrittrici “postribolari” – e decide di sfruttarla, dando finalmente un senso agli sforzi della giovane per guadagnare denaro e realizzando quello strano ed incomprensibile equilibrio che regola il rapporto tra la prostituta ed il suo compagno-sfruttatore:

Abrió más la cartera, hundió la mano en ella y sacó todo el dinero. Lo guardó en su bolsillo. Después fue hasta la cama y se echó de espaldas, vestido, con los brazos debajo de la nuca. Cerró los ojos. Lo contemplé un instante, parada en medio de la habitación, y me vestí sin hacer ruido. Lo besé en la frente y él murmuró algo. Salí, empujé la puerta con precaución. En la calle respiré profundamente. Era feliz.397

Il fatto che in questo racconto sia la prostituta a parlare, seppure all’interno della finzione, non provoca un cambiamento significativo nella logica della narrazione. L’assenza di una reale personalizzazione della donna di vita e del suo ambiente – entrambi, come abbiamo visto, sono anonimi ed indefiniti – impedisce infatti una partecipazione sentita del lettore alle vicende di quella che, a suo modo, è l’ennesima vittima dell’arrabal. Gli eventi sono infatti narrati in modo scarno e privo di sentimento, come se facessero parte di un elenco di esperienze da includere in un impersonale curriculum (coerentemente con il titolo del testo). L’unica cosa che Nira Etchenique lascia chiaramente filtrare nelle parole del suo personaggio è la critica all’effettiva assenza di etica in una società che ancora negli anni Sessanta nasconde i propri vizi dietro la facciata di un’esasperata moralizzazione.

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Ivi, p. 46.

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