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Marco Denevi, o i mille volti di Rosaura a las diez

LA PROSTITUTA, DAL POLIZIESCO ALLA METALETTERATURA

4.1 La prostituta ed il crimine

4.1.2 Marco Denevi, o i mille volti di Rosaura a las diez

È necessario aspettare vent’anni dopo la pubblicazione di Historia universal de la

infamia per incontrare un altro testo che colleghi la prostituta al delitto. Proprio nel

1955, infatti, Marco Denevi pubblica il romanzo ad enigma Rosaura a las diez, che propone al lettore il mistero rappresentato dall’inaspettata morte di una giovane donna, Rosaura, e dall’indecifrabilità delle motivazioni che avrebbero spinto il suo novello sposo e presunto assassino, Camilo Canegato, a strangolarla.

Con l’alternarsi delle testimonianze orali che compongono il corpus testuale, ognuna delle quali sembra raccontare una realtà completamente diversa, si delinea pian piano lo svolgimento della storia. Scopriamo allora che Rosaura, la bellissima ragazza di cui il timido restauratore di quadri Camilo si innamora, ricambiato, in realtà è solo un prodotto dell’immaginazione dello stesso Camilo il quale, stanco della sua solitudine, inventa uno struggente idillio per far credere di essere anche lui degno dell’amore di una giovane bella e sensibile. Ad un tratto però questa donna immaginata, sulla quale Canegato per primo e dopo di lui i vari abitanti della pensione in cui il pittore vive, La Madrileña, proiettano i rispettivi desideri frustrati e

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Riflettendo sul rapporto di Borges con il poliziesco, José Miguel Oviedo osserva: «La dominante preocupación especulativa [...] se impone sobre las reglas propias del relato; es decir, las formas que adoptan estos cuentos favorecen más el razonamiento y la discusión teórica que la acción y la verosimilitud en el tratamiento psicológico: son estrategias para pensar primero y para narrar después. Por eso las tramas pesan más que los personajes (y a veces tenemos tramas dentro de la trama, como en “Emma Zunz”); por eso aplica las estratagemas de la novela policial aprendidas en Chesterton sobre todo, a historias cuya base es científica o teológica (como en “La muerte o la brújula”); por eso sus cuentos pueden metamorfosearse en páginas de reflexión o en extensión de su visión peética, lo cual subraya la simetría del estatuto borgiano», in Historia de la literatura hispanoamericana, vol. 4: De Borges al presente (2001), Alianza, Madrid 2002, pp. 29-30.

fantasie romantiche, sembra materializzarsi all’improvviso per entrare a far parte delle loro vite, innescando una catena di eventi che si concludono con la sua stessa morte.496

Tutto il libro è giocato sui contrasti tra le diverse verità proposte dalle voci narranti, ma anche sulla mancata coincidenza tra “sogno” e realtà. Ecco infatti l’intrigante descrizione dell’idillio tra Rosaura e Camilo estrapolata dalle lettere d’amore profumate che arrivano alla pensione con cadenza settimanale, e vengono abilmente intercettate dalla padrona di casa:

el señor Camilo Canegato, a quien en adelante vamos a tener que llamar “El Moscamuerta”, anda en amores con una mujer, unos amores llenos de vigilancias, obstáculos, cuartos oscuros, tías que duermen, amenazas y peligros, como de novela.497

La vera natura dei rapporti tra quella che scopriremo chiamarsi María Correa ed il pittore è però tristemente diversa, come la ragazza stessa racconta cinicamente – e con una punta di malignità –, dichiarando di essersi dovuta concedere al poco avvenente ometto in un momento di estrema difficoltà economica:

Pero me daba risa. Cuando se desvestía, con el sombrero puesto hasta el último momento, con aquellas piernitas flacas, cortitas, de niño, el pecho angostito, rosado, sin vello, una risa tremenda me subía del vientre como un vómito y no podía contenerme La risa se me soltaba sola y tenía que reírme a carcajadas, El, al serenarse, me miraba con odio, pero que iba a hacer, nada más que con la mirada. Después lo seguí aguantando por la plata. Supe desvalijarlo.498

Questo immenso scarto tra finzione e realtà riguarda anche le lettere presunte e reali della donna, veicolo nel primo caso della finzione con la quale Camilo inventa una romantica storia d’amore e regala alla sua bella una calligrafia «redonda y

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Il romanzo di Denevi propone al lettore una fortuita sequenza di coincidenze: infatti la giovane che si presenta esitante alla pensione La Madrileña, e che tutti identificano come Rosaura, è in realtà María Correa, una prostituta ai cui servigi Camilo aveva fatto ricorso in passato. Questa ragazza, determinata ad affrancarsi dalla prostituzione all’uscita dal carcere, si reca dunque dal suo antico cliente in cerca di un aiuto finanziario ma, trovatasi al centro dell’oscuro equivoco decide di sfruttare la situazione a suo vantaggio, portandola alle sue estreme, e fatali, conseguenze.

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M. Denevi, Rosaura a las diez (1955), Sudamericana, Buenos Aires 2006, p. 37.

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prolija», nel secondo – tramite un messaggio scritto dalla mujer de la vida e destinato ad una sua zia – di alcuni preziosi elementi che aiutano a far luce sulle ragioni dell’equivoco di cui la prostituta diventa protagonista, e sulla sua uccisione. I funzionari di polizia offrono infatti una puntuale descrizione della lettera di María:

Renglones en desorden, como una colérica invasión de hormigas, ennegrecen totalmente el papel. La letra es pequeña y desmañada y, según el testimonio de varias personas, no guarda ninguna analogía o semejanza con la que, conforme esas mismas personas recuerdan, lucían las perfumadas epístolas de Rosaura.499

Una differenza altrettanto abissale riguarda del resto le due donne – quella inventata e quella reale –, accomunate da uno stesso volto nel dipinto di Camilo. Rosaura, infatti, veniva immaginata dalle proprietarie della pensione che avevano osservato il suo presunto ritratto – realizzato dal pittore riproducendo i lineamenti della prostituta che egli credeva morta – come un essere di tale purezza e bontà d’animo da poter essere paragonata ad una Madonna:

Era hermosa, era hermosísima. En suaves tonos rosas y azules, con reflejos dorados, el quadro reproducía la imagen de una muchacha rubia, de ojos celestes, de boquita pequeña y roja, y con una expresión tan dulce en toda la fisionomía, de tanta bondad, de tanta pureza, que parecía esas madonas que nos contemplan desde la cúspide de los altares.500

María Correa è invece una scaltra donna di strada reduce da cinque anni di prigione la quale, pur nutrendo il desiderio di cominciare una vita onesta, manifesta il cinismo tipico delle persone che non hanno niente da perdere e si dimostra pronta a tutto per modificare la propria situazione.

Le scene che si susseguono dopo l’arrivo di Rosaura/María alla pensione danno origine ad una sorta di commedia degli equivoci: gli abitanti di La Madrileña, pur rilevando nell’aspetto e nell’atteggiamento della ragazza dei piccoli particolari inconciliabili con la loro immagine mentale dell’amata di Canegato,501

sono infatti

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Ivi, p. 243. Inoltre “Rosaura”, come osserva doña Milagros – la quale faceva fatica a capire i termini difficili contenuti nelle sue lettere –, usava un linguaggio forbito e complicato, mentre quello con cui si esprime María è povero e sgrammaticato.

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Ivi, p. 80.

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Come il suo aspetto «desgastado», che mal si concilia con l’immagine di una ragazza aristocratica abituata a trascorrere le sue giornate nell’ozio, il suo «olor a cosméticos baratos», o i segni delle percosse ricevute dai due malviventi che volevano riportarla sulla

desiderosi di attribuirle il ruolo di eroina romantica. Sebbene dunque tutti si accorgano della totale assenza di trasporto tra i due presunti innamorati, non riescono a comprenderne le cause reali e scambiano per un terribile ed insensato insulto quel «Puta» che un esasperato Camilo grida a “Rosaura” e che invece definisce con precisione la vera professione della giovane.502

Alla fine della storia persino Camilo, l’unico ad essere conoscenza della natura immaginaria di Rosaura e della vera identità della ricattatrice,503 arriverà a confondere le due donne, ovvero la realtà ed il sogno. Quando infatti la sera delle nozze María – consapevole di averlo ormai in pugno a causa del vincolo appena contratto e ribaltando dunque la situazione esaminata in Hay que sonreír, nel quale era invece la prostituta a ritrovarsi intrappolata in un matrimonio distruttivo – lo deride in modo tanto volgare da mostrare per l’ennesima volta la siderale distanza che la separa dalla donna angelicata dei suoi desideri, Camilo distrugge dapprima tutti gli strumenti della sua finzione, ossia le lettere ed il ritratto:

En la valija vi un retrato y un ramo de rosas de papel que olían a violetas, Rosaura decía: “¡Apuráte, apuráte! ¿Vas a hacer esperar a tu mujercita?”. Con unas pinzas de madera tomé las rosas y las ajé, las desgarré, las deshice. Tomé el retrato y mezclé sus oros y sus azules, separé la boca de la nariz, los cabellos de la frente, un ojo del otro ojo, y arrojé todo en un inodoro que había detrás de una cortina.504

Per poi cercare di cancellare anche la giovane – a questo punto completamente identificata con Rosaura –, nel disperato tentativo di eliminare quel parto della sua

cattiva strada e che la uccideranno nell’alberghetto del Bajo dove Camilo – facendosi strumento di un’altra beffa del destino – la porterà dopo le nozze.

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La lettura dei fatti più lontana dalla realtà è però quella di David Reguel, bizzarro personaggio che, al contrario di tutti gli abitanti della pensione, considera Camilo un individuo infido e rancoroso e che attribuisce il risentimento dell’uomo nei confronti di Rosaura al disgusto di un seduttore stancatosi della sua preda. Invaghitosi della ragazza, Reguel inverte infatti i ruoli dei due scambiando la vittima per l’aguzzino e credendo di scorgere nella silenziosa ragazza i timori e la dolcezza che erano invece frutto dell’invenzione del pittore. La sua versione, che si inserisce nel romanzo tra i pettegolezzi di doña Milagros e le dichiarazioni di Camilo, è funzionale al mantenimento della suspense da parte dello scrittore.

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«Rosaura sí es una pura invención mía, una pura creación mía. [...] Yo fabriqué a Rosaura. La fabriqué aquí, aquí, en mi cabeza. Rosaura era un ser imaginario, una entelequía, un sueño, je, je, un sueño, nada más que un sueño, je, je, un sueño», ivi, p. 199.

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immaginazione che tanti problemi gli ha causato e che adesso sembra rivoltarsi irrimediabilmente contro di lui:

Entonces Rosaura empezó a reírse, a reírse a carcajadas, frenéticamente, locamente, estridentemente [...]. Y yo pensé: “¿Acaso no puede poner fin a esa risa? ¿No es la risa de Rosaura? Y Rosaura, ¿no es una invención mía? ¿No es, toda ella, hechura de mis sueños? Luego, su risa es también hechura de mis sueños. Y yo podré hacerla cesar”. Y me abalancé sobre su risa, sobre el surtidor de aquella risa y quise destruirlo, quise destruirlo come acababa de destruir las cartas perfumadas y el retrato al óleo, quise destruirlo todo, porque todo era obra mía. 505

Il pittore, ormai fuori di sé, inizia dunque a strangolarla, ed anche se non seguirà fino in fondo il suo impulso omicida, lascerà sul collo della donna dei segni che daranno al Turco – il vero assassino –, la possibilità di raccontare alla polizia questa sintetica versione della storia: «Este mishío, que acaba a matar a esa mina».506 Versione del resto credibile, dal momento che l’ultima scena della vita di Rosaura/Marta/María,507 si svolge in un hotel di «malamuerte», in piena zona della prostituzione, ossia tra la avenida Leandro Além – l’antico Paseo de Julio508 – e la

calle 25 de Mayo.

Attraverso la voce della ragazza – la cui vita finisce dunque in uno squallido ed equivoco albergo –, Denevi mostra uno sprazzo della Buenos Aires del vizio, con i suoi luoghi abituali, le sue leggi brutali ed i suoi personaggi grotteschi.509 Ma si tratta

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Ivi, p. 224. Ivonne Revel Grove ha osservato in proposito: «Lo único que él intentó hacer fue destruir a la mujer de sus sueños, al producto de su imaginación, y si al querer destruírla puso sus manos sobre la garganta de Marta o María Correga, que tuvo el descaro de impersonar a Rosaura, el error fue cometido no por Camilo, sino por la persona que quiso traspasar su hermoso sueño y hacer de él una realidad desencantadora», in La realidad calidoscópica de la obra de Marco Denevi, Costa-Amic Editor, México 1974, p. 54.

506

M. Denevi, op. cit., p. 183.

507

Il vero nome della ragazza – alla quale era stato fornito un documento d’identità contraffatto, col nome Marta Córrega –, María Correa, viene rivelato solo a p. 243, cioè quasi alla fine del libro.

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La strada cambiò nome nel 1919. Per una dettagliata storia delle strade di Buenos Aires e dei loro nomi, si veda il volume di A. G. Piñeiro, Las calles de Buenos Aires. Sus nombres desde la fundación hasta nuestros días, Instituto Histórico de la Ciudad de Buenos Aires, Buenos Aires 2005.

509

Il turco viene descritto da David Reguel in questo modo: «era un tipo infrahumano, una bestia, un antropoide. Tenía unas facciones monstruosas, y la luz de la lamparita,

di un mondo che sta rapidamente scomparendo, forse anche a causa della legalizzazione della prostituzione voluta da Perón nello stesso anno della pubblicazione del romanzo.510 Infatti la povera prostituta, che in galera soffriva ad ascoltare la musica perché le ricordava le sue notti trionfali negli animati cabaret della capitale, manifesta il proprio sconcerto quando, all’uscita dal carcere, ricerca invano le vecchie amiche e gli scenari della sua vita precedente, che dopo soli cinque anni sembrano essere svaniti nel nulla:

Busqué alguna amiga, la Chela, del Pigal, la Mary. Ninguna vivía más donde las había dejado. [...] Pensé en el Quique. Lo busqué en su cotorro de Viamonte. La casa no estaba más y en su lugar habían levantado un rascacielos. Vagué de un lado a otro, un rato largo, como sonsa. Ninguna persona amiga, ninguna cara conocida, como si los cinco años a la sombra me hubieran llevado a otro país. Vino la noche y yo sempre caminando. Llegué al bajo. Vi todos los cabarés clausurados. me pareció que aquella calle, antes tan alegre, estaba de duelo, y que yo era la muerta que velaban.511

E’ opportuno però porre l’accento sul fatto che, sebbene anche le pagine di

Rosaura a las diez offrano uno scorcio sul mondo malavitoso della Buenos Aires

dell’epoca, il romanzo di Denevi proponga un uso completamente diverso della figura della mujer de la vida rispetto ai testi analizzati nei capitoli precedenti. Infatti, lungi dai tempi in cui era oggetto di compassione e suscitava riflessioni di denuncia o protesta sociale, la prostituta appare ora solo come un personaggio negativo che con

cayéndole cenitalmente, se las volvía todavía más monstruosas. Una cicatriz temblona y larga le cruzaba las mejilla y otras dos o tres, cortitas, le bordaban la frente. [...] Su voz me hizo extremecer, se lo aseguro. Era como si triturase vidrio en la garganta. Tenía acento extranjero, como de yapa», M. Denevi, op. cit., p. 181.

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Che si verifica nel turbolento scenario descritto da Pablo Mendelevich: «Perón sostenía desde 1954 un oscilante conflicto –el más grave que haya habido– con la Iglesia Católica, la cual, si bien había jugado antes un papel favorable a su régimen (inclusive con directivas pastorales electoralmente oficialistas), era la única institución importante que él no controlaba. [...] una serie de medidas oficiales, como la supresión de la enseñanza religiosa, la prohibición de usar símbolos religiosos en Navidad, las entonces desafiantes leyes de divorcio y de legalización de la prostitución, la eliminación de los feriados católicos y la amenaza creciente de quitarle el apoyo estatal a la iglesia mostraron que el verdadero cortocircuito había trepado a las cimas institucionales», in “El 16 de junio de 1955: el día más violento”, in La Nación, edizione speciale, Buenos Aires

12/06/2005, reperibile alla pagina web

http://www.lanacion.com.ar/nota.asp?nota_id=712033 [consultato il 26/02/2011].

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le sue bassezze provoca la rottura di un sogno di felicità, ponendosi in antitesi con la donna pura e disposta ad amare in modo disinteressato immaginata dal protagonista.

La mujer de la vida e l’intreccio poliziesco che racchiude la sua storia sembrano inoltre rappresentare più che altro un pretesto narrativo al quale Denevi ricorre per occuparsi non tanto dei mali concreti della società porteña, tra cui si annovera appunto il fenomeno della prostituzione, quanto piuttosto delle sofferenze individuali ed interiori dei suoi componenti, e per mostrare come in un caleidoscopio i molteplici volti della realtà.512

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Denevi spiega la natura della relazione del suo testo con la letteratura poliziesca: «Si admitimos que Rosaura a las diez tiene su costado policial, convengamos también que es mi primera y única intrusión en el género. [...] En Rosaura a las diez lo importante no es la revelación de un misterio, pues eso nunca me lo propuse como meta, y si adopté la extructura policial fue para relatar una historia que de otro modo hubiese podido resultar muy vulgar. Pero como dijo un escritor chileno: Rosaura es una novela sobre la soledad. No me propuse plantear un enigma y revelarlo, sino que quise desnudar a mis personajes, lo que no sé si logré del todo», rispondendo alle domande di Jorge Lafforgue in “Cuatro preguntas al Gran Jurado”, in J. Lafforgue e J. B. Rivera, op. cit., p. 46.