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Cambiamenti nella domanda: mercato interno, mercati maturi ed emergenti.

Suddivisione per area geografica export agroalimentare italiano nel 2013 (totale: 33

2.4. Cambiamenti nella domanda: mercato interno, mercati maturi ed emergenti.

Sebbene le esportazioni di vino siano in crescita, la produzione totale è calata e si è modificata: i vini di qualità superano oggi in proporzione quelli da tavola. Anche la domanda interna si è evoluta molto negli ultimi anni. Si osservino i dati Istat sul consumo delle bevande alcoliche in Italia nel periodo 1998- 2012, espresse in % della popolazione.35

                                                                                                                         

34  “Agroalimentare  veneto  nel  2013  in  altalena.  Prime  valutazioni  sull’andamento  del  settore,  i  dati”.  

Veneto  Agricoltura,  elaborazioni  su  dati  ISTAT.  Gennaio  2014  

35  “Il  consumo  di  bevande  alcoliche  in  Italia-­‐  aggiornamento  Istat  2012”.  I  numeri  del  vino.  12/05/13.  

http://www.inumeridelvino.it/2013/05/il-­‐consumo-­‐di-­‐bevande-­‐alcoliche-­‐in-­‐italia-­‐aggiornamento-­‐istat-­‐ 2012.html#more-­‐11947  (08/07/13)  

Tabella 2.4.1. Consumo di bevande alcoliche in Italia 1998- 2012.

Fonte: Istat.

In generale, risulta che nel periodo 1998-2012 il consumo di vino e birra è calato rispettivamente del 5% e dell’1,4%, mentre quello di altri alcolici è aumentato dell’1%. I dati riflettono l’effetto della crisi, facendo emergere altre informazioni rilevanti:

• Una graduale perdita dell’abitudine di consumare vino soprattutto durante i pasti, a causa del cambiamento sociologico ed economico in atto (l’aumento dei divorzi e una vita lavorativa frenetica, che si traduce in minor tempo passato a tavola come occasione conviviale e affettiva), porta a una diversificazione nel ventaglio delle bevande consumate, con un calo del vino a favore di altre categorie. Nel 2012 si osserva un deciso cambiamento nel numero di consumatori di vino, con un calo del numero di quelli abituali a favore di quelli sporadici. In particolare risulta che, nel 2012, la percentuale di popolazione italiana che beve vino almeno una volta l’anno è scesa al 52% della popolazione sopra gli undici anni di età, ossia a 28,1 milioni di persone. Di questa percentuale, 11,6 milioni rappresentano consumatori abituali, mentre i restanti 16,5 milioni quelli sporadici.

• Nel 2012 ha bevuto vino soltanto il 51,9% della popolazione totale, percentuale inferiore al 53,3% del 2011 e al 56% di cinque anni fa. Il vantaggio del vino nei confronti delle altre bevande si sta riducendo, data una soglia stabile del 46% della popolazione di consumatori di birra e del 40,5% di consumatori delle altre bevande alcoliche (dopo la crescita degli anni scorsi). A livello complessivo, circa il 64,6% della popolazione italiana consuma bevande alcoliche.

Tabella 2.4.2. Consumo abituale di bevande alcoliche 2007- 2012.

Fonte: Istat.

• L’impatto della crisi è reso evidente non soltanto dalla penetrazione totale delle bevande alcoliche, ma anche dal consumo abituale, precipitato nel 2012. I consumatori abituali di bevande alcoliche rappresentano soltanto il 23,6% della popolazione, mentre nel 2011 erano il 26% e cinque anni fa il 29% del totale. Inoltre, il rapporto tra consumatori abituali e consumatori totali è sceso dal 40% al 36% nel periodo considerato (2008-2013).

Immagine 2.4.1. Percentuale di consumatori giornalieri su popolazione 2007- 2012.

Fonte: Istat.

• Nonostante il vino resti la bevanda alcolica per eccellenza in Italia, il vantaggio della sua penetrazione è diminuito nel 2012 del 6% rispetto alla birra e del 12 % rispetto alle altre bevande alcoliche, mentre quindici anni fa la penetrazione del vino superava quella della birra e delle altre bevande a base di alcool, rispettivamente, del 10 % e del 17 %. In particolare, la percentuale dei consumatori abituali di vino è scesa dal 23,6% al 21,5%: oggi soltanto il 41% dei consumatori di vino lo beve regolarmente. Come si nota dall’ultima tabella, tra i consumatori abituali si sta abbassando significativamente la percentuale di chi beve una quantità superiore a 0.5 litri di vino/giorno: soltanto il 2,5% della popolazione sopra gli 11 anni, rispetto al 4% del 2007 e al 3% del 2011.

Tabella 2.4.3. Frequenza del consumo di vino - % sul totale della popolazione 2007- 2012.

Immagine 2.4.2. % di consumatori giornalieri su popolazione (2012).

Fonte: Istat.

La tendenza emerge sia nel caso dei maschi sia delle femmine per quanto riguarda il vino (-3,4% dei consumatori in cinque anni), mentre riguardo alla birra e agli altri alcolici si registra rispettivamente una perdita dell1,1% e dell’1,7% dei maschi e, a sorpresa, un consumo stabile di birra e in crescita per quanto riguarda gli altri alcolici (quasi il 2%), partendo da livelli molto più bassi di penetrazione.

I dati si dimostrano, nel complesso, non incoraggianti: a fronte di un calo della produzione totale nazionale e del crollo della domanda interna, il mercato nazionale è stagnante e le condizioni per uscire dalla crisi sono sempre più difficili da raggiungere per le imprese italiane.

A tal fine Marini, presidente Coldiretti, ritiene opportuno e anzi necessario cercare di coinvolgere e rendere partecipi, nella formulazione della strategia per l’estero, le organizzazioni agricole, i vari enti e istituzioni più rappresentativi. 36

“In questo contesto è importante la decisione di coinvolgere nel lavoro della Cabina di Regia per l’Italia internazionale le organizzazioni di categoria

                                                                                                                         

36  “Italiani  nel  mondo  e  Made  in  Italy,  +  7%  export  cibo:  è  record”,  16/07/13.  

http://www.italiachiamaitalia.it/articoli/detalles/16440/ItalianiOnelOmondoOeOmadeOinOItaly%20O% 207%20OexportOcibo%20O%20Orecord.html  (18/07/13)  

dell’agricoltura: dalla Simest all’Ice, dalle Camere di Commercio alle Ambasciate, dovranno adeguare le proprie funzioni per accompagnare l’Italia verso questa efficace forma di internazionalizzazione anche in vista dell’Expo” (Sergio Marini, presidente Coldiretti).

"E' per questo che occorre subito mettere a punto la strategia per riorganizzare il sistema dell'export agroalimentare, da un lato sostenendo le aziende nello sforzo di cooperazione, dall'altro abbattendo le barriere tariffarie con i paesi fuori dall'UE come con il nuovo negoziato con gli Stati Uniti d'America e con le nuove intese raggiunte con la Cina e i paesi dell'Est. La nostra proposta è quella di inserire nella prossima legge di Stabilità il Piano Straordinario per l'Export dei prodotti della filiera agroalimentare come priorità per la crescita dell'Italia, aumentando la lotta alla contraffazione e puntando sull'autenticità e sulla qualità dei prodotti Made in Italy" (Ruta, capogruppo PD in commissione agricoltura del Senato).37

L’importanza della domanda estera nel trainare i numeri dell’economia nazionale e il ruolo del settore agricolo italiano, saldamente legato al territorio locale, andrebbero quindi coniugati per permettere all’Italia di crescere ancora sui mercati internazionali e ottenere sinergie sempre più vantaggiose.

"Il Paese può tornare a crescere solo se investe nelle proprie risorse che sono i territori, l'identità, la cultura e il cibo. (…) L'agroalimentare è una leva competitiva formidabile per trainare il Made in Italy nel mondo" (Sergio Marini, presidente Coldiretti). 38

Un modello di sviluppo capace di coniugare il duplice obiettivo di competitività sui mercati internazionali e di sostenibilità nei territori, a cominciare dal loro patrimonio ambientale e culturale e dalla creatività delle piccole e medie imprese che meglio rappresentano il Made in Italy a livello mondiale, è dato dall’agricoltura e dal settore                                                                                                                          

37  “Agroalimentare,  prossimo  il  piano  Export  del  Made  in  Italy”,  11/07/13.  

http://www.termolionline.it/notizie/agroalimentare-­‐prossimo-­‐il-­‐piano-­‐export-­‐del-­‐made-­‐in-­‐italy-­‐ 43704.html  (18/07/13)  

38  “Esportazioni  Made  in  Italy,  boom  dell’agroalimentare”.  Matteo  Clerici.  Newsfood,  20/03/12.  

http://www.bravoitalygourmet.it/it/news/1022/esportazioni-­‐made-­‐in-­‐italy-­‐boom-­‐ dellagroalimentare.html?cat=8&page=&ipp=  (08/07/13)  

agroalimentare. 39 Dati recenti mostrano una controtendenza dell’agricoltura, unico settore in crescita nel 2012, con un incremento del PIL (1,1%) e un aumento delle assunzioni del 10,6% nel secondo trimestre. Il settore primario include, nelle proprie attività economiche, le caratteristiche e le peculiarità del territorio di ubicazione, comprese in particolare tradizioni culturali secolari: i prodotti agroalimentari sono il risultato della trasmissione, da una generazione all’altra, di conoscenze e competenze e sono apprezzate a livello internazionale per la loro unicità e inimitabilità.

L’agricoltura rappresenta una leva strategica come garanzia per la produzione di cibo e come strumento di difesa territoriale in termini di paesaggio, biodiversità, stabilità idrogeologica del terreno e delle sue tradizioni: il suo carattere di multifunzionalità deriva da questa importante funzione. Inoltre, l’aspetto principale dell’agricoltura è rappresentato dalla dimostrazione della possibilità di realizzare obiettivi di nuova crescita e occupazione, arricchendo contemporaneamente la comunità grazie alle caratteristiche tipiche che la contraddistinguono (dialogo con la comunità tramite la vendita diretta e soluzione reale a scelte di consumo più responsabili): l’idea di economia dello sviluppo su cui si fonda l’elevato livello qualitativo del settore primario coniuga e valorizza competitività, sostenibilità, etica del lavoro e coesione sociale. Le filiere produttive che compongono il comparto si sono dimostrate reattive al mutevole ciclo economico attraverso l’innovazione dei propri metodi produttivi e l’adattamento alle nuove richieste della domanda, nonostante siano riuscite a mantenere la propria identità culturale e territoriale. Analizzando l’andamento registrato dai valori medi unitari delle esportazioni in base alle quote di mercato emerge chiaramente, sebbene a ritmi inferiori rispetto al passato, il continuo investimento dell’agroalimentare nell’aumento della qualità produttiva anche in un contesto economico turbolento come quello odierno. Tuttavia le imprese appartenenti al comparto alimentare si sono mostrate perspicaci nell’aver agito da pionieri, rilanciando la crescita tramite innovazione e rinnovamento e recuperando addirittura spazio in termini di competitività relativa. Le imprese italiane, consapevoli di appartenere a un settore frammentato e caratterizzato dalla mancata connessione tra le varie figure professionali, hanno investito in modo consistente per passare da una gestione prettamente familiare a una manageriale in risposta alla crisi globale, ma soprattutto alla crescita dei Paesi in via di sviluppo (in particolare, la Cina), all’oscillazione valutaria di dollaro e yen e all’eccessiva                                                                                                                          

polverizzazione delle realtà produttive. Tramite il rafforzamento dei brand legati al territorio, e complice il progresso tecnologico, le imprese hanno azionato processi volti a rendere i cicli produttivi avanzati, basati su materie prime di qualità, una manodopera eccellente e un grande know-how, elementi non replicabili dalla concorrenza dei paesi emergenti e rappresentanti caratteri distintivi.

Negli ultimi decenni gli importanti cambiamenti in termini quantitativi, di attese qualitative da parte del pubblico e di struttura hanno condotto il mercato internazionale del vino a un’evoluzione tale da costringere i diversi attori al ripensamento di strategie e comportamenti. Il rilevante aumento degli scambi internazionali ha portato a una maggiore articolazione del mercato mondiale, dove la performance delle esportazioni condiziona fortemente l’equilibrio dei principali Paesi produttori. Grazie alla recente vocazione dei produttori rappresentanti, nel complesso, il “nuovo mondo” del vino (tra cui Stati Uniti, Australia, Argentina, Cile, Nuova Zelanda e Sudafrica), si è assistito a una crescita numerica dei Paesi orientati alle esportazioni, la cui affermazione in ambito internazionale ha portato a un nuovo scenario competitivo in cui emerge la contrapposizione con il vecchio mondo del vino, costituito soprattutto dai Paesi produttori dell’Unione Europea (Francia, Spagna, Italia, Portogallo). Tuttavia, per la complessità che lo caratterizza, lo scenario competitivo implica più di tale dualismo poiché il gruppo dei nuovi Paesi del vino presenta una vasta eterogeneità e il sistema del vino si presenta più vasto e strutturato sia per la presenza di nuovi esportatori, sia per la nascita di nuove tipologie di impresa a tutti i livelli della filiera (Green et al., 2003; Zampi; ISMEA, 2004). 40

Nella seconda metà del ‘900 la produzione è cresciuta fino alla fine degli anni ’70, diminuita a causa della riduzione della superficie a vite nell’UE, poi nuovamente cresciuta; anche la dinamica dei consumi ha dimostrato una tendenza simile: dopo una rilevante diminuzione dei consumi globali negli anni ’80, questi ultimi si sono stabilizzati e poi sono tornati a crescere. Stime OIV valutano i consumi in quantità pari a circa 236 milioni di ettolitri nel 2005, superiore almeno del 5% rispetto a quella della metà degli anni ’90. L’uso del vino nell’industria assorbe parte del gap offerta- domanda, ma la stabilizzazione di un mercato caratterizzato da un surplus strutturale di offerta è supportata dalle distillazioni nell’Unione Europea (Dubos, 2005). La dinamica                                                                                                                          

40  “Economia  del  vino.  Tradizione  e  comunicazione”.  Maurizio  Ciaschini,  Claudio  Socci.  Franco  Angeli,  

globale dell’offerta e della domanda è il risultato della commistione di dinamiche locali diversificate, causa del trasferimento dei consumi e, in parte, della produzione tra diverse aree geografiche. La quota UE nella produzione di vino è calata dal 62% (inizio degli anni ’60) al 58% nei primi anni 2000 e, nello stesso periodo, accanto alla decrescita di consumo e produzione totale si è assistito a una crescita delle esportazioni, risultato del trasferimento delle quote di produzione eccedenti un consumo interno in diminuzione da parte dei maggiori Paesi produttori ed esportatori, tra cui l’Italia. I principali Paesi produttori ed esportatori rappresentavano l’80% dei consumatori mondiali all’inizio degli anni ’60, insieme agli altri Paesi autosufficienti nell’approvvigionamento interno, mentre ora costituiscono solo il 50% a causa di una riduzione dei loro consumi di circa 45 milioni di ettolitri, contrariamente a una aumento complessivo di circa 60 milioni di ettolitri nei consumi di tutti gli altri Paesi importatori. Nell’arco degli ultimi decenni è cresciuto il ruolo dei Paesi nuovi produttori ed esportatori, mentre le esportazioni dei Paesi UE sono cresciute a un ritmo inferiore rispetto ai nuovi competitor dello scenario competitivo internazionale. L’evoluzione del mercato totale sarà fortemente condizionata da quella della domanda: i Paesi tradizionali produttori rappresentano un elemento critico, poiché il 50% dei consumi mondiali proviene da Francia, Italia, Spagna e Germania e i consumi pro capite di questi Paesi superano significativamente quelli caratterizzanti il resto del mondo. Inoltre il mercato delle bevande, compreso il vino, è saturo nei Paesi sviluppati, caratterizzati da consumi complessivi pro capite di 600 litri e di competitor (produttori di soft drink, acqua minerale e birra) capaci di esercitare forti pressioni; l’efficacia delle azioni di marketing nei vari segmenti di riferimento, insieme a fattori esterni al controllo dei produttori, condiziona molto la domanda di vino. E’ essenziale sviluppare un’offerta in linea con la struttura della domanda: si assiste oggi alla fine dell’evoluzione dei consumi del vino, caratterizzante gli ultimi decenni e basata su una crescente disponibilità a pagare per consumare prodotti di qualità superiore e anche la domanda per i vini di maggior prezzo pare essersi stabilizzata (Pomarici, 2004), coerentemente con la situazione dei consumi nelle diverse aree. Mentre nei Paesi importatori, caratterizzati da un consumo crescente di vino, occorrono prodotti dal prezzo più accessibile per agevolare il passaggio da un consumo limitato a uno regolarmente esteso nell’arco della settimana, nei Paesi caratterizzati dalla stabilizzazione dei consumi (forti consumatori), la spesa per i vini più costosi è già elevata e non può essere facilmente e ulteriormente estesa: i consumatori di vino esibiscono, infatti, un comportamento di

scelta eclettico in termini di prezzo, tipo e modalità di approvvigionamento, caratterizzato anche dalla ricerca di prodotti economici, grazie alla vasta possibilità di scelta. Il pubblico ha sviluppato crescenti esigenze in termini di rapporto qualità- prezzo, preferendo aspirare a vini con un contenuto edonistico già completo per prodotti dal prezzo generalmente basso, oltre ad aver adottato precisi standard sensoriali in base ai vari livelli di prezzo, elemento che condiziona e orienta le scelte distributive. Tutti i segmenti di prezzo presentano attese articolate in termini di valori sensoriali e cognitivi, anche se crescenti all’aumento del prezzo stesso: le attese di ogni segmento vanno rispettate poiché determinanti perché il vino sia considerato adeguato da parte di consumatori e i buyer della grande distribuzione. I segmenti di prezzo inferiore hanno un ruolo decisivo, nell’attuale fase di mercato, per le alte potenzialità dimostrate, l’importanza strategica nello sviluppo del mercato e il successo di imprese dagli elevati volumi di attività. Per la crescita dei consumi nei nuovi Paesi consumatori e la stabilizzazione nei Paesi tradizionali consumatori, questa categoria può ricoprire una certa importanza nella conquista delle fasce di consumatori con reddito minore.

 

Tabella 2.4.4. Produzione mondiale di vino (milioni di ettolitri).

Fonte: OIV.

La produzione del 2013 41 si annovera tra le più alte del periodo considerato, 281 milioni di ettolitri, +4% rispetto ai 258 del 2012, anno colpito da condizioni                                                                                                                          

41  “Produzione  mondiale  di  vino  2013-­‐  stime  preliminari  OIV”,  I  Numeri  del  Vino,  24/11/13,   http://www.inumeridelvino.it/2013/11/produzione-­‐mondiale-­‐di-­‐vino-­‐2013-­‐stime-­‐preliminari-­‐ oiv.html#more-­‐13186  

meteorologiche sfortunate che ne hanno ridotto in buona parte il volume totale prodotto e +5% sopra la media del quinquennio. I principali produttori a livello mondiale si rivelano nel 2013, come rappresentanti del “Vecchio Mondo” con un incremento complessivo di 13 milioni di ettolitri circa (da 141-142 a 154-155 milioni):

§ Italia, con quasi 50 milioni di ettolitri (un milione in più); § Francia, con 44,1 milioni di ettolitri (3 milioni in più, + 7%);

§ Spagna, con 40 milioni (ben 7,5 milioni in più, + 23%, il massimo dal 2006);

e, come rappresentanti del “Nuovo Mondo”, per un totale di circa 126 milioni di ettolitri:

§ USA, con 22 milioni di ettolitri (+7%); § Argentina, con 15 milioni;

§ Australia, con 13,5 milioni (+7%); § Cile, con 12,8 milioni (+2%);

§ Sudafrica, con 11 milioni (+4% rispetto al 2012 e +10% rispetto alla media del quinquennio).

Si distinguono inoltre con un certo distacco, sempre per il “Vecchio Mondo”: la Germania (9 milioni), il Portogallo (6,7 milioni) e la Romania (5,9 milioni).

 

Immagine 2.4.3. Produzione mondiale di vino 2004-2013 (milioni di ettolitri).

Dall’analisi dei dati riferiti al periodo 2006-2013 emerge che la produzione di vino dell’Europa è andata calando, passando da 200 milioni di ettolitri a circa 150 milioni nel 2013, e che per gli altri Paesi produttori è stata rilevata una lieve ma costante crescita della produzione (da 120 milioni a circa 140 nel 2013).

 

 

Immagine 2.4.4. Produzione di vino in Europa (milioni di ettolitri).

Fonte: OIV.

 

 

Immagine 2.4.5. Produzione di vino in USA, Australia, Argentina, Cile.

Fonte: OIV.

Il risultato è un calo della produzione globale di vino, compensata in parte dai Paesi “nuovi” produttori (fonte: ISTAT).

 

Immagine 2.4.6. Suddivisione della produzione mondiale di vino 2013.

Fonte: OIV.

Tabella 2.4.5. Consumi mondiali di vino.

Fonte: OIV.

Per quanto riguarda i consumi mondiali di vino nel periodo 2006-2012, espressi in milioni di ettolitri, una stima OIV del 201242 rileva che:

• La domanda mondiale di vino ha registrato una leggera crescita nel corso del periodo. I consumi sono aumentati del 2,4% tra il 2006 (244 milioni) e il 2007 (251 milioni), calati per effetto della crisi economica fino al 2010 (242,2 milioni) per poi superare i livelli iniziali nel 2012 (245,3 milioni);

• Il maggiore consumatore mondiale di vino è la Francia (30,3 milioni nel 2012, il 13% del totale, con un consumo pro-capite di 48 litri), seguita da USA (29                                                                                                                          

42  “I  consumi  di  vino  nel  mondo-­‐  stima  OIV  2012”,  I  Numeri  del  Vino,  16/04/13,  

http://www.inumeridelvino.it/2013/04/i-­‐consumi-­‐di-­‐vino-­‐nel-­‐mondo-­‐stima-­‐oiv-­‐2012.html#more-­‐11812.    

milioni nel 2012, il 12%, con un consumo pro-capite inferiore a 10 litri), Italia (22,6 milioni, 9% del mercato mondiale, con un consumo pro-capite di 37-38 litri), Germania (20 milioni, l’8% del totale) e Cina (17,8 milioni, il 7% del totale, +9% rispetto al 2011). Questi 5 Paesi rappresentano, insieme, circa la metà della domanda mondiale di vino;

• In genere, i consumi annui di vino nei singoli Paesi sono andati calando nel periodo considerato, con qualche eccezione.

La domanda annua nel periodo 2006-2013 è cresciuta in: Cina (33,83%), Australia (17,39%), Cile (12,5%), Olanda (8,57%), Stati Uniti (6,6%) e Sudafrica (5,88%). Il mercato mondiale del vino oggi appare molto vasto; secondo lo studio di The Iwsr commissionato da Vinexpo43 è previsto che il consumo mondiale aumenterà, tra il 2012

e il 2016, circa del 5,3% in 5 anni, stabilizzandosi poi a 2,873 miliardi di casse da 9 litri (circa 34,481 miliardi di bottiglie). Il consumo mondiale riguarda 28 Paesi produttori e 114 mercati consumatori: i Paesi in cui il consumo di vino aumenterà di più si rivelano Cina, Stati Uniti, Russia e Australia, mentre il mercato europeo rallenta e subisce un’evoluzione. In particolare, nello stesso periodo la crescita dovrebbe raggiungere +8,52% per i vini spumanti grazie all’aumento dei consumi negli USA e in Germania, Russia e Francia, +9,1% per i vini rossi (grazie soprattutto alla Cina), +7,58% per i vini rosati. Tra il 2012 e il 2016 le vendite mondiali di vini da oltre 10 dollari dovrebbero crescere del 29,93% con un particolare aumento dei consumi in Cina, negli Stati Uniti e in Canada, quelle di vini di valore compreso tra i 5 e i 10 dollari americani dovrebbero crescere del 9,99% mentre quelle di vini di valore inferiore a 5 dollari a bottiglia dovrebbero aumentare del 2,77%.

Il leader mondiale delle esportazioni di vino in termini di valore resta la Francia, con 9,902 miliardi di dollari americani (+5,24 dal 2007), seguita da Italia e Spagna, il cui fatturato all’esportazione (+24,31% tra 2007 e 2011) sale meno rapidamente rispetto ai volumi (+47,62% tra 2007 e 2011), così come accade per l’Australia (+13,3% in volumi                                                                                                                          

43  “Mercato  mondiale  del  vino,  stime  in  crescita”,  Saloni  Internazionali  Francesi,  Agronotizie,   23/04/2013,  http://agronotizie.imagelinenetwork.com/agricoltura-­‐economia-­‐

politica/2013/04/23/mercato-­‐mondiale-­‐del-­‐vino-­‐stime-­‐in-­‐crescita/32972  (29/01/14)    

contro un 20,94% in valore tra 2007 e 2011); al contrario, pare che il Cile promuova sul mercato mondiale soprattutto l’alta gamma (+8,13% di volume contro il 33,09% di valore tra 2007 e 2011). Tuttavia, da dati Coldiretti44 pare che il valore delle

esportazioni di vino italiano sia salito esponenzialmente nel 2013 raggiungendo i 5 miliardi di euro, +7% rispetto al 2012. La crescita in termini di valore è trainata dai vini spumanti (+15-16% annuo) e sfusi (+18% annuo), in minore misura dai vini imbottigliati (+4-5% annuo in media).

Tabella 2.4.6. Export italiano di vino in data ottobre 2013.

Fonte: I Numeri del Vino su dati ISTAT.

Il volume di vino esportato è in diminuzione rispetto all’anno precedente, toccando i 20,5 milioni di ettolitri su base annua (-4,2%): cala la quantità esportata di vini