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Jim Campbell, laureato in matematica e ingegneria all'MTI, pioniere della New Media art, è uno degli artisti più interessanti per l'uso delle nuove tecnologie in campo artistico. Sfruttando le conoscenze scientifi- che e il mondo della comunicazione digitale ha rivolto la sua attenzione a installazioni di particolare impatto visivo che sollecitano lo spirito cri- tico del visitatore.

Il termine New Media art fa riferimento a una serie di lavori che sfrut- tano al massimo le tecnologie digitali, intese come installazioni multi- mediali interattive, ambienti virtuali e arte basata sul Web. Tale arte fonde insieme l'arte tecnologica e l'arte mediatica, quindi l'arte elettro- nica e robotica con la Video art, la Trasmission art, Film sperimentali in cui la componente mediatica è preponderante. Avviene un utilizzo cri- tico a fine sperimentale delle varie tecnologie impiegate nel ridefinirle come mezzi artistici. La New Media art si presenta come risposta alla rivoluzione della tecnologia dell'informazione e alla digitalizzazione della cultura. Naturalmente nella sua nascita e sviluppo ritroviamo molti antecedenti come le strategie dadaiste, il fotomontaggio, il collage, il

readymade, la performance.

Jim Campbell si presenta come un esperto conoscitore delle tecnologie elettroniche e digitali e, nei vent'anni della sua carriera, esplora il campo della percezione visiva, manipolando lo sguardo e la sua capacità di tra- durre le immagini. Spesso quello che è appena e stranamente compren- sibile al nostro sguardo appare decifrabile dalla nostra mente, grazie all'aiuto che ci viene offerto dalla memoria. L'interesse dell'autore ri- guarda quindi la reazione del visitatore di fronte alle sue strane installa- zioni, il modo in cui si entra in comunicazione con la sua arte. Utilizza le potenzialità dei mezzi di comunicazione elettronica per stimolare l'im- maginazione, il ricordo, l'allucinazione ai limiti della capacità visiva. Come per altri artisti si verifica una rottura dell'opera d'arte intesa come semplice scultura o pittura, perché i generi artistici si mescolano al fine di produrre opere ibride, in cui c'è un coinvolgimento totale dell'osser- vatore sia fisicamente che psicologicamente. Le opere di Campbell esplorano le caratteristiche dei movimenti fisici delle persone e della na- tura attraverso le ricerche sulla luce e sui materiali. Egli è considerato

un maestro nell'alterare la percezione della forma attraverso le immagini. Attraverso un'interfaccia spontanea, ma lontana dal resoconto conse- quenziale, il visitatore partecipa a un'esplorazione nel tempo e nella me- moria, nel reale e nel virtuale.

Le tecnologie utilizzate nascono dal felice connubio tra l'uso dei LED e i materiali come la resina, il Plexiglas, la fotografia sfruttando le sue co- noscenze in campo ingegneristico e matematico.

In Library (2004; fig. 3.58-3.59) come in Bus Stop (2003) l'autore fonde la tecnica LED con la fotografia analogica e realizza una fotocalcografia della Biblioteca di New York affissa a un foglio di Plexiglas posto fron- talmente a una superficie a LED. Lo spettatore si trova coinvolto dal- l'immagine e sembra confondersi tra le sagome scure delle persone rappresentate.

World Trade Center (2004) rappresenta il celebre sito urbano di Man- hattan con alcuni osservatori che contemplano il vuoto cittadino. Le

macchine fotografiche sono poste alle loro spalle e il nostro sguardo par- tecipa direttamente alla loro esperienza meditativa. Chiaro è il classico riferimento ai quadri friedriciani in cui lo sguardo è negato dai perso- naggi dipinti; quello sguardo è naturalmente il nostro sguardo che punta nella stessa direzione. Si verifica perciò una riflessione sul quadro, la nostra visione si specchia in quella dei personaggi dipinti nei quali si ri- trae l’autore, seguendo l’equazione autore = personaggio = spettatore. Il ʹvoler guardareʹ del soggetto-osservatore induce lo spettatore a un ʹdo- ver guardareʹ. Il ʹvedereʹ diventa sinonimo di sapere e ruota attorno alla metafora platonica del contemplare e del conoscere.

Spesso nelle sue opere l'autore gioca sui limiti della riconoscibilità del- l'immagine. L'immagine e la sua fragilità oscilla tra l'aspetto analogico e quello digitale, tra la sua completezza e la sua frantumazione in pixel richiamando le celebre opere di Roy Lichtenstein. L'artista inizia con un'immagine analogica, tradizionale e poi applica algoritmi che la codi- ficano trasformandola in linguaggio digitale. In Church on 5th Avenue- 2001 (fig. 3.60) o Fifth Cutaway 1,2,3-2001 o Reconstruction #1-2002 (fig. 3.61) sagome umane nere camminano da sinistra a destra o vice- versa passando metaforicamente da una rappresentazione classica (ana- logica) a una discreta (digitale). Se da un lato il cinema e la televisione spingono le proprie ricerche verso l'alta definizione, Campbell preferisce

3.56 J. Campbell, Portrait of a Portrait of Harry Nyquist, 2000. 3.57 J. Campbell, Portrait of a Portrait of Claude Shannon, 2001.

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esplorare i limiti sottili della percezione visiva, il limite tra riconoscibi- lità del soggetto e perdita di tutte le sue caratteristiche visiva. Vuole rag- giungere il punto in cui l'interferenza rende ancora possibile l'interpretazione, la soglia di riconoscibilità. Esempi significativi sono

Portrait of a Portrait of Harry Nyquist (2000) e Portrait of a Portrait of Claude Shannon (2001): non ci sono né monitor né proiettori, ma una

superficie di Plexiglas opaco o semitrasparente con fonti di luce a Led (figg. 3.56-3.57). L'autore accentua lo stato ambiguo e perturbante del- l'immagine in pixel, appena riconoscibile obbligando l'osservatore a fis- sarla nel tentativo di metterla a fuoco e indovinare il soggetto.

Ambiguous Icon #2: Fight (2000), invece, sono proiezioni di piccola di-

mensione a bassa risoluzione dove la luce viene contrastata da una su- perficie fluttuante che nasconde la fonte di luce (figg. 3.62-3.63). Famosa è stata anche la sua imponente Scattered Light, una matrice tri- dimensionale di oltre 2000 diodi Led, disposta sul prato ovale del Ma-

dison Square Park che, sullo sfondo di uno dei più bei paesaggi urbani

del mondo, genera l'illusione di figure umane astratte in movimento. “I passanti - forse riconoscendo se stessi in quelle figure frenetiche - si fermano incuriositi, girandosi attorno alla ricerca di un proiettore che non c'è”, spiega l'artista. “Nel farlo, riprendono possesso di una piazza dove si affacciano grattacieli di grande rilevanza storico-architettonica, come il Flatiron Building, il New York Life Building, il Clock Tower

Building e il 200 Fifth Avenue, detto anche The Toy Building”77.

Glipse 2007

L'installazione utilizza un proiettore per diapositive visibile, collocato sopra un piedistallo e un video proiettore, nascosto all'interno della struttura di supporto (fig. 3.64).

Proiettano entrambi sulla stessa porzione di parete in modo tale da sovrapporre le due immagini generate. In contrasto con il buio del- l'ambiente tutte le immagini risultano vuote e permettono di visualiz- zare un rettangolo bianco sul muro. Mentre il video scorre continuamente, le diapositive si susseguono scandendo il tempo con l'inizio di una nuova diapositiva. Non si perde la continuità visiva per- ché, nell'attimo del cambio della diapositiva, rimane sulla parete sem- pre l'immagine del rettangolo bianco generata dal video proiettore.

3.58 J. Campbell, Dynamism of a Cyclist, 2001. 3.59 J. Campbell, Library, 2004. 3.60 J. Campbell, Church on 5th Avenue, 2001. 3.61 J. Campbell, Reconstruction #1, 2002. 3.58 3.59 3.60 3.61 77http://www.jimcampbell.tv/

Peripheral Rhythm 2006

Questa installazione prevede un'immagine a bassa definizione, generata da Led sullo schermo, a cui viene agganciato un pannello in plexiglas (fig. 3.65). La sedia in vetro è posizionata frontalmente allo schermo ri- chiamando la tradizionale forma di visione cinematografica. In realtà la sedia stessa diventa schermo di proiezione e su di essa vengono proiet- tate, dai due video proiettori, le immagini che scorrono sullo schermo. La bassa definizione delle immagini rende piuttosto confusa la proie- zione, ma ugualmente accattivante, giocando sull'ambiguità dei dispo- sitivi coinvolti. Immagini proiettate, fonti di proiezioni e schermi di proiezione si scambiano tra loro confondendo il visitatore, il cui sguardo oscilla tra lo schermo in plexiglas e la sedia. L'invito a sedersi per guar- dare lo schermo viene annullato dall'idea che la sedia stessa sia parte della proiezione.

Shadow For Heisenberg 1993-1994

Questa installazione presenta una piccola statua raffigurante Buddha al- l'interno di una teca in vetro e appoggiata su un pezzo di carta (fig. 3.66). Le luci all'interno del cubo trasparente illuminano la statua. Quando il visitatore si avvicina, si genera una foschia la cui densità è proporzionale al movimento di avvicinamento dell'osservatore. Il Buddha non è visibile come statua metallica, ma attraverso la genesi della sua ombra. Imma- gine reale e immagine proiettata (ombra) mantengono un carattere di ri- conoscibilità anche se si verifica una perdita di definizione, a cui mira consapevolmente l'autore.

3.62 J. Campbell, Ambiguous Icon #2: Fight, video 2000.

3.63 J. Campbell, A fire A Freeway And A Walk, 1999-2000.

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3.64 J. Campbell, Glipse, piedi- stallo, video proiettore, lettore DVD, proiettore per diapositive, diapositive bianche, dispositivi elettronici. 3.65 J. Campbell, Peripheral Rhythm: sedia in vetro, due video proiettori, di- spositivi elettronici, 768 Leds, schermo con plexiglas.

3.66 J. Campbell, Shadow For Hei- senberg, piedistallo, dispositivi elet- tronici, videocamera, cubo di vetro con luci LCD, statua.

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