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Cristina Iglesias (San Sebastian 1956) è un'artista spagnola che tra gli anni '80 e '90 ha contribuito a diffondere un nuovo modo di concepire l'oggetto scultorio. In esso le arti, pittura, scultura, architettura, si me- scolano per dare vita a curiose installazioni in cui l'osservatore si perde tra la realtà di percorsi strutturati e la fantasia di giardini incantati. I materiali utilizzati, che provengono dall'etimo della scultura, affon- dando le proprie radici nell'Arte Povera, nel Barocco, nella Land-Art. Si tratta di elementi normalmente poveri recuperati dalla tradizione, ce- mento a vista, acciaio intrecciato, vetro, resina e richiamano le gabbie, le celle, i muri antichi, protezioni domestiche o coperture pericolanti che si confrontano e dialogano con i vari elementi naturali e soprattutto con la luce, dando vita a una serie di suggestioni visive. I luoghi oscillano tra il mondo reale e immaginario, naturale o artificiale in cui la dimen- sione umana serpeggia tra i vari elementi senza mai essere esplicita e rappresentata. Mentre nelle opere, come importanti architetti, la scala ha un respiro maggiore, nelle installazioni per i musei il limite è rappre- sentato dalla figura stessa dell'artista; le spalle, la testa, le braccia del- l'autrice sono le unità di misura.

L'azione principale riguarda il percorrere lo spazio da parte del visitatore che invade all'interno e all'esterno le varie installazioni, più vicine al- l'immagine della natura che all'ambiente espositivo (fig. 3.78).

Tali opere appaiono come paesaggi magici e incantati che stimolano l'immaginazione, diventando luoghi della mente in cui rifugiarsi lontano dalla realtà. La natura diventa un mezzo per avvicinarsi al sogno, a un territorio della mente, perdendo la dimensione spaziale e temporale. Allo stesso tempo i numerosi habitat labirintici invitano a entrare, a spe- rimentare, non solo dal punto di vista visivo, ma anche tattile, forme e materiali costruiti, che affondano la loro origine nel passato, richiamando l'antica tradizione del calco o della fusione.

“E' possibile creare spazi utilizzando elementi dello spazio esistente. Un'apertura, un muro, l'altezza possono non solo produrre un'opera, ma addirittura dotarla di significato. In alcuni dei miei pezzi il muro reale è parte della scultura”84.

Le pareti scolpite sono piani che strutturano e delimitano lo spazio, sono

84 G. Moure (a cura di), Cristina

Iglesias, Catalogo della mostra, Fondazione Arnaldo Pomodoro, Mi- lano 2009, p. 69.

dei limiti che comunicano all'interno con la dimensione artistica, al- l'esterno col mondo in cui viviamo. I corridoi offrono la possibilità di immergersi nell'arte, di fermarsi o di tornare indietro, non esiste una di- rezione prestabilita, l'osservatore decide cosa fare e dove guardare. L'autrice realizza stanze, labirinti, cunicoli in cui scorre l'acqua, sculture simili a pitture, soffitti appesi che, oltre a compiere la loro classica fun- zione di demarcazione, diventano zone tattili in cui lo spettatore ha libertà di fruizione, guidato dalle proprie emozioni. “Esiste tuttavia la possibilità di una frattura del percorso, della libertà che ha lo spettatore di andare in un'altra direzione e di leggere tutta la storia in modo diverso”85.

Fonti d’ispirazione riguardano grandi capolavori del passato: Cappella

Brancacci di Masaccio o la Cappella degli Scrovegni di Giotto, in en-

trambi i casi è comune l'articolazione dello spazio e la sequenza narrativa. “Nella mia visione si fondano influssi che vanno dalla sequenza del guardare o dal montaggio cinematografico fino all'esperienza del cam- minare in un labirinto”86. “Del cinema mi ha sempre interessato la con-

catenazione. La capacità di creare immagini...[...]...Cercare di creare uno spazio che rappresenti una scena - e che ciò avvenga non da un'unica bensì da varie angolazioni, e per tutto il tempo e non solo per quello della visione e del tempo della cinepresa - sarebbe scultura”87.

L'autrice è molto attenta all'atto del vedere e al tempo di fruizione delle sue opere, ammettendo che “il tempo impiegato per guardare, cammi- nare, distrarsi è qualcosa di individuale, di personale”88.

Spesso si verifica un capovolgimento del punto di vista, avendo la sen- sazione di essere a testa in giù proprio perché piani orizzontali appesi, che richiamano l'idea della copertura, presentano superfici porose, ruvide legate all'immagine della terra piuttosto che del soffitto. Lo spaesamento dello spettatore è evidente, cerca risposte da questa commistione tra terra e cielo. Anche il concetto di stanza o casa subisce una metamorfosi, viene ridefinita. Gli ambienti dell’artista sono destrutturati, frammentati in una serie di pezzi instabili che richiamano l'equilibrio precario, l'as- semblaggio libero, la disposizione apparentemente casuale delle Props di Richard Serra (figg. 3.84-3.85). Il volume è virtuale, immaginario, suggerito solo da porzioni di piani orizzontali e verticali spesso sospesi o appoggiati ad altri elementi. Lo sguardo errante brancola tra i fram- menti costruiti, privi di punti di riferimento coerenti. Tra i vari materiali

54Ibid., p. 52. 86Ibid., p. 17. 87Ibid., p. 46. 88Ibid., p. 20.

si creano interstizi, crepe, distanze in cui lo sguardo tenta avidamente di entrare per soddisfare la sua curiosità. Le opere vengono pensate sulla carta, l'autrice esegue una serie di bozzetti, di disegni schematici in bianco e nero riflettendo sulla collocazione spaziale dei vari pezzi. Se- guono dei plastici schematici per verificare la tridimensionalità dell'idea e plastici più definitivi per controllare ogni dettaglio.

Suspended Corridor: Particolarmente suggestivi sono alcuni corridoi so-

spesi di fili intrecciati e cavi d’acciaio in cui il visitatore viene ammaliato da una serie di ricami geometrici, apparentemente simili a tessiture ve- getali, in realtà sono griglie di testi attraverso cui filtra la luce, proiet- tandone le parole-ombre sul pavimento (fig. 3.79).

I testi di J.G. Ballard, tratti dal romanzo Crystal World, diventano trame geometriche scolpite nelle pareti, fogli di un libro in grado di accompa- gnare il visitatore, libero di camminare sulla loro ombra proiettata. “Anche i pannelli di sisal dei passaggi, quelli di ferro dei corridoi sospesi sono disegni. E' una trama, un reticolo su cui le lettere che formano il testo sono disegnate costruendo pareti traslucide. Poi è la volta di co- struire con essi, con i pannelli, un luogo in cui la lettura del testo dise- gnato è una possibilità di sequenziare lo sguardo”89.

Arazzi: si tratta di sculture in cui una parete di cemento a vista si stacca

dal muro e presenta, sul lato interno un arazzo, visibile grazie al riflesso dello specchio posto di fronte (figg. 3.82-3.83). L'immagine non è nitida

89Ibid., p. 74. 90Ibid., p. 78. 91 Ibid., p. 85.

3.78 3.79

3.78 - 3.79 C. Iglesias, Suspended Corridor, mostra Cristina Iglesias, 30 settembre 2009 - 7 febbraio 2010 , Fondazione Arnaldo Pomodoro Milano (foto G. Liva).

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3.80 - 3.81 C. Iglesias, Alabaster Room, mostra Cristina Iglesias, 30 settembre 2009 - 7 febbraio 2010, Fondazione Arnaldo Pomodoro Mi- lano (foto G. Liva).

e pulita, appare sfuocata e confusa perché lo specchio utilizzato non è perfettamente riflettente. L'osservatore può cogliere i dettagli dell'arazzo solo se si avvicina all'apertura creata tra lo specchio e il muro in ce- mento, apprezzando il contrasto tra la l'immagine reale e l'immagine proiettata. Il muro appare raddoppiato, generato da più superfici-pelli che si staccano (una di specchio, una di tessuto, l'altra di cemento), si espandono, si piegano, si riflettono. L'osservatore guarda in più tempi questi fragili muri scolpiti.

Alabaster Room: l'utilizzo di pezzi di alabastro nasce dal desiderio di

creare un luogo in cui la luce diventa protagonista dello spazio, filtra at- traverso il materiale traslucido e crea un'atmosfera rarefatta, leggera in chiaro contrasto con i luoghi delimitati da materiali pesanti e opachi come il cemento. L'autrice vuole creare un luogo di riparo, ʹun setaccio di luceʹ90 in cui l'osservatore avverte contemporaneamente lo spazio in-

terno ed esterno (figg. 3.80-3.81).

“La capacità del materiale traslucido di essere veicolo di luce e di schermo. Un vetro colorato ha la funzione di tingere la luce e per questo lo utilizzo”91.

3.82 - 3.83 C. Iglesias, Arazzi, mo- stra Cristina Iglesias 30 settembre 2009 - 7 febbraio 2010, Fondazione Arnaldo Pomodoro Milano (foto G. Liva).

3.80 3.81

3.82

3.84 R. Serra, Castello di carte (One Ton Prop), 1968-69. 3.85 R. Serra, Props 1

3.84