La metafora del quadro-finesta ha sempre ricoperto un ruolo privilegiato nell’immaginario collettivo, avendo avuto grande diffusione nell'ambito della teoria estetica per molti secoli e mantenendo aperta tuttora la ri- flessione su tale interessante complessità interpretativa (figg. 2.45-2.46). É nel Cinquecento che il tema della contemplazione dalla finestra di- venta illustrazione della nascita di un paesaggio dipinto. Questo motivo fu importante nel XVI secolo, basti pensare all'illustrazione realizzata per un trattato di prospettiva ed eseguita nella tradizione di Durer. In essa il topos albertiano della pittura come finestra aperta si combina con il metodo di proiezione elaborato da Durer. É il reticolo, attraverso il
2.45 2.46
2.45 L. Battista Alberti, De pic- tura, Biblioteca Governativa, Lucca, 1518; costruzione prospet- tica del ‘quadrato di base’. 2.46 E. Panofsky, La prospettiva come forma simbolica, Feltrinelli, Milano 1984; schema della costru- zione prospettica.
2.47 E. Hopper, Sole di mattina, Columbus Museum of Art, 1952. 2.48 C.D. Friedrich, Donna alla fi- nestra, Nationalgalerie, Berlino 1822.
2.48
39 V.I. Stoicita, L'invenzione del
quadro, Il Saggiatore, Milano 1998, p. 49.
40 J.Ortega y Gasset, Meditazioni
sulla cornice, in I percorsi delle forme. I testi e le teorie, a c. di M. Mazzocut - Mis, Bruno Mondadori, Milano 1997, p. 225.
quale si scorge il paesaggio, a fungere in questo caso da ʹdiaframmaʹ39.
Illuminanti sono le parole del filosofo spagnolo Ortega Y Gasset: “Il quadro, come la poesia o come la musica, come ogni opera d'arte, è un'apertura di irrealtà che avviene magicamente nel nostro ambito reale. Quando guardo questa grigia parete domestica, la mia attitudine è, per forza, di un utilitarismo vitale. Quando guardo il quadro, entro in un re- cinto immaginario e adotto un'attitudine di pura contemplazione. Sono, dunque, parete e quadro, due mondi antagonistici e senza comunica- zione. Dal reale all'irreale, lo spirito fa un salto, come dalla veglia al sonno. L'opera d'arte è un'isola immaginaria che fluttua, circondata dalla realtà da ogni parte […]. Le tele dipinte sono buchi di idealità praticati nella muta realtà della parete: brecce di inverosimiglianza a cui ci affacciamo attraverso la finestra benefica della cornice. D'al- tra parte, un angolo di città o di paesaggio, visto attraverso il riquadro della finestra, sembra distaccarsi dalla realtà e acquistare una straor- dinaria palpitazione di ideale…”40.
Sia la finestra che il quadro rappresentano entrambi il luogo dei ca- povolgimenti, degli opposti, delle contraddizioni, il confine tra ciò che é chiuso all’interno e ciò che é aperto all’esterno, tra la perce- zione effettiva e la percezione immaginaria, una soglia tra spazio fi-
nito e infinito, un passaggio tra vita terrena ed extraterrena. Inevita- bilmente ritorna alla memoria l’intuizione ʹla finestra aperta sulla realtàʹ di cui ci parla l’Alberti, proponendo di tracciare un parallelo tra la realtà fenomenica, governata da particolari leggi ottico-fisiche e il mondo della rappresentazione pittorica, la cui legittimità ʹscien- tificaʹ veniva fondata sulla possibilità di tracciare una relazione di corrispondenza e di conformità tra due analoghe, seppur distinte, strutture spaziali.
Non si può ignorare l’esplicito riferimento ai quadri di Edward Hopper (fig. 2.47) o Caspar David Friedrich (fig. 2.48), popolati di figure di spalle, poste di fronte a finestre, assorte nella meditazione e allo stesso tempo nella contemplazione dell’altrove. “Il ʹpaesaggio in finestraʹ non è soltanto un frammento in rapporto all'opera, ma lo è anche in rapporto alla natura stessa. In rapporto all'arte come in rapporto alla natura, la fi- nestra isola un frammento e gli permette a sua volta di proporsi come una nuova totalità”41. Avvicinandoci alla nostra epoca, gli artisti si sono
soffermati sul tema realtà-rappresentazione, re-interpretandolo: esplicito è il riferimento al ʹquadro-finestraʹ rinascimentale, ma spesso non si ac- cede a un paesaggio, ma a una visione onirica o a uno spazio chiuso, ne- gando la diversità, il significato di confine tra due mondi diversi e opposti. Si creano delle ʹtrappole per lo sguardoʹ dove cadono le certezze del passato. René Magritte, ne La condizione umana, dimostra l’ambi- guità della visione sovrapponendo l'immagine del quadro e della finestra, in uno spazio ibrido che è nel contempo quello della realtà e quello del- l’immaginazione. Magritte sembra constatare l'impossibilità di una di- stinzione logicamente coerente tra il dentro e il fuori della rappresentazione, tra spazio della rappresentazione e realtà. Natural- mente al centro della speculazione filosofico-artistica troviamo anche l'illusionismo pittorico, al pari del dipinto Il cannocchiale, dove ci ri- propone una finestra, mostrandoci la contraddizione tra spazio bidimen- sionale e spazio tridimensionale. Rompe con la tradizione rinascimentale-seicentesca negando temi fondamentali, quali la conce- zione del quadro come finestra aperta sul mondo, il cannocchiale pro- spettico, l'attraversabilità e la trasparenza del piano della rappresentazione. La finestra dunque non ha più la funzione di porsi come catalizzatore nella definizione del genere pittorico del paesaggio,
41 V.I. Stoichita, L’invenzione del
quadro. Arte, artefici e artifici nella pittura europea, Il Saggiatore, Mi- lano 2004, p. 51.
42F. Menna, La linea analitica del-
l'arte moderna, Einaudi, Torino 1997, p. 54.
43Ibid., p. 55.
bensì diventa quella soglia ambigua attraverso cui il gioco della rappre- sentazione viene svelato come l'unico abitante di diritto del mondo delle immagini. Partendo dalla “contraddizione tra superficie e rappresenta- zione, tra lo spazio bidimensionale della tela e lo spazio tridimensionale della realtà esterna”, Magritte pone “in termini radicali la questione del- l'illusionismo pittorico”42. Come sostiene Filiberto Menna nel libro La
linea analitica dell'arte moderna quindi la finestra albertiana si affaccia
sull'esterno, quella surrealista sull'interno; usano strumenti opposti e tuttavia complementari: visione e immaginazione: “…la prospettiva ri- nascimentale è uno strumento di sistematizzazione del mondo che sta fuori di noi, è un tentativo di ordinare l'esistente inteso come natura vi- sibile (per l'Alberti la pittura opera appunto sul visibile) e la piramide visiva è come un riflettore che svela e ordina nel tempo stesso le appa- renze fenomeniche, partendo dal punto di vista fisso dell'occhio del- l'artista-osservatore. Anche il surrealismo recupera una spazialità prospettica, ma dissolve (sulle tracce dechirichiane) la centralizzazione rinascimentale in frammenti aventi ciascuno un proprio sistema [...]. Visione e immaginazione sono gli strumenti diversi, anzi opposti, di cui si servono l'Alberti e Breton, e tuttavia strumenti in qualche misura complementari per il loro comune carattere mentale, produttivo, siste- matizzante. [...] Sul piano più specificamente linguistico, la comple- mentarietà delle due posizioni si rivela nella comune acuità visiva, nella gradienza prospettica (e nel suo capovolgimento), e, comunque, nel ri- fiuto opposto di un intero settore del surrealismo a quella riconquista- della superficie che caratterizza gran parte dell'arte contemporanea”43.
In generale i dipinti di Magritte sembrano constatare l'impossibilità di una distinzione e di una definizione percettivamente e logicamente coe- renti tra il dentro e il fuori della rappresentazione: le tele dipinte bucano le pareti e le immagini in esse rappresentate perforano il supporto ma- teriale della tela, per mettere in comunicazione due realtà assolutamente identiche, e come tali, difficilmente distinguibili (figg. 2.50-2.51). Il quadro-finestra è affacciato su un mondo che si propone come esatto duplicato della rappresentazione. Con questo raddoppiamento Magritte mette in crisi i tradizionali meccanismi di lettura e ricomposizione logica dell'immagine e sembra abolire qualsiasi coordinata percettiva in grado di stabilire una distinzione o ʹdifformitàʹ tra i diversi spazi della rappre-
sentazione e della realtà. Menna sottolinea la distanza di Magritte dai codici rappresentativi nati nel Novecento: “Guardare una scena attra- verso la finestra-cornice del quadro vuol dire situare i personaggi e le cose secondo un certo ordine gerarchico rispetto al punto di osserva- zione, vuol dire recuperare (magari sconvolgendone la logica) la nozione del lontano e del vicino, del centro e della periferia, dell'alto e del basso, significa insomma riattribuire valore a tutta una serie di nozioni cui l'arte moderna, a partire dall'impressionismo, aveva progressivamente tolto credito”. L'arte da sempre infatti ha permesso all'osservatore di guardarle attraverso.
Nell'ambito delle forme tridimensionali, Marcel Duchamp nel ready
made Fresh Window ha utilizzato una finestra vera e propria, l'opera in-
fatti deriva dall'assemblaggio artigianale di una finestra in stile francese (French Window) (fig. 2.49). Al di là della valenza provocatoria che l'opera assume, il recupero da parte di Duchamp di un'immagine topica della letteratura artistica e dell'estetica, negando però all'oggetto la sua visione diafana, non può essere certo interpretato come casuale, ma piut- tosto come rivelatore di significati estetici: la cecità determina una sorta di stato di annullamento dell'opera. Ovviamente il parallelismo finestra- quadro ben si adatta, oltre che alla pittura, anche alla fotografia, ai video e in senso lato, anche alla scultura. Ogni opera è, per l'appunto, in grado di aprire, o negare, nuovi spazi, nuovi luoghi. Nell’epoca contempora-
2.49 M. Duchamp, French Window, New York 1920.
2.50 R. Magritte, La condizione umana, National Gallery of Art, Wa- shington 1933.
2.51 R. Magritte, Il cannocchiale, 1933.
nea, molto spesso più ricca di tecnologia che di sapere, l’arte e l’ar- chitettura offrono molteplici mezzi di espressione e comunicazione, che recuperano tradizioni e conoscenze del passato.
Significativo è il contributo di Paul Chan le cui opere d’arte riflettono luci e ombre della nostra società. L’autore, mediante un proiettore a sof- fitto, genera una superficie trapezoidale, triangolare, circolare in cui scorrono forme nere in un flusso continuo. La luce artificiale, all’interno di una stanza di solito completamente buia, varia colorazione scandendo il tempo e rispettando le innumerevoli sfumature che sono presenti in natura nell’arco di una giornata, mentre sagome umane, animali, oggetti
2.52 O. Eliasson, Window projec- tion, 1990.
2.53 P. Chan, 4thLight, Courtesy
Greene Naftali, New York 2006. 2.54 J. Turrell, Roden Crater Pro- ject, Eye of the Crater, Arizona 2009 (foto G. Liva).
2.55 J. Turrell, Ganzfeld Piece: Bridget’s Bard, Kunstmuseum di Wolfsburg, Germany 2009, partico- lare space divison construction (foto G. Liva).
2.54 2.55
inanimati si adattano a questo lento fluire temporale, contraddicendo i principi gravitazionali, ʹcadendoʹ dal basso all’alto. Esse nascono, si muovono, si spezzano in altre forme e muoiono nella superficie in cui sono confinate, contemporanea finestra albertiana da cui vedere scorrere la vita (fig. 2.53).
Tale tema viene ripreso da molti artisti-intellettuali affini, nella ricerca artistica ed estetica, a Chan, tra cui O. Eliasson (Fig. 2.52), J. Turrell e C. Iglesias (fig. 2.56) giocando sul sottile confine tra realtà e immagi- nazione (fig. 2.58).
Le loro ʹfinestreʹ aperte o chiuse sul mondo, opache o traslucide all’in- terno delle stanze museali, proiettate o sfondate nelle pareti perimetrali, esprimono il modo del tutto personale di interpretare l’opera d’arte in costante osmosi tra passato e presente.
Le finestre proiettate di Chan diventano reali in Lead Pencil Studio con la finestra aperta sul cielo, simbolo dell'unione tra due nazioni (fig. 2.57) e in Turrell che nei suoi skyspaces inquadra l’ambiente terrestre o cele- ste, sfondando fisicamente le pareti perimetrali della stanza, lasciando in noi il dubbio sulla natura di tale taglio. Esso si configura al pari di una tela sospesa, priva di spessore e simile a una pellicola filmica attra- verso cui scorre la vita. Tali installazioni si basano sulla sezione obliqua dei bordi, creando così l’illusione di ammirare un dipinto più che la re- altà (fig. 2.54). Tale illusione viene ricreata anche sulle pareti verticali,
space divison construction, i cui stipiti sono sezionati obliquamente e
ingannando spesso gli osservatori, che non sono in grado di percepire questa contemporanea finestra albertiana come una reale struttura tridi- mensionale, attraverso cui si passa dalla finzione alla realtà o forse dalla realtà dell’arte alla finzione della quotidianità (Fig. 2.55).