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Strumenti di meraviglia: la proiezione dello specchio e della lanterna magica.

Lo specchio: Il tema della proiezione si scontra o si incontra inevita- bilmente con il curioso e alle volte misterioso effetto delle superfici specchianti, in grado di tradurre immagini otticamente corrette o stra- ordinariamente deformanti che da sempre hanno accompagnato l'evo- luzione dell'uomo, interrogandolo sul tema del doppio, sul rapporto tra realtà e illusione, tra rivelazione fisica e morale.

Fin dall'antichità la storia dello specchio racconta l'intimo legame del- l'io con la propria immagine, partendo dalla sua funzione primaria le- gata al fatto di includere nel mondo l'osservatore stesso: colui che guarda può guardarsi.

Accanto alla sua applicazione originaria, lo specchio ha trovato im- piego in molti strumenti di scienza, di misurazione e di meraviglia, come nel periscopio, nel telescopio catottrico, negli specchi ustori, nella proiezione delle immagini in una camera oscura, in ʹspecchi ma- giciʹ e sfere riflettenti.

Altrettanto interessante è il materiale che costituisce la superficie ri- flettente: lo specchio può essere metallico, come nel caso dei scudi o armi, dimostrando grande solidità e resistenza, di vetro e quindi rive- landosi estremamente fragile, una volta infranto perde le sue caratte- ristiche peculiari facendo svanire l'immagine o legato all'acqua e al suo ipnotico potere specchiante: anche se l'immagine si ʹrompeʹ, è in grado di recuperare rapidamente la sua situazione iniziale.

L'immagine che si genera in funzione ai diversi materiali ha caratteri- stiche completamente diverse, persiste nel tempo, si perde irrimedia- bilmente o si rigenera infinite volte.

Lo specchio, simbolo ricorrente dell’immaginario letterario ed ico- nografico, sia esso semplice oggetto replicante, sia riflesso dell'or- dine divino, sia strumento di menzogna o seduzione, è diventato uno

instrumentum philosophiae in grado di far riflettere sulla sua natura

simbolica tutte le civiltà del passato e del presente nel tentativo di dare un senso a “immagine di un'immagine, simulacro staccato dal corpo e reso visibile su uno schermo, alter ego, fantasma, ʹdoppioʹ del soggetto che ne condivide il destino...”8. La stessa parola reflec-

8 J. Baltrušaitis, Lo specchio, Adelphi

tere significa ʹrinviare indietroʹ, ʹrispecchiareʹ, ʹriflettere-meditareʹ.

Lo specchio, solo apparente interlocutore muto, assume un valore mo- rale alludendo al tema della vanitas e fa riflettere sulla propria condi- zione umana, guardando dentro di sé alla ricerca della propria bellezza più nascosta; permette di guardare ʹse stessiʹ e di guardare ʹin se stessiʹ. Nonostante gli specchi si limitino a riflettere, nella più classica con- formazione, ciò che hanno di fronte e quindi ciò che rientra nel loro ʹcampo visivoʹ in modo passivo e involontario, vengono loro attribuite sfumature simboliche e funzionali, distanti dalla loro caratteristica sta- tica e inanimata. L'immagine stessa prodotta non è solo un replicante perfetto, ma la proiezione di ʹaltroʹ che affascina, ipnotizza o atterrisce, come accade nel racconto The Lady In The Looking Glass di Virginia Woolf, dove si intravede una casa, riflessa in uno specchio, e si imma- gina la vita della donna che la abita. A seconda del modo in cui la luce si riflette nello specchio si immagina una realtà diversa, rendendo sur- reale e misteriosa la narrazione.

L'immagine riflessa è una proiezione che ruota attorno all'enigma del- l'identità e della differenza; mantiene l'aspetto visibile di un soggetto e del suo movimento, ma è spazialmente separata e sincronica rispetto all'originale, rivelando una simmetria inversa di ciò che riflette (evi- dente scambio della parte destra con quella sinistra) e l'impossibilità di toccarla, contraddicendo la sua essenza.

L'immagine dello specchio, considerato come sostiene Lacan9, feno-

meno-soglia fra immaginario e semiosico spesso richiama la dimen- sione onirica legata alle visioni e ai mondi ultraterreni e fantastici, aprendo così nuove riflessioni sulla natura di tale proiezione.

Spesso nelle installazioni contemporanee vengono utilizzati specchi i cui riflessi creano dei curiosi spazi virtuali, moltiplicando la visione gra- zie a precise inclinazioni delle superfici. Disposizioni ad angoli acuti, ottusi o di svariati gradi producono immaginari spazi stellati dall'aspetto labirintico che dilatano lo spazio reale, creando interessanti giochi di luci e colori come nel caso delle opere di Eliasson o della Pirelli. La lanterna magica: nel lungo arco di tempo precedente alla straordinaria invenzione del cinema, moltissime persone hanno osservato all'interno di una sala buia immagini proiettate, vedute e soggetti appartenenti alla

9 J. Lacan, Scritti, Einaudi, Torino

1995, in particolare il capitolo: ʹLo stadio dello specchioʹ.

lanterna magica. Tale oggetto è un dispositivo ottico apparso nella se- conda metà del 1600 nei Paesi Bassi, grazie ad un’invenzione che si deve probabilmente all’astronomo olandese Christiaan Huygens. La più antica descrizione di una lanterna magica risale al 1646 e fu inclusa dal padre gesuita Athanasius Kircher nel libro Ars Magna

Lucis et Umbrae. Gli studiosi sostengono che a quell'epoca lo stru-

mento doveva essere già noto alle corti europee, importato forse dalla Cina tramite la mediazione degli islamici.

La lanterna magica permetteva di proiettare su uno schermo bianco, all'interno di una stanza buia, immagini fisse o animate, dipinte su lastre di vetro di forma generalmente rettangolare e spesso dotate di meravigliosi congegni che producevano l’illusione del movimento. La proiezione avveniva tramite una scatola chiusa contenente una candela, la cui luce veniva filtrata da un foro sul quale era applicata una lente. Il procedimento è analogo a quello dei moderni proiettori di diapositive.

Lo spettacolo della lanterna magica è il più diretto antenato della proiezione cinematografica (che non si tratta di altro che della pro- iezione di fotografie invece che di lastre disegnate, a una velocità tale da dare l'illusione del movimento), e continuò ad essere prati- cato anche dopo l'invenzione del cinema e dopo l'avvento della te- levisione e dell'immagine elettronica.

Questi preziosi incunaboli della visione, testimoni di una nuova vi- sione del mondo e dell’immaginario collettivo, presentavano due applicazioni fondamentali: una didattica e una fantastica, volte al- l'intrattenimento. Nel primo caso venivano proiettati luoghi, mo- numenti, piante, animali, spaccati di vita quotidiana, racconti educativi, nel secondo caso immagini fantastiche, sogni orienta- leggianti, scene religiose di punizioni dei dannati o di estrema gioia dei beati, visioni mostruose. Naturalmente bisognava essere molto precisi nella realizzazione delle immagini, che dovevano es- sere curate anche nei minimi dettagli, poiché la proiezione le in- grandiva notevolmente. Per secoli questo strumento riuscì a fondere scienza e suggestione, realtà e apparenza, proiettando su un ampio schermo/parete ansie, paure, gioia, stupore e in gene- rale ogni sentimento umano trasfigurato in una serie di immagini.

1.7 La geometria come strumento di comprensione dell'architet-