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Esther Stocker (Silandro, Bolzano 1974) è un’artista di fama internazio- nale che si è dedicata all’arte ragionando sulle sue componenti geome- trico-percettive, re-interpretando i concetti di griglia, prospettiva, spazio dipinto e spazio reale in campo artistico. Ha iniziato la sua carriera con quadri astratti bidimensionali, basati sulla sovrapposizione di griglie or- togonali con linee e campiture bianche, grigie e nere, in continua rela- zione tra loro per poi dedicarsi alla terza dimensione, uscendo dal quadro e proponendo progetti site-specific. Alla ripetizione costante e ossessiva delle linee o superfici introduce delle variazioni che, pur esse minime e apparentemente irrilevanti, in realtà generano una rottura dell’equilibrio iniziale, provocando vibrazioni nella composizione complessiva. L’applicazione reiterata di geometrie elementari in tutte le sue possibi- lità, con chiaro riferimento all’Op-art e all’arte minimalista, si estende alla tela, alla stanza, agli spazi urbani divorando lo spazio messo a di- sposizione, in cui il visitatore viene incuriosito e disorientato. Nelle sue strutture reticolari, caratterizzate da una lotta continua tra regola geo- metrica ed eccezione stilistica, da contrapposizioni cromatiche tra bianco e nero, da apparente incomunicabilità tra superficie pittorica e spazio costruito, da un’inversione tra destra e sinistra, sopra e sotto, l’osserva- tore è chiamato a intraprendere dei percorsi estetici, sensoriali e interat- tivi (figg. 3.86-3.87). Ad esempio per gli spazi della Galleria Studio44, in occasione della quinta edizione di Star all’interno del circuito di gal- lerie d’arte contemporanea di Genova, l'artista con la mostra La Solitu-

dine dell'opera ha creato due curiose installazioni: il lungo tunnel - in

origine un vicolo del centro storico della città ligure – é stato dipinto completamente di bianco. Su questo compatto sfondo monocromatico sono stati realizzati una serie di segni neri rettangolari nel tentativo di riempire progressivamente lo spazio fino a trasformarlo in una sorta di corridoio virtuale verso qualcosa di sconosciuto e ignoto.

Nel secondo ambiente, invece, i segni pittorici murali corrispondenti alla scritta La Solitudine dell'opera abbandonano la loro bidimensiona- lità e, sotto forma di fili, invadono l'intera stanza, offrendo al visitatore la possibilità di mettersi in relazione fisica con essi. L’osservatore, oc- chio errante che esplora lo spazio, ricostruendolo nel suo movimento,

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diventa protagonista dell’opera e, avvicinandosi e allontanandosi libe- ramente, svela le ambiguità dettate dalla visione statica e bidimensio- nale. L’azione del vedere è incessantemente sollecitata in un cambiamento continuo dei punti di vista. Lo spazio è strutturato da gri- glie dipinte complete o interrotte che suggeriscono in ogni caso la strut- tura dello spazio stesso in una sorta di reticolo wireframe. Evidente è il riferimento all’intelaiatura prospettica, una griglia, attraverso cui avviene la visione e che ha sempre rappresentato nella storia della pittura occi- dentale, specialmente del periodo rinascimentale, un’insostituibile di- spositivo ottico-artistico per dominare lo spazio euclideo e quindi per restituire graficamente l’imago rerum (figg. 3.88-3.89).

Nelle opere di Stocker tale strumento percettivo, abbandonato il piano bidimensionale per avvolgere l’ambiente tridimensionale, viene voluta- mente esibito allo sguardo, permettendo di relazionare il visitatore con la realtà circostante (figg. 3.90-3.91). Le installazioni, traduzioni tridi- mensionali degli scorci visivi di Vredeman de Vries (fig. 3.97), fanno riflettere sulla natura e percezione dello spazio, che attira lo sguardo con una mirata collocazione di linee, ma anche oggetti opportunamente di-

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3.86 E. Stocker, Wiener Muster- zimmer, fabric covering, furniture sculptures (wood and perspex), 384 x 384 x 271,5 cm; exhibition view Unteres Belvedere, Orangerie, Vienna 2009.

3.87 E. Stocker, Disobbedienza al- l'autorità della retta, masking tape on wall, 5,5 x 6 x 2,6 m; exhibition view Good night, sleep tight, UpLoad Art Project, Trento 2009. 3.88 E. Stocker, Il termine ʹaffi- neʹattrae la nostra attenzione anche se in realità non significa nulla. (Frege), masking tape on wall, wood boxes, 13,3 x 5,6 x 3,4 m, AR/GE Kunst Galerie Museum, Bzen 2004.

3.89 E. Stocker, Raumarbeit mit schwarzem Klebeband und Farbe, What I don't know about space, 3,69 x 10 x 2,8 m, MUSEUM 52, Lon- dra 2008.

3.90 E. Stocker, Untitled, elastic band and acrylic on wood, 211 x 200 x 261,5 cm; exhibition view CELLA. Strukturen der Ausgren- zung und Disziplinierung, Com- plesso Monumentale di San Michele a Ripa Grande, Roma 2009. 3.91 E. Stocker, Untitled, foam core, tape and pins on wall, 2,92 x 6,85 x 5 m, exhibition view Beyond These Walls, South London Gallery, Londra 2009.

3.92 E. Stocker, Wallwork Nr. 10, mineral paint on wall, 4,5 x 20 m, TONSPUR passage / quartier 21, Museumsquartier, Vienna 2006. 3.93 E. Stocker, Wallwork Nr. 26, mineral paint on ceiling, 17 x 158,4 m, housing complex former Liesing brewery, Vienna 2009.

3.94 E. Stocker, Untitled, emulsion paint on wall, 528 x 1238 x 941 cm, 42 Lightcafé & Restaurant, Via Ora- zio, Bolzano 2008.

sposti sulle superfici orizzontali e verticali. La presenza inoltre di griglie, che palesano chiaramente la parziale cancellazione delle linee eviden- ziando una progressiva perdita di definizione nell’accurato sistema di riferimento, possono anche suggerire un’interpretazione più profonda. Anche se l’occhio istintivamente tenta di completare l’interruzione ri- disegnando mentalmente un reticolo il più possibile coerente e schema- tico, il messaggio che sottende a tale strategia riguarda l’ambiguità dell’immagine, la debolezza del sistema rappresentativo in cui spesso la realtà è diversa da come ci appare, presenta delle debolezze e trappole visive (figg. 3.95-3.96).

La critica ha interpretato i lavori dell’artista paragonandoli anche a mappe urbane o a superfici degli edifici, ma qualsiasi possibile lettura è vincolata alla riflessione sull’aspetto formale e percettivo che è presente in molte opere novecentesche (figg. 3.92-3.93-3.94). Proprio la presenza di pochi elementi come l’ortogonalità, il rapporto con lo sfondo, il con- trasto cromatico, la relazione con l’osservatore, richiamano inevitabil- mente gli esperimenti condotti dai protagonisti degli anni ’70, come Gianni Colombo (Milano, 1937-1993). Partendo dal movimento imposto alla superficie pittorica attraverso protuberanze e depressioni, spesso azionate attraverso tiranti o strutture meccaniche o alle geometrie mu- tanti approda ai giochi di luce, ad ambienti creati da figure geometriche

3.95 E. Stocker, sono gli oggetti che presupponiamo? (Quine), wood construction, 8,5 x 4 x 3,2 m ca., Galerie Krobath Wimmer 2005. 3.96 E. Stocker, Dal punto di vista formale, la parete esiste solo come superficie, come delimitazione di corpo e spazio; per quanto, in linea di principio, una faccia della parete non sappia nulla dell'altra (Fel- dtkeller) , 7, 05 m x 6, 20 m x 4, 15 m ca., Galleria Contemporanea, Mestre 2006.

3.97 H. Vredeman de Vries, Per- spective, Tav. 28, Leida 1604-1605.

proiettate nel buio, che variano dimensione e prospettiva. Sperimenta bagliori cromatici nello spazio per verificare le reazioni dell’uomo che lo attraversa. Interessanti sono gli studi sullo Spazio Elastico, una gabbia realizzata con fili animati da motori e dall’azione della luce di Wood; un reticolo di cubi delineati da semplici elastici, in cui lo spettatore può camminare e toccare modificando le traiettorie proposte dall’artista (figg. 3.99 - 3.100).

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3.98 Stanislaw Drózdz, Miedzy (Between), Varsavia 1977. Installation: letters for the Polish word miedzy (between) arranged systematically and painted on floor, ceiling, and walls.

3.99 G. Colombo, Topoestesia-tre zone continue (itinerario program- mato)Veduta dell’allestimento a Pa- lazzo dell’Esposizioni, Roma 1970. 3.100 G. Colombo, Spazio Ela- stico, Archivio Gianni Colombo, Milano 1967.

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